Premetto che la mia conoscenza di economia e' limitata e
amatoriale, potrei sbagliare, ma sarei felice se qualcuno potesse
spiegarmelo in maniera convincente.
Giavazzi osserva che il "tasso di partecipazione" (occupati piu' in cerca di
lavoro) in Italia e' molto basso (~60%), e che la Spagna lo ha aumentato dal
60% al 70% in 10 anni. Aggiunge: "Nella fascia d'età tra i 50 e i 60 anni
partecipano 3 uomini su 100 in meno di quanti partecipassero dieci anni fa; 2
su cento in meno fra i 60 e i 65 anni. Partecipano meno che in Spagna anche i
giovani, soprattutto quelli fra i 25 e i 29 anni, e le donne in ogni fascia
d'età: fra i 25 e i 29 anni, 8 ragazze spagnole su 10 lavorano o cercano
attivamente un lavoro. Sono solo 6,4 in Italia."
Giavazzi poi osserva che i risultati scolastici
italiani (immagino si riferisca alle indagini PISA) sono agli ultimi posti
dell'OCSE, con punteggio 470 rispetto al 550 della Finlandia.
Giavazzi spiega che l'economia puo' crescere in due modi: aumentando la
produttività oppure il tasso di partecipazione, e raccomanda che l'Italia
segua l'esempio della Spagna, che ha fatto notevoli progressi economici
aumentando il tasso di partecipazione e creando in questo modo molti posti
di lavoro. In particolare raccomanda:
Continuare a prevedere la possibilita' di avere lavori a tempo determinato perche' "nei ricchi Paesi dell'Occidente i nuovi posti di lavoro si creano nei servizi, sia quelli che richiedono qualifiche elevate (la finanza, l'informatica, l'istruzione) sia quelli che al contrario non richiedono qualifiche particolarmente elevate, ad esempio nel turismo."
- Mobilità. I giovani, e non solo loro, sempre più troveranno posti precari: il problema è come aiutarli ad uscire dal circolo vizioso del precariato. Questo richiede mobilità sociale, cioè meritocrazia e buone scuole. Scrive Giavazzi: "Anziché illudersi di eliminare i lavori precari o investire denaro pubblico in ambiziosi progetti di alta tecnologia, occupiamoci piuttosto delle scuole."
Un primo appunto: i risultati scolastici italiani a livello di scuole medie
superiori (indagine PISA) sono sia pure di poco superiori a quelli USA, fatto
che suggerisce che forse i risultati scolastici non hanno molto a che fare, in
termini causali, con la partecipazione al mercato del lavoro visto che gli USA
hanno una partecipazione fra le piu' alte. Con questo non voglio dire che
l'Italia non dovrebbe cercare di migliorare i suoi deprimenti risultati
scolastici, sia ben chiaro, discuto solo la correlazione col tasso di
partecipazione.
Sempre riguardo ai risultati scolastici, c'e' un'omissione che mi sembra
imperdonabile: la media non è rappresentativa delle notevoli differenze a
livello territoriale. Come si puo' leggere su
citando dal primo rapporto OECD-Pisa: "Il Nord Ovest e il Nord Est hanno
punteggi analoghi a quelli di Francia e Svezia, il Centro ha un punteggio
che coincide con quello medio dell'Italia, mentre le due aree del
Mezzogiorno hanno un punteggio analogo a quello della Turchia, superiore
solo, tra i paesi dell' OECD, a quello del Messico".
Mi chiedo allora che senso abbia raccomandare, come fa Giavazzi, di
migliorare la Scuola quando in metà del paese è già abbastanza buona. Il
vero problema è evidentemente la scuola nel Sud Italia, e probabilmente in
alcune aree del Centro del paese, che - scommetto - potrebbe includere
situazioni diversificate come Toscana, Marche e Umbria da una parte e Lazio,
Abruzzo e Molise dall'altra.
Può darsi che anche in altri paesi ci siano differenze territoriali così
marcate, ma non mi sembra. In ogni caso, varrebbe la pena di studiarlo
e quantificarlo, invece di trattare ogni paese come un blocco
indifferenziato al suo interno.
Il tasso di partecipazione (occupati piu' in cerca di lavoro) italiano e'
basso, ma non sara' per caso che a Nord e' comparabile con Francia e Svezia
e il vero problema e' il tasso di partecipazione al Sud, specie per le
donne? La mia personale stima e' questa:
-
al Nord la partecipazione è poco inferiore a quella
dei paesi nord-europei, e buona parte di quanto manca dipende dal fatto
che i lavoratori più anziani vengono espulsi appena possibile dalle grandi
imprese private per scaricare sullo Stato (mobilità lunga e pensionamenti
anticipati) i costi dovuti agli aumenti salariali automatici per
anzianità;
- al Sud la partecipazione al lavoro è molto bassa, primariamente perché i salari della grande impresa privata (contrattati a livello nazionale) sono troppo alti rispetto alla produttività, e la maggiore occupazione nel settore statale non compensa questo deficit. Mancando la grande impresa privata (con eccezione di alcuni casi pesantemente assistiti), il territorio e' anche meno propizio per offrire occupazione nelle piccole imprese
Se è vero che il tasso di occupazione italiano è basso
perché è particolarmente depresso al Sud, ma non al Nord, come i risultati
scolastici, allora le mie personali raccomandazioni sarebbero:
-
Rimodulare le progressioni salariali per anzianita' in modo da aumentare
per le imprese il costo dei giovani e diminuire il costo degli anziani. Se
il potere legislativo incontra opposizione insuperabile dai sindacati,
dovrebbe cercare di rimodulare il carico fiscale in rapporto ai salari
lordi, diminuendo per le imprese il carico sui salari con elevata
anzianita' e aumentandolo su quelli con poca anzianità.
-
Rimodulare i salari (idealmente anche statali) in modo da ridurre o
azzerare il differenziale di produttività (prodotto a parità di salario)
tra Nord e Sud.
- Lavorare per migliorare la Scuola al Sud, combattendo anche l'abbandono.
Aggiungo in coda un po' di veleno. Non sarà mai che Giavazzi non espone
certi dati (come la differenza nord-sud nei risultati scolastici) e non fa
certe raccomandazioni (ad esempio la raccomandazione sulla rimodulazione dei
salari nord-sud, che se ricordo bene è stata fatta, ripetutamente, anche dal
Fondo Monetario Internazionale) solo perché sono troppo "politicamente
scorrette" e in contrasto con la linea politica del giornale su cui scrive?
No, richiede soprattutto la liberalizzazione del mercato del lavoro. Qui a Londra il precariato giovanile praticamente non esiste. Esiste solo in quei paesi, come l'Italia, in cui si è deciso di fare le liberalizzazioni col contagocce, facendo ricadere la maggior parte dei costi sui giovani. La colpa viene poi data convenientemente al "neoliberismo". Ovviamente non sono in disaccordo con te, ma con Giavazzi.