Il particolare sistema
elettorale degli Stati Uniti rende estremamente difficili le previsioni
su chi vincerà le elezioni presidenziali. Non basta infatti guardare i sondaggi nazionali, in quanto l'unica cosa che conta per determinare il vincitore è il computo dei voti elettorali, che vengono assegnati, stato per stato, secondo regole che variano da stato a stato. È necessaria allora una continua e
attenta analisi della distribuzione geografica dei voti. Una previsione che abbia un minimo di senso si può
ottenere utilizzando i sondaggi statali per calcolare simulazioni della
distribuzione statistica di ogni possibile risultato dei collegi
elettorali e le probabilità che ciascuno Stato risulti a favore di Obama o McCain. Un metodo alternativo guarda invece al mercato delle
scommesse, ma di questo parleremo dopo.
Per cominciare, descriviamo il sistema elettorale, visto che nelle elezioni presidenziali americane non vince il candidato con la maggioranza del voto popolare, ma quello
con la maggioranza del collegio elettorale.
Il sistema elettorale
A ogni Stato è associato un numero di grandi elettori che
costituiscono il collegio, per esempio cinquantacinque elettori alla
California, trentuno a New York, tre al Montana. I voti riflettono in
modo impreciso la popolazione relativa di ogni Stato, penalizzando i
più popolosi. In totale, i voti del collegio elettorale sono 538 e, per
essere eletto presidente, un candidato deve vincerne almeno 270. Esiste
inoltre un complicato meccanismo di risoluzione in caso di parità, ma lo omettiamo qui per semplicità. In quasi tutti gli Stati, un candidato vince tutto il collegio (ossia tutti i grandi elettori di quello Stato)
aggiudicandosi la maggioranza relativa del voto popolare nello Stato
stesso. Solamente Maine e Nebraska (oltre al Colorado, in caso di
vittoria di un referendum costituzionale) ripartiscono
proporzionalmente i rispettivi voti elettorali.
È quindi possibile
ottenere la maggioranza dei voti del collegio elettorale senza avere la
maggioranza dei voti dell'intera nazione: in altre parole, il sistema
del collegio elettorale favorisce candidati i cui sostenitori sono
distribuiti geograficamente. Questo succede raramente: per
esempio, nel 2000, George W. Bush vinse il collegio elettorale
con cinque voti di margine ottenendo il 47,9 per cento del voto
popolare, contro il 48,4 per cento ottenuto da Al Gore.
Come leggere i sondaggi
Come otto e quattro anni fa, anche quest'anno tutto lascia prevedere un paese equamente diviso
tra Barack Obama e John McCain, e quindi una elezione in cui il
meccanismo del collegio elettorale potrebbe avere un ruolo
determinante. Accurate previsionielettorali quindi richiedono una
attenta analisi della distribuzione geografica dei voti. Per questo, il nostro Grande Timoniere, Andrea Moro, ha sviluppato un metodo di analisi dei sondaggi elettoralistatali, con un software che permette il costante aggiornamento delle previsioni, su questo sito.
Il
software usa i risultati dei più recenti sondaggi statali per calcolare con il
metodo Monte Carlo simulazioni della distribuzione statistica di ogni
possibile risultato del collegio elettorale. L'analisi tiene conto
dell'errore di campionamento riportato dai sondaggi statali per
calcolare le probabilità che ciascuno Stato risulti a favore di Obama o
di McCain. Queste probabilità vengono poi usate per simulare i risultati di
100mila collegi elettorali, ossia 100mila elezioni. La percentuale delle simulazioni favorevoli
a Obama fornisce una possibile valutazione della probabilità di una sua
vittoria del collegio elettorale.
Il sito riporta in alto la distribuzione di voti elettorali a favore di Obama che risulta dalle simulazioni Monte Carlo. In base a questa distribuzione poi è possibile calcolare la probabilità di vittoria per Obama (data dalla probabilità che i voti elettorali per Obama superino la soglia di 270), e il numero atteso di voti elettorali. Questi due grafici vengono riportati in basso nella pagina principale del sito.
La sorpresa, che i grafici evidenziano, è che nonostante i sondaggi nazionali diano percentuali di voto molto vicine ai due candidati, per il momento la probabilità di vittoria per Obama è del 94%. Non solo, ma questa probabilità è rimasta alta (superiore al 75%) praticamente da giugno a questa parte. Il motivo lo si scopre andando a spulciare i sondaggi stato per stato riportati da Andrea qui. Dai dati dei sondaggi statali si vede che Obama mantiene un piccolo margine - in certi casi risicatissimo - in un numero sufficiente di "swing states" (come Ohio, Florida, Pennsylvania, ma anche Michigan, Nevada, Wisconsin) da far sì che la probabilità aggregata di una sua vittoria sia alta.
Questi dati, d'altra parte, evidenziano anche quanto sia tenue la posizione di vantaggio di Obama: basta che i sondaggi in alcuni di questi stati-chiave si spostino anche solo di due-tre punti per avere effetti vistosi sulla probabilità di vittoria (e si noti che anche Colorado, Indiana, North Carolina, Virginia e altri stati più piccoli - come numero di elettori - sono in gioco!). Difatti Andrea ha anche inserito i risultati di alcune simulazioni in cui si da per certo che Obama perda alcuni stati-chiave. Ad esempio, se Obama perde Colorado, Ohio e Virginia, la sua probabilità di vittoria scende dal 94 al 73 per cento.
Per avere il colpo d'occhio di quale sia la distribuzione geografica dei voti previsti a favore dell'uno e dell'altro candidato, Andrea riporta anche una mappa degli Stati Uniti con colori diversi per ogni stato a seconda del margine di vantaggio di Obama in quello stato, in base sempre agli ultimi sondaggi.
Le scommesse
Un metodo alternativo per la previsione dei risultati elettorali utilizza invece il mercato delle scommesse sul vincitore delle elezioni.
Ad esempio, questo sito vende titoli che pagano 1 dollaro in caso di
vittoria di Obama (o di McCain) in un certo Stato. Il prezzo di questi titoli è una
misura della probabilità soggettiva che gli
scommettitori associano alla vittoria di Obama (o di McCain): per
esempio, il titolo che paga 1 dollaro nel caso di una vittoria di Obama viene dato a circa 60 centesimi. Tendenze simili vengono riportate dagli "Iowa Electronic Markets" gestiti dalla University of Iowa.
Conclusione
Tanto di cappello ad Andrea per aver ideato un meccanismo di previsione tanto semplice quanto rigoroso, poiché tiene conto sia del sistema elettorale USA che delle regole della statistica. Difatti, il sito di Andrea è stato uno dei pochi a prevedere correttamente la vittoria di Bush nel 2004 contro Kerry! Dati i precedenti, io guardo religiosamente le previsioni di Andrea tutte le mattine, per vedere se ci sono dei cambiamenti. Stay tuned!
Bellissimo articolo, molto chiaro.
Ti chiedo una precisazione su una cosa che non ho mai capito:
questi "Grandi Elettori" esistono realmente?
Ovvero al voto del Montana viene attribuito un valore convenzionale di 3 grandi elettori oppure questi elettori esistono fisicamente.
In questo caso sai dirmi dove posso trovare informazioni per capire come funziona la loro elezione?
Finite le elezioni che ne è di loro tornano alla vita normale o ricoprono cariche pubbliche?
La tv italiana parla da mesi di queste elezioni ma non sono riuscito mai a vedere una spiegazione del sistema elettorale americano.
C'è una descrizione molto chiara del sistema dell'electoral college qui. Per rispondere rapidamente alle domande:
1) Si, i grandi elettori esistono realmente e si riuniscono veramente per eleggere il presidente. In verità non è possibile obbligarli a votare per il candidato in nome del quale sono stati eletti. Questo non è mai stato un problema, nel senso che il risultato di una elezione non è mai cambiato per ''tradimento'' dei grandi elettori, ma è successo qualche volta che un grande elettore abbia votato in modo diverso dal suo mandato. Nel 2000 un grande elettore di Washington DC eletto per Gore votò invece scheda bianca (senza cambiare il risultato, dato che Bush aveva comunque la maggioranza dei voti del collegio elettorale).
2) I grandi elettori sono normalmente militanti dei partiti che hanno cariche pubbliche e/o di partito. Dopo l'elezione tornano a fare quello che facevano prima.