In un recente articolo su questo sito Alberto Lusiani ha discusso nei suoi termini generali la proposta di detassazione degli straordinari. Il decreto contenente il provvedimento è stato emanato il 21 maggio e il suo testo completo è ora a disposizione (non online purtroppo, l'ho trovato solo sull'edizione cartacea del Sole 24 Ore). Vale la pena, quindi, discutere in dettaglio tale decreto, sottolineando i suoi pericoli e le sue insufficienze. La detassazione degli straordinari è l'oggetto dell'articolo 2, che si compone di 6 commi.
Cominciamo dal primo.
1. Salva espressa rinuncia scritta del prestatore di lavoro, nel periodo dal 1 luglio 2008 al 31 dicembre 2008 sono soggetti a una imposta sostitutiva dell'imposta sul reddito delle persone fisiche e delle addizionali comunali e regionali pari al 10%, entro il limite di importo complessivo di 3000 euro lordi, le somme erogate a livello aziendale:
a) per prestazioni di lavoro straordinario, ai sensi del decreto legislativo 8-4-06, n. 66, effettuate nel periodo suddetto;
b) per prestazioni di lavoro supplementare ovvero per prestazioni rese in funzione di clausole elastiche effettuate nel periodo suddetto e con esclusivo riferimento a contratti di lavoro a tempo parziale stipulati prima della data di entrata in vigore del presente provvedimento;
c) in relazione a incrementi di produttività, innovazione ed efficienza organizzativa e altri elementi di competitività e redditività legati all'andamento economico dell'impresa.
La prima osservazione riguarda un punto probabilmente minore ma che finora non ho visto fare da nessuno: il governo interviene centralmente non solo sull'imposta statale sui redditi ma anche sulle addizionali comunali e regionali. Si tratta quindi di un ulteriore intervento, dopo quello sull'ICI, che sottrae risorse agli enti locali. Vedremo se e quante di queste risorse verranno restituite, ma sembra un altro passo verso un ritorno al modello di finanza derivata (ossia erogata centralmente dallo stato) per gli enti locali.
La seconda osservazione è che, da quel che capisco, i contributi sociali non sembrano rientrare nell'esenzione, che si limita all'imposta sul reddito. Anche Vincenzo Visco aveva fatto questa osservazione nella lettera che ci ha inviato. Se la mia interpretazione è corretta quindi il cuneo tra quanto pagato dalle imprese e quanto percepito dai lavoratori resterà comunque abbastanza elevato, visto che imprese e lavoratori saranno comunque tenuti al versamento dei contributi. L'aliquota marginale per redditi tra 15.000 e 28.000 euro e del 27%, quindi lavoratori in quell'intervallo di reddito risparmieranno il 17%. Dai 28.000 ai 55.000 euro l'aliquota è il 38%, con un risparmio più corposo, ma come vedremo al punto 5 i redditi superiori a 30.000 euro sono esclusi dai benefici.
Avevamo già detto che un provvedimento come questo può potenzialmente generare enormi abusi ed effetti non previsti. E avevamo previsto che i nostri governanti, anziché scendere a più miti consigli e optare per soluzioni più semplici e meno manipolabili come la riduzione delle aliquote, avrebbero cercato di mettere una pezza ai potenziali effetti imprevisti complicando ulteriormente il quadro e introducendo ulteriori distorsioni. Il limite dei 3000 euro lordi è la prima avvisaglia, un ovvio e goffo tentativo del governo di limitare la perdita di gettito. Ma è sul punto b), quello relativo al lavoro part-time, che il provvedimento inizia seriamente a incartarsi. Infatti i nostri governanti, che ovviamente si sono resi conto della possibilità di usare contratti a part-time "finti", limitano i benefici ai "contratti di lavoro a tempo parziale stipulati prima della data di entrata in vigore del presente provvedimento". Questo andrebbe anche bene se il provvedimento fosse esplicitamente temporaneo e si prevedesse poi il ritorno alla normalità. Ma così non è, il provvedimento è invece sperimentale e l'idea è quella di renderlo permanente nel futuro, oltre che di estenderlo al pubblico impiego (vedi articolo 5 sotto). Una volta reso permanente il provvedimento, come faranno i nostri eroi ad evitare che il part-time venga usato in modo fittizio per eludere il carico fiscale? State in campana per ulteriori trucchetti e complicazioni. Nel frattempo non posso non osservare che qualunque risultato della sperimentazione, sia in termini di gettito fiscale sia in termini di incentivo al lavoro, sarà falsato dal fatto che il trattamento del lavoro part-time nel periodo sperimentale sarà necessariamente diverso da quello che verrà attuato nella fase permanente.
Il punto c) è, devo dire, un vero capolavoro di ambiguità e vacuità. Cosa siano le somme erogate per "altri elementi di competitività e redditività legati all'andamento economico dell'impresa" risulta per me molto difficile dire. Non era più semplice dire che si esenta da tassazione qualunque elemento di retribuzione diverso dal compenso orario contrattuale corrisposto durante l'orario contrattuale ordinario? E se così non è come si decide, a partire dalla formulazione generica del comma 1.c, se una somma corrisposta è esente o meno? Anche qui, aspettiamoci trucchetti e complicazioni.
2. I redditi di cui al comma 1 non concorrono ai fini fiscali e
della determinazione della situazione economica equivalente alla
formazione del reddito complessivo del percipiente o del suo nucleo
familiare entro il limite massimo di 3000 euro. Resta fermo il computo
dei predetti redditi ai fini dell'accesso alle prestazioni
previdenziali e assistenziali, salve restando le prestazioni in
godimento sulla base del reddito di cui al comma 5.
Questo comma ribadisce il tetto dei 3000 euro. Siccome afferma che però resta fermo "il computo
dei predetti redditi ai fini dell'accesso alle prestazioni
previdenziali e assistenziali", devo supporre che questi soldi possono ancora provocare il superamento di varie soglie per esenzioni di vario tipo, un tema di cui hanno già parlato sia Lusiani sia Visco.
3. L'imposta sostitutiva è applicata dal sostituto d'imposta. Se quest'ultimo non è lo stesso che ha rilasciato la certificazione unica dei redditi per il 2007, il beneficiario attesta per iscritto l'importo del reddito da lavoro dipendente conseguito nel medesimo anno 2007.
4. Per l'accertamento, la riscossione, le sanzioni e il contenzioso, si applicano in quanto compatibili, le ordinarie disposizioni in materia di imposizioni dirette.
Questi sono articoli tecnici su cui ho poco da dire.
5. Le disposizioni di cui ai commi da 1 a 4 hanno natura sperimentale e trovano applicazione con esclusivo riferimento al settore privato e per i titolari di reddito da lavoro dipendente non superiore, nell'anno 2007, a 30.000 euro. Trenta giorni prima del termine della sperimentazione, il ministro del Lavoro, della Salute e delle Politiche Sociali procede, con le organizzazione sindacali dei datori e dei prestatori di lavoro comparativamente più rappresentativi sul piano nazionale, a una verifica delle disposizioni in esso contenute. Alla verifica partecipa anche il ministro per la Pubblica amministrazione e l'innovazione, al fine di valutare l'estensione del provvedimento ai dipendenti delle amministrazioni pubbliche di cui all'articolo 1, comma 2, del dl 30-3-01 n. 165 e successive modificazioni.
Questa è la parte più sugosa, quella dove l'incartamento diventa totale. Si comincia con la soglia dei 30.000 euro, presumibilmente un tentativo di limitare i danni al gettito fiscale e di concentrare i benefici sui contribuenti di reddito intermedio. Questo articolo introduce un ennesimo "effetto soglia" nel nostri sistema fiscale. Se hai guadagnato nel 2007 uno stipendio di 29.999 euro allora hai diritto all'esenzione sugli straordinari fino a 3000 euro addizionali (altra soglia). Se ne hai guadagnato 30.001 no, ti becchi la tassazione degli straordinari all'aliquota piena. Non credo di dover commentare ulteriormente l'assurda distorsione, oltre alla palese iniquità, di questo tipo di struttura fiscale. Vale inoltre un'osservazione simile a quella fatta per il comma 1.c. Il provvedimento fa riferimento ai redditi del 2007, che sono dati. Ma se il provvedimento diventa permanente ovviamente l'effetto soglia agirà da deterrente all'aumento dei salari "regolari", dato che datori di lavoro e lavoratori preferiranno accordarsi su altre voci di aumento (la generica formulazione del comma 1.c lascia spazi straordinari) che siano passibili di esenzione. Quindi, per esempio, la perdita di gettito fiscale che si osservarà durante il periodo di sperimentazione sarà probabilmente inferiore a quella che si osservarà una volta che il provvedimento diventa permanente.
La parte finale è un autentico pugno nello stomaco. Primo, non si può fare a meno della consueta parata di ministri e parti sociali "per la verifica delle disposizioni". Immagino che dire "risultati" sia troppo. Non so se veramente verrà fatta questa verifica, e con che serietà, ma facendo finta che verrà fatta l'implicazione è che anziché sei mesi di sperimentazione se ne saranno osservati solo cinque. Poco male, visto che, come discusso, comunque quello che succederà durante la sperimentazione non sarà molto significativo per gli effetti a lungo termine.
La ciliegina sulla torta è la promessa implicita di estensione del provvedimento alla pubblica amministrazione, come ha furbescamente richiesto Veltroni giusto ieri. Visto che in Italia anche le cose ovvie hanno bisogno di essere ripetute, osserviamo che gli incentivi e la valutazione dei risultati nella pubblica amministrazione e nel settore privato sono due cose molto diverse. La motivazione originale del provvedimento ha un senso nel settore privato, dove esiste non solo un modo chiaro di valutare costi e benefici di un'ora di straordinario ma anche un soggetto, il datore di lavoro, che ha tutto l'interesse a fare per benino questo calcolo. Nell'amministrazione pubblica entrambe queste condizioni sono assenti. Se si vuole incentivare la produttività bisogna anzitutto definire chiaramente come la si misura, e bisogna assicurarsi che chi decide di erogare i premi abbia interesse a farlo in modo corretto. Siamo molto lontani da queste condizioni, e ci possiamo quindi attendere che l'estensione del provvedimento sarà un modo surrettizio di aumentare le retribuzioni pubbliche senza introdurre alcun cambiamento reale nell'organizzazione amministrativa.
Non c'è molto da dire sull'ultimo comma, che riporto solo per completezza.
6. Nell'articolo 51, comma 2, del Testo Unico delle imposte sui redditi, di cui al decreto del presidente della Repubblica 22-12-86 n. 917, la lettera b) è soppressa.
Curiosamente (prego di perdonare questo piccolo OT) questo e' uno dei punti su cui batte spesso il ministro Brunetta, per quanto riguarda il pubblico impiego. Sarei completamente d'accordo con lui, se non fosse che finora ha avuto piu' occasioni di dire come intende misurarla (nel suo ambito, si intende) e non mi pare che sia stato chiaro quanto e' stato lapidario: o perlomeno, io non l'ho proprio capito. Se tanto mi da tanto...
Perdonami, ma IMHO questo non e' piu' iniquo del fatto che chi ha un reddito di X paga il 30% di tasse e chi ha un reddito X+1 ne paga il 45%: sempre di soglie si tratta. In effetti io sarei, in Italia, per una sola aliquota, ma e' dovuto al fatto che in una situazione come la nostra vedo come unica salvezza una semplificazione drastica di tutto a tutti i livelli.
Sul resto, per quanto l'abbia letto velocemente, sono sostanzialmente d'accordo con la tua analisi.
Mi pare che ti sbagli: nel caso delle imposizioni sul reddito le tasse sono a scaglioni: nel tuo esempio chi ha il reddito X+1 paga il 45% solo su 1 euro, mentre paga il 30% su X. Quindi, se sei al margine e guadagni X, non c'e' alcun disincentivo a lavorare di piu' per guadagnare un euro addizionale. Nella disposizione di legge commentata da sandro invece una differenza di reddito di un centesimo di euro fa tutta la differenza sulla possibilita' di usufruire della detassazione. Una follia.