Eurabia e Società Aperta

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Pubblichiamo qui, in una versione leggermente modificata, un articolo di Giorgio Arfaras apparso qualche giorno fa sul sito del Centro Einaudi. [NdR].

Non sono pochi quelli che pensano che l'Europa diventerà Eurabia: l'Europa potrebbe essere fagocitata dall'Islam, a meno di una reazione. La quale reazione si ha solo con il riabbracciare le nostre radici “giudaico-cristiane” - ossia con il ribadire l'”identità”, e con una soluzione militare - ossia con il ribadire “la forza”.

Proviamo a immaginare che l'Europa si islamizzi per l'assenza o per il fallimento di una reazione efficace. Altrimenti detto, diamo una probabilità a questo evento. Immaginato l'evento, vediamo se quest'ultimo si manifesta nei comportamenti correnti.

Semmai diventassimo Eurabia, il nostro sistema fiscale per la parte volta a finanziare lo stato sociale sarebbe sostituito dalla Zakat. Invece dei diritti di cittadinanza finanziati dalla fiscalità progressiva, avremmo l'aiuto ai “bisognosi” che si attua con una imposta “purificatoria” molto bassa e, si noti, non progressiva. Si avrebbe come conseguenza la crisi fiscale degli stati europei, che continuerebbero a erogare servizi, raccogliendo delle imposte minime, almeno fino a quando gli europei di antico radicamento non accettassero di diventare dei “bisognosi”, invece che dei “portatori di diritti”. Perciò, se diventassimo Eurabia, il nostro debito pubblico non sarebbe più sostenibile. I rendimenti di conseguenza esploderebbero. Se non esplodono, allora abbiamo a che fare o con una “miopia” dei mercati o con degli investitori che non credono nell'Eurabia. Se l'Eurabia fosse un evento probabile e non solo possibile, non ci sarebbe alcun Quantitative Easing in grado di fermare la caduta dei prezzi delle obbligazioni sovrane.

Semmai diventassimo Eurabia, avremmo la religione ed il diritto sullo stesso piano, anzi con la seconda che deriva dalla prima. Le imprese si muoverebbero con una minor “certezza del diritto”, e perciò smetterebbero di investire, o, al massimo, rinnoverebbero le tecnologie in uso. Le borse dovrebbero quindi crollare. Se non crollano, allora abbiamo a che fare o con una “miopia” dei mercati o con degli investitori che non credono nell'Eurabia.

Gli effetti di una islamizzazione dell'Europa sono catastrofici per un'economia sviluppata, ma, a giudicare da come vanno le cose, non sono nemmeno lontanamente scontati. E perché i mercati – dietro ai quali ci sono gli umani con le loro valutazioni - non credono in questa tragedia che è l'Eurabia?

Esiste una argomentazione che spieghi questa sicurezza, ossia che le cose così come sono oggi in Europa e negli Stati Uniti, così saranno domani? Un'argomentazione è quella di Raymon Boudon: Il relativismo, Il Mulino, 2009, che riduco in pillole.

Gli umani hanno le stesse strutture di pensiero, che, solo astraendo dal contesto, possono sembrare diverse. Per esempio, a noi la danza della pioggia pare ridicola, ma essa si svolgeva nei periodi in cui la pioggia aveva la massima probabilità di palesarsi. Commettendo l'errore di confondere una correlazione spuria con un andamento causale, i primitivi potevano credere nello stregone come uno dotato di poteri particolari. Col tempo queste usanze sono scomparse, ed oggi si assiste ai programmi di previsione del tempo, dove ci sono, forse, dei divi, ma non degli stregoni. Va detto - per correttezza verso i primitivi - che ancora oggi le correlazioni spurie hanno un gran seguito.

Se assumiamo che col passare del tempo sia possibile avere un progresso – si hanno le stesse strutture di pensiero, ma si sa molto di più - allora possiamo arrivare alla conclusione che i valori della nostra civiltà possano essere condivisi. “Il porto è il punto di riferimento per coloro che si trovano su una nave; ma dove troveremo mai un punto fermo nella morale?” - si chiede Pascal. “In questa unica massima accettata da tutti i popoli: non fate agli altri ciò che non vorreste fosse fatto a voi” - risponde Voltaire. Si noti di passaggio che la religione cristiana è posta da Voltaire nei limiti della semplice ragione (1).

Vi sono delle verità (con la “v” minuscola) che a noi ormai paiono banali, ma che sono sorte a fatica nel corso dei millenni, e che hanno accelerato la propria diffusione solo negli ultimi secoli (con una forte eccezione nel secolo scorso, quello dei Totalitarismi). In breve:

1) Nulla impedisce di cercare nella religione “il senso” della vita e della morte, anche perché la scienza non è in grado di definirlo. Le religioni offrono il senso, e lo definiscono entro i confini della fede. Se così non fosse, se si potesse rispondere alla domanda di senso fuori dalle fede, anche la scienza potrebbe offrire il senso. 2) Non si può dimostrare (attenzione “dimostrare” non “rivelare”) che la risposta all'offerta di “senso” di una religione sia meglio di quella offerta da un'altra. Ammettendo questo, si rispetta l'Altro. 3) E qui arriva la parte complessa. Non siamo, come potrebbe sembrare, nel campo in cui tutto si equivale. Se la religione offre senso, ma non si ha modo di affermare che una religione è meglio di un'altra, ecco che si deve accettare la separazione del campo spirituale da quello temporale. Laddove ognuno può comportarsi come meglio crede. 4) In questo modo tutto ciò che non nuoce ad un altro è lecito. Siccome il qualcun altro è un individuo, non sono ammesse le limitazioni alle sue libertà, come avviene con gli umani di genere femminile in alcune religioni. Questa, a ben guardare, è un'idea radicata nella tradizione liberale. Si fondano le proprie valutazioni su delle ragioni che si vede che possano essere condivise, e condivise perché razionali. Fin qui Boudon.

Oggi abbiamo un forte scontro – la “guerra civile” islamica fra sciiti e sunniti, che, portata in ambito europeo, spinge alcuni a temere che potremmo essere fagocitati – e diventare, alla fine, l'Eurabia - attraverso la combinazione di una religione estranea che si espande con l'invasione di milioni di mussulmani e di un terrorismo che ci inibisce. E potremmo essere fagocitati, perché, alla fine, non crediamo nei “nostri valori”.

Ma quali mai sono questi “nostri valori”, e poi siamo così sicuri che non ci crediamo? I nostri valori sono quelli che le “società aperte” che possono prevalere, perché sono ragionevoli, e gli umani – nonostante tutto – sanno ragionare. Questo ci rende imbelli? Si, nel senso che l'”eroico” dell'aristocratico è diventato – peraltro dopo due Grandi Guerre - il “prosaico” del borghese occidentale (2). Ma il prosaico ha intanto prodotto delle tecnologie militari e di sicurezza che l'eroico non riusciva nemmeno ad immaginare. Perciò abbiamo il borghese che vuole vivere in pace, dedicandosi alla propria felicità, ma che è difficilmente scalzabile, sia sul piano morale, perché crede in quello che sta facendo, sia su quello militare, perché la distanza con l'avversario è siderale.

La nostra identità è la Società Aperta e la nostra forza militare agisce da deterrente. Questa è la conclusione condivisa dalla maggioranza (“silenziosa”) della popolazione e che spiega perché non sono scontati gli scenari catastrofici – l'Eurabia.

Postilla

L'Islam è arretrato – arretrato è qui inteso in senso “occidentale”, ossia ha un mediocre sviluppo sia civile sia economico. In senso “non occidentale” il concetto di arretratezza non è chiaro, perché quel che conta – secondo i fondamentalisti - è il vivere secondo la “rivelazione”.

Per molti l'arretratezza dipende dal colonialismo occidentale, senza il quale ci sarebbe stato sviluppo – qui va inteso in senso occidentale - anche nell'Islam. E questo perché non è nella “natura” dell'Islam essere arretrato, visto che fino al XII secolo era una civiltà molto avanzata. Dunque, se non è nella sua natura, allora la causa dell'arretratezza non può che essere esterna – come l'arrivo dei Mongoli prima, e degli Europei poi.

Secondo altri l'arretratezza dell'Islam si è, invece, prodotta per cause interne (3), (4). In breve, l'assenza di “certezza del diritto”, che inibiva ogni attività che avesse un orizzonte temporale di una qualche consistenza, e la subordinazione della cultura alla “rivelazione”. La stagnazione dell'Islam si è, infatti, palesata da ben prima che Napoleone arrivasse in Egitto ad osservare la storia dall'alto delle Piramidi millenarie. L'arretratezza civile ed economica dell'Islam, diventa scientifica e tecnologica, spiega il divario militare.

Infine, chi emigra tende a mantenere in una prima fase i propri costumi, per poi assimilarsi (mai completamente) nel tempo (non breve). Questo insegna la storia dell'emigrazione non islamica, ma europea ed asiatica (5).

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(1) Marcel Gauchet, Le désenchantement du monde, Gallimard

(2) http://www.amazon.com/Where-Have-Soldiers-Gone-Transformation/dp/0547086334

(3) Luciano Pellicani, Dalla società chiusa alla società aperta, Rubettino, da pagina 369

(4) Dan Diner, Il tempo sospeso, Garzanti, da pagina 177

(5) Thomas Sowell, Migrations and Cultures, Basic Books, da pagina 46

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Commenti

Ci sono 66 commenti

linea (1) il signore citato chiamasi Marcel Gauchet, emeritus di ehess, giusto per il proto

Per l'opinione di Marcel Gauchet sul fondamentalismo in Francia, questa intervista su Le Monde (in francese) di 2 settimane fa

Le fondamentalisme islamique est le signe paradoxal de la sortie du religieux

Quanto c'è da discutere qui. Troppo per una domenica, servono ore.
Credevo che su nFA fossero tabù questi argomenti e me ne lagnavo, mi devo ricredere.

fino all'Immacolata.Ma che sia un intervento corposo!

qui, nell'Umbria delle mie radici, e ben bevuto. E non riesco quindi (o forse sono semplicemente ignorante, o superficiale) capire bene il senso di queste teorie. Mi paiono molto confuse, e basate sul nulla di speculazioni teoriche. Eurabia? Ma siamo 250 milioni, prima di essere scalzati, ce ne vuole! E poi, le donne, ve le scordate? Le donne, loro saranno la fine dell'Islam integralista e retrivo. Ogni tanto si legge di episodi tremendi, padri che ammazzano o deturpano le figlie, quando non siano i mariti oppure (mammamia!) in fratelli, perchè vogliono essere libere.  Saranno le donne, che apprezzano i costuni liberi occidentali, la loro eguaglianza nella nostra filosofia (dichiarata se no sempre reale) adistruggere l'integralismo. Il nostro compito sarà di aiutarle, con amore e disponibilità. W le donne!

 

Perciò abbiamo il borghese che vuole vivere in pace, dedicandosi alla propria felicità, ma che è difficilmente scalzabile, sia sul piano morale, perché crede in quello che sta facendo, sia su quello militare, perché la distanza con l'avversario è siderale.

La nostra identità è la Società Aperta e la nostra forza militare agisce da deterrente. Questa è la conclusione condivisa dalla maggioranza (“silenziosa”) della popolazione e che spiega perché non sono scontati gli scenari catastrofici – l'Eurabia.

 

è un buon argomento ed è ben più di una speranza, anche perchè vivaddio non si fonda su pestifere retoriche di vario genere.  a me sembra che sostenga le stesse cose da te sottolineate.

... che tu avessi proprio ben mangiato (e bevuto :)).

Viva l'Umbria, per il momento. Perché, o ben le donne musulmane sono "diverse" dalle "cristiane", o non è proprio ovvio che saranno loro a scalzare il tutto.

Una piccola riflessione sulla "rivoluzione femminile" nel mondo cristiano e sugli "engines of (female) liberation" dovrebbe condurre ad un minimo di, come dire, sobria valutazione di ciò che è possibile, di ciò che è probabile e di ciò che è altamente improbabile. La rivoluzione femminista islamica appartiene al terzo insieme. 

Senza andare tanto lontano, l'articolo 8 della nostra costituzione dice:

"Tutte le confessioni religiose sono egualmente libere davanti alla legge. Le confessioni religiose diverse dalla cattolica hanno diritto di organizzarsi secondo i propri statuti, in quanto non contrastino con l’ordinamento giuridico italiano. I loro rapporti con lo Stato sono regolati per legge sulla base di intese con le relative rappresentanze"

A parte lo stato privilegiato della chiesa Cattolica e il riconoscimento dei  Patti Lateranensi,  che si trova nell'aricolo precedente, sui quali si può discutere, questo articolo dice  molto semplicemente una cosa sacrosanta e fondamentale: tutte le religioni possono essere professate purché non siano in contrasto con la legge. A mio parere basta questo, se lo stato è veramente laico.

Ottima la considerazione sulla regola aurea come punto fermo ma di fatto vediamo che così non è. Malgrado sia elemento comune a tutte le religioni le persone non si comportano come suggerito. Eppure non si comportano nemmeno per quando imposto loro dagli antichi  comandamenti (cosa fare e cosa assolutamente non fare, tipo non uccidere). Quindi mi pare che l'effettiva etica umana (soprattutto occidentale) prescinda sia da quanto imposto da religioni rigidamente prescrittive sia da quanto suggerito da ragionamenti (in fondo la regola aurea mette in mano al singolo lo strumento per capire cosa fare e non fare). I massacri del secolo scorso in Europa mi pare poi indichino che nemmeno l'etica kantiana (che anche lei mette al centro il ragionamento umano) abbia attecchito piu' di tanto.

In pratica in mente abbiamo tutti buoni principi, profondi, solidi, ma alla fine si razzola male. Bertrand Russell ricordo vagamente (letture di una ventina di anni fa, perdonate se forse ricordo male o banalizzo) parlava di "doppia morale", cio' della distanza tra il comportamento indicato dalla religione ed il reale comportamento esercitato dai credenti. Se la distanza è eccessiva allora la religione, il comandamento morale diventa impraticabile, a parte pochi asceti. Ci si culla quindi nel conforto di avere buoni principi ed al massimo si coltivano compessi di colpa per non riuscire a seguirli. Ed il complesso di colpa, ironia della sorte, rafforza il legame religioso.

A questo proposito sentivo che proprio gli islamici ci criticano per questa doppia morale, e quindi di fatto per non averne alcuna. Ma anche alcuni di loro non scherzano, dato che la regola d'oro fa parte anche del corano (Aheb li akheek ma tuhibu li nafsik). Naturale però che chi desidera per se' il martirio non si faccia problemi a dispensarlo anche agli altri, ritenendo di essere pure coerente. Il che ci riporta, in tema di società aperta, a porre alcuni paletti indispensabili. La società aperta implica alcune restrizioni. Io direi prima di tutto la sanità mentale, perché un pazzo puo' desiderare per altri cose molto poco edificanti. Popper parlava di intolleranti ma io direi che alla radice ci sia solo un problema basilare di salute mentale.  E naturalmente l'esaltazione religiosa e dogmatica è una delle forme collettive piu' pericolose.

Dovremmo quindi lasciare il campo agli psichiatri? In fondo è quello che facevano i sovietici con chi la pensava diversamente. Purtroppo (o per fortuna?) nemmeno gli psichiatri possiedono un vero concetto di normalità mentale. Non c'è soluzione quindi, almeno per ora e mi conforta solo il pensare che tutto sommato pazzi o intolleranti sono una esigua minoranza anche se purtroppo rumorosa ed altamente dannosa. In questo senso non vedo pericoli tipo eurabia: siamo già abbastanza bravi a farci male da soli.

Grazie. 

Rimane, enorme, il problema se mai si potra' avviare un "umanesimo musulmano" e, da esso, un "illuminismo musulmano" in tempi utili per tutti. Leggevo nei giorni scorsi un libro recente sui processi alle "streghe" in Salem (MA), circa 1692 e ... mi sembravano tutti pazzi, ma pazzi forte, se letti con i criteri odierni della normalita' mentale.

Il processo che ci ha portato da Salem come "estremismo religioso" a Salem come "follia da curare con procedure coattive" e' stato lungo, oscillante, doloroso e, soprattutto, per niente ovvio. Nel senso che pochi eventi "storti" (principalmente, guerre vinte dalla parte "sbagliata") sarebbero stati sufficienti per mantenerci nel mondo dell'inquisizione, di Salem e della guerra dei trent'anni per qualche secolo in piu' ... 

Molte persone vorrebbero vietare il burka (compreso me quando le ho girate). Pero' alla fine e' proprio il fatto che permettiamo non solo il burka, ma ogni tipo di altra assurda decorazione religiosa che ci rende forti. Piu' accettiamo le follie dell'islamismo fondamentalista (come anche accettiamo le non meno folli cattoliche), piu' esercitiamo il nostro relativismo, piu' allontaniamo ogni possibilita' che si arrivi ad un'Eurabia. E' illuminante come tutte le proposte contro l'Islam in Europa, in realta', ci avvicinino al fondamentalismo piu' che allontanarcene.

Andrebbe chiarito se vietare fascismo e nazismo sia quindi giusto*. Io mi sento meglio a vietarli, ma non e' proprio un esempio di relativismo.

Detto cio', io mi sento a posto con la coscienza quando esercito il mio relativismo e dico che il burka dell'islam e l'anti-aborto cattolico sono due stronzate allucinanti.

* ok, lo so che il relativismo deve agire dentro delle restrizioni, pero' quali?

 

direi: il burka, di per sé, non lede fisicamente nessuno, solo appare simbolo di un'estrema sottomissione femminile e questo potrebbe giustificare limitazioni al suo impiego. L'aborto sopprime qualcosa che vive, e questo potrebbe apparire ingiusto a credenti e non credenti ... o almeno ad alcuni appartenenti ad entrambe le categorie.

dica pure quel che vuole con o senza il relativsimo.

su un punto ha torto.

la adornata e torturata question di Hijjab (burqa, velo, vestimento modesto, che e' consigliato a maschi e femmine) ha nulla in comune con i due problemi dell'aborto.

 

 

1. vi sono tradizioni  in cui vestirsi in un modo particolare e' un segno di devozione e di ricordo dei propri obblighi (se vede le suore cattoliche si vestono in un modo specifico, gli ebrei che seguono una tradizione vanno in giro con dieci fili attaccati al sedere, i buddhisti non hanno ne barba ne capelli, i sikhs devono portare una lama e mai tagliarsi barba e capelli, e cosi;' via)

2. la delicata questione dell'aborto e' tutt'altro dato che

2.1. l'accordo e' normativamente generalmente che sia da evitare l'omicidio tranne che in guerra

2.2 una parte sostiene che l'eliminazione di un feto e' identica medicalmente & moralmente a depilarsi il pube (il corpo e' mio e me lo gestisco io etc.)

2.3 un'altra parte, alla quale appartengo, osserva che mai si vide una femmina umana partorire una zanzara, un delfino, una tigre del bengala, pare proprio che i feti siano umani, ne segue che la loro eliminazione non sia ne equivalente ne identica ad una procedura chirurgica come l'asportazione di un tumore.

2.4  se (2.3) ha un peso la domanda se sia o no un omicidio e' perfettamente legittima.

 

 

Noto, che nel furor dell'argomentare si perde troppo spesso di vista la luce dei fatti.

 

per la cronaca non sono un seguace delle dottrine della vita, per cui motli (non tutti) i casi eutanasia sono omicidi. la domanda interessante e' se siano giustificabli, la domanda e' da rispettare, a mio avviso, e ben considerata non e' affatto facile. L'aborto e' equivalente in termini normativi. se si raggiunge un accordo, sia nel caso di eutanasia che nel caso di aborto, che le vittime non sono vittime dirette o collaterali di guerra, va prodotta una giustificazione solida, visto che si deve abbandonare o riformulare in modo radicale 2.1

 

cordialmente

Qui mi sembra opportuno ribadire deve essere quanto stabilito dalla legge. Guidare l'auto col burka (ma è fantascienza), dare degli esami  o presentarsi agli uffici per chiedere documenti col burka è contrario alla legge, quindi va proibito, almeno in quelle occasioni.

Mi appello alla legge non per evadere il problema, ma perché mi sembra veramente l'unico modo sensato di gestire comportamenti culturali e religiosi differenti. Tanto per restare in tema, i musulmani (o mussulmani)  possono avere più mogli, ma noi gliene riconosciamo una (alla volta).

Se lo stato è laico, democratico, se la legge è in qualche modo il compromesso migliore che l'intelligenza collettiva riesce a elaborare per assicurare la convivenza a religioni e culture diverse,  l'osservanza della legge è l'unico criterio da adottare.

Lo stesso vale anche per l'aborto, di sui si parla più sotto. Qui, ovviamente ci si scontra col mistero della vita e della morte. Nasce la vita quando ci sono due cellule fecondate? Quando l'essere è autocosciente? Quando è lecito interrompere una vita potenziale? Il meglio che noi siamo riusciti a fare è considerare la vita formata dopo tre mesi. Dal punto di vista biologico una cosa ridicola, io la vedo come una convenzione legale, un compromesso temporaneo in attesa di chiarire meglio le cose, o di rendere supeflua l'operazione. Intanto, l'aborto non è un obbligo, ma una scelta.

* a proposito delle restrizioni

Direi: quando questo 'relativismo' diventa un problema sociale. Ma anche qui, dipende: dal punto di vista democratico, è diritto di una minoranza divenire maggioranza, e sulla base di questa facoltà democratica imporre la propria volontà. Ma c'è un problema: affinché quel genere di minoranza cresca numericamente è implicito che sia legittimata la possibilità di scardinare il nostro sistema liberale e il nostro diritto.

Delle due, la terza: che la nostra società possa, potenzialmente e serenamente fagocitare sé stessa e risvegliarsi beata sotto l'egida di Maometto, non ci deve né attirare né incuriosire. Non ci deve interessare qualsiasi forma di relativismo alternativo al nostro, per quanto qualitativamente equivalente (in quanto relativismo, non certo dal nostro punto di vista). Questo perché il nostro stato sociale è sacro.

...E INVECE NO. Se lo fosse, la costituzione sarebbe intoccabile (lo è, si, ma solo provvisoriamente a causa di/grazie a flebili resistenze). E che dire di quella sopra citata 'certezza del diritto'? Il nostro punto debole è che di sacro non abbiamo proprio un bel niente: sulla base di cosa limitare il proliferare dell'azione di una minoranza, se questa minoranza (e quindi maggioranza) è parte stessa del diritto di esistere e di modificare la realtà delle cose? Un conto è l'apologia del fascismo, che ha connotazioni ben definite (e direi, macchiettistiche), ma come ben vediamo, basta vestirsi di rosso o di verde perché fascisti non si appaia più, pur perpetuando le stesse cause. Ma non solo: il fascismo è reato perché storicamente tragico e definito (e pure esteticamente limitato...). Ma il velo? In altre parole, la mutabilità di una società è appannaggio del popolo, ma in senso proprio viscerale non (solo) normativo.

Detto questo, o ci abbandoniamo all'idea che la libertà è un valore superiore ai nostri 'valori', al nostro 'benessere', comunque vadano le cose (per principio) oppure è il caso che si agisca preventivamente limitando tali libertà, sulla base di non si sa quali criteri. L'unica speranza è che la cultura occidentale - e quando dico speranza è perché ne sono affezionato, non per oggettiva superiorità morale, come scritto nell'articolo - sappia fornire delle certezze che siano all'altezza delle altre culture.

Aggiungo una cosa sul tema aborto, dibattuto in più punti tra i commenti: E' la stessa identica questione, fatta metafora.

sapendo che il medio oriente è una regione ricca di risorse petrolifere e fondamentale via di passaggio per numerose rotte commerciali, è irreale pensare che i combattenti del famigerato ISIS altro non sian che dei disperati, dei reietti che vengono fregati da chi li sfrutta per arricchirsi sulla loro pelle? 

 

magari la mia immaginazione vola un po' troppo, ma non li vedo molto differenti dai disperati che danno tutti i loro averi a maghi e guaritori dopo essere stati intortati per bene...

 

In fondo, a conti fatti, pare che L'isis faccia fiorfior di quattrini ogni giorno tra petrolio, riscatti, etc... mi sorge il dubbio che parlando del "problema'islam" si mostri una faccia della medaglia, nascondendo quella con la S barrata...

sono stati posti a confronto da Radio Popolare; il primo propone di "normalizzare" lo stato islamico quale stato dei sunniti iracheni e siriani; il secondo - che dubita della possibilità di realizzare tale obiettivo - riferisce di avere appreso dai baath'isti iracheni, i quali rappresenterebbero la struttura pensante di quello stato, che essi utilizzano i jahdisti come carne da cannone, nell'intento di liberarsene quando avranno raggiunto il loro scopo. Sembrerebbe dare ragione a beppyz ... ma poi conclude dicendo che i  baath'isti, probabilmente, si illudono. 

E così l’uomo condividerebbe  una “struttura del pensiero” che, almeno in campo etico, lo fa tendere alla regola aurea. Era la tesi dello psicologo svizzero Jean Piaget: la morale, nel suo progresso graduale, tenderebbe a liberarsi dal concetto d’ “impurità” per concentrarsi solo su quello di “danno”: non esiste il male senza il danno all’altro, non esistono crimini senza vittime.

Una tesi che sembra saltata in aria da tempo. Solo per stare ai lavori più recenti lo psicologo evoluzionista Jonathan Haidt l’ha particolarmente presa di mira: disgusto e impurità sono centrali e onnipresenti nei nostri giudizi etici.

 

Una volta ridimensionata la tesi di Piaget (che Boudon prende per buona) tutto il resto traballa.

Tendere verso la regola aurea puo' essere vero ma non per tutti. Siamo diversi (per fortuna) e quindi qualcuno "non tende". Da quello che ho appreso leggendo diverse monografie sulla teoria dei giochi (pur di carattere essenzialmente divulgativo) la cosa non mi sorprende affatto. Le strategie pure (e come tali definirei sia le prescrizioni del comandamenti sia le indicazioni ragionate della regola aurea e simili) non sono adatte (ottimali) per le situazioni a somma maggiore di zero.

Teoria a parte, una verifica sul campo è stata fatta con competizioni round robin in cui tutte le strategie pure o miste note sono state messe in competizione tra loro. Pur precisando che molto  dipende dal valore dei payoff, alla fine risultano migliori (come somma dei punteggi totali) situazioni in cui ogni tanto qualcuno infrange la regola "pura" ed inserisce random comportamenti che la maggioranza considera deleteri (tira la fregatura, ruba, oppure perdona).
Normale quindi che si finiscano per seguire strategie miste dove gran parte della popolazione segue comamdamenti e/o prescrizioni auree e poi chieda sanzioni severe (disgusto e moralismo) per chi non le rispetta se non addirittura la legge del taglione.

Anche qui ci sono due varianti. Per chi segue prevalentemente regole auree pare che l'ottimalità si manifesti quando alcuni elementi non rispettano le regole comuni e tirano la fregatura. Per chi segue prevalentemente la legge del taglione pare che l'ottimalità si ottenga se ogni tanto si introducono comportamenti tesi a perdonare. Sono a quanto pare due equilibri di Nash diversi. Il mondo occidentale cristiano e quello islamico seguono strategie diverse, cosa normale per modi lontani e relativamente isolati. Molto mista la nostra (e alcuni si lamentano del buonismo eccessivo e della mancanza di valori) e molto rigida e fissa la loro, pur con notevoli diversificazioni locali. Quando mondi così diversi entano in contatto è normale che ognuno tema che la propria normalità (il proprio equilibrio) venga sovvertito.