1. Introduzione
Negli ultimi dieci anni le famiglie italiane hanno affrontato un incremento delle spese per l'abitazione. Secondo dati ISTAT (“Consumi delle famiglie 2010”), la spesa mensile di una famiglia media italiana viene assorbita, per una quota pari al 28,4% dell'intera spesa mensile nel 2010, dal canone di locazione dell'abitazione, oppure dalla rata di mutuo se la famiglia in questione abita in un appartamento di sua proprietà.
Il seguente grafico considera l'andamento dei prezzi residenziali per nuovi appartamenti nelle città più grandi (quelle con almeno 250.000 abitanti), ponendolo a confronto con l'andamento del costo medio di costruzione. Appare evidente l'ascesa dei prezzi, ed anche che tale ascesa ha superato il tasso d'inflazione calcolato sui soli costi di costruzione.
Figura 1: andamento dei prezzi per immobili residenziali nelle città con popolazione >250.000 (linea arancione), e andamento del costo medio di costruzione (linea blu), rispetto ad un anno base (2004=100).
Fonte: elaborazioni basate su dati: Ordine degli Ingegneri, Agenzia del Territorio, ISTAT.
La teoria economica fornisce diverse spiegazioni per questo dato. La domanda di nuove case è stata crescente fino al 2007, come riportato anche dall'Agenzia del Territorio che segnala “un decennio di decisa crescita iniziato nel 1997 e conclusosi nel 2006, anno in cui le compravendite hanno raggiunto il massimo storico di 869.308 NTN [nota: NTN indica il numero di transazioni registrate] con un incremento del 80% circa rispetto al ’96”. Solo con l'avvento della recente crisi globale nel 2007-2010 la domanda residenziale ha subito un decremento.
Sul fronte della domanda di servizi immobiliari, bisogna considerare da un lato l'andamento demografico che è stato crescente a partire dal 2002, quando vi erano circa 57 milioni di residenti in Italia, mentre oggi misuriamo circa 60,6 milioni di abitanti (secondo dati pubblicati dal Fondo Monetario Internazionale). Un secondo effetto che può aver favorito un incremento della domanda di nuove abitazioni è la persistenza di bassi tassi d'interesse reali, i quali possono aver incentivato l'accensione di mutui per l'acquisto. Il grafico in Figura 2 mostra l'andamento dei tassi d'interesse nominali e reali in Italia, ed evidenzia un livello di tali tassi piuttosto contenuto specialmente a partire dal 2001.
Figura 2: Tasso d'interesse per clientela “prime” in Italia, nominale (linea rosa) e corretto per l'inflazione (linea verde).
Fonte: World Bank, World Development Indicators.
Nonostante l'aumento della domanda, sul lato dell'offerta di nuove abitazioni non osserviamo un'analoga crescita, e ciò è particolarmente evidente nelle città più grandi, dove il numero di permessi per l'edificazione di nuove abitazioni concessi annualmente è quasi costante nel tempo. La seguente Tabella 1 mostra come a fronte della menzionata domanda in crescita, la dimensione media delle superfici edificabili concesse nelle grandi città si è ridotta nel tempo in misura significativa.
Tabella 1: superficie media, in metri-quadri, concessa in un anno per edilizia residenziale. I valori indicati sono medie per fabbricato e per appartamento concesso.
Fonte: ISTAT, “Statistiche sui permessi di costruzione”, vari anni.
Il grafico in Figura 3 completa l'informazione sul lato dell'offerta, mostrando che mentre l'andamento di nuove costruzioni residenziali in Italia è stato effettivamente crescente nel periodo considerato, nelle grandi città è rimasto pressoché costante.
Figura 3: numero di permessi di costruzione residenziali per anno, in Italia (linea blu) e nelle città con più di 500.000 residenti (linea arancione)
Fonte: ISTAT, “Statistiche sui permessi di costruzione”, vari anni.
Tirando le somme: a fronte di una domanda crescente e di un'offerta quasi stazionaria per tutto il periodo 2000-2010, ci si attende un innalzamento dei prezzi di vendita. Ed infatti, secondo dati dell'Osservatorio Immobiliare Italiano per l'anno 2011, mentre il prezzo medio di una nuova unità immobiliare residenziale in Italia è di €/mq 1.578, nelle municipalità con meno di 250.000 abitanti tale prezzo medio è di soli €/mq 1.187, mentre nelle grandi città (popolazione >250.000) sale ad una media di €/mq 2.821, cioè più del doppio. Non solo i prezzi nelle città grandi sono più elevati, ma sono anche cresciuti di più: tra il 2004 e il 2010 il prezzo medio è aumentato del 27,7% in tutta Italia, e del 30,4% nelle grandi città. Se consideriamo che nelle sole sei città italiane più grandi vive circa il 30% della popolazione italiana, si evince che questo mismatch tra domanda e offerta può essere causa di rilevanti trasferimenti di risorse dalle famiglie a coloro che riescono a realizzare nuovi fabbricati.
2. Costi di costruzione e prezzi nelle sei maggiori città
Per esaminare quantitativamente la questione, ho analizzato i prezzi di vendita e i costi di costruzione nelle sei maggiori città: Roma, Milano, Napoli, Torino, Palermo e Genova.
Il primo punto da sottolineare subito, è che le imprese di costruzione appaiono operare in modo concorrenziale. Infatti, non solo il numero di imprese nel settore è molto elevato (secondo dati ISTAT: 623.382 imprese e 1.903.007 di addetti, con una marcata prevalenza di microimprese sotto le 10 unità di personale), ma i profitti di queste imprese sono molto contenuti, mediamente secondo studi di Banca d'Italia (De Socio, 2010) esprimono un R.o.E. di appena 3,6%, contro il 5,6% che è la media nazionale, il 5,7% del settore manifatturiero, ed il 4,4% delle piccole imprese di ogni settore. Da ciò discende che, se il mercato residenziale fosse concorrenziale come quello di costruzione, dovremmo osservare un prezzo medio molto vicino al costo marginale di costruzione. Ovvero, esprimendo ciò attraverso il rapporto tra prezzo finale e costo marginale, dovremmo avere un valore molto vicino ad 1. Non è così: nelle sei grandi città il costo di costruzione al metro-quadro, stimato dall'Ordine degli Ingegneri ed Architetti di Milano per una palazzina di 10 piani con caratteristiche di buona qualità e completa di tutti gli impianti, è mediamente attorno ai 1.300 €/mq (con oscillazioni locali di +/- 5%, delle quali ho tenuto conto nei calcoli ma che non riporto qui per brevità), a fronte di prezzi medi di compravendita (secondo dati FIAIP) che oscillano tra un minimo di circa 1.900 €/mq per i quartieri di Palermo dove non è significativa la presenza di edifici storici, sino agli oltre 13.000 €/mq rilevati nel centro di Roma.
Le differenze rilevate tra prezzi e costi di costruzione possono essere attribuite prevalentemente alle regole edilizie vigenti, che limitano fortemente l'edificabilità e la sostituzione di fabbricati più vecchi e bassi, con fabbricati moderni e alti anche 8-10 piani (la dimensione media di un fabbricato residenziale nei capoluoghi di provincia è di appena 8 appartamenti, per 2-3 piani di altezza).
È pur vero che tale distanza tra prezzi finali e costi di realizzazione può essere dovuta ad altri tre fattori. Il primo è la possibile scarsità dei terreni dove sia possibile tecnicamente edificare (parliamo di vincoli tecnici, non concessori). Il secondo è il valore della “opzione” dato dall'attendere ed edificare in futuro (rimando al lavoro accademico di Guthrie, 2009, per i dettagli). Infine, l'effetto delle imposte indirette, che in Italia ammontano solitamente ad un 10% di IVA dovuta sugli acquisti di nuove abitazioni. Secondo mie stime basate sull'osservazione dei valori di compravendita dei terreni agricoli limitrofi le città, pubblicati dall'Osservatorio Immobiliare, e sulla scorta delle simulazioni di Guthrie (2009), la somma di tali effetti comporta in equilibrio un rapporto tra prezzo teorico in mercato concorrenziale, e costo marginale di costruzione, mai superiore ad 1,35. Nelle sei città considerate, invece, tale valore non scende mai al di sotto di 1,50. Ciò segnala la presenza di rendite.
3. La tutela del patrimonio storico-artistico-paesaggistico
A questo punto, la prescrizione di policy è banalmente evidente: ridurre i vincoli edilizi nelle grandi città, così da far costruire nuovi fabbricati, sostituire quelli esistenti, o farli elevare di 1-2 piani, in modo da aumentare l'offerta di appartamenti e ridurre i prezzi. Vincono le famiglie, e perdono gli speculatori edilizi che riescono a farsi concedere l'edificabilità, grazie ad attività di lobbying o tangenti ai politici di turno.
L'opposizione più stringente a questa proposta è che le regole esistenti servono a tutelare il nostro patrimonio edilizio, che in Italia comprende palazzi storici vecchi di secoli, aree archeologiche e zone di valore paesaggistico e turistico. Per escludere le zone urbane che presentano questi patrimoni da preservare, ho ricalcolato i prezzi di compravendita per appartamenti come pubblicati da FIAIP, suddividendoli per aree “centrali” dove sono presenti edifici storici o patrimoni paesaggistici, ed aree di nuova costruzione dove questa problematica di tutela è inesistente o poco sentita. Per la sola città di Roma le aree sono tre, in modo da riflettere il fatto che la cintura di quartieri limitrofi al centro urbano vero e proprio è comunque dotata di numerosi edifici e zone pregevoli da preservare.
La Tabella 2 mostra inequivocabilmente che anche epurando le statistiche dai prezzi delle zone da preservare urbanisticamente, il rapporto prezzo/costo marginale oscilla tra un 1,5 circa guardando ai prezzi minimi in Palermo, sino ad oltre 2 nelle tre città maggiori.
Tabella 2: prezzi medi di compravendita per appartamenti nelle sei città italiane più popolose, classificati in “Centro storico”, “Nuove costruzioni” e per la sola città di Roma “Periferie estreme”. I valori sono €/mq.
Fonte: elaborazioni su dati FIAIP (2011)
4. Conclusioni
Il nostro paese soffre di numerose disfunzioni. Una di queste appare risiedere nell'apparato delle concessioni e dei controlli sui permessi di costruzione, oggetto ripetuto di condoni, eco-mostri da abbattere, annunci in pompa magna di interventi legislativi, ed una generale mancanza di trasparenza già nell'interpretazione delle leggi vigenti. Ho mostrato come una deregulation nelle grandi città porterebbe benefici attesi rilevanti, alleggerendo le spese delle famiglie per i servizi residenziali. Ho anche dimostrato che i timori per una aggressione al patrimonio storico-culturale, pur condivisibili nelle finalità, non sono motivati se la deregulation riguarderà solo le periferie, gli edifici moderni e le aree più degradate che più di altre beneficerebbero di una riqualificazione urbanistica. Negli altri paesi d'Europa, costruire è molto più semplice dal punto di vista burocratico. Con un po' di buona volontà, possiamo arrivarci anche noi.
Bibliografia
Agenzia del Territorio (2001-2011), Rapporto immobiliare, pubblicazione online.
Collegio degli Ingegneri ed Architetti di Milano (2001), Prezzi Tipologie Edilizie, DEI Tipografia del Genio Civile, Roma.
De Socio, A. (2010), “La situazione economico-finanziaria delle imprese italiane nel confronto internazionale”, Questioni di Economia e Finanza (Occasional Papers), N. 66, Banca d'Italia.
FIAIP Federazione Italiana Agenti Immobiliari Professionali (2011), Osservatorio immobiliare nazionale – settore urbano 2010, pubblicazione online.
Guthrie, G. (2009), “House prices, development costs, and the value of waiting”, Journal of Urban Economics, Vol. 68, Issue 1, pp. 56-71.
ISTAT (2011), “Struttura e dimensione delle imprese”, pubblicazione online.
ISTAT (vari anni), “Statistiche sui permessi di costruzione”, pubblicazione online.
In questa sede ho seguito la logica discussa nei seguenti lavori:
Glaeser, E.L. - Gyourko, J. - Saks, R. (2005), "Why Is Manhattan So Expensive? Regulation and the Rise In Housing Prices", The Journal of Law and Economics, 48, pp. 331-370.
- (2005), “Why Have Housing Prices Gone Up?” American Economic Review, 95(2), pp. 329–33.
In buona sostanza: è vero che una moltitudine di fattori influisce sui prezzi di equilibrio del nuovo costruito residenziale urbano. Ma, ed è questo il cuore della mia semplice analisi, quando per tempi non brevissimi la distanza tra prezzi di costruzione e prezzi di vendita rimane elevata, come successo in Italia nel periodo che ho considerato (dal 2000 ad oggi), è solo una qualche barriera all'ingresso di nuovi investimenti che può evitare una convergenza dei prezzi verso il costo marginale. Nota che i prezzi di costruzione che ho usato sono già corretti per il diverso costo della vita nelle sei città considerate. Insomma no, posso sbagliare ma non credo che la spatial equilibrium analysis aggiunga nulla di rilevante alla questione.