Nei giorni scorsi, CGIL e SUNIA hanno presentato i risultati di una ricerca sui prezzi degli affitti nelle aree metropolitane in Italia. Ho cercato il testo dello studio sui siti di CGIL e SUNIA ma non sono riuscito a trovarlo. Mi baso quindi su quello che ha riportato la stampa, in particolare Corriere e, con più dettagli, Repubblica.
La notizia mi ha incuriosito perché offre un altro esempio di scarsa cultura economica dei sindacati.
Il dato è che negli ultimi dieci anni, tra il 1999 e il 2008, il canone è in media aumentato del 130% nelle aree metropolitane. La CGIL e il SUNIA parlano di "emergenza affitti" e "situazione drammatica" per chi prende in affitto un appartamento, e chiedono interventi pubblici nella forma di "piani casa" e fondi per il sostegno agli affitti.
La teoria economica suggerisce che la somma scontata dei canoni di locazione che si pagano per una certa abitazione (comprensivi di deprezzamento e bolla speculativa, aspetti che per il momento tralascio) è pari al valore di mercato della stessa. Questo vale per qualunque attività reale o finanziaria.
Dovremmo quindi osservare nell'ultimo decennio una variazione dei prezzi delle case (più precisamente della tipologia di case che sono sul mercato degli affitti, ma qui dubito che esistano dati) simile a quella dei canoni di locazione. Secondo dati Nomisma riportati dall'Economist i prezzi delle case sono in media aumentati del 92% nei dieci anni tra il 1997 e 2006, su tutto il territorio nazionale.
I due numeri (130% e 92%) sono presumibilmente coerenti se si considera che nelle aree metropolitane i prezzi sono cresciuti più rapidamente che nel resto del paese (non ho dati a supporto di questa affermazione, ma mi sembra ragionevole).
E allora? E allora non c'è nessuna "emergenza affitti". C'è che, seppur forse meno che in altri paesi, anche in Italia sono cresciuti sostanzialmente i prezzi delle case.
Poiché i prezzi si muovono come dice la teoria, una persona che non possiede una casa dovrebbe essere indifferente tra acquistare e prendere in affitto: in entrambi i casi il valore presente scontato dei flussi di pagamento (quota capitale più quota interessi se si contrae un mutuo oppure prezzo della casa se si hanno abbastanza risorse per pagare in somma unica, e canone di locazione) è uguale al valore della casa oggi.
La domanda da porsi allora è: perché chi prende in affitto non acquista se veramente c'è un'emergenza affitti?
Vi saranno alcuni che preferiscono così per ragioni proprie. Cioé potrebbero comprare ma non lo fanno. Chiamiamo questi i "non vincolati". Per i non vincolati, evidentemente, non c'è alcuna emergenza. Loro sono contenti così, altrimenti comprerebbero.
Vi saranno altri che invece vorrebbero acquistare ma non possono. Chiamiamoli "i vincolati." Perché non possono acquistare? Non certo perché non hanno soldi: infatti possono pagare l'affitto, un flusso di pagamento sufficiente ad acquistare casa pagando rate di un mutuo. Il motivo è che, presumibilmente, i vincolati non hanno risorse per effettuare il deposito che la banca richiede per concedere un mutuo (il cosiddetto "downpayment"), oppure se ce l'hanno non possono dare prova alla banca di possedere un reddito fisso.
Il problema allora non sono gli affitti cari ma il mercato finanziario che vincola chi vorrebbe e potrebbe comprare. Non prendo posizione sull'efficienza o meno di questa situazione (alla luce di quello che è successo nel mercato dei mutui in USA negli ultimi anni e più evidentemente negli ultimi mesi, questa di certo è una domanda interessante), dico solo che se il SUNIA tutela gli interessi degli inquilini, allora dovrebbe chiedere non sussidi pubblici ma l'immediato allentamento dei vincoli per l'accensione di mutui.
L'articolo è davvero interessante e mi riguarda da vicino perchè sto cercando casa, visionando sia quelle in affitto che quelle in vendita. Proprio oggi il ragazzo dell'agenzia immobiliare mi confermava che (parlo di Milano) i canoni di affitto stanno scendendo mentre i prezzi di vendita, al massimo, hanno rallentato la loro corsa. Dato che io sono per comprare, la mia ragazza per andare in affitto ciò crea un sacco di discussioni.
Ciò che però non riesco a capire dell'articolo e della discussione è questo: si sostiene che chi non possiede una casa sia indifferente tra l'affitto e l'acquisto se la rata del mutuo e del canone sono uguali. Da ignorante però mi chiedo come possa essere così: con un mutuo posso fissare una rata e dopo 35 anni entrare pienamente in possesso di un bene che probabilemente si sarà rivalutato anche solo seguendo l'inflazione. Il canone dell'affitto, invece, seguirà l'inflazione, pertanto crescerà nel tempo e, anche dopo 35 anni, non mi permetterà di entrare in possesso di alcun bene "rivendibile". Ho sempre pensato che per questo motivo l'affitto dovesse comportare un esborso inferiore a quello del mutuo. Cosa mi sto dimenticando?