Giuliano Amato, in un'intervista al Corriere qualche giorno fa, ha lanciato l'idea delle "maggioranze variabili", ovvero la possibilita' che «...le maggioranze sulle singole misure non necessariamente
[coincidano] con la maggioranza della fiducia».
Amato mette le mani avanti, e chiarisce che il trucchetto non si potrebbe usare, chesso', per passare la legge di bilancio. Si potrebbe pero' usare, ad esempio, per passare la missione in Afghanistan.
[Amato dice poi altre cose, sulla riforma elettorale (il nostro bipolarismo ha bisogno di piu' tempo di quanto abbiamo sperato per "maturare"), sulle coppie di fatto (andiamo avanti piano, pianissimo, anzi indietro), e sull'Udc come ago della bilancia fra i costituendi partito democratico e partito del centrodestra].
Ma la cosa spassosa (o forse solo triste, visto quanto e' prevedibile) e' rappresentata dalle reazioni del "giorno dopo". Bertinotti, che si sveglia la notte coi sudori freddi per l'incubo dell'irrilevanza, mette subito le mani avanti e si affretta a piantare "paletti" [NdR: quando esattamente si e' cominciato ad usare quest'espressione in Italia? Giuro che quando sono partito io (1991) non si usava]: «Le geometrie variabili - spiega Bertinotti - possono andar bene solo
nel caso in cui la maggioranza tutta ritenga che un certo argomento
possa essere affrontato in questo modo, senza mettere in discussione la
maggioranza stessa».
Mastella invece, con spirito ecumenico, dichiara che siccome c'è «una quasi maggioranza al Senato [...] soprattutto sui fatti istituzionali, è buona norma applicarsi a
chiedere consenso all'opposizione, tenendo conto che si tratta di atti
neutri». Traduzione: se facciamo entrare dalla finestra qualcun altro dei miei amici democristiani, ben venga.
Altrettanto prevedibilmente, l'opposizione si straccia le vesti e grida all'inganno, all'imbroglio, all'inciucio (posizione ragionevole, quella dell'opposizione, bisogna dire). Sia FI che AN parlano di "bizantismo" ed "escamotage". Effettivamente ...
Il tutto abbastanza deprimente. Forse l'unico aspetto degno di nota e' che si preparano le grandi manovre per decidere da che parte stara' la Udc, e quale sara' l'offerta vincente che concludera' quest'asta. Denota una certa astuzia la proposta di Amato (non per niente lo chiamavano il "Dottor Sottile") per convincere l'Udc ad entrare in maggioranza in modo "light", sperando che una volta entrati nella stanza dei bottoni quelli dell'Udc ci provino gusto. Davvero bassa, bassissima politica. Altro che partito liberale vero!
Concordo. Intendiamoci, continuo a sostenere che in una situazione come quella dell'Italia dell'immediato post-elezioni (un governo nuovo, che si presenta come l'alfiere del cambiamento e delle pesanti riforme ma ha una maggioranza ridicola in una delle due camere) il sistematico ricorso alle maggioranze variabili sarebbe stata la strada migliore da seguire, l'unica possibilità per poter "fare qualcosa". Dopo tutto, al di là dei bizantinismi del programma e della necessità di gestire rapporti fra mille partiti, a me pare che la linea politica espressa dal "centro" di questa maggioranza di governo fosse abbastanza chiara e prevedibile: sarebbe stato possibile portarla avanti con più decisione.
Certe cose, però, si devono presentare con la giusta forma e nei giusti tempi: annunciare a mezzo stampa una sorta di "cambio di passo", smentendo clamorosamente se stessi, solo perchè si è stati battuti e si rischia di tornare a casa è ridicolo. Inoltre, per quanto sia d'accordo con quanto scritto da Romano all'inizio dell'articolo che linko qui sotto, mi pare innegabile che le capacità riformatrici di questo governo si siano dimostrate, alla prova dei fatti, minori del previsto. Difficile non pensare, quindi, all'ennesimo stratagemma per salvare le poltrone.
Sperando di essere smentito a breve, mi domando: non sarebbe stato meglio osare di più fin da subito, nella strategia così come nella tattica politica?
http://www.corriere.it/Primo_Piano/Editoriali/2007/03_Marzo/03/romano.shtml