L’evoluzione industriale è avvenuta in perlomeno due passaggi. L’800 e la prima meta' del '900, sino alla seconda guerra mondiale, ha visto l’Europa continentale spostarsi dai campi alle fabbriche, preferendo 12 ore di lavoro al giorno in condizioni proibitive piuttosto che fare la fame in una campagna relativamente sovraffollata. Al tempo le donne continuavano a lavorare altrettante ore in casa, dato che solo pochissime famiglie potevano permettersi la servitù necessaria per portare avanti a tempo pieno i lavori domestici. Questa trasformazione economica ha avuto le sue conseguenze sociali e politiche: l’urbanizzazione, i sindacati, il comunismo, e tanto altro. La seconda meta' del 900, invece, ha portato una seconda fase di industrializzazione dovuta all’entrata in massa delle donne nel mondo del lavoro. L’Industrialization 1.0 aveva prodotto tante belle cose (frigoriferi, lavastoviglie, lavatrici, fornelli, automobili) che hanno facilitato la vita domestica e hanno cambiato l’opportunity cost femminile di entrare nella forza lavoro. Anche l'industrialization 2.0 ha avuto le sue conseguenze sociali: l’emancipazione, un ulteriore boom economico, e uno stile di vita raffigurato esageratamente nei cartoni animati The Jetsons, dove ogni famiglia ha a disposizione quella servitù elettrodomestica che un secolo prima solo l’elite poteva permettersi in carne ed ossa.
Per il mondo occidentale ci sono voluti due secoli, ed ora possiamo osservare il cosiddetto terzo mondo fare lo stesso percorso in pochi decenni con tanto di temporanee esternalità negative: sovrappopolazione, inquinamento, condizioni lavorative oscene, e così via. In sintesi però, questo percorso industriale può essere riassunto come un graduale spostamento da un fattore di produzione, il lavoro, ad un altro, il capitale (inteso in senso economico, e non in senso finanziario come il deposito di Zio Paperone). A livello macro questa transizione è molto importante per il benessere e lo sviluppo economico, e le dinamiche che alla fine dettano i tassi di crescita e gli incentivi ad investire sul futuro di un paese sono pressapoco le stesse che avvengono dentro le mura domestiche e che spingono una casalinga a comprarsi una lavastoviglie per guardarsi una telenovela sul divano, anziché lavare i piatti durante quella stessa mezz’ora. Il dilemma della massaia, se lavare i piatti (lavoro) o farlo fare ad un elettrodomestico (capitale) si basa su una serie di considerazioni che per molti versi valgono anche per altre attività economiche. Possiamo così fare una graduatoria, prendendo come indicativo quanto convenga comprare una lavastoviglie, per vedere se siamo più Flinstones o più Jetsons nello spettro industriale.
Prendiamo ad esempio la tipica famiglia americana. Un ciclo di lavastoviglie consuma di elettricità pressapoco 1.07 kWh che costa mediamente $0.104 al KWh. Il costo elettrico di un ciclo e quindi $0.11 e possiamo ignorare il costo dell’acqua calda utilizzata se supponiamo che nell’alternativa di lavare i piatti a mano utilizziamo la stessa quantità di acqua calda (in realtà le lavastoviglie sono un po’ più efficienti nel risparmiare acqua). Il costo opportunita' di lavare i piatti a mano dipende da quanto costa il nostro tempo e da quanto tempo ci impieghiamo. Dopo aver consultato Yahoo Answers, 15 minuti mi sembra il tempo medio per lavare i piatti sporchi di una famiglia di 4 persone dopo un pasto. Diciamo quindi che per lavare l’equivalente del volume di una lavastoviglie (2-3 pasti per una famiglia di 4 persone), tenendo conto di un po’ di economia di scala, ci voglia mezz’ora. Quanto costa quella mezz’ora di tempo sprecato a lavare i piatti ad una casalinga americana? Se in USA lo stipendio disponibile medio annuo è $32mila, con 250 giorni lavorativi e 8 ore di lavoro al giorno, lavorando un’ora si guadagna $16, e quindi quella mezz’ora piegati sopra l’acquaio costerebbe $8 di costo opportunita'. Naturalmente stiamo paragonando giornate intere impiegate a fare vari lavori domestici sostituendo ogni tipo di elettrodomestico (lavastoviglie, lavatrice, ecc...), e la lavastoviglie è solo un elettrodomestico rappresentativo. In conclusione, conviene di gran lunga spendere 10 centesimi di elettricità per la lavastoviglie che rinunciare a $8 di mezz’ora di lavoro per lavare i piatti. La lavastoviglie è 80 volte più conveniente, ma la lavastoviglie è un capitale, e un capitale costa: $309.99 + diciamo 5% di tassa sull'acquisto (ho scelto la meno costosa per meglio paragonare dopo), e cioè $325. Utilizzandola una volta al giorno (per i piatti di un household di dimensioni medie) con un opportunity cost di $8 per utilizzo, la lavastoviglie viene ammortizzata in solo 40 giorni, che è un affarone dato che la vita media di una lavastoviglie è 10 anni.
È altrettanto conveniente comprare una lavastoviglie in India? Facciamo lo stesso paragone tenendo conto che $1 = 55 rupie: in India 1 Kwh costa 5 rupie ($0.09), il reddito disponibile medio è 65mila rupie ($1180), e supponendo 250 giorni lavorativi a 8 ore al giorno, parliamo di $0.60 all’ora, e quindi quella mezz’ora a lavare i piatti ha un opportunity cost di $0.30 per un indiano. Se la lavastoviglie gliela dai gratis, allora anche all’indiano conviene utilizzarla per un costo di $0.10 di elettricità piuttosto che riunciare a $0.30 di stipendio (sempre supponendo un confronto tra una giornata intera di lavori domestici e andare a lavorare in fabbrica). Ma investire in un capitale come una lavastoviglie anche in India costa, e la meno costosa che ho trovato vale 23mila rupie ($420). Insomma, utilizzandola una volta al giorno si ammortizza dopo 2100 giorni (tenendo conto di un opportunity cost netto di $0.20 al giorno), e cioè dopo quasi 6 anni. Quindi, mentre negli Stati Uniti è scontato che conviene investire in capitale elettrodomestico, per buona parte della popolazione indiana che guadagna al di sotto della media non conviene investire in elettrodomestici perché con tutta probabilità si romperanno prima di venire ammortizzati.
E per la massaia italiana odierna conviene ancora lasciare le mura domestiche come avvenuto nella generazione precedente durante Industrialization 2.0 degli anni ’60? Questa la ritengo una questione importante perché è parallela a domandarsi se ad un imprenditore conviene investire nella propria azienda come conveniva 40 anni fa durante il boom economico. In fin dei conti questo dilemma della massaia si basa su dati economici standard che valgono per ogni attività economica di un paese: costo materie prime (energia), costo lavoro (stipendi medi), costo capitale (rappresentato dal prezzo di un elettrodomestico). Allora, ripetendo l’esercizio per l’economia italiana, vediamo che 1 KWh in Italia costa €0.19 ($0.24, più del doppio che negli Stati Uniti). È interessante notare nella tabella dell’autorità per l’energia che di quei 19 centesimi, 2.5 sono imposte, 2.6 sono costi di rete, e 3.2 sono oneri generali di sistema. Insomma, il costo della materia prima è solo 10.9 centesimi a KWh e non si può incolpare il costo elevato al consumatore solo sul fatto che l’Italia, poverina, è importatrice di energia. Quel 1.07 di KWh per un ciclo di lavastoviglie costa €0.20 ($0.25), mentre il costo opportunita' di mezz’ora di stipendio è €3.96 ($4.95), derivati da €15835 ($19794) di stipendio disponibile medio annuo. La lavastoviglie meno costosa (vari sconti inclusi) vale €309.00 + IVA, per un totale di €368 ($460). Conviene comprarla? Utilizzandola una volta al giorno, con un guadagno netto di €3.76, ci mettiamo 98 giorni (14 settimane, 3 mesi e mezzo) a ripagarla. Può sembrare rassicurante che in Italia conviene ancora comprare una lavastoviglie, ma in un mondo con competizione globale è allarmante che in Italia sia 2 volte e mezzo meno conveniente fare questo tipo di investimento che negli Stati Uniti. Per il lavaggio dei piatti di casa, che non si puo' importare ed esportare, non è un problema, ma per ogni bene esportabile lo è. Rispetto agli USA l’energia costa il doppio, gli stipendi sono la metà, e un elettrodomestico costa il 40% in più.
Se un paragone con gli Stati Uniti pare azzardato, le conclusioni non cambiano se il paragone viene fatto con dei paesi europei. Per esempio in Francia (paese simile all’Italia per tante cose) 1 KWh costa €0.12, mezz’ora di stipendio disponibile medio netto sono €5.1 (calcolato da uno stipendio disponibile medio annuo di €20532), e la stessa identica lavastoviglie costa €340 (tasse incluse). Quanto ci mette una massaia francese a ripagare l’investimento di una lavastoviglie? 68 giorni (neanche 10 settimane). Secondo questo Dishwasher Index qui calcolato, in Italia è il 40% più sconveniente investire in una lavastoviglie che in Francia (98 giorni rispetto a 68 giorni per andare in pari sull’investimento fatto). È una differenza abissale per due paesi all’interno di un mercato unico.
Tutto sommato questo Dishwasher Index altro non è che un paragone tra reddito disponibile e il prezzo di un bene, e quindi una specie di indicatore del reddito a parità di potere d’acquisto. Ma per paesi industrializzati simili tra loro, i tanti piccoli fattori che creano queste divergenze in reddito e prezzi, sono gli stessi che rendono un investimento più difficile da fare (guadagni attesi minori, costi d’investimento maggiori) e nell’insieme possono formare uno spropositato svantaggio competitivo, e quindi meno crescita. Articoli come questo pubblicato su Repubblica sono fuorvianti perché insinuano che è “la crisi dell’euro” ad aumentare il divario competitivo tra paesi europei, mentre casomai è vero il contrario. È inutile inorridirsi se le banche fanno credito ad un tasso più elevato in Italia che in Germania. Se è nettamente meno conveniente investire in Italia tanto quanto è meno conveniente comprare una lavastoviglie, è inevitabile che gli investimenti meno appetibili attirino tassi d’interesse più elevati. La soluzione non sta nel dare la colpa all’euro o alle banche, ma a eliminare tutti questi piccoli attriti fiscali interni che rendono un terreno meno fertile.
Penso ti sia sfuggito "settimane"quando intendevi "giorni".
Sul resto non ho commenti da fare, è un bell'articolo.Però mi vien da sorridere perchè mi immagino che, se fosse pubblicato su Repubblicae affini, il dibattito verterebbe non sul gap competitivo ma sulla legittimità dell'uso della lavastoviglie, chè non segue le logiche di descrescita felice, risparmio energetico e km zero che si ottengono lavando i piatti a mano all'aperto nelle giornate di pioggia
riguardo la decrescita felice, good point.
Bello ! Peccato che i giorni medi di pioggia in Italia siano 60/120 (min e max) egli altri giorni accumuli i piatti -).