Non e’ necessario schierarsi con la maggioranza. C’e’ sempre un mucchio
di gente che gia’ lo fa. G.H.
Hardy
Per sgomberare il campo da equivoci: l’argomento
che si presenta non e’ mio, anche se mantengo notevole simpatia per esso,
altrimenti non avrei scritto. Secondo: non e’ un modello di nulla. Gli
economisti fanno modelli, i filosofi producono argomenti; rientra nel
mansionario. Se dagli argomenti segue qualche cosa, sta a voi dirlo. Nel caso
specifico il movente che mi spinse a scrivere fu vedere (sul webpage di Matrix)
un’accesa discussione tra G. Ferrara e B. Palombelli, che si punzecchiavano per
mostrare chi fosse piu’ a favore della “vita.”
Siccome quella e’ l’opinione, credo, di vasti strati, mi parve utile
esprimere un motivato dissenso. Terzo, e non ultimo, l’argomento e’ normativo,
non descrive nulla, se non in un senso banale, le idee di chi lo propone.
Intende mostrare che esiste una ragione ed un ragionamento per cui e’ male, e’
una grande disgrazia essere al mondo, essere esistenti, essere vivi, e cosi’
via. Prima che si levino gli attacchi preventivi: “male” qui significa male,
nulla di piu’ e nulla di meno. Sembra moralmente preferibile evitare il male.
Se esiste una qualche derivabile, in senso lato, conclusione e’ che sarebbe
meglio abbandonare il sentimento pro-”vita” e scegliere il sentimento
pro-morte, il che credo scoccerebbe assai tutti i teorici dell’aumento della
popolazione, i biblisti, e molti altri.
Vengo
al dunque. L’argomento viene messo in moto da un’intuizione, ed e’ l’intuizione che vivere fa
male, e molto. Il sentimento che, indiscutibilmente,tutti hanno a volte, non si avvicina neanche
da lontano ad un argomento, in particolare ha nessuna ragione per non esser un
accesso di ira per un disastro personale o per la mancata soddisfazione dei
propri gusti. [Ha perfettamente ragione E. Michelangeli, il sentimento
e’ tutto meno che nuovo, da Qohelet in poi. Forse le migliori espressioni in
italiano si trovano inGiacomo Leopardi.
Persino nella letteratura religiosa si trova un ragionamento analogo a quello
qui svolto, si veda Talmud di Babilonia , Erubim. Trattasi, percultori della materia, del dissenso tra la
scuola di Hillel e la scuola di Shammai. Mirabile
dictu. Hillel perse e venne data ragione alla scuola opposta che sostiene
che, controfattualmente, “sarebbe stato meglio se gli esseri umani non fossero
mai stati creati.” Shammai, il fervente e troppo brusco allievi di Hillel,
vinse l'argomento. Da quel che mi ricordo, credo sia l'unica volta.]
Volendo
io sposare Greta Garbo e la cosa essendo impossibile, ci rimango molto male, ma
da qui a concludere che essere esistenti fa male ci corre uno iato notevole.
La
difficolta’ e’ generata dal fatto seguente, che e’ una delle premesse
(l’argomento come tutti gli argomenti e’ entimematico, vale a dire sopprime e
mantiene implicite alcune delle premesse adoperate): e’ impossibile fare del
male o del bene a qualche cosa che non esiste. Suppongo che aggrappandosi con
le unghie allo specchio su cui si sta arrampicando, qualcuno dira’ che e’
falso, ma ho difficolta’a prender la
persona in questione sul serio. Per provare, si tenti di far del male a Hamlet,
Paperino, Babbo Natale. Temo che i risultati siano scadenti assai. Si noti che
dal punto di vista degli esistenti (la generazione presente) i non-nati sono
esattamente come Paperino, vale a dire non esistono. Sta a noi, viventi, in un
senso preciso e determinato dalla biologia della sessualita’, farli
esistere, o meno.
Ergo,
passo numero uno. Se ci poniamo il problema normativo (morale, di quale sia la
cosa giusta da fare) non abbiamo la possibilita’ di andare a vedere quali siano
le conseguenze per chi non esiste. Per questo e’ipotesi ragionevole quella fatta, ad esempio
da cattolici di varia origine, che invece no, tutti sono vivi sempre in qualche
senso animista, ergo se *non* si fa nascere X si nega a X il beneficio della
vita.
L’argomento
e’ dunque costretto a prendere una via diversa, che credo dovrebbe essere
apprezzabile da chi ha un’infarinatura di teoria dei giochi. Si parte
dall’idea, che ripeto e’ empirica, che brutte cose succedono piu’ o meno a
tutti, a chi ha una vita straordinariamente fortunata spetta ancora di morire
tra dolori, morbo diCreutzfeld, essere
sottoposto a waterboarding sia dall’Inquisizione che da i berretti verdi, e
cosi’ via. Tuttavia questa e’ una valutazione empirica, come cercai di
sottolineare. E’ logicamente possibile concepire che una vita sia perfettamente
composta di belle “cose”, di avvenimenti gradevoli e cosi’ via[2],
a me sembra falso di fatto, ma la cosa e’ controversa. Qui sta in gioco
l’asimmetria in questione. Cito[3]:
“[…] belle e brutte cose succedono esclusivamente a chi esiste. Ma rimane una
asimmetria essenziale tra le belle e le brutte cose. L’assenza del male [nota
mia: uso “male” come nome dell’insieme delle brutte cose che possono capitare],
ad esempio il dolore, e’ un bene persino se nessuno lo gode. Al contrario,
l’assenza del bene, ad esempio il piacere, e’ un male solo se c’e’ qualcuno
[nota mia: qualcUNO per contare e’ qualcuno che esiste, non un figmento dei
mondi possibili della nostra immaginazione del futuro, o delle generazione non
nate, etc.] che e’ privato del godimento del bene. Ne segue che evitare il male
non esistendo e’ un vantaggio reale rispetto all’esistere, mentre l’esser
privati di certi beni non esistendo non e’ un danno, o svantaggio reale,
rispetto alla condizione di non esistere mai, ovvero di non esser nati.”
Ora
a mio avviso, l’argomento, diceva il mio professore di fisica al liceo, “fila”.
Tuttavia ho penstao utile anche riprodurre, forse meno ostico in stile, un
piccolo grafico la cui forma sara’ familiare ai lettori.Il grafico rappresenta le condizione di due
mondi possibili che hanno le seguenti caratteristiche.
Mondonumero1:
esattamente come questo, ma con 1 soggetto di PIU’[4]
Mondonumero
2: esattamente come questo
Allora,
suggerisco, la scelta si articola in questo modo
Primo
scenario
X (il pargolo esiste) PRESENZA DEL DOLORE = male
PRESENZA
DEL PIACERE= bene
Secondo
scenario
X (il
“pargolo” non esiste)
ASSENZA DEL
DOLORE= bene
ASSENZA DEL
PIACERE= non male
La
differenza tra questi due scenari (dovuta appunto all'asimmetria) dovrebbe
essere chiara. Lo scenario da evitare e’ il primo, quello in un contenitore
grafico. L’assenza del piacere e’ un non male, semplicemente perche’ e’ come
privare, che so, Paperino del senso dell’umorismo o della consumazione della
pizza verace, non puo’ soffrirne[5].
Ora la ragione per cui il primo scenario sta in una scatola grafica e’
semplicemente che e’ quello da evitare, da parte dei potenziali genitori, che
se seguissero la prescrizione morale (NON FAR DEL MALE A NESSUNO) semplicemente
non si riprodurrebbero. Riproducendosi farebbero del male proprio alla loro
prole. Non sto a tediarvi con le molte contromosse, gia’ intraviste da molti di
voi, sui vari modi di misurare il bene e il male in questo senso
specifico.A mio avviso il problema
della misura e’ una deviazione capziosa dal problema principale, sciocca
perche’ non aggiunge nulla. Ma ammetto che la questione sia discutibile se
qualcuno credesse seriamente che il bambino che viene messo al mondo avrebbe
una tale sovrabbondanza di felicita’, misurata in qualche modo da stabilirsi,
da inficiare l’argomento. Trovo la cosa affatto implausibile, ma non
concettualmente impossibile. Credo che sia utile riflettere sul fatto che tutte
le tradizioni nataliste fanno appello a fortissime ragioni imposte dall’alto
(crescete e moltiplicatievi—ve lo ha detto dio, niente di meno…) appunto per
bloccare il dubbio dei miscredenti, forse Lucreziani, forse Leopardiani, che
trovano l’idea stessa di riproduzione un po’ disgustosa. Quelli poi, perversi
dai filosofi, sembra, si dice, abbiano pure una ragione contro la riproduzione.
APPENDICE: una spiegazione non sciocca
di perché è sconsigliabile dare numeri. Cito,
mi auguro con permesso dell'autore, una obiezione che mi viene mossa (da uno
dei redattori):
Primo scenario
X (il pargolo esiste) PRESENZA DEL DOLORE = male= -100
PRESENZA
DEL PIACERE= bene= +500
Secondo scenario
X (il "pargolo" non esiste)
ASSENZA DEL DOLORE= bene = +200
ASSENZA DEL PIACERE= non male = 0
Il netto del primo scenario è +400, quello del
secondo +200. La prescrizione normativa si inverte per funzioni di
utilità che permettano l'addizione. Questa osservazione NON è
vuota di predictive power. Nel senso seguente: chi PERCEPISCE il male di
vivere come incommensurabilmente maggiore dei piaceri della vita
(da Leopardi a Pavese, a chi vuoi tu) trova la quantificazione che
io ho fatto ridicola. Se forzato a farla sostituirebbe il valore
di -100 con -\infty (meno infinito, per chi non sa leggere TeX),
e per lui fine della storia.
A me non sembra un detour irrilevante, anzi. Ti
spiega perché il famoso "istinto vitale" faccia desiderare
la riproduzione anche a persone che hanno affrontato mali del vivere
sostanziali. Non a tutti, ma a molti. Eterogeneità nella percezione soggettiva
di male e bene? Probabilmente, anzi forse certamente perché la
conclusione è tautologica sulla base di revealed preferences. Chi
si riproduce DEVE aspettarne (in media) più bene che male, a meno di
non pensare che quasi tutti gli umani sono idioti. A rovescio, chi
non si riproduce DEVE, di nuovo in media, pensare che il male che
viene dal vivere sempre compenserà per
il bene.
La
proposta è interessante e non sciocca. Indicai, anche nella prima parte di
questo articolo, come sia concepibile che vi sia chi assegna, in termini
affatto generali, un valore talmente alto ai beni (ai beni che vengono ricevuti
dai viventi, e quindi, induttivamente, anche dai futuri esistenti che stanno
per venir “messi al mondo”) da essere sufficiente a compensare il male, che si
può ammettere, ma sostenere sia numericamente inferiore. Vi sono due grandi
problemi con questa obiezione.
Primo:
numericamente parlando si può dir quel che si vuole(400? 4000? 4 miliardi? Di che cosa? Di
unità del piacere? Le domande qui non sono retoriche, penso semplicemente che
non abbiamo nessun modo di misurare il bene e il male nel senso qui rilevante.)
Perciò gli economisti hanno perfettamente ragione a non parlare seriamente di
bene e male o di felicità, ma di risorse e di soldi.)
Secondo
(e più serio) problema: l'argomento è un argomento morale, non è un'ipotesi
scientifica e come tale non è da verificare, confutare, e così via. Per usare
un esempio semplice, come illustrazione: si consideri il fatto che molte
persone rubano, per una miriade di ragioni. Si consideri pure che vi sono
innumerevoli casi in cui si può mostrare come sia razionale rubare. Il ragionamento
morale dimostra che sia sbagliato rubare, non che non vi siano casi in cui la
gente ruba, in cui si possono trovare anche razionalizzazioni delle loro
azioni. Il punto da stabilire (per chi si trovi d'accordo, il punto stabilito)
è che è sbagliato rubare. Punkt.
Nell’ambito
specifico della questione morale che si può investigare nel caso della
procreazione vi è un problema, poi, catastrofico dal punto di vista morale.
Quando io e mia moglie assegnassimo 400 unità di bene alla prole che ancora
non esiste, impongo ad essi qualcosa su cui hanno nessun controllo. Per
controllare le vostre intuizioni, spiegate l'argomento assumendo che lo si
faccia ad un vivente. Si prenda X e si descriva il mondo, con il cancro,
Darfur, Monsignor Sgreccia, e il medico cretino che nega la morfina ai pazienti
moribondi (potrebbero diventar “drogati”.) E poi dite a lui che tutto ciò
viene compensato dal risotto allo zafferano, dal tramonto, dalle vittorie del
Milan (dell'Inter, etc.) dall'esistenza di Pippo Baudo, e così via.
Esattamente in che senso la MIA valutazione (fosse anche quella indicata dal
mio obiettore di 400 vs. 100) si può imporre ad un'altra persona?
Ne
segue perfettamente che hanno tutte le ragioni del mondo coloro che sostengono
che sia bene fare bambini per ragioni demografiche, economiche, sessuali, di
soddisfazione personale a guardare il pargolo che cresce e gioca a calcio.
Hanno, forse, torto moralmente.
[2] Rimane il problema che si deve
morire. Alcuni, il sondaggio e’ affatto informale, mi dicono che trovano la
morte ributtante in se stessa, persino se potessero garantirsi di essere
fulminati da dio sotto anestesia totale, cerco di coprire tutti quei casi in
cui possa pensar di soffrire morendo.
[3] La traduzione e’ mia e metto qui
l’originale, con permesso di Dave Benatar: “Both good and bad things happen
only to those who exist. However, there is a crucial asymmetry between the good
and the bad things. The absence of bad things, such as pain, is good even if
there is nobody to enjoy that good, whereas the absence of good things, such as
pleasure, is bad only if there is somebody who is deprived of these good
things. The implication of this is that the avoidance of the bad by never
existing is a real advantage over existence, whereas the loss of certain goods
by not existing is not a real disadvantage over never existing” , in David
Benatar, Better Never To Have been, The harm of coming into existence,
Oxford, 2006, p.14
[4] Chiedo venia al dottor Boldrin,
ma mi sembra chiaro cosa “piu’” significa: l’agente in questione (o forse due,
datol il carattere della vita sessuale umana) considerano lo status quo ante e considerando le
possibilita’ di cio’ che succede e dal loro connubio carnale esce una unita’ di
prole(se piu’ di uno ancor peggio…)
[5] Il diagramma e’ una versione
semplificata del diagramma presentato a p. 38 dell’opera citata, nota n.3
David Benatar, Better Never to Have Been
Forse stanotte ho dormito poco, ma non capisco la logica. Non si potrebbe usare lo stesso ragionamento per giustificare una bella bomba atomica in Africa?
O l'immediato suicidio di Mr. Benatar, for that matter... Che ci sta a fare ancora, in questa valle di lacrime?
E poi, non l'aveva gia' detto Giovanni Pascoli nei "Poemi conviviali", "Non esser mai! Non esser mai! Più nulla / ma meno morte, che non esser più!"? O Schopenhauer prima di lui? Tutti a scrivere, invece di dare il buon esempio...
Caro Palma, ti consiglio come antidoto a queste letture deprimenti il grande Lucrezio:
Make love, not war :-)
No, la bomba atomica in Africa ucciderebbe i miserabili e sofferenti abitanti che *esistono* in Africa.
L'argomento funziona solo se chi si "elide" dal computo non esiste. Una volta che esista, sia esso contento, infelice, pieno di successi, o afflitto da malaria e disastri cosmici, ha gli stessi diritti di continuare a far quel che pare a lui quanto Paris Hilton che si diverte come una matta anche in prigione -- per brevi periodi.