La prima riflessione riguarda la supposta natura violenta della societa' americana, rispecchiata dalla frequenza degli omicidi che e' superiore a quella europea. Non ho mai studiato la cosa a fondo, solo letto articoli, discusso con gente che se ne occupa ed osservato la cosa vivendo qui da 24 anni. La mia impressione non e' che questa sia una societa' globalmente piu' violenta, ma che lo sia localmente, ossia in certe aree e, specialmente, in certi gruppi sociali.
Gente che fa a pugni o a coltellate nei bars, nelle discoteche, per strada (fra automobilisti che s'incazzano, per esempio) io ne ho vista ben poca. Meno che in Italia, per certo. Non mi e' mai capitato di incontrarmi in situazioni in cui, a fronte di un diverbio, la persona davanti a me (o davanti ad altri) abbia alzato le mani o iniziato a picchiare. Il mio comportamento qui non e' diverso da quello che tengo in Italia o in Spagna, pero' mi e' capitato li' di trovarmi senza volere in situazioni in cui qualcuno veniva alle mani, non qui.
Negli stadi, nei concerti, nelle manifestazioni, la violenza frequente a cui assistiamo in Italia, ed anche in altri paesi europei, non viene mai riportata. La violenza sulle donne, per esempio, che pure ed alquanto ovviamente esiste, non appare in nessun senso superiore a quella europea.
D'altro canto, in certi gruppi della popolazione l'omicidio e' altamente frequente. Vivo da sette mesi nell'area urbana che, statisticamente, risulta la piu' violenta del paese: Saint Louis. Ho guardato le statistiche prima di venire qui: omicidi ed altri crimini sono concentrati in una piccola area di estrema poverta' ed abitata, piaccia o meno, da afro-americani. Sospetto che la variabile che conta sia la poverta', non l'origine etnica. Parlando con gente che lavora sui dati mi e' stato detto che, una volta che si elimini la componente afro-americana, la criminalita' e la violenza USA sono simili all'Europa del Nord, ossia minori dell'italiana o della spagnola. Ovviamente, poiche' "afro-americano" implica frequentemente "povero", di nuovo la causa sembra essere la poverta' e non la razza o la disponibilita' di armi da fuoco. Non mi risulta che fra poveri o afro-americani vi siano piu' pistole che fra bianchi e ricchi.
Agli americani la "guerra" piace, perlomeno al cinema. L'impressione personale e' che li "diverta" di piu' di quanto diverte gli europei, pero' ovviamente questa e' una pura osservazione estemporanea, anche se faccio fatica a negare che ne sono convinto. Vuol dire che poi diventano violenti nella vita quotidiana con piu' frequenza degli europei? Come ho detto, credo di no. Almeno: io non ho evidenza alcuna di questo fatto. Pero' giocano con la violenza, con i buoni contro i cattivi, con l'idea che il male si risolve uccidendolo, cosi' poi sparisce per sempre. Quanto questo atteggiamento culturale, profondo e presente da quel che vedo sin dalla tenera eta', influenzi la loro propensione alla guerra non lo so, ma mi sembra sostanziale. Idem per la loro tendenza ad approvare metodi di polizia molto "forti", o meglio poco rispettosi della liberta' individuale e poco tolleranti. Non son disposto a dire "idem" per l'uso della violenza nei rapporti interpersonali: non ne ho evidenza alcuna.
Devo ammettere che l'argomento piu' cogente contro l'idea che questa sia una "societa' violenta o prona alla violenza assassina" me lo diede il mio amico ed ex-collega Timothy Kehoe, alcuni anni fa, mentre si discuteva della questione. Mi fece osservare che, mentre la frequenza degli omicidi negli USA e' circa cinque volte superiore a quella del Giappone, la frequenza dei suicidi in Giappone e' piu' del doppio di quella USA. Ora, poiche' la frequenza dei suicidi, sempre in Giappone ma in quasi tutti i paesi, e' piu' di venti volte quella degli omicidi, ne risulta che, quando si sommano i due, le morti violente in Giappone sono molto piu' frequenti che negli USA, ossia circa il 90% piu' alte. Conclusione, di Tim ed anche mia: quale delle due societa' va considerata globalmente piu' violenta?
Aggiungo ora, se date un'occhiata alle due tabelle che ho indicato, quella per gli omicidi e quella per i suicidi, trovate che alcuni paesi sono in testa ad entrambe le classifiche e distanziano gli USA alla grande. Fra questi paesi
troviamo quasi tutti i baltici e molti slavi, ma anche la pacifica Finlandia
(la quale ha un tasso d’omicidio pari alla meta’ degli USA ma un tasso di
suicidio doppio, sommando i due si arriva ad un rapporto Finlandia/USA di circa
2!). Nessuno di noi considera la Finlandia un paese malato e pervaso dalla violenza come regolatore delle relazioni sociali ed interpersonali!
La seconda riflessione riguarda la relazione fra criminalita' violenta e disponibilita' di armi da fuoco. Notoriamente negli USA risulta piu' facile che in molti paesi europei acquisire armi da fuoco, anche molto potenti. Vi e' quindi una convinzione diffusa che questo faccia aumentare la criminalita'. Saro' breve, perche' sull'argomento esiste una letteratura enorme e che tutti possono consultare, se hanno voglia di leggere, usando Google e la rete. La conclusione di questa letteratura e' che tale relazione non esiste, ne' in un senso ne' in un altro, almeno statisticamente e logicamente. Ceteris paribus la disponibilita' di armi da fuoco non sempra aumentare il tasso di criminalita' violenta. Ovviamente, e con buona pace dei sostenitori del Far West che da questa parte non e' infrequente incontrare, nemmeno la diminuiscono, come invece alcuni impresentabili sostengono (l'idea essendo che, se fossimo tutti armati, i cattivi starebbero piu' attenti quando tentano di farci violenza perche' tiriamo fuori la pistola e facciamo bum-bum).
La conclusione che qui riporto mi sembra alquanto solida vista la mole enorme di studi sulla questione. A mio avviso, l'evoluzione (molto positiva) della criminalita' USA dagli anni 90 in poi serve ad ulteriore conferma che un nesso causale semplice chiaramente non esiste: il tasso di criminalita', in particolare di crimini violenti, cala da piu' di un decennio in tutte le aree urbane USA, nella piu' totale assenza di qualsiasi provvedimento che renda piu' difficile, o piu' facile, detenere armi da fuoco.
La conclusione e' anche logicamente convincente. L'acquisto di un'arma puo' essere dovuto a migliaia di fattori che nulla hanno a che fare con il crimine. Ammetto, per esempio, che in una recente gita di famiglia a Tombstone, AZ, anche io sono stato tentato (ma dissuaso) di comprarmi delle bellissime imitazioni di Colt 45 e Smith&Wesson, fatte in Italia che erano facilmente accessibili. Per chi non se lo ricorda, Tombstone e' il paesotto in cui avvenne la "sfida all'OK Corral" ... L'uso dell'arma a fini delittuosi e', invece, endogeno alle circostanze concrete ed all'incentivo a commettere crimine, o a difendersi dallo stesso, che affettano un individuo. In questo caso contano infinitamente di piu' le condizioni sociali e psicologiche dell'individuo stesso: per amazzare la moglie (o il marito, o il figlio) sono purtroppo sufficienti la mazza da baseball, il coltello, o persino il mestolo della cucina ... Il puro fatto di possedere una pistola non fa crescere i propri istinti omicidi, ne' crea incentivi per le rapine in banca, almeno a me sembra.
Un’ulteriore
questione riguarda l’attivita’ ed i metodi delle forze di polizia e di prevenzione in generale. In questo
momento, sia in Virgina che nel resto del paese, tutti si interrogano su "cosa ha fatto di sbagliato la polizia, l'universita', il presidente, i vari docenti e psicologi che erano entrati in contatto con il pazzo, eccetera". Le ragioni di psicologia sociale per cui questo avviene sono chiare e comprensibili: va fatto comunque, ed a qualcosa serve. Magari anche solo ad alleviare lo shock e l'orrore, ma non parlarne e non discutere su cosa sarebbe successo "se ..." non e' certo cosa sana. Detto questo, non mi sembra conti molto e mi sembra un classico caso in cui abbiamo bisogno di trovare un capro espiatorio, una spiegazione, una causa, una fonte del male per esorcizzarlo. Questa parte non mi sembra per nulla utile: il male e' tra noi, sempre, ed a volte si manifesta e colpisce in modi imprevedibili. Esorcizzarlo non e' possibile, occorre riconoscerlo e minimizzarne l'impatto.
Il mio vice-chancellor, con cui ho avuto oggi una riunione per altre ragioni, era sconvolto e, soprattutto, abbastanza paralizzato. Si chiedeva, ci chiedeva, cosa avrebbe fatto lui nelle circostanze di Blacksburg, ed ametteva che non avrebbe fatto molto di diverso, che non avrebbe di sicuro ordinato alla polizia dell'universita' e della citta' di chiudere e circondare l'intero campus (il nostro e' piu' piccolo, ma fa poca differenza) alle 7:30 di mattina quando tutti sono in arrivo. Perche' non gli sarebbe venuto in mente che i due primi omicidi potessero segnalare quando poi e' avvenuto. Perche' sembra una reazione eccessiva, repressiva, allarmista, tesa a difondere panico e ad alimentare tensione ... Pero' ora, dice, se mai dovesse capitare (e basterebbe un omicidio, o anche solo dei colpi d'arma da fuoco) probabilmente lo farebbe, probabilmente darebbe l'ordine dello "stato d'assedio locale e temporaneo". Brutta bestia, la paura.
La quarta riflessione concerne la presenza negli USA di una fetta "malata" o "squilibrata" della popolazione, di dimensione maggiore di quella presente nei paesi europei. Francamente questa mi sembra una grande troiata, frutto solo dell'ignoranza (dev'essere per questo che la ritroviamo nel sito dei geologi!) Squilibrati che compiono omicidi e stragi incomprensibili li abbiamo trovati recentemente, e nel passato, in tutte le societa', compresa l'italiana. Evito di dare esempi recenti e crudeli, ognuno se ne ricorda almeno dieci, e son diversi tra loro. Di nuovo, il male e' uniformemente distribuito tra di noi, non possiamo estirparlo, possiamo solo riconoscerlo e controllarlo, nei limiti del possibile e, soprattutto, nei limiti che la convivenza civile ed il rispetto per le liberta' individuali ci impongono, perche' anche la liberta' conta, non solo la sicurezza.
Infine, proprio
perche' i mezzi impazziti (o gli impazziti interi come il signore assurto ieri
alle cronache) esistono in tutte le societa' occorre chiedersi non tanto cosa
li spinge a tali atti - non che sia inutile, semplicemente che si tratta di un
esercizio che va fatto caso per caso e per il quale mi sembra esista zero
evidenza che certe connotazioni "razziali" o "culturali" contino - ma cosa
rende piu' facile che i loro desideri di violenza e vendetta si trasformino in
massacri come quello di Blacksburg. Mi spiego meglio: la mia impressione (se
qualcuno ha dati concreti che dicono l'opposto sarei veramente interessato a
conoscerli, io non li ho mai trovati) e' che non vi siano societa' in cui la "malattia
mentale" clinicamente definita sia piu'frequente che in altre. I "pazzi" mi
sembrano uniformemente distribuiti sul globo. Il problema diventa: quando il pazzo
in questione ha l'attacco di violenza, quando vuole commettere l'atto di
distruzione, cosa rende tale desiderio piu' pericoloso per gli altri?
A questa domanda,
almeno per il momento, io rispondo che la disponibilita' di "cose che si
possono usare per fare molto male agli altri" conta alquanto. Se quello di Blacksburg
avesse avuto accesso ad una bomba ad alto potenziale per tirare giu'
vari edifici, l'avrebbe probabilmente usata. Se avesse avuto accesso ad un
mitragliatore da guerra, idem. Se avesse avuto accesso solo a dei coltelli,
avrebbe provato con quelli, o forse avrebbe desistito (sembra che, anche se
pazzo, ebete non fosse e l'intera cosa sia stata da lui freddamente pianificata
per giorni o settimane). Concludo quindi che la possibilita' di comprarsi due
pistole e dozzine di pallottole per la modica cifra di circa mille dollari, con
un controllo della sua "personalita'" che e' durato un minuto in tutto, sia
stato un fattore che ha senz'altro facilitato la mattanza.
Forse non ridurrebbe di molto il tasso d'omicidio negli USA, ma restringere
seriamente l'acquisto ed il possesso di armi da fuoco potrebbe far diminuire alquanto
la frequenza con cui massacri incredibili come quello che motiva queste righe
accadono.
Alla fin fine avremmo, forse, solo 30 morti innocenti in meno ogni 4 o 5 anni, che statisticamente contano poco. Ma sono meglio di niente. L'orrore,
anche se poco frequente, orrore resta e non vedo perche' facilitarlo.
Riguardo alla diminuzione della criminalità negli anni novanta negli Stati Uniti, ho letto una interessante teoria di Steven Levitt sul suo libro (con Stephen Dubner) "Freakonomics". Levitt sostiene che buona parte della diminuzione osservata nei tassi di criminalità è dovuta all'introduzione della legge sull'aborto, datata 1973 se non vado errato. La teoria, in pratica, sostiene che le donne che hanno usufruito maggiormente dell'aborto sono quelle più povere, più giovani o che comunque avrebbero fatto crescere il figlio in condizioni particolarmente disagiate (rendendolo di conseguenza più esposto a diventare un criminale). Il "timing" sembra in effetti essere consistente: nei primi anni novanta si inizia ad osservare l'effetto sulla criminalità dei "non nati" che avrebbero avuto 17 anni nel 1990. La Figura 4 del paper da cui deriva l'argomentazione del libro mostra che l'incremento nei tassi di omicidio da parte della popolazione maschile avvenuto negli anni ottanta negli stati uniti è dovuto ad un incremento nel tasso di omicidi compiuti dagli afro-americani tra i 14 e i 24 anni. Tasso che poi decresce drasticamente dai primi anni novanta. Come ricorda Michele sopra ciò è dovuto alla povertà e non all'origine etnica . Per chi fosse interessato il paper è:
Levitt, Steven, "Understanding Why Crime Fell in the 1990s: Four Factors That Explain the Decline and Six That Do Not." Journal of Economic Perspectives, 2004, 18(1), pp. 163-90.
La teoria e' accattivante ma fra correlazione e causalita' c'e' un oceano di evidenza empirica da colmare che Donohue e Levitt (molti si dimenticano del primo autore dell'articolo originale) non hanno neanche scalfito. Quel che e' peggio, sul paper di Levitt sono stati trovati degli errori tecnici. Un annetto fa, Foote e Goetz della Boston Fed hanno cercato di replicare i risultati con gli stessi dati, dimostrando che una delle regressioni fondamentali condotte da D&L e' stata condotta male, nel senso che si sono dimenticati di includere nel calcolo una delle variabili indicate dal testo dell'articolo (una variabile che loro stessi volevano includere). (http://www.bos.frb.org/economic/wp/wp2005/wp0515.pdf )
Levitt ha risposto scusandosi dell'errore, ma ricordando che altre tre equazioni nel suo articolo supportano la sua tesi, ed ignorando pero' che quella in cui c'era l'errore era la piu' importante, essendo quella che includeva l'effetto delle differenze fra gli anni di introduzione dell'aborto nei diversi stati (state-year effects).
Infine, F&G hanno dimostrato come l'effetto descritto si annulla completamente includendo una variabile che descrive le differenze fra popolazione nei diversi stati (cosa molto ragionevole da fare). In una nota nell'articolo originale D&L affermavano che tale variabile non era stata inclusa perche' difficile da trovare, affermazione alquanto ardita. L'omissione e' importante perche' questa variabile serve a calcolare la criminalita' pro capite stato per stato, una variabile piu' rilevante da usare rispetto a quella adoperata, la criminalita' totale.