Gli incendi in Sardegna durante l’estate, con relativo codazzo di polemiche politiche, recriminazioni generalizzate sull’insufficiente e intempestivo dispiegamento dei mezzi di soccorso e accuse al governo di Roma per averci, come sempre, sedotti e abbandonati con lusinghe alle quali non avremmo mai dovuto cedere, è un format di sicuro successo, che va in onda in tutte le reti locali e sulla stampa nazionale. In genere, a completare il quadro, già di per se fumoso per via dei roghi, si aggiunge anche la rivendicazione sardista, o per i palati più esigenti, sovranista e indipendentista.
Ovviamente, questo genere di polemiche si aggiorna costantemente. Per esempio, in questi ultimi giorni il convitato di pietra delle infuocate discussioni era ancora una volta lui, il famigerato F35, colpevole di distrarre dalle mani dei nostri oculatissimi e parsimoniosi governanti quelle così scarse risorse pubbliche che, se non fosse per quegli irresponsabili di Lockheed Martin, saremmo in grado di seminare con ritorni assai più proficui di un’inutile e mal funzionante (me l’ha detto mio cugino che scarica le valigie dagli aerei civili) giocattolo per militari annoiati.
Il problema, almeno per me, è che sono sardo (anzi: sardo sono!) quindi la consueta scaletta: "incendio/isteria generalizzata/asserito ritardo dei soccorsi/ulteriore isteria/alti lai contro Roma colonialista/isteria e poi infine oblio generalizzato al primo stormir di fronde autunnale" è uno spettacolo abbastanza consueto. Non che non mi spaventino gli incendi, o che non mi dispiaccia seriamente di vedere un bosco, o anche una distesa di macchia mediterranea seppure più resiliente agli incendi, ridotta a un paesaggio lunare. Anzi, è uno spettacolo che mi fa soffrire. E non posso dimenticare, dal momento che i miei genitori provengono dal centro della Sardegna (più o meno quella che nei depliant turistico-ideologico viene indicata come “la Sardegna vera”-sic-) i veri e propri drammi degli incendi estivi che si avvicinavano ai paesi; come non posso dimenticare lo “spettacolo” dei tizzoni di brace accesa che, di notte, illuminavano le colline e i canaloni di fronte alla casa dei miei nonni e l'odore di bruciato e la cenere che ricadeva lentamente sulle case. Ripeto: per chi vi assista, un incendio di grosse dimensioni, specie quando appare evidente che non è più controllabile, è uno spettacolo davvero spaventoso.
Rimane però che il problema degli incendi è annoso, direi quasi endemico, e pare proprio che, seppure con alterne vicende, l’isteria, la voglia di prendersela con altri e non con la propria incapacità a fare una seria programmazione anti-incendio debba prevalere su tutto. Ed è qui che comincia la mia insofferenza.
Al divampare delle fiamme, infatti, sono subito cominciati gli accostamenti tra acquisto di Canadair e F35, come se, quando non era in programma l’acquisto del caccia multiruolo, le nostre campagne anti-incendio fossero degli esempi internazionali di riconosciuta efficacia, tempestività ed efficiente uso delle risorse disponibili. I primi a cantare, come sempre, visto il loro costante posizionamento strategico negli snodi più trafficati del populismo, sono stati i Cinque Stelle. Questi ultimi pretendevano che nel bel mezzo dell’incendio il governo nazionale rimettesse gli F35 negli scaffali, desse il carrello in mano ai ragazzi di colore che stazionano all’uscita del supermercato e guadagnassero l’uscita del negozio esplicitando alla cassa il loro malcontento per questi F35, “troppo costosi, signora mia”. Ma come vado ripetendo da un po’, i grillini non sono stati i soli in queste richieste, visto che tutta la classe politica isolana si è lanciata negli appelli più assurdi, allo scopo preciso di lisciare il pelo a un elettorato non senza colpe, utilizzando i fuochi, manco fossero vestali, per testimoniare della loro verginità rispetto alle vicende in corso e additare colpe situate come sempre oltre Tirreno (si veda, fra gli altri, questo e aggiungo: anche in zona centro-destra non si legge di meglio). Ovviamente poi, la cosa che più fa sorridere è vedere l'ardore di questi novelli cartaginesi sempre all’attacco di Roma e delle sue scelte, invariabilmente “coloniali”. Ma come detto, anche questo fa parte del collaudato format della politica isolana: i toni di ribellione contro Roma si acutizzano all’approssimarsi delle elezioni regionali, quando l’esibizione ostentata della paccottiglia ideologica sovranista diventa la classica foglia di fico per imbonire il parco buoi elettorale e fargli credere che se stiamo messi come stiamo è solo colpa degli altri.
Ora, ovviamente le cose sono sempre un filino più complicate di quanto il nobile sdegno vorrebbe suggerire. Anche qui mi aiutano le passate letture di vicende di politica regionale.
Tanto per cominciare che si investano poche risorse nella repressione degli incendi, o per la tutela del patrimonio boschivo sardo, non è esattamente un punto tanto pacifico, e non è quindi scontato che si vari anche la flotta sarda di Canadair. Si veda per esempio cosa diceva il procuratore regionale della Corte dei Conti proprio con riferimento alla spesa per i forestali sardi. Senza contare poi i ripetuti casi di approssimazione nella gestione della repressione degli incendi che stanno venendo a galla. Sono vicende che fanno male, quanto e più degli incendi, e testimoniano che se anche decidessimo di uscire dal programma di acquisto dei caccia militari, saremmo ben lontani dall’aver risolto i problemi relativi alla buona gestione delle emergenze estive. In effetti, come testimonia questo video (di ben 23 anni fa!), il problema degli incendi in Sardegna si ripete ogni anno: basta inserire su Google i termini “incendi Sardegna dramma” e un anno a caso degli ultimi trenta, e invariabilmente usciranno fuori le solite pagliacciate di cui sopra.
E fin qui siamo nel campo della brutta politica: incapace, dispendiosa e irresponsabile al punto da addossare sempre agli altri gli effetti delle proprie colpe; e quando parlo di politica intendo sia rappresentanti che rappresentati, cioè sia i politici che i relativi elettori che durante gli incendi magari piangono come Druidi ma poi brigano, tramite amici e parenti, per farsi piazzare in qualche bell’ente. O almeno, questi sono i primi dubbi che cominciano a serpeggiare anche nei giornali isolani, almeno dopo i titoli a scatola di cartone sul dramma incendi e sulle polemiche contro Roma:
Se volete altri dettagli su come useremmo le risorse sottratte al programma F35 guardate qui,
Concludo poi con la segnalazione di questo libretto, uscito tanti anni fa, e che lessi a vent’anni. E’ un libretto a mio avviso molto istruttivo perché insinua il dubbio che gli incendi boschivi siano sì anche il frutto di una deliberata intenzione, più meno maniaca cioè clinica e patologica, a seminare il terrore, ma siano in parte anche il frutto dell’abbandono e della scarsa cura alla quale i boschi e le campagne sono lasciate oggigiorno in ragione del diffondersi di attività lavorative lontane dai campi. E’ un libro "laico", che rifugge l'isteria, ed è attento a cercare di comprendere come, per esempio, l’abbandono di rifiuti nelle campagne possa originare i roghi, o di come la mancanza di cura dei boschi possa manifestarsi con il non rispetto delle prescrizioni anti-incendio o con la mancanza di fasce taglia-fuoco adeguate. Il tutto a partire da una considerazione che condivido: se le pene contro gli incendiari sono costantemente inasprite, peraltro nel solco del tipico mal-costume nazionale dell’inasprimento legislativo come risposta prioritaria a qualunque problema; se effettivamente le comunità, specie quelle più piccole all’interno della Sardegna, si prodigano nel segnalare e poi nello spegnere gli incendi (non è una concessione retorica: quando c’è un incendio nei paesi tutti danno una mano), ecco dicevo, se c’è un impegno così diffuso e allo stesso tempo gli incendi divampano comunque, forse le cause vanno oltre l'idea della sola mano incendiaria, che comunque potrebbe essere resa inoffensiva con un sistema di prevenzione e repressione ben organizzato e lontano dalla straccioneria organizzativa alla quale siamo abituati.
Ps: il titolo l'ho scelto non solo perché ha a che fare col fuoco e sul consumarsi con quello, ma anche perché mi richiama Debord e il ruolo che le immagini e lo spettacolo (in questo caso lo spettacolo del fuoco) hanno nel costruire narrazioni...e poi il concetto di deriva, altro elemento ricorrente nell'estetica situazionista, mi pare un bel modo di descrivere il nostro modo di parlare degli incendi: con l'organizzazione che abbiamo, come si dice, "è peggio che andar di notte". Ovviamente sono ironico, ma quando leggo quei resoconti con "battaglie campali", "la guerra fra l'uomo e il fuoco" e tutto quell'armamentario narrativo tipico dei bollettini del fuoco sono meno ironico. Ah un'ultima cosa: avete presente le campagne vicino alle città sarde dopo l'attraversamento di un incendio? Ecco, starete pensando alla luna, o a una desolazone spoglia di tipo marziano...tutte cose verissime! Ma se per un attimo abbandonate quelle abusate metafore stellari e guardate il paesaggio spogliato dal fuoco vedrete cose ben più prosaiche: cumuli di bottiglie rovesciate fra i mirti e le ginestre, anime metalliche di materassi carbonizzati sotto i ginepri, lavatrici annerite, scarichi di inerti di lavori edilizi, insomma tutto quel campionario di oggetti che fanno ben capire quale sia la cura che sentiamo verso i nostri boschi e la nostra campagna. E Canadair, F35 e Roma non c'entrano nulla in tutto quello, sia chiaro.
In Sardegna - centro nord, interno, dove chi parla italiano lo fa in maniera innaturale, e quindici/venti anni fa ancor di più - ci ho passato buona parte di tutte le estati negli anni '90. La presenza di incendi nelle campagne che circondano il paese era un evento pressoché quotidiano. La maggior parte degli uomini sopra i 18 anni, e spesso anche più giovani, era un volontario antincendio ( economia basata su pastorizia ed estrazione del sughero, cooperare era fondamentale in questi casi ) e accorreva ogni volta che la sirena situata nella piazza centrale suonava avvisando l' intero piccolo paese, in maniera non dissimile da un avviso di imminente bombardamento. Non era raro che la sirena suonasse più volte in un giorno, evidentemente perché chi appiccava il fuoco voleva sfuttare la momentanea scarsità di uomini e mezzi per poterlo spegnere. Ricordo ancora una rocambolesca quanto probabilmente inutile fuga dall' imminente arrivo del fuoco, con tanto di macchina finita in una cunetta laterale, le corse matte in piazza per sapere dove fosse l' incendio e spargere la voce, e le interminabili discussioni negli interminabili pomeriggi estivi sui prodigi di elitanker, purtroppo mai abbastanza numerosi, e i mitici canadair sempre ottenuti in orestito da altre regioni. Termini, elitanker, autobotte e canadair, di cui un bambino del continente ignorava e probabilmente ignora l' esistenza.
Sull' abbandono dei rifiuti nelle campagne: la salvezza della regione è la scarsissima densità di abitanti.