Mi son lasciato condizionare per troppo tempo dall'idea secondo cui ogni volta che esprimo un parere sulla situazione politica italiana lo faccio perché "roso dalla frustrazione" che l'esperienza di Fermare il declino mi avrebbe provocato. Non più.
Quell'esperienza e gli avvenimenti dei cinque anni seguenti, invece che frustrazione, mi hanno fatto crescere la consapevolezza che il nostro tentativo - anche se fosse stato più meditato, meglio organizzato e più fortunato - non avrebbe comunque avuto un grande successo perché la (stragrande) maggioranza degli italiani semplicemente vuole l'opposto di quanto consideravamo (e considero) buona politica. Data l'inevitabilità del declino credo sia meglio accettarlo, interrogarsi sulle sue ragioni e provare a vedere quale, fra gli scenari possibili, possa offrire una maggiore probabilità (in un futuro non prossimo) d'inversione di rotta. Predicar oggi, come abbiamo fatto per anni, di politiche alternative da adottare è un'inutile (e questa sì frustrante) perdita di tempo.
Accettato che il ventennale declino continuerà per svariati anni ancora - non sarà questa stitica ripresa tirata dall'estero e dalla ECB ad invertirlo - esso va ripensato storicamente. Mi appare, oggi, la conseguenza inevitabile del combinarsi dei processi di cambiamento tecnologico e di globalizzazione e della maniera in cui, a partire dalla fine degli anni '60, le elite italiane vi hanno mal-condotto il paese. In questo processo, che durerà longtemps, di riallocazione mondiale di risorse, talenti, tecnologie e produzioni, l'Italia si è candidata (per i fattori fissi che ha scelto far propri) ad essere un produttore di beni e servizi di bassa qualità ed a crescita lenta. L'Italia rimane (per ora) legata alle aree dinamiche del mondo grazie a vincoli politico-commerciali (UE, WTO, BCE) ed alla presenza di alcune zone ancora avanzate e dinamiche - praticamente tutte in un raggio di 100 km dal fiume Po. In conseguenza di questo processo di riallocazione dei fattori di produzione, delle tecnologie e delle persone l'Italia perde il suo capitale umano di maggior talento ed attrae lavoratori con basse qualificazioni, mentre esporta merci/servizi a basso contenuto di capitale umano importando quelle/i ad alto contenuto tecnologico. Poiché questi sono processi di lungo periodo che vengono da lontano e sono governati da fattori strutturali profondi diventa difficile immaginare che si interrompano nei prossimi anni senza una svolta radicale, davvero radicale, nelle politiche, nelle istituzioni e nella cultura che gli abitanti del paese condividono. Niente di tutto questo sembra essere oggi nelle carte in mano agli italiani.
Che così sia è il più rilevante e duraturo lascito intellettuale di questo blog - che stiamo per chiudere anche ufficialmente proprio perché i fatti, confermandone le analisi, l'hanno reso ridondante. Il declino in corso lo annunciammo e diagnosticammo nel 2006 e, ad oggi, non mi pare vi sia nulla da aggiungere alle analisi svolte in quegli anni: i fatti le hanno confermate quasi con cattiveria e noi non faremmo altro che ripeterci, come ho fatto io nelle righe precedenti. Interrogarsi sulle ragioni strutturali del declino è forse ancora politicamente utile ma intellettualmente ripetitivo. Si finisce per ribollire la medesima minestra: magari aggiungendo qualche dato nuovo - il sistema educativo sta peggiorando ancora - o sottolineando l'aggravarsi d'una distorsione - il furto intergenerazionale è oramai un'ignominia storica - o ricordando che temi di cui più non si parla son diventati ancor più gravi - come la questione romana e meridionale, ovvero l'esistenza di un 40% del paese che da mezzo secolo vive sulle spalle fiscali del resto e che, così facendo, ammazza la vacca del cui latte si nutre. Ma, intellettualmente parlando, nulla si dice di nuovo. E la noia ha la meglio.
Fatta salva una cosa: per quanto io continui a pensare che quanto sta avvenendo sia il frutto di scelte compiute da quelle elite che prima han fatto l'Italia e poi han lasciato al PNF il compito di fare gli italiani, è nella cultura condivisa che son piantate le radici del declino. Da questo punto di vista non c'è alcuna differenza fra Grasso, Renzi, BS, Salvini e Casaleggio Associati. Chiedono tutti la stessa luna nel pozzo seppur con tonalità distinte: nessuna riforma delle regole di funzionamento dell'apparato statale, aumento della spesa pubblica, aumento del controllo amministrativo e burocratico su economia e società, riduzioni fiscali ai gruppi sociali di riferimento finanziate da ulteriore debito, minor compliance con le regole comunitarie, riduzione dell'apertura commerciale con l'estero, barriere all'immigrazione, maggiori pensioni ... il tutto condito da musichette patriottiche sull'eccezionalità nazionale. Tutto questo non succede per caso: succede perché la stragrande maggioranza degli italiani è convinta che queste, non altre, siano le politiche giuste. L'omogeneità culturale è ben superiore di quella politica ed è quasi asfissiante. Il problema è culturale, prima che politico.
Piaccia o meno, da almeno un secolo gli italiani si sono convinti d'essere un popolo speciale. Prima non erano italiani, poi durante il Risorgimento e le prime fasi unitarie erano indecisi, si stavano facendo come disse quell'altro ... poi arrivo la prima guerra e con essa Benito, che fece gli italiani, "culturalmente" parlando. Gli italiani si fecero, o vennero fatti, attorno all'idea di essere gli unici e naturali eredi del mondo classico e rinascimentale, fonti di tutto quanto c'è di buono nella civiltà occidentale. E della cristianità (o cattolicità se volete, ma a molti questa differenza sfugge) perché il papa a Roma sta ... No, non sono banalità: la profonda convinzione che il nostro sia il miglior modo possibile di vivere e che esso dipenda strettamente dalla preservazione della nostra "italianità" e dal ruolo che lo Stato esercita per preservarla - dall'Alitalia ai programmi scolastici, dal pesto ai negozi con riposo infrasettimanale, sino a Sanremo, ai medici solo di pelle bianca e ad Italo, meglio morto che di proprietà d'un fondo USA - tale convinzione accomuna l'elettore di Grasso a quello della Meloni, passando per tutti gli altri nel mezzo. Da questo punto di vista, se ci pensate, il partito della Casaleggio Associati non è per nulla eccezionale: esso è una sintesi che raccoglie in se tutte queste comuni credenze. La Casaleggio Associati, in una storica operazione di marketing condotta non per caso da un comico, ha costruito il partito straitaliano. Per questo, anticipando il finale, credo necessario vincano.
Questa italica condizione privilegiata contrasta, ovviamente, con l'arretratezza economica, sociale e culturale ma a questa contraddizione la cultura nazionale ha dato da sempre una risposta chiara: la perfida Albione e le sue varianti. Ci negarono il posto al sole che ci spettava nel periodo coloniale ma, quando la grande proletaria si mosse, quel posto ce lo prendemmo, con l'aiuto di un po' di gas qui e lì. Risorse più grande e più bella che pria l'Italia romana che bonificò le barene portando i veneti a Latina ... Poi venne la guerra, i piccoli errori tardi del regime (che aveva fatto tante cose buone) e perdemmo più perché il destino fu baro che per altro. Comunque non facemmo i campi di sterminio (almeno non tanti e non tanto visibili) e risolto questo dettaglio ci avviammo al miracolo industriale (che nella mitologia nazionale fu solo nostro, never mind che quasi tutta l'Europa libera vivesse in quei tre decenni lo stesso o maggiore sviluppo industriale). Ed il miracolo industriale si può ripetere se abbandoniamo l'Europa teutonica, l'Euro e la globalizzazione, se cacciamo i cinesi, se smettiamo di lasciar entrare immigrati e se ritorniamo ai fasti dell'IRI, del deficit costante e dei negozietti familiari in centro, chiusi alla domenica ch'è dedicata alla parrocchia, allo struscio ed alla partita.
Tale è la visione di se stessi e del loro paese che gli italiani hanno. A fronte della quale - in modo strisciante dagli anni '70 ed in modo palese dal 1992 in poi - sta il declino economico e poi anche quello sociale e culturale. Drammatica contraddizione: com'è possibile che l'erede della classicità e del rinascimento, il paese del miracolo industriale dove si vive meglio che in ogni altro angolo del mondo stia declinando? Di certo non può esser per nostra responsabilità! Dev'essere, appunto, un complotto. Degli altri, di quelli che crescono, prosperano e dalle crisi escono dopo qualche anno, cambiando. Il complotto, i multipli complotti: l'Euro, l'UE, la globalizzazione, la tecnologia, il digitale e la rete, lo sconvolgersi degli equilibri coloniali, le migrazioni prima dall'Europa dell'Est - ricordate gli albanesi? - e poi dal Medio Oriente e dall'Africa. Ed i cinesi, i maledetti musi gialli che, sotto sotto, sono nient'altro che l'esercito di riserva del capitalismo yankee. Tutto questo ed anche tanto altro (i golpe inglesi e la loro maledetta lingua che vogliono imporci, le scie chimiche, i vaccini, la xylella, il braccialetto di Amazon ...) fa parte del complotto che ci fa declinare mentre meriteremmo d'essere faro di civiltà mondiale. Perché noi siamo la grande proletaria che s'è mossa (di corpo) e siamo eredi della miglior cultura del mondo (di fatto l'unica cultura, come insegnano i nostri licei) e sappiamo come vivere meglio di tutti. Quindi, se le cose vanno male, è colpa degli "altri" che dobbiamo fermare.
Non sto né scherzando né esagerando. Queste non sono solo le scemenze dei più estremi twittatori rossobruni, leghisti o pentastellati: se provate a fargli bere due spritz queste ed altre corbellerie escono tranquillamente anche dalla bocca dell'elettore di BS e di Grasso e da una buona parte di chi vota Renzi perché è (ok, era) veramente simpatico. Per questo voglio cercare d'argomentare - tanto lo so che mi darete del pazzo - che è meglio lasciarli vincere e vedere cosa combinano: perché, altra saggezza nazionale, conta più la pratica della grammatica. E mi spiego.
Se a governare dopo il 4 di marzo sarà una coalizione guidata dalla Casaleggio Associati con dentro Salvini e Meloni, alcuni di questi nodi dovranno arrivare al pettine. Come nel caso di Trump - che ha vinto esattamente sulla base degli stessi slogan e con una base sociale analoga - QUALCOSA dovranno provare a fare di quello che hanno promesso e quel qualcosa farà provare ai loro elettori le conseguenze reali delle smargiassate annunciate. Perché, vedete, anche se sono convinto che quanto costoro sostengono sia dannosa follia, è anche vero che la maggioranza dell'elettorato italiano penserà l'opposto sino a quando non ne vedrà l'effetto. E se l'80% dell'elettorato è convinto che occorre fare l'opposto di ciò che potrebbe curare il malato, il malato muore di certo indipendentemente da cosa il dottore cerchi di somministrare. Perché il malato la medicina la rifiuta e fine della storia. Eppoi, magari ci sbagliamo noi e, mal che vada, non faranno il danno che ci aspettiamo, nel qual caso meglio così. Ben che vada renderà evidente, nella pratica e non nella grammatica, che il mondo non funziona come la Casaleggio Associati ha fatto credere ai propri seguaci. Che sono, anche quando non votano M5S, la stragrande maggioranza degli italiani. No, non sto auspicando la catastrofe nazionale. Questo per la semplice ragione che la catastrofe non può avvenire in tempi brevi: persino il Venezuela non è ancora crollato dopo più di un decennio di chavismo e non sto certo auspicando un decennio di Casaleggio Associati a Palazzo Chigi! Mi accontento di meno, mi accontento di una versione italiana di Syriza senza il crollo greco precedente (che non può esserci, non essendo ancora avvenuto). Saran dolori? Certamente ma, ripeto, conta più la pratica della grammatica. Eppoi, ripeto, forse ci sbagliamo noi.
Se, invece, a governare dopo il 4 marzo dovesse essere Renzi, attraverso il Gentiloni o il Tajani di turno, cosa avremmo di differente? Avremmo il meno peggio, direte voi, avremmo almeno un governo composto di arruffoni e arrampicatori sociali ma non di mascalzoni totalmente incompetenti. Vero (in parte, che gli ultimi due governi d'incompetenti totali ne han visti/e parecchi/e) ma cosa farà di differente questo governo? Praticamente nulla per la semplice ragiocne che Renzi ed il suo PD ritengono non serva nulla di radicale per dare una svolta. Qui sta il punto che molti non sembrano voler comprendere: l'argomento "Renzi non aveva la maggioranza necessaria per le grandi riforme" è una spiegazione erronea di quanto è successo dal 2014 in avanti. Renzi, ed il suo PD, la "riforma radicale" (secondo loro) l'hanno provata ed era quella "costituzionale". Il fatto che abbiano perso è prova solo che il "coraggio" per tentativi controcorrente ce l'hanno, ma hanno le priorità sbagliate e questo è il fatto importante! Renzi non ha affrontanto alcun problema vero perché non ci crede e perché gli interessi sociali che rappresenta vogliono solo cercare di mantenere lo status quo, non cambiarlo. Detto altrimenti: Renzi ed il suo PD son un GIGANTESCO EQUIVOCO. Se non lo si toglie di mezzo, questo equivoco - che mantiene l'esistente con aspirine e battute mentre il declino continua - ha un solo effetto: crea le condizioni perché la folle visione della Casaleggio Associati sia condivisa dalla stragrande maggioranza degli italiani. Questo, non altro, l'effetto maggiormente pernicioso di Renzi e del suo PD: sono la benzina nel motore della Casaleggio Associati, e di Salvini. Un governo PD-FI altro non farebbe che: (i) mettere ridicoli cerotti là dove occorre amputare, (ii) mantenere al potere la casta politico-burocratica che da decenni dirige il declino (come prima di loro fecero BS e Prodi), (iii) offrire alla maggioranza degli italiani, ed ai pifferai magici che li guidano, un credibile nemico su cui scaricare le colpe mantenendo vivo il mito secondo cui il popolo aggiusterebbe tutto se solo ne avesse l'opportunità. E questo mito può infrangersi solo se scende per terra, come a Roma, s-governando.
Ragione per cui, miei cari, meglio che questo equivoco finisca e si vadano a vedere le carte che il neo-fascismo (che di questo si tratta) populistico nazionale ha in mano. In politica, come nel poker, la mano parla da sola.
Postilla 1. Versione video del medesimo argomento, in dialogo con Alberto Forchielli.
Postilla 2. Ho letto critiche ed osservazioni, alcune ragionevoli e valide mentre altre mi son parse francamente prevedibili (tipo la solita tiritera secondo cui sarei catastrofista ...). Non ho purtroppo il tempo per dibattere qui ogni singolo argomento, scusatemi. Sul Blog dei 500 (che parte in queste settimane) pubblicherò a breve una seconda puntata di queste riflessioni, con una discussione del perché le critiche fondate (le quali concludono invariabilmente con l'invito a votare PD) non mi convincano comunque.
Postilla 3. Due tratti comuni a tali critiche sono i seguenti. Occorre salvare il salvabile, assumendo la catastrofe come unica alternativa; assunzione erronea come i fatti dimostrano. Fiducia a-priori nel partito delle istituzioni (questo è oggi il PD) il quale non viene visto come parte del problema ma come "garanzia", seppur minima; la vecchia DC insomma. Queste ipotesi confermano che alla radice del problema politico ci sono sia una profonda incomprensione delle cause e dinamiche del declino italiano sia la tradizionale sfiducia/disprezzo delle elite (in senso ampio) italiane per la democrazia e le cosidette "masse". Andare oltre questa concezione "signorile" (nel senso di propria delle signorie tardo medievali) della democrazia e capire che i problemi strutturali hanno solo - le rare volte che ce l'hanno - soluzioni strutturali e quindi radicali, mi sembra il primo passo per invertire la rotta.
Postilla 4. Un pensiero che sembra sfuggire ai più (specialmente a quelli che han paura del negro-arabo-islamico) è che in alternativa a globalizzarsi gestendo in modo proattivo immigrazione e cambio tecnologico NON c'è il piccolo mondo antico. In alternativa alla scelta dinamica c'è solo quella di diventare area periferica ed in decandenza nello scenario mondiale con, di conseguenza, una mutazione antropologica molto peggiore di quella in corso. Questo è un altro concetto che molti non comprendono: se non inverti il declino, se non ti apri, se non ti globalizzi ... i migliori (italiani) scappano sempre di più ed i migliori (stranieri) nemmeno si sognano di venire. Rimangono i mediocri che non hanno ragioni per riprodursi perché le prospettive son grame ed arrivano i mediocri anche da fuori perché sei diventato il posto in Europa che li valorizza e che ne ha bisogno! Per valorizzare la tua identità culturale specifica l'unica soluzione praticabile è aprirti di più alle altre e confrontarti con esse. Altrimenti vieni colonizzato e sparisci.
Ecco, magari ci sbagliamo noi ma se non ci sbagliamo ritengo che l'Italia affonderà abbastanza rapidamente. Il Venezuela in fondo ha avuto il petrolio che ha alimentato dal 1999 il chavismo. Noi non lo abbiamo. Non abbiamo materie prime e sappiamo come va a finire con l'autarchia.
Però siamo nella UE, per ora, e nell'Euro. Il che è un importante sostegno economico e politico.
Si aprono due scenari. Se rimaniamo nell'Europa ci saranno pressioni (come nel 2011) ed aiuti per non farci crollare? O ci lasceranno andare?
Chiaro invece cosa accadrà se usciremo dall'Euro e dalla UE.
Non sarà un'uscita rapida, ritengo, e la vedo dura lungo tutti i confini, negli aereoporti, nelle stazioni.
Anch'io sospetto che esistano delle soglie minime di complessità, interazioni, disponibilità di competenze, infrastrutture, ecc. sotto le quali un'economia industriale non possa che collassare rapidamente. Credo invece che un'economia pasata sull'estrazione di risorse naturali possa funzionare anche in un ambiente molto semplice.
Ho anche la sensazione che l'ambiente italiano sia ormai molto degradato e piuttosto vicino a quella soglia e che potrebbe bastare poco a provocarne il collasso.