I candidati a governatore della Sardegna erano sei, Francesco Pigliaru (Centro sinistra), Ugo Cappellacci (Centro destra), Michela Murgia (Sardegna Possibile), Mauro Pili (Coalizione del Popolo Sardo), Pierfranco Devias (Fronte Indipendentista Unidu) e Gigi Sanna (Zona Franca). Di questi solo i primi due avevano velleità di vittoria, con Murgia pronta a fare l’outsider. Pigliaru ha vinto con il 42,4% delle preferenze, Cappellacci si è fermato al 39,8%, Michela Murgia al 10,3%, Mauro Pili al 5,7%, mentre gli altri due candidati non sono andati oltre l’1,0 e lo 0,8% rispettivamente.
Facciamo un passo indietro. Ugo Cappellacci era il candidato uscente, sicuramente non un esempio di governatore modello. Non si ricordano in questi ultimi cinque anni interventi significativi di cui l’Isola abbia beneficiato. Al contrario, alcune mosse hanno lasciato altamente perplessi, come la creazione della flotta sarda (Saremar) che ha lasciato un “buco” di 9 milioni di euro in una stagione. Non bastasse questo, l’Unione Europea ha condannato la Saremar a restiturire 10,8 milioni ricevuti dalla Regione che sono stati considerati come aiuti di stato. I lavori perennemente bloccati sulla principale arteria sarda (la SS 131 che collega Cagliari a Sassari) non hanno certo aumentato la popolarità del governatore. Cappellacci ha cercato una via del rilancio l’anno scorso cavalcando la strana idea della Zona Franca, che gli ha fruttato il tipico nome sardo “Franco” da parte del capo. Curiosamente il movimento creato a favore della Zona Franca si è poi presentato da solo alle elezioni, ma non avrebbe comunque garantito a Cappellacci i voti per vincere.*
Fra le novità delle ultime consultazioni si registra non solo il già citato movimento a favore della Zona Franca, ma anche la proposta politica della scrittrice Michela Murgia e la vistosa assenza del movimento Cinque Stelle. La prima, come detto, ha raccolto circa il 10% dei voti, un risultato che seppure non garantisce al suo partito “Sardegna Possibile” alcun seggio nel consiglio regionale, testimonia però della potenzialità che movimenti apertamente “antisistema” potrebbero avere nello sparigliare le carte dei partiti tradizionali. Da questo punto di vista l’assenza del movimento del comico Beppe Grillo ha rappresentato sicuramente un elemento di stabilizzazione del panorama politico isolano, almeno a giudicare dal grande numero di voti che il Movimento Cinque Stelle riuscì a raccogliere anche in Sardegna solo un anno fa, alle scorse elezioni politiche.
Da questo punto di partenza il centro sinistra sperava di vincere facile sino a qualche mese fa candidando Francesca Barracciu (Pd), vincitrice delle primarie del centro-sinistra nel settembre 2013. Ma come spesso capita in Italia, qualche magistrato si mette in mezzo e rovina i piani della lanciatissima Francesca, che viene indagata per peculato. A quel punto, visto anche il prevalere della linea Renzi a livello nazionale, Barracciu si dimette e, dopo giorni concitati, viene proposta la candidatura di Francesco Pigliaru, professore ordinario di Economia all’Università di Cagliari, pro-rettore della stessa università. Pigliaru non è un politico di professione, ma è già stato assessore al bilancio della giunta Soru dal 2004 al 2006, dalla quale si dimise per dissidi proprio con l’allora presidente.
La situazione di partenza quindi era più da “chi perderà” piuttosto che “chi vincerà”, dato lo scontro tra un presidente uscente che certo non aveva acquisito grandi meriti e un outsider poco noto e candidato in tutta fretta per i problemi con la giustizia della vincitrice alle primarie. Il risultato in termini numerici è quasi un pareggio, con Pigliaru che ottiene 312.982 voti contro i 292.395 di Cappellacci (su un totale di quasi 1.500.000 aventi diritto). Quest’ultimo in termini di numeri paga il voto disgiunto, visto che la sua coalizione prende il 43,9%, più del 42,5% del centro-sinistra.
Al di la di queste percentuali, il grande vincitore è l’assenteismo. Solo il 52,34% dei sardi aventi diritto è andato a votare. Come al solito, chi perde se la prende con quelli che domenica erano al mare a prendere il sole (in Sardegna ci sono stati quattro giorni estivi) invece che andare a votare. Noi preferiamo dare il beneficio del dubbio e pensare che la maggior parte di chi non è andato a votare lo ha fatto come precisa scelta elettorale, non volendo di proposito dare il voto a nessuno dei sei candidati. Date le percentuali di voto, dunque, il nuovo governatore ha il sostegno di meno di un sardo su quattro. In raffronto alle precedenti elezioni prende 75 mila voti in meno dell’allora candidato sconfitto Renato Soru.
Più in generale però, si può notare come i voti del centrodestra siano sostanzialmente rimasti “fermi” intorno alla figura dell’ex presidente della Regione. Non si può non notare infatti l’influenza elettorale che alcune figure ormai ultra-decennali della politica sarda riescono ancora ad avere. Probabilmente anche in Sardegna, il superamento delle ideologie tradizionali, la destra e la sinistra, non ha condotto all’affermarsi di un elettorato più “libero” nelle scelte elettorali, con il prevalere di un voto di opinione non pregiudizialmente associato a una parte politica. Piuttosto, sembra aver esasperato quelle forme di affiliazioni tipiche dei contesti del meridione d’Italia, quali le famiglie o i gruppi di interesse raccolti intorno ai centri di spesa pubblica.
Il programma di Pigliaru è come spesso avviene ambizioso, pieno di buone intenzioni e qualche numero. Si va dal rigore di bilancio, che dovrebbe essere attuato anche risolvendo la vertenza entrate seguita alla modifica nel 2006 dell’articolo 8 dello Statuto decisa da un accordo tra Stato (Prodi) e Regione (Soru), in base al quale la Sardegna aspetta dallo Stato italiano entrate dovute (che molto probabilmente continueranno a non arrivare visto lo stato delle finanze nazionali), ad un aumento delle risorse investite in ricerca e sviluppo, a investimenti per promuovere la lingua sarda e al raggiungimento della parità di genere. Per quanto riguarda quest’ultima, ci sarà da lavorare molto visto che solo quattro donne sono state elette in consiglio regionale domenica scorsa. La promozione della lingua sarda ci sembra come sempre uno slogan populistico in cui vengono distribuite risorse in modo quantomeno discutibile (Cappellacci si è vantato prima delle elezioni di aver aumentato la spesa pubblica per il mantenimento della lingua sarda di un fattore pari a 10).
Nelle prime parole del governatore i punti chiave sono istruzione e lavoro. Sulla prima siamo molto contenti che Pigliaru voglia investire, dati i risultati tra i peggiori d’Italia dei ragazzi sardi nei test PISA. Sulla formazione di capitale umano sembra essere basata la anche la nuova politica industriale volta a favorire la creazione di nuovi posti di lavoro. La chiave del successo, si legge nel programma, “è accompagnare il declino dell'industria "tradizionale", favorendo lo sviluppo dell'industria dell'innovazione, accelerando il contributo che la nostra regione può avere e può dare alla sua "terza rivoluzione industriale". A noi sembra un po’ utopistico cercare di rilanciare l’economia sarda attraverso l’aumento di capitale umano, che richiede lunghi periodi di tempo per essere incrementato. Di certo questo non può avvenire nell’arco di una legislatura.
Non è inoltre chiaro quale sia il progetto per il Sulcis, area che nelle parole del neo-governatore ha le capacità per rilanciarsi (nel programma si parla fumosamente di favorire l'adeguamento e la riconversione delle centrali elettriche esistenti in funzione di obiettivi di efficienza energetica e ambientale). Anche sui trasporti marittimi, che rappresentano il vettore preferito per il turismo familiare estivo, il programma suggerisce genericamente che “dovrà pertanto essere rinegoziata con lo Stato e le compagnie una nuova regolamentazione del trasporto marittimo Sardegna”. Sul turismo il programma propone la formula che i sardi sentono raccontare da decenni, ossia di rilanciarlo 365 giorni all’anno. Lascia perplessi la proposta di creare un ennesimo ente (l’ Osservatorio turistico regionale) volto “a monitorare il settore, anticipare le dinamiche, attivare tempestivamente gli interventi correttivi necessari, promuovere un maggiore orientamento al mercato da parte degli operatori”, dieci righe più in basso dopo aver criticato l'istituzione dell'Osservatorio del Turismo, Artigianato e Commercio da parte dell’uscente giunta Cappellacci. Si vede che il primo è un osservatorio di sinistra, mentre il secondo era di destra, ma per il cittadino comune sempre di carrozzone politico della spesa regionale si tratta.
Al di la degli slogan e delle buone intenzioni, resta quindi da vedere quanto Pigliaru riuscirà a fare, data anche l’eterogeneità della sua coalizione e la differente valutazione data agli avvisi di garanzia della magistratura nel comporre le liste. Francesca Barracciu infatti è stata sinora l’unico capro espiatorio di un folto gruppo di candidati con problemi simili ai suoi, che adesso siederanno in consiglio regionale. Il primo test che farà capire il potere che effettivamente il nuovo governatore può vantare all’interno della sua coalizione è dunque alle porte. Pigliaru ha già annunciato che nella sua giunta non ci sarà nessun indagato. Se confermerà questa linea inizierà certamente dando un’impronta convincente e di leadership al suo mandato. Se invece cederà alle pressioni (Barracciu ad esempio aspira a un posto in giunta, quale ricompensa del suo passo indietro come candidato governatore) risulterà da subito come un governatore indebolito e ostaggio della sua stessa coalizione.
*(Sulla questione della Zona Franca ci sarebbe da scrivere un post ad hoc. Al di là dei problemi giuridici ed economici che solleverebbe, rispetto ai quali si è ben lungi dall’avere un’idea chiara, rimane la sorpresa nel vedere così diffusa e così sostenuta la tesi, peraltro condivisibile, che sarebbe giusto operare una forte riduzione delle tasse per favorire le imprese isolane, con al contempo l’idea, questa invece non condivisibile, che i problemi strutturali della Sardegna possano essere risolti con sempre maggiori trasferimenti di denaro pubblico, che a Zona Franca avviata non si comprenderebbe bene da dove dovrebbero arrivare.)
A proposito di zona franca, mi piacerebbe non poco leggere un post ad hoc. Se ne è molto parlato nei più svariati modi (zona franca integrale, zone economiche speciali, zone franche portuali ecc. ecc.) da diverse parti politiche e non e sentire qualche voce autorevole sull'argomento sarebbe interessantissimo.