Dieci Passi nel Delirio

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A queste latitudini l'estate esplode nella seconda metà di maggio. Guai a sottovalutare l'effetto della luce abbacinante ed il calore soffocante. A Gerusalemme hanno un'intera divisione dell'ospedale psichiatrico dedita alla cura di coloro che si credono il Nuovo Messia (dico sul serio). Qui, un po' più a sud i casi oscillano tra la reincarnazione del califfo di Bagdad, il Basileus Leone III e l'eroico Saladino. A me più modestamente, essendo uscito distrattamente senza il panama, è capitato di credermi l'Avatar di Bersani. Quando mi sono risvegliato sul computer era salvato un file con la risposta a 10 domande formulate il 12 febbraio, dall'Open Democracy Institute, assieme all’Open University in un convegno a Birmingham.

1) Quali sono i vostri principali valori politici al di là dell'antiberlusconismo?

Vorremmo essere un po’ di tutto, perché abbiamo perso molte delle convinzioni e degli slanci ideali: siamo buonisti e rigoristi, liberisti e sindacalizzati, laici e clericali. Ad essere precisi, nemmeno l’antiberlusconismo è un dato assodato. Veltroni, per esempio, ci tenne a non nominare mai  Berlusconi in campagna elettorale (una versione contemporanea dell’Innominato di manzoniana memoria); altri cercano il “Dialogo”; c’è chi passa i pizzini in diretta TV agli avversari; Violante fornisce consulenze legali (presumibilmente gratis) per le leggi ad personame del Premier e si indigna pubblicamente per i pentiti che mettono “in imbarazzo” Berlusconi (qui). Letta (quello che ha la tessera del PD) invece, come suo zio (che ha la tessera del PD con la elle), ritiene che Berlusconi debba difendersi “dai processi” (tra l'altro non ci crederete, ma ha risposto anche lui alle 10 domande qui). Il fatto è che non riusciamo a capire chi rappresentiamo e quindi è difficile capire cosa vogliamo. O per meglio dire, quelli che rappresentiamo non sono sufficienti a vincere le elezioni, però non sappiamo rinunciare ai loro voti. L'influsso conservatore di queste minoranze organizzate ci impedisce di attrarre altri elettori i cui interessi ci rimangono estranei. Per questo siamo ossessionati dal problema delle alleanze. Vorremmo trovare dei mezzadri che facciano fruttare il nostro appezzamento di consenso senza dover starci troppo a sbattere.

Ma se volessimo fare un discorso a monte – come si usava dire nelle assemblee studentesche e nelle riunioni di sezione negli anni '70 (che tempi ragazzi, quasi mi commuovo al ricordo!!) – dovrei ammettere che la parola valori ha connotazioni diverse a seconda di chi la pronuncia. Ad esempio per alcuni coincide con la parola “portafoglio” (o i valori di borsa?), per altri è un sinonimo di “poltrona”, solo per alcuni denota il sostrato di convinzioni irrinunciabili che lega gli individui.  Mi ricordo che dopo l’elezione di Veltroni alla Segreteria ed il varo del PD si formò una “Commissione Valori” con un centinaio di membri rigorosamente selezionati. Manco a dirlo divenne il solito pollaio (ad esempio la Binetti contrapposta ai sans culottes) che per alcuni mesi sviscerò ogni minuzia dei più trivi luoghi comuni e degli slogan da comizio. Alla fine produsse un insipido minestrone di vacuità (un esempio tra i tanti: “Sempre più la “natura umana” appare nella sua unicità e vulnerabilità, e risulta dipendere dalla nostra consapevolezza e dalla nostra responsabilità verso le future generazioni e la natura”) . Laddove c’era un minimo di senso esso contraddiceva quanto affermato poche pagine prima. Infatti quel documento nessuno l’ha mai preso sul serio e nemmeno i membri della suddetta Commissione hanno mai avuto il coraggio di menzionarlo nemmeno in famiglia. Per chi volesse leggerlo come reperto di archeologia politica si trova qui.

Ad ogni modo questa idea dei partiti come portatori di valori ha delle connotazioni poco entusiasmanti (anche senza tirare in ballo Stato Etico o simili aberrazioni). In un partito dove le primarie sono il metodo principale (Artt.18-20 dello Statuto), i valori li propongono i candidati e li stabilisce chi vince la contesa. Obama ha fatto prevalere i suoi valori su quelli della Clinton, G.W. Bush impose i suoi su quelli di Mc Cain. Se vincerà la Palin saranno i valori dei suoi sostenitori (i Tea Parties?) a dettare l’agenda e via discorrendo. Lo stesso avviene in tutti i maggiori partiti europei in cui la leadership è contendibile (anche senza le primarie). Blair esprimeva valori diversi da Michael Foot, Shroeder la pensava diversamente da Lafontaine. Va aggiunto che inevitabilmente i valori del leader potranno divergere da quelli di un rappresentante locale, e che minoranze interne si potranno riconoscere in valori diversi da quelli del capo per quanto carismatico (Fini docet).

2) Perché quando avete avuto l'opportunità di governare non avete regolamentato il conflitto d'interessi?

Perché abbiamo una classe dirigente formata in misura preoccupante da mediocri codardi senza spina dorsale, da opportunisti di mezza tacca interessati a sfruttare il potere per fini privati e da cialtroni che si credono furbi. Iniziò D’Alema con la Bicamerale credendo di rinverdire i fasti (si fa per dire) del compromesso storico con Berlusconi e di diventare un padre della Patria passando per il tinello di Arcore. Una volta all'opposizione, durante la legislatura 2001-2006, abbiamo sbraitato tutti i giorni sul conflitto di interessi e sul duopolio televisivo presentando non so più quante proposte di legge in materia. Uno si sarebbe aspettato, legittimamente, che vinte le elezioni del 2006 il primo punto all’ordine del giorno nel nuovo Parlamento fosse la discussione di queste leggi. Invece silenzio di tomba. Il tema era seguito da Gentiloni che non combinò un tubo e Prodi non trovò di meglio che dilapidare il suo già scarso capitale politico con l’indulto e la politica economica di Padoa Schioppa. Perse le elezioni nel 2008 siamo ritornati a sbraitare sul conflitto di interessi e persino lo zombie di Veltroni (che evidentemente ha scoperto una inedita vena comica) ha presentato una proposta di legge a riguardo.

3) Che visione avete della società italiana del futuro e per quale tipo di giustizia sociale vi schierate?

Continua a rivoltare il coltello nella piaga. Come dicevo prima su questi punti non sappiamo nemmeno da dove cominciare. Eravamo abituati ad uno schema semplice: i padroni, i borghesi da una parte, gli oppressi, gli operai, i contadini dall'altra. Oggi la società italiana e' frammentata in troppi interessi, è vecchia di mentalità e di eta', spaventata dalle trasformazioni, abbarbicata ai piccoli e grandi privilegi che ognuno col tempo e' riuscito a strappare. Abbiamo partecipato al sistema delle clientele (non dimentichiamo che metà del PD viene dalla Democrazia Cristiana) credendo che bastasse per veicolare il consenso. Ma ormai, a parte il pubblico impiego e le residue formazioni sindacali, non abbiamo il contatto con la gente; lo rifiutiamo perché non sapremmo cosa proporre; persino il sindacato che ormai rappresenta solo i pensionati è percepito, a giusto titolo, come parte della casta, dedito a spartirsi le poltrone nelle amministrazioni, negli enti pubblici, nell'INPS, nelle Ferrovie e via dicendo, in cambio di acquiescenza.

4) Quale è la vostra visione della globalizzazione e come vedete l'Italia in essa?

Anche qui non abbiamo alcuna idea precisa. Siamo a affascinati un po’ da Naomi Klein un po’ da Negroponte, un po’ da Krugman, ma senza una ragione precisa. Istintivamente ci piace Porto Alegre, ma poi cerchiamo anche di imbucarci a Davos o all'Aspen, perché li' c'è gente con cui fa figo farsi vedere. Fondamentalmente non ci capiamo granché perché questi sono temi troppo complessi e noi abbiamo esperienza prevalentemente di corridoi e congressi. Al massimo capiamo come funziona un ufficio stampa. Ogni tanto alcune mezze tacche che si spacciano per maitre à penser organizzano un convegno. Ma raramente viene citato un dato economico, un'analisi delle trasformazioni dei paesi emergenti, il ruolo dell'Italia nella nuova geografia economica o nel quadro dei rapporti di forza. Ci limitiamo a invocare stancamente un ruolo maggiore dell'Europa, così tanto per dare fiato alla bocca.

5) Come pensate di aumentare le possibilità a disposizione dei giovani e che risposta date alla lettera di Pierluigi Celli che invitava il figlio a lasciare l'Italia?

Siamo sinceramente preoccupati per la fuga di cervelli e ne lamentiamo le conseguenze, a parole. Ma quando siamo stati al governo ce ne siamo ampiamente infischiati. Noi concepiamo l'università come una fabbrica di pezzi di carta che illudano tutti di essere geni e di avere diritto alla loro porzione di futuro radioso, ma senza dover fare troppi sacrifici, che per molti non sono "de sinistra". La parola selezione ci fa orrore. Nei nostri conciliaboli, meritocrazia è l'equivalente di una bestemmia in Curia. I professori (molti dei quali si dicono e talora si credono persino di sinistra) fanno finta di insegnare e una pletora di aspiranti burocrati che a loro volta fanno finta di imparare. Le riforme di Berlinguer e di De Mauro hanno imbullonato il coperchio sulla bara dell’istruzione superiore in Italia, spandendo l'illusione di trasformare gli Atenei italiani in tante Harvard del Mediterraneo come se bastassero i "credits" a trasformare asini e baroni.

Comunque mi fa un po’ ridere il capo di una università con aspirazioni all'eccellenza, (e con un passato di incarichi di rilievo nel sottogoverno), che invita il figlio ad andarsene all'estero. Per dirla fuori dai denti, a me sembra una manfrina da quattro soldi. Il figlio di Celli, come il figlio di Montezemolo o di Letta, se vanno all’estero non fanno i camerieri o i commessi. Presumibilmente papa' trova loro un lavoro in una banca della City, o presso qualche amico. Gli altri, quelli che non hanno un cognome importante dovranno arrancare sui gomiti senza reti di protezione e senza favoritismi. A leggere i giornali, e a credere a Celli, sembra quasi che andare all'estero rappresenti il biglietto per Bengodi: ma sui giornali finiscono solo i casi di quelli che hanno successo. Non tutti ce la fanno perché competere in un paese con regole nuove, non sempre cristalline, in una lingua in cui non ci si esprime al meglio, spesso soggetti ad angherie, non è una passeggiata. Infatti la maggior parte non rimane a lungo. Rimangono quasi solo i migliori o i piu' fortunati, gli altri tornano a casa. Noi li attendiamo a braccia aperte: cosi' possiamo avere anche nelle nostre file qualcuno che "ha studiato all'estero".

6) Sarete in grado di apportare serie riforme alla classe politica in termini di numero dei parlamentari, immunità legali, costi della politica?

Sulla riduzione del numero di parlamentari potremmo anche essere d’accordo, ma si vedrà se e quando qualcuno lo proporrà. Certo sarà dura far digerire ai nostri una misura che manderebbe a casa qualche centinaio di fedeli funzionari che hanno lavorato una vita per agguantare lo scranno.

Sull'immunità spesso polemizziamo con Berlusconi, ma sotto sotto non ci dispiace godere di qualche privilegio che torna utile quando si briga con gente tipo Consorte o Romeo.

Sul costo della politica posso fare considerazioni analoghe. Noi che viviamo di politica abbiamo bisogno di mantenere degli apparati di collaboratori, attivisti, portaborse o semplici sbrigafaccende. Alcuni si accontentano di aspettare il loro turno per qualche candidatura o a qualche nomina pubblica. Altri hanno famiglia e non sono ricchi. Talora sono bravi ragazzi, più spesso attempati signori, che in alcuni casi lo fanno anche per passione. Una volta c'era il tesseramento adesso qualche soldo bisognerà pur trovarlo per mantenerli.

7) È possibile che l'inesistenza di un governo ombra comunichi agli elettori l'assenza di un governo alternativo e quindi la non presenza di un'opposizione ufficiale in Italia?

Il fatto è che il PD, dal segretario all’ultimo dei simpatizzanti, continua ad essere ossessionato dalla forma. Per i pezzi da novanta è così dalla Bolognina, tra Cose uno-due-tre e fusioni fredde, tiepide e di temperatura variabile. Abbiamo fatto l'esperienza del governo ombra nominando qualche giovanotto di belle speranze e qualche ragazza di studi non eccelsi. È stato uno dei fallimenti più vistosi. I ministri ombra non avevano risorse, non avevano esperti a cui chiedere lumi, essi stessi non erano delle aquile, quindi passavano le giornate a sperare di far passare qualche loro dichiarazione sui lanci di agenzia o sul pastone politico dei giornali. Qualcuno è persino riuscito ad imbucarsi in un talk show. Non c'è stata nessuna proposta che qualcuno ricordi e nessuna tentativo di organizzare un'opposizione seria. Adesso  il governo ombra non c'è più, ma nessuno se ne è accorto. Però ci sono i nuovi responsabili di area, ma anche questi ...

8) Perché non c'è un reale interesse e capacità nell'usare i nuovi media?

Questo non è del tutto vero. Abbiamo una televisione via web che è abbastanza seguita, abbiamo circoli in rete, molti attivisti usano Facebook per comunicare tra loro, l'Unità ha un buon sito web. Insomma non siamo tanto indietro. A livello di vertice però siamo culturalmente obsoleti. Prova ne sia la diffidenza verso il popolo viola che per chiunque faccia opposizione dovrebbe essere un regalo piovuto dal cielo. Invece li abbiamo trattati da mentecatti perché la mobilitazione via web ci suscitava diffidenza e poi magari potevano portare scompiglio tra i signori delle tessere. A Facebook preferiamo le truppe cammellate.

9) Se aveste un miliardo di euro di risorse extra, come le utilizzereste?

Non lo sappiamo. Forse lo spenderemmo per una Notte Bianca epocale. Manteniamo una cospicua greppia per congreghe di artisti e cooperative di gente con gli appoggi e le parentele giuste che, morettianamente, “fanno cose e vedono gente” insieme ai loro amici perdigiorno. L’epicentro di questo sistema era la Roma veltroniana. Adesso che quella stagione è un lontano ricordo molti dei nostri ne soffrono tremendamente.

Forse qualcuno suggerirebbe di usarlo per mantenere in vita un altro paio di anni Termini Imerese. Magari altri lo userebbero per qualche ammortizzatore sociale. Certo io suggerirei di tenerlo lontano da Bassolino, De Luca, Domenici, e una altra mezza dozzina di tipi che hanno mostrato una certa tendenza a mischiare soldi e politica.

10) Avete un Obama capace di sfidare Berlusconi in carisma e popolarità ma al tempo stesso di creare una visione un sogno per gli elettori che dovrebbero votarvi?

Ovviamente no. Infatti appena qualcuno alza la testa una spanna al di sopra dell’oceano di mediocrità, abbiamo meccanismi ben ingrassati per ricondurlo nei ranghi o al massimo per cooptarlo, così possiamo raccontare la favola che non siamo una oligarchia. Tengono banco solo le guerre tra bande di sodali e famigli che fanno capo a figure nazionali come Veltroni, D’Alema, Letta (quello del PD, non quello del PD con la elle), Bindi, e che sono radicati a livello locale, ma che cambiano alleanze di frequente come nelle corti tardo bizantine.

D’Alema li chiamo' cacicchi, un epiteto volutamente dispregiativo, ma tutti se ne servono all’occorrenza (incluso lui) perché questi cacicchi hanno poteri di interdizione e ricatto verso le strutture nazionali, custodiscono pacchi di tessere, dispongono di risorse pubbliche drenate dai bilanci degli enti locali e reti di influenze che garantiscono consenso elettorale.

Il meccanismo delle primarie così come stabilito nello Statuto conferisce ai cacicchi un potere straordinario di interdizione, per cui un Obama da noi farebbe al massimo il ricercatore alla Fondazione ItalianiEuropei.

 

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Commenti

Ci sono 21 commenti

Divertentissimo e tragicamente vero. Potrebbe essere postato in toto su Spinoza.

Mi pare un pò ottimistico il pachetto delle risposte.

 

 

Mi pare un pò ottimistico il pachetto delle risposte

 

 

Forse il sole non era ancora abbastanza cocente :-)).

Magari mi capitera' di scordare di nuovo il cappello a fine luglio e allora tutti i freni inibitori salteranno.

 

 

Su Nfa , fra gente che mangia troppo e gente che esce senza panama si prendono sempre strane visioni ... sicuri che non sia dovuto ad altro ? -)

Comunque un pezzo da far girare, assolutamente. Se poi ci dite cosa prendete, invece di menarla là con scuse inverosimili, e soprattutto dove lo prendete ve ne saremmo moooolto grati..

Posso solo dire che di recente sono stato in India, ma non in Pakistan, e tantomeno in Afghanistan :-))

Visto che me lo chiedi, a me bastano i peperoni... :-)

Mi piace il 5, ma come studente all'estero ho alcune precisazioni:

1) E' facilissimo ormai vivere all'estero (se non ti fai prendere dall'isteria che devi vivevere a 2 metri da mammà). Talmente facile che i laureati in Danimarca, per dire, anche se Italiani, hanno diritto a circa 1100€ al mese come sussidio di disoccupazione appena 1 mese dopo essersi laureati.

2) I professori in Italia mi sembrano più preparati per insegnare che all'estero (ho esperienza di Spagna e Danimarca). Il reale problema è il sistema che regge le università. Il sistema Danese è talmente buono che riduce al minimo i danni di professori incompetenti (che comunque ci sono). In quello italiano un professore incompetente fa molti più danni perché fa sostanzialmente quello che vuole.

3) Quelli che hanno studiato all'estero e tornano in Italia non li metterei nella categoria "impreparati". Piuttosto, sono delle buone teste di minchia oppure hanno motivi razionali per tornare in Italia. Uno studente mediocre italiano a molte più possibilità di lavoro all'estero che in Italia.

MI permetto di dare una risposta diversa al punto 2:

 

2) Perché quando avete avuto l'opportunità di governare non avete regolamentato il conflitto d'interessi?

 

Ma scherziamo? Una legge sul conflitto di interessi che avesse penalizzato pesantemente Berlusconi lo avrebbe tolto dalla competizione elettorale. E noi, che dell'antiberlusconismo facciamo la nostra unica proposta su cui prendere voti, dopo ci saremmo dovuti inventare chissa' cosa per essere votati. Addirittura ci sarebbe toccato di fare un programma elettorale chiaro, semplice ed efficace. Invece abbiamo potuto ripresentraci nel 2006 con un programma incomprensibile e con una compagine di partiti in cui c'era tutto ed il contrario di tutto, riuscendo a vincere lo stesso. Dopo, quando ci e' toccato governare, si e' visto che non eravamo proprio capaci di farlo. Ma non ci siamo giocati neanche quella volta il conflitto di interessi, cosi' possiamo riproporre ad ogni tornata elettorale l'antiberlusconismo. Senza Berlusconi noi siamo finiti, sepolti dal giudizio della storia e dalla nostra totale incompetenza. Mica possiamo giocarcelo cosi', il nostro unico "atout".

 

 

Risposta esatta, Gilberto ....

Scusate. Ma ad esempio, come ha fatto il partito democratico ammericano a risolvere il ben più sospetto e pericoloso conflitto di interessi della famiglia di petrolieri 
Bush?

Bush non era proprietario di alcuna societa' ne di alcun mezzo di informazione. Quindi non e' mai stato sollevato nessun conflitto di interessi. Certo molte sue decisioni hanno favorito l'industria petrolifera, ma non il suo patrimonio direttamente.

In generale ogni Presidente favorisce degli interessi a scapito di altri (e lo stesso vale per ogni politico ad ogni latitudine), ma il conflitto di interessi scatta quando un governante puo' assumere decisioni di cui beneficia direttamente (ad esempio Berlusconi puo' decidere sulla Rai che e' diretta concorrente di Mediaset).

Il punto dolente in Italia e' poi il controllo diretto o indiretto dei mezzi di informazione nelle mani di un uomo solo, che non ha eguali in nessuna parte del mondo a parte forse posti tipo Venezuela, Corea del Nord, Vietnam o Cuba.

 

 

Al solito Fabio scrive bene e pensa meglio!

Il deserto come luogo della riflessione evidentemente non è solo causa di pericolosi colpi di sole: l'intensità della luce e la mancanza di umidità rendono le cose terse e chiare...non come qui in Italia, dove il polverone eruttato ogni giorno dai giornali e dalle televisioni di partito creano una coltre che in confronto quella dell'Islanda è aria fresca, pura e cristallina.

Ma veniamo al delirio.

Il punto anagrafico. Fondamentalmente i leader del PD sono gente vecchia. Ovviamente sono vecchi dal punto di vista anagrafico per il mestiere che vogliono fare, ovvero i politici; se fossero sessantenni e basta andrebbero pure bene. Ma il problema è che sono vecchi. Semplicemnte gente come D'Alema o Bersani non hanno la sensibilità e neanche la curiosità per aprirsi, poniamo, alle nuove tecnologie e infatti il loro unico modo di essere vicini ai "giovvani" e alle loro tendenze è: andare da Maria de Filippi e raccontare quanto erano buone le patate della governante (lasciamo stare le imbarazzanti implicazioni freudiane di un 60 enne che va in TV a dire che "come cucina la patata la mia vecchia governante non lo fa nessuno"... se fossi stato la moglie lo avrei ipnotizzato e mi sarei fatto dire tutta la storia); andare da Bruno Vespa a cucinare il risotto (D'Alema); oppure andare da Gianni Morandi a cantare con l'eterno ragazzo qualche successo dei bei tempi andati; o ancora andare a Sanremo con la figlia (Bersani). Insomma, questi sono andati dal punto di vista anagrafico e dunque anche dal punto di vista della comunicazione.

Il punto educativo-culturale. La sinistra, per ragioni di collateralismo accademico, se non di vera e propria malversazione uiversitario-delinquenziale con i baroni più luridi che l'accademia abbia sfornato, ha confuso la cultura (e la scienza) col dibattito culturale. I dirigenti che mi vengono in mente sono tutti privi di un percorso culturale appena appena accettabile: o non hanno studiato un cazzo, impegnati com'erano a lanciare molotov o guardarsi cinema d'essay (vedi rispettivamente D'Alema e Veltroni); oppure hanno studiato al solito roba umanistica tipo Diritto o Lettere o Filosofia. Il risultato è gente che parla bene e razzola male, ma non nel senso che sia ipocrita (anche quello ovvio) ma nel senso che non sanno davvero che pesci pigliare...e dunque si informano e attingono "idee" da persone del loro stesso entourage. Bisogna cominciare a porre il problema  che l'attuale classe dirigente del PD, dovesse pure fare le serali, non ha gli  strumenti culturali minimi per farsi un'idea onesta di quello che succede intorno. E' triste ma è così.

Il punto del non essere elites. Quelle figurine che dominano il dibattito interno al centrosinistra non hanno avuto e non mostrano di voler aver nessuna esperienza sprovincializzante sia in senso geografico o culturale. Se li sentite parlare non fanno mai, dico MAI, considerazioni che uno non potrebbe farsi anche da solo. Ovviamente l'imbecille quando sente Bersani dire le stesse cose che lui aveva già pensato con lo screensaver nel cervello mentre aspetta il verde al semaforo si rallegra di aver parlato come il grande segretario...il problema è che se un politico dice le cose che possono pensare tutti vuol dire che sta facendo aria fritta. Il mio problema è che quando li sento parlare non mi comunicano mai un modo nuovo di vedere le cose, un aspetto dei problemi sociali ed economici che avevo trascurato, una comparazione con realtà differenti; un occhio informato su come altrove si gestiscono le cose. Cioè, come e dove si preparano questi qui prima di andare alle trasmissioni? Non hanno mai un appunto, mai una ricerca da tirare fuori...ma che cazzo fa Bersani prima di andare in TV? Ok si mette il cerone... ma non può mobilitare i suoi portaborse o i suoi "ricercatori" per essere pronto e informato sui temi del giorno che si discuteranno nella trasmissione x? Io ogni volta che li sento rabbrividisco. Avete presente Ghedini come è informato? Si porta dietro le carte, è tutto precisino...certo Ghedini moralmente è come quei bravi manzoniani visto che penzola dal muretto aspettando che gli italiani tornino a casa per cena e non dubito che il suo eloquio sia attività forense esercitata con altri mezzi per conto del suo capo, ma almeno si informa e prende sul serio la discussione (un altro che mi viene in mente è Tosi). Il problema è che questi leader non hanno viaggiato, non hanno studiato, non conoscono le lingue e ovvio che non hanno nessuna idea non dico buona, ma nemmeno nuova.

Marco, hia ragione.

Gli elettori del PD, però, hanno avuto la possibilità di scegliere l'autunno scorso durante le primarie. C'erano due candidati come quelli descritti da te, peraltro uguali tra loro su tutto tranne che sul fatto di allearsi o meno con l'UDC, e poi c'era Marino, che invece è uno che ha fatto qualcosa nella vita e che ha una formazione di alto livello. Gli elettori hanno scelto.

Come te lo spieghi questo?

A mio, modesto, avviso il fenomeno culturale ha pochissima importanza. Barca era bravo a fare il comandante in marina, Luciano Barca, quello che faceva la politica economica del Pci (prima appunto che un gruppo di stronzi giungesse alla cresta dell'onda, come si sostenne anche in questa sede.)

Il sottoscritto di economia e di giovani intende pochissimo. Modeste applicazioni di pensiero puro bastano.

Si consideri la seguente: come molti sostennero, dopo aver provato tutto il resto, perche' non provare la liberta'? esclusivamente per la propria sopravivvenza. Questo e' l'unico, esclusivo problema della classe dirigente attuale della sinistra in Italia. 

Potrebbero benissimo dimettersi e lasciar fare a Chiamparino, il quale, detto con tutto il rispetto, non risulta essere un mago ne' in meccanica dei quanta, e nemmeno delle stringhe. 

Tuttavia dice meno scemenze di Veltroni che... doveva andare in Africa (e siamo tutti grati della sua menzogna -- "noi" siamo quelli che stanno in Africa)