Il dito e la luna

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A Davos, il 30 gennaio, si è svolto un incontro a porte chiuse tra banchieri delle principali istituzioni finanziarie globali e regolatori, per tentare di individuare le nuove regole del gioco finanziario. Mario Draghi, governatore della Banca d'Italia e presidente del Financial Stability Board, ha ipotizzato la creazione di un'agenzia di regolazione globale per gestire i fallimenti bancari, oltre ad un aumento dei requisiti di capitale per le istituzioni too big to fail. Eppur si muove, si direbbe del dibattito sulla regolazione globale. Ma ancora una volta, puntuale come la scadenza di una cambiale, è giunta la sconfessione del progetto da parte del nostro ministro dell'Economia, Giulio Tremonti.

Dalle nevi di Sestola, dove si trovava per ricevere il titolo di maestro di sci ad honorem (sic), attovagliato con nugoli di giornalisti adoranti, di quelli che non comprendono che la loro professione richiederebbe almeno una salutare distanza dal potere, Tremonti ha tuonato:

 

«Non bastano le regole tecniche che, anzi, sono dannose perché fanno perdere tempo»

 

Affermazione che potrebbe far sospettare che Tremonti abbia avuto un incontro ravvicinato con la fiaschetta di un cane San Bernardo, oltre a confermare che il ministro non ha letto le dichiarazioni di Draghi, che parla della necessità di un consenso vasto tra regolatori, regolati e politici sulle nuove regole del gioco. Ma Tremonti va oltre, e ribadisce la sua opzione strategica per il primato della politica, con excusatio non petita di ordinanza nei confronti di Draghi:

 

«Nella montagna incantata di Davos il discorso di maggior spessore è stato quello del presidente francese Nikolas Sarkozy, che ha invocato una nuova Bretton Woods».
Tremonti sottolinea che non si tratta di divergenze personali, ma di «una profonda diversa visione del mondo: c’è chi dice che non è necessario passare dai Parlamenti, mentre - ha concluso - io sostengo che è fondamentale l’impegno della politica che prende forma nei trattati»

 

Andiamo con ordine. In linea teorica, le tecnostrutture servono per trovare le best practices, ed elaborare una serie di opzioni da sottoporre ai politici, che scelgono e si assumono la responsabilità di quelle scelte, oltre a fornire l'unzione democratica a tutto il processo. Nessuno ha detto o pensato che il Financial Stability Board, quando avrà identificato le nuove forme della regolazione, realizzerà un colpo di stato rinchiudendo i parlamentari negli stadi. Quindi l'obiezione di Tremonti è piuttosto inconsistente, a meno di leggerla per quello che è: frustrazione per non essere al centro delle discussioni che contano.

Sappiamo che Tremonti ha questa passione "francese" per le prese di posizione "solenni", di quelle che restano scolpite a lettere di fuoco nel grande libro della Storia. Nessuna meraviglia, quindi, la sua adesione alla posizione di Sarkozy. Quello che risulta incomprensibile, e non da oggi, è tuttavia il significato concreto dell'espressione "nuova Bretton Woods". Siamo certi che Tremonti sa cosa è stata la conferenza di Bretton Woods: la statuizione di un sistema di cambi fissi, agganciati al dollaro, a sua volta agganciato all'oro, e l'istituzione del Fondo Monetario Internazionale e della Banca Mondiale. In cosa dovrebbe consistere la "nuova" Bretton Woods, oggi? In un nuovo sistema di cambi fissi? Ma ne abbiamo già avuto uno, informale, dalla crisi asiatica del '97, legato al dollaro, e oggi abbiamo un mondo fatto di squilibri. Servono nuove istituzioni globali di coordinamento? Bene, se ne sta parlando in seno al Financial Stability Board, con attiva partecipazione degli eletti.

Oltre a vacui slogan, Tremonti dovrebbe anche spiegare che vuole, non limitarsi ad alzare il dito e dire di no, solo perché non è stato invitato al power breakfast di turno, oppure a produrre photo opportunities come il leggendario Lecce Framework, di cui si sono perse le tracce, ma che è servito a riempire d'inchiostro i giornali italiani per qualche settimana. Ma un aspetto confortante, nella vicenda, c'è comunque: l'irrilevanza dell'Italia (ma non necessariamente degli italiani, vedasi il ruolo di Draghi) nella riscrittura delle regole del gioco. Date le premesse, fatte di proclami populistici ed assenza di proposte operative, il danno per il mondo sarà certamente gestibile.

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Commenti

Ci sono 10 commenti

«Non bastano le regole tecniche che, anzi, sono dannose perché fannoperdere tempo»

«Nella montagna incantata di Davos il discorso di maggior spessore è stato quello del presidente francese Nikolas Sarkozy, che ha invocato una nuova Bretton Woods».

Ma la vecchia Bretton Woods non era un insieme di regole tecniche? O la confonde con Yalta?

Eddai Giulio, che fai, pretendi coerenza da Voltremont? Lo sai che non è il caso. Piuttosto, un paio di osservazioni totalmente marginali sullo stile voltremontiano, visto che la sostanza scarseggia.

Primo, il riferimento alla ''montagna incantata'' di Davos, come può verificare chiunque abbia accesso a wikipedia, non è casuale. E' uno di quei trucchi retorici con cui Voltremont delizia le sue platee, facendo credere di essere intelligente perché lui cita Thomas Mann, e facendo credere agli ascoltatori di essere intelligenti perché capiscono la citazione a Mann. A quel punto cosa importa se poi non capisce un piffero di quello che dice e si autocontraddice? Il suo figurone da intellettuale di liceo classico l'ha fatta.

Secondo, siccome in questo periodo sono in Italia poi me lo sono pure visto al telegiornale. Dove ho potuto testimoniare il suo altro trucco retorico favorito, il ''io lo avevo previsto tempo fa''. Perché, vedete, lui lo aveva previsto che bisognava ridisegnare le regole del gioco e i fatti gli stanno chiaramente dando ragione. Come, perché, esattamente in che direzione vanno cambiate le regole? Dettagli, dettagli. Lui aveva previsto qualcosa, e tanto vi deve bastare. Impareggiabile. Ci sarebbe da sghignazzare se non si vedessero poi tanti connazionali ammaliati da questi trucchi da ipnotista di periferia.

 

Devo suggerire al mio idraulico di candidarsi alle prossime politiche nel PdL. Gli suggerirò di scrivere anche un libro "Mona! Vederem la proxima crisi". Fino a prova contraria potrà anche lui sostenere di aver visto giusto. E ne sono stato testimone!

 

Tremonti dovrebbe anche spiegare che vuole, non limitarsi ad alzare il dito e dire di no, solo perché non è stato invitato al power breakfast di turno, oppure a produrre photo opportunities come il leggendario Lecce Framework, di cui si sono perse le tracce, ma che è servito a riempire d'inchiostro i giornali italiani per qualche settimana.

 

Ecco, Mario, proprio qui sta il fulcro del discorso, temo. A prescindere anche dall'altissima opinione di sé, solitamente immotivata a questi livelli - non solo nel caso di Julius Decimosettimo, che pure ne è esempio mirabile - la luce guida dell'agir comune dei nostri amabili politicanti rimane la cometa che vedono stazionare sopra i palazzi del potere.

Ciò implica - ahimé - la necessità di apparire, nei media e dunque alla mediocre moltitudine degli elettori, quali appartenenti ad un mondo di livello culturale superiore, in grado di dar soluzione a problemi troppo complessi per essere adeguatamente spiegati. Contestualmente, risulta pericoloso per lorsignori mostrare la debolezza derivante da un'eventuale scarsa considerazione di altri "potenti di turno", che tendano ad andare per la loro strada.

Vale in generale, non da oggi, e la coerenza è sempre un optional. Ultimamente, poi, pare che atteggiamenti sprezzanti e definitivi tendano a pagare in termini di voti. Dunque, le dichiarazioni ieratiche si sprecano, quasi in merito a qualunque argomento e da parte di chiunque. A questo punto, è ovvio che emerga il campione di tale arte, e questo è il motivo principale del successo che arride al protagonista della vicenda ....... e del gustoso pamphlet in questi giorni in libreria ..... :-)

 

Il bello e' che questa idiozia bipartisan della "nuova Bretton Woods" va girando da decenni: io sono sicurissimo di averla sentita quando ancora stavo in Italia, cioe' prima del 1987 (se ben rcordo propugnata da esponenti del PSI): Prodi la propose nel 1998 (in visita in Argentina, of all places); ed e' comune persino a quel demente di Lyndon LaRouche...

...ed ecco un'altra anima confusa dalle colonne di quello che passa per il principale quotidiano economico italiano:

 

Tutto fa pensare quindi che, a differenza di quanto avviene in occidente, Pechino riesca a restringere il credito evitando il rafforzamento della valuta. Un altro effetto dello strano capitalismo della Cina comunista.

 

A me pare non ci sia proprio niente di strano, o di comunista: e' semplicemente un effetto del blocco dei flussi di valuta in conto capitale che vige in Cina, esattamente come accadeva in tutto il mondo ("occidente" compreso) in seguito agli accordi di Bretton Woods. E questo accadeva proprio in seguito alle preferenze per una finanza "primarily national" da parte di quel Keynes oggi scelto come campione da molti fautori della rivalutazione dello Yuan (e che probabilmente commenterebbe che "squilibrati al potere, che sentono voci nell'aria, distillano le loro frenesie da qualche scribacchino accademico di alcuni anni addietro").

 

Visto che l'italiano dell' anno è andato a sciare, gli farò i miei migliori  aguri con un espressione inglese :

" Giulio, break a leg! ", ma stavolta in senso letterale.