Già un anno fa Axel Bisignano mi aveva invitato a fornire il mio contributo alla sua visione della giustizia, al fine di assicurare il contraddittorio ai lettori. Avevo allora risposto di rivolgersi a persone più competenti di me e investite di cariche maggiormente rappresentative. Recentemente mi ha nuovamente sollecitato a prendere posizione, ritenendosi insoddisfatto degli interlocutori con cui si era nel frattempo confrontato. Gli ho quindi promesso che sarei intervenuto, sia per valutare le sue affermazioni, sia per individuare i problemi della giustizia penale e le possibili soluzioni.
Probabilmente qualche lettore già si chiederà chi sono, per sapere dove collocarmi e cosa aspettarsi: sono un qualsiasi avvocato, penalista, di Bolzano, membro della locale camera penale; mi pare che basti.
Ho notato che alcuni precedenti interlocutori sono stati "accusati" di non aver compiutamente risposto alle questioni poste da Axel o di aver assunto posizioni ideologiche. Per non incorrere nella medesima critica (peraltro in parte ingiustificata), procederò facendo precedere le mie osservazioni alle testuali affermazioni di Axel.
Axel ha esposto le proprie ragioni citando casi paradossali, eccezionali, facendo spesso uso di equivoche allusioni; ogni argomento si presta a strumentalizzazioni se affrontato in tal modo.
Ma veniamo alle affermazioni di Bisignano che intendo confutare e che potete rileggere qui (articolo del 5/5/08).
Il principio dell'oralità e del contraddittorio.
... le follie della nostra procedura penale ... Tra i principi cardine del processo accusatorio all'italiana, rientrano quello dell'oralità e dell'immediatezza spinti all'eccesso ideologico tipico del nostro paese. L'oralità implica che il teste ripeta quanto da lui riferito al PM o alla polizia durante le indagini e verbalizzato. Se quello che il testimone riferisce davanti al giudice è diverso da quanto verbalizzato durante le indagini, il PM fa notare la circostanza al testimone. Se questi non conferma il verbale, il PM non può fare assolutamente nulla. La Corte costituzionale, con una sentenza dei primi anni '90, tentò di metterci una pezza, e così stabilì che dopo aver fatto notare al testimone la sua incongruenza (tecnicamente si parla di "contestazione"), venisse acquisito il verbale ed il giudice valutava il fatto, comparando le due diverse dichiarazioni con il restante materiale probatorio. Il legislatore si adeguò e modificò la normativa. Apriti cielo! Sembrava che avessero reintrodotto la santa inquisizione, la tortura
Ma Bisignano ha anche scritto:
... Gli avvocati penalisti, negli anni '90 hanno fatto una battaglia assolutamente sacrosanta e giusta per ottenere la possibilità di controesaminare i c.d. chiamanti in correità, vulgo "pentiti". Senza raccontare le vicende travagliate della normativa, nel 1999 fu cambiato l'art. 111 Cost, e fu introdotto il principio per cui la colpevolezza di un imputato "non può essere provata sulla base di dichiarazioni rese da chi, per libera scelta, si è sempre volontariamente sottratto all'interrogatorio da parte dell'imputato o del suo difensore". Trattasi di principio condivisibile.
Caro Bisignano, mettiti d'accordo con te stesso e poi ne riparliamo. La stessa riforma (modifica dell'art.111 Cost. nel 1999 e legge attuativa del 2001) viene definita prima "una follia" e poche righe dopo "principio condivisibile". Basterebbe rileggere un'altra sua frase per capire quanto sia importante il principio del contraddittorio, anche nella formazione della prova (cioè la prova si forma davanti al giudice e non nelle segrete stanze delle procure o negli scantinati delle caserme dei carabinieri): Molti fatti risultano completamente diversi, a seconda di come si pongono le domande.
Siccome nella maggior parte dei casi i Pm e la Polizia verbalizzano solo le risposte, non solo molte volte i fatti scritti nei verbali corrispondono alle idee degli inquirenti più che alla memoria del teste, ma soprattutto per la difesa è impossibile dimostrarlo.
Ancora Bisignano:
... In sostanza, in Italia, la prova del processo è, quanto meno in parte, in mano a soggetti privati, al testimone, che può ritrattare o, addirittura, ad un chiamante in correità che prima, con le sue dichiarazioni, contribuisce a mandare in galera un soggetto potenzialmente innocente e poi si può avvalere della facoltà di non rispondere ...
... È possibile evitare questa situazione di impasse anticipando la possibilità di controesame davanti al giudice con un cosiddetto incidente probatorio, durante il quale l'audizione mediante esame e controesame da parte del difensore si svolge davanti al Giudice delle indagini preliminari. In questa fase Tizio può avvalersi della facoltà di non rispondere o raccontare impunemente qualsiasi cosa perché tanto lui non è ancora un testimone. La cosa assurda è data dal fatto che il verbale in cui Tizio ha accusato Caio costituisce confessione da parte del primo e così non si capisce dove egli possa danneggiare sé stesso, dovendo solo ripetere una confessione già resa...
E' sintomatico che Bisignano ritenga che l'esame di un soggetto assai inaffidabile come un cd. pentito (cosiddetto perché nella quasi totalità dei casi non sono veramente pentiti, ma più semplicemente catturati e non disposti a subire condanne gravi e carcere duro, per cui decidono di confessare, in tutto o in parte, coinvolgendo terze persone, salvo poi riprendere, in molti casi, la vecchia vita una volta usciti di galera; è meglio quindi chiamarli semplicemente "dichiaranti"), lo riduca a ... ripetere una confessione già resa, come se non esistessero circostanze da chiarire (ad es. dove sarebbe avvenuto lo scambio di droga, in che giorno, a che ora ecc.), contraddizioni con cui essere confrontati (es. perché ha detto questo e non quell'altro, perché non sa descrivere una casa in cui sarebbe entrato più volte ecc.).
Presunzione di ermafroditismo dei PM: hanno già fatto tutto loro, tutto giusto, tutto bene. Una volta un Procuratore (che Axel conosce bene) mi disse; non è vero che i Pm sono di parte; io per esempio, chiedo il rinvio a giudizio e la condanna solo degli imputati colpevoli (peccato che tale giudizio spetterebbe al Giudice).
Del resto Bisignano sa bene che molto spesso i Pm acconsentono al patteggiamento per i dichiaranti solo dopo che hanno risposto "bene" nel corso dell'incidente probatorio. Certo c'è un lasso di tempo in cui il dichiarante ha già parlato ma la sua condanna non è ancora definitiva, però non è vero che egli può sottrarsi all'esame in quanto ai sensi dell'art.197 bis comma 2 c.p.p. egli è sentito come testimone, con l'obbligo di dire la verità. Come non è vero che egli non abbia nulla da temere perchè, come spesso accade, il dichiarante non confessa tutti i reati da lui commessi, ma generalmente solo la parte emersa dalle indagini o poco più, per cui, dovendo rispondere alle domande, può avere ancora molto da perdere.
La difesa d'ufficio e dei non abbienti.
Il difensore nominato d'ufficio anche per il processo più banale (tipo quello di Michele svoltosi in 5 minuti) ha diritto ad un compenso da parte dello Stato, che attualmente i giudici, qui a Bolzano, liquidano nella misura di circa € 400,00, compenso che, come una volta mi disse un avvocato, torna utile per pagarsi le spese dello studio ...
... la legge sul gratuito patrocinio prevede un limite di reddito lordo di € 9.723,84, al di sotto del quale ci sono solamente sfacciati evasori fiscali, mafiosi e trafficanti di droga, tutti, notoriamente, nullatenenti ...
Come si vede accostando due frasi dello stesso articolo le contraddizioni appaiono manifeste.
Da una parte sembra che il gratuito patrocinio sia troppo limitato, dall'altra troppo generoso. L'amico Michele è evasore, mafioso, trafficante ? No di certo.
Chiariamo subito due o tre cose inesatte: non è vero cheil difensore d'ufficio ha diritto ad un compenso da parte dello Stato. Ne ha diritto in primo luogo chi presenta domanda al giudice e non supera il reddito indicato (con maggiorazioni in caso di figli ecc.). Sicuramente il limite è troppo basso, ma già così molti magistrati sono contrari all'istituto del patrocinio a spese dello Stato (invidia ? può essere). Ha diritto inoltre ad essere pagato dallo Stato il difensore dell'irreperibile (se non lo trova la Polizia l'imputato, dove può trovarlo l'avvocato ?) e il difensore d'ufficio che abbia compiuto inutilmente un'esecuzione forzata nei confronti dell'assistito (decreto ingiuntivo, precetto, pignoramento ecc.). Il giudice può poi rigettare la richiesta di patrocinio gratuito a chi si possa ritenere avere redditi da attività illecite (trafficanti di droga ecc.).
... compenso che, come una volta mi disse un avvocato, torna utile per pagarsi le spese dello studio
La sottile malizia di Bisignano è assai subdola: non si dice espressamente, ma si lascia intendere che siano soldi "regalati" guadagnati senza sforzo e senza motivazione. Una volta un avvocato disse a me che difendeva una compagnia di assicurazione in tutte le cause in una certa città e che con gli introiti pagava tutte le spese dello studio: forse questo autorizza a concludere che l'assicurazione era difesa male ? o che tali difese non richiedevano impegno ? Assolutamente no. Tuttavia quella espressa da Bisignano (se inconsapevolmente è anche peggio) è la dimostrazione dell'avversione dei magistrati verso il patrocinio a spese dello Stato.
Sembra quasi che i soldi per il patrocinio a spese dello Stato siano detratti dagli stipendi dei magistrati (e, vi assicuro, non è così). Ricordo a tutti che l'Italia è il paese europeo che spende di meno per la difesa dei non abbienti e che i pagamenti sono in ritardo di anni ! (Nel 2002 la spesa per abitante per assistenza legale - legal aid - era pari a 53,80 €. per abitante in Inghilterra e a 0,78 €. in Italia).
Altra frase, altro pregiudizio:
Ovviamente, siccome il tossico è indigente, anche il difensore viene pagato dal contribuente.
Il principio che Bisignano e la maggior parte dei magistrati non vogliono capire è che il patrocinio a spese dello Stato non è un premio che si dà agli imputati buoni e meritevoli (secondo il loro giudizio, naturalmente) ma, molto più semplicemente, un diritto garantito a chi non raggiunge un reddito tale da permettersi un avvocato.
Una volta un Giudice disse candidamente ad un convegno: io le domande di gratuito patrocinio le respingo tutte; chi ha veramente diritto farà ricorso. Un'altra volta un tribunale (cioè 3 giudici) dissero che se l'imputato non aveva soldi perché era in galera era colpa sua, che l'Italia è una Repubblica fondata sul lavoro e che chi non lavora si mette contro la Costituzione e quindi non ha diritto al patrocinio a spese dello Stato. Gli ho fatto, gratis, ricorso per cassazione e la Corte ha stroncato tale ragionamento; ma chi mi obbligava a fare ricorso gratis ? Quanti soggetti sono privati dei diritti di difesa in conseguenza di questi comportamenti ?
La prescrizione.
Il classico refrain è noto: gli avvocati hanno un duplice interesse a far durare di più i processi, guadagnano di più e cercano di arrivare alla prescrizione.
Guadagno.
Tra la teoria e la pratica c'è un abisso; non è sempre vero che un processo che dura più a lungo consenta ad un avvocato un compenso maggiore: chi esercita la professione per davvero, sa perfettamente che nella maggior parte dei casi i rinvii del processo non producono compensi.
Innanzi tutto forse non tutti sanno che il tempo tra un'udienza e l'altra è deciso dal giudice e che, contrariamente a quanto previsto dal codice, tale tempo è normalmente di molti mesi, nei quali non succede assolutamente nulla e l'avvocato non guadagna nulla. Il rinvio di un processo, anche applicando la tariffa forense, comporta onorari risibili, addirittura in perdita se il processo si svolge al di fuori del luogo di residenza dell'avvocato.
Prescrizione.
Io amo paragonare il processo penale ad una partita di calcio. Se valessero le stesse regole saremmo avanti anni luce (a cominciare dalla separazione delle carriere; ve l'immaginate Kakà che arbitra una partita del Milan ? In tribunale succede tutti i giorni !). Ma questo sarebbe un altro tema.
La squadra A sta vincendo 1 a 0 a metà del secondo tempo: cosa pensate che faranno i giocatori e che cosa consiglierà l'allenatore ? Sicuramente di rallentare il gioco per far trascorrere il tempo; fare melina. E' scorretto ? No. E' immorale ? No. Se un allenatore spingesse i giocatori all'attacco e così finisse per subire un goal chiunque direbbe che ha sbagliato.
Nel processo succede la stessa cosa: il pm impiega anni per fare arrivare il fascicolo al giudice (sarà oberato di lavoro lui, sarà oberato il giudice, di fatto ci vogliono normalmente anni per arrivare alla prima udienza dibattimentale, senza che l'avvocato abbia mai potuto interferire in alcun modo sulla durata del processo). Siamo già spesso nel secondo tempo, rispetto al termine della prescrizione. L'avvocato deve perseguire ogni modo lecito nell'interesse del proprio assistito. Qual è questo interesse? Avete mai visto un imputato rinunciare alla prescrizione ? (sì, la prescrizione è rinunciabile, anche se il 99,9999 % degli imputati non si avvale di questo diritto).
L'interesse è essere assolto, in via principale; in via subordinata arrivare alla prescrizione che comunque è quasi pari alla assoluzione (non mi dilungo sul punto). L'avvocato ha diritto ed è suo dovere difendere l'imputato e quindi anche "fare melina". Certo giocando; il portiere può essere ammonito se ritarda la rimessione del pallone in gioco; così anche il giudice può respingere richieste di prove irrilevanti o impedire domande ripetitive ecc. Ma così come i giocatori non sono sanzionabili se giocano nella propria metà campo, così l'avvocato non è sanzionabile se utilizza mezzi consentiti dall'ordinamento per rallentare il processo (ad, es. opponendosi alla acquisizione di verbali al posto dell'audizione diretta del teste, facendo domande pertinenti ai testi ecc.).
Finché le regole sono queste, le cose stanno così. Certo le regole si possono cambiare; innanzi tutto, la prescrizione è giusto che esista oppure no ? Sicuramente in ogni paese democratico devono esistere delle regole sulla prescrizione. Sicuramente l'imputato ha diritto ad avere un tempo certo entro il quale il processo deve essere celebrato.
Un aneddoto varrà a chiarire il concetto. Mi sono trovato pochi mesi fa ad assistere un imputato per un fatto avvenuto nel 1944 ! Trattandosi di omicidio, il fatto è imprescrittibile (già si vede che il legislatore ha previsto delle eccezioni; le eccezioni sono dei compromessi, si possono ampliare o restringere, la perfezione non esiste). Nel frattempo l'imputato, ultranovantenne, affetto da demenza senile, era impossibilitato a difendersi. Chiesta la sospensione del processo, la corte ha rigettato la mia istanza, dicendo che se aveva nominato un difensore di fiducia era sufficientemente sano di mente da seguire un processo (e poi si lamentano se faccio melina ?). Il punto però è un altro: se non ci fosse la prescrizione, saremmo ancora a celebrare processi per furti avvenuti nella prima Guerra Mondiale.
Axel però non dice di abolire la prescrizione ma che è illogico che la prescrizione non si fermi a processo iniziato. Io potrei dire che è illogico che la prescrizioni si fermi a processo iniziato e poi come la mettiamo ? Chi invoca la logica intende sottrarsi al contraddittorio. Axel espliciti perché la prescrizione si deve fermare, io dirò perché non si deve fermare ed il lettore stabilirà a quale opinione aderire. Sapete perché in Italia un processo civile dura 10 volte di più di un processo penale ? Perché nel civile il processo interrompe la prescrizione.
Se ciò avvenisse anche nel penale i processi durerebbero decenni. Perché i giudici non avrebbero più alcuna pressione per celebrarli. Perché i fascicoli rimangono anni in procura mentre in Cassazione, nel 90% dei casi, il processo si conclude in un solo anno? Perché quando il fascicolo è nelle mani del pm la prescrizione, di regola, è molto lontana, e quindi i procuratori se la prendono con calma. In cassazione invece, a ridosso della prescrizione, i giudici sono costretti a correre.
E' un po' il gioco del cerino acceso; più passa il tempo e più passa velocemente di mano in mano.
Se non ci fosse la prescrizione si rimarrebbe imputati per decenni. Nel frattempo il mio certificato dei carichi pendenti non è pulito, magari se sono imprenditore sono escluso da gare pubbliche, o non possono essere assunto in certi posti ecc. ecc. Senza la prescrizione sicuramente l'imputato avrebbe meno interesse a rallentare il processo (chi sa che alla fine andrà in galera ha comunque interesse a procrastinare il più possibile questo giorno) ma bisognerebbe anche trovare un altro metodo per obbligare i giudici a celebrare i processi in tempi ragionevoli. Ma ogni volta che si tenta di far fare qualcosa ai magistrati questi strillano che loro sono autonomi e indipendenti e che nessuno può imporgli tempi e modi ecc. ecc.
Un altro aneddoto servirà a chiarire la questione: anni fa di fronte ad un giudice civile una causa di un certo valore viene rinviata dal 12 febbraio a al 20 ottobre ore 11. L'attore, facendo presente che il proprio cliente è in gravi difficoltà economiche a causa del mancato pagamento di quanto secondo lui dovuto dal convenuto, prega il giudice di anticipare l'udienza. Il Giudice, con fare accondiscendente risponde: "allora rinviamo al 20 ottobre alle ore 9".
Sono d'accordo sul fatto che celebrare vari gradi di giudizio per poi buttare tutto nel cestino perché è maturata la prescrizione è una enorme perdita di tempo ed una sconfitta per la giustizia.
Ma sospendere i termini a vita è ancora più ingiusto.
La soluzione? Io non ho ricette miracolose, ovviamente il meglio sarebbe celebrare tutti i processi in tempi ragionevoli (più avanti illustrerò alcune soluzioni al riguardo) ma, finché ciò non sarà possibile, meglio fermare i processi "condannati" il prima possibile, come del resto fanno da anni alcuni colleghi di Axel: ficcano i fascicoli in un armadio e lo riaprono dopo 5 o 6 anni; automaticamente tutti i fascicoli si possono archiviare perché prescritti. Nessun processo, nessun costo, nessuna perdita di tempo.
Naturalmente ci sono figli e figliastri, per cui potete stare certi che se il processo ha un qualche interesse per il magistrato inquirente (anche legittimo, per carità) allora il fascicolo uscirà miracolosamente dall'armadio per essere mandato avanti celermente.
Meglio una bella lotteria, in Italia ce ne sono tante e tutte con lo Stato come maggiore azionista: ogni anno si stabilisce il numero di processi che, in un determinato tribunale, hanno la ragionevole aspettativa di arrivare alla sentenza definitiva e lo si sottrae dal totale dei procedimenti pendenti; il risultato è il numero dei processi da estrarre e mettere nel famoso armadio. Almeno sarebbe un sistema imparziale!
Mentre preparavo questo scritto è stato presentato il disegno di legge per la prescrizione breve. A scanso di equivoci mi vedo costretto a dire due parole anche su questo "feto malformato". In linea teorica la durata massima di un processo è addirittura preferibile alla prescrizione del reato (che quindi, a rigor di logica, dovrebbe rimanere sospesa); tuttavia è evidente che deve servire a tagliare gli eccessi, i processi tirati per le lunghe senza ragione, quindi riservata a casi eccezionali. I tempi indicati nel disegno di legge invece, condannano la maggior parte dei procedimenti; l'applicazione ai processi in corso finisce in molti casi per eliminare il secondo tempo durante l'intervallo. Non mi dilungo oltre perché spero tanto che venga radicalmente modificato; solo che quello che avevo scritto prima avrebbe potuto suonare oggi come un'adesione al progetto.
Rinnovazione del dibattimento in caso di mutamento del giudice.
La descrizione procedurale di Axel è corretta; se il giudice (o un membro del collegio cambia), il processo deve iniziare daccapo e le parti possono o meno consentire che sia data semplice lettura dei verbali anziché risentire i testi, periti ecc.; viceversa in appello i giudici leggono soltanto i verbali, senza risentire i testi ma con facoltà di riformare anche totalmente la sentenza di primo (assolvere un condannato o viceversa).
Axel lamenta la contraddittorietà dei principi, ma ritenendo, aprioristicamente, che siano le norme sulla rinnovazione del dibattimento sbagliate. Io sono invece dell'opinione che siano le norme sull'appello sbagliate, o comunque il frutto di un compromesso, al ribasso, tra garanzie difensive e celerità dei tempi processuali.
Ipotizziamo che abbia ragione Axel e che si riformi il codice nel senso che basti dare lettura dei verbali in caso di mutamento del giudice; accolto il principio, noi potremmo avere casi in cui tutto il dibattimento viene seguito dal giudice x, il quale poi, in vista della discussione finale, invia tutto l'incartamento (per posta ?) al giudice y, che ascolta soltanto la discussione finale ed emette la sentenza.
Visto che Axel ama il processuale comparativo, c'è un paese dove questo accade sistematicamente ? Negli Stati Uniti, per dire, sarebbe ammissibile che la giuria emettesse un verdetto senza aver assistito a nessuna udienza del processo ? Direi di no. Allora l'errore sta nell'appello e sarebbe più giusto rivedere le impugnazioni ed eventualmente prevedere l'annullamento della sentenza di primo grado e la ripetizione del processo. Poiché ciò sembrava estremamente gravoso, siamo nella attuale, ibrida situazione in cui un imputato ha un processo come si deve solo in primo grado.
Axel dice che il problema consiste soprattutto nel fatto che, lasciando decidere le parti se rinnovare o meno il procedimento, gli avvocati hanno tutto l'interesse a far ricominciare tutto daccapo al fine di guadagnare tempo in vista di una prescrizione. Il problema è: chi dovrebbe decidere ? Il giudice nuovo che non conosce le prove ? La soluzione certo non è agevole, tuttavia è evidente che solo le parti possono decidere quali prove debbano essere riassunte. Oltretutto, nella pratica, molte volte i testi si limitano a confermare quanto già detto in precedenza ed il tempo perso non è poi molto.
Irreperibili.
Axel vi ha raccontato la storiella del povero giudice costretto a fare il processo agli irreperibili. Sapete perché l'Italia è stata condannata dalla Corte Europea per i Diritti dell'Uomo ? Perché nessun giudice, in Italia, aveva ritenuto fondate le innumerevoli censure sollevate molto spesso da difensori d'ufficio sull'iniquità di quel processo. Neppure la Corte Costituzionale aveva ritenuto quel regime contrario ai principi costituzionali. C'è voluta la corte europea per introdurre dei miglioramenti. Vogliamo sospendere tutti i processi agli irreperibili ? Bene, ma bisogna anche sapere cosa ciò comporta.
I cd. Boss mafiosi sarebbero tutti incensurati perché latitanti e perlopiù, irreperibili. Per fargli un processo bisognerebbe aspettare di trovarli. E quando li troviamo ? Ipotizziamo l'amicone amerikano di Bisignano sorpreso a guidare in stato di ebbrezza: i carabinieri solerti gli chiedono subito di eleggere domicilio in Italia; ovviamente lui non se la sente di eleggere domicilio a casa di Bisignano, l'albergo lo lascerà tra due giorni, per cui non sa cosa rispondere (non può infatti dare il proprio indirizzo di Manhattan); i carabinieri allora, gentili, gli suggeriscono di eleggere domicilio presso il difensore d'ufficio che gli sarà nominato (in molti casi senza neppure dirgli chi è).
Da qui in poi lo svolgimento del processo è identico a quello all'amerikano irreperibile: le notifiche le fanno al difensore, che non sa a chi rivolgersi, che non può optare per un rito alternativo ecc. ecc.
Proceduralmente non è più irreperibile, di fatto però lo è: chi lo trova più a processo finito se deve scontare una pena o pagare le spese ? Sarebbe bello che Axel vi avesse suggerito delle proposte per ovviare ai problemi da lui rilevati; il fatto è che molte volte i rimedi sono peggiori dei mali e che certe coperte troppo corte se tirate da una parte ne scoprono un'altra. Ma questo non ve l'ha detto.
Proposte per un miglioramento dei tempi della giustizia.
Soluzioni per celebrare tutti i processi in tempi ragionevoli comunque ci sarebbero. Axel e con lui molti altri magistrati affermano che occorre eliminare le "garanzie inutili" e semplificare il processo. Ma quali sono le garanzie inutili? Provate a prendere un vostro contratto di assicurazione (RC auto, malattia, infortunio, annullamento viaggi ecc.) e provate ad eliminare le "garanzie inutili" per risparmiare, supponendo che ogni garanzia in meno vi faccia risparmiare qualcosa: sono sicuro che ogni persona prudente e ragionevole scoprirebbe molte più garanzie mancanti che inutili. La garanzie non sono quasi mai inutili; il rispetto delle forme è la garanzia dell'equità del processo. Forse anche l'avvocato, che parla sempre troppo, è una garanzia inutile (del resto normalmente i brigatisti non vogliono avvocati, anche se poi noi glieli diamo lo stesso).
In realtà le garanzie esistono spesso per dissuadere gli inquirenti (polizia e pm) dal giocare in modo scorretto. Torniamo al calcio: perché il gioco pericoloso viene fischiato anche quando l'avversario non è stato neppure toccato ? Per evitare che i giocatori si facciano male, direte voi, si interviene anche prima del danno, a garanzia di futuri comportamenti più corretti. Ecco, la dichiarazione di una nullità nel processo penale, per esempio e allo stesso modo, serve anche ad indurre gli inquirenti al rispetto futuro della norma. Nell'ottica degli inquirenti invece, le garanzie sono ostacoli inutili: basta guardare le proposte avanzate dai magistrati per rendersi conto dello spirito inquisitorio: semplificare il processo significa, per la maggior parte di loro, consentire una più facile condanna dell'imputato. Ma sono pronto a confrontarmi anche sulle singole proposte, ovviamente.
Ci sono invece proposte da parte degli avvocati per accelerare i processi ? Da parte mia molte, ma parlo a titolo personale.
I riti alternativi non sono oggi abbastanza appetibili: troppo poco lo sconto fino ad 1/3 in caso di patteggiamento, l'impossibilità di patteggiare anche il titolo del reato è un'altra grave limitazione.
Sono d'accordo con Axel quando dice che la maggior parte dei processi dovrebbe essere definita con riti alternativi. Ma poiché non si possono obbligare gli imputati ad optare per un rito alternativo, occorre che il patteggiamento sia molto conveniente. Quindi: abolire il limite di 5 anni per il patteggiamento; proprio i processi per reati più gravi sono quelli che impiegano maggiormente i giudici dibattimentali, e sono anche quelli per cui non si può, di fatto, patteggiare (es.: il marito in un impeto di gelosia uccide la moglie, si costituisce, confessa ecc. ecc.; poiché la pena non sarà inferiore a 5 anni, è costretto a fare il processo - in dibattimento o in abbreviato - con facoltà di fare appello, ricorso per cassazione ecc., con enormi perdite di tempo e risorse).
Aumentare lo sconto di pena da 1/3 ad almeno la metà, eliminando esclusioni soggettive ed oggettive. Meglio condannare tutti a pene inferiori che condannarne uno e dichiararne prescritti due. Attualmente lo sconto per il patteggiamento è non superiore, ma in media astratta addirittura inferiore, a quello per l'abbreviato (mentre infatti per il patteggiamento lo sconto è fino ad 1/3, cioè da un giorno ad 1/3, per l'abbreviato è di 1/3 secco). Il vero vantaggio del patteggiamento è solo nel fatto che la pena è concordata prima della sentenza, mentre nell'abbreviato la pena è stabilita dal giudice.
Dichiarare la sentenza di patteggiamento immediatamente esecutiva: gli avvocati "devono" fare ricorso in cassazione contro il patteggiamento, quando l'imputato è a piede libero, per impedire che la sentenza diventi esecutiva e l'imputato debba scontare la pena. Se la sentenza di patteggiamento (e solo questa, che è una sentenza accettata esplicitamente dall'imputato) fosse esecutiva subito si eviterebbero migliaia di ricorsi in cassazione. La percentuale di ricorsi accolti avverso sentenze di patteggiamento credo che sia di uno su 10.000 (un rischio che si potrebbe correre).
Prevedere la possibilità per il Giudice di accogliere subito la richiesta di patteggiamento se ritiene non giustificato il rifiuto del pm. Molte volte i pm rifiutano un patteggiamento per ragioni ideologiche, perché ce l'hanno con l'imputato, insomma per mille ragioni che nulla hanno a che fare con lo spirito del codice. In questi casi il Gup è obbligato al rinvio a giudizio, il giudice dibattimentale obbligato a fare il processo. Alla fine però, se il giudice ritiene che il dissenso del Pm fosse ingiustificato, può accogliere la richiesta della difesa. Intanto quel pm ha fatto perdere mesi al giudice, ai cancellieri, agli ufficiali giudiziari, senza che nessuno mai gli possa chiedere conto di qualcosa. Se il giudice potesse accogliere subito la richiesta di patteggiamento molti processi si chiuderebbero nelle fasi preliminari.
Ridurre il numero dei reati. L'elenco potrebbe essere infinito e mi pare che anche Axel concordi con questa misura.
Abolire le amnistie. Se un imputato è convinto che arriverà un'amnistia nessuno potrà convincerlo a patteggiare.
Intervenire sul sistema di notifiche. É evidente che non si può fare un processo senza avvisare la persona che lo sta subendo. Considerato che la maggior parte delle notifiche avviene per posta e vista la qualità del servizio postale in Italia la pluralità di notifiche serve anche a garantire nel tempo sia la persona sottoposta all'indagine sia il titolare del procedimento della regolarità sostanziale delle stesse. Quanto alle forme della notifica sarebbe ora che anche i magistrati accettassero gli stessi mezzi che usano nei confronti degli avvocati: essi possono mandare avvisi per fax o per e-mail, ma gli avvocati invece no; vi sembra normale ? Certo si potrebbero semplificare alcune cose e ridurre alcune notifiche, oppure prevedere di farle presso il difensore, ma certo non sempre e non tutte. É vero per esempio che dopo l'udienza preliminare se l'imputato non era presente deve essergli notificato il decreto che dispone il giudizio, ma Bisignano omette di dire che nel corso dell'udienza preliminare il fatto contestato può essere modificato senza avvisare l'imputato, per cui io posso entrare dal Gup accusato di un reato qualsiasi ed uscirne imputato di omicidio. L'utilizzo della Polizia Giudiziaria per le notifiche è, prima ancora che uno sperpero di denaro pubblico, un atto illegittimo delle Procure, come illegittimo è l'utilizzo di appartenenti alle sezioni di Polizia Giudiziaria per adibirli a segretari personali dei procuratori della Repubblica.
Selezionare i giudici in base alle caratteristiche per un determinato ruolo. In nessuna impresa del mondo un posto chiave viene assegnato ad un manager solo perché più anziano degli altri: è ciò che avviene sistematicamente al CSM per la nomina dei giudici ai vari incarichi. Un giudice dell'udienza preliminare deve essere in grado di definire il maggior numero di procedimenti, convincendo avvocati, pm e imputati ad una soluzione alternativa. Occorre saper ascoltare, essere accondiscendenti, irrogare pene basse, essere disposti a derubricare i reati gravi in meno gravi quando appare ragionevole ecc. Mettere un giudice mentalmente rigido in una tale posizione significa la catastrofe: pochi riti alternativi, mole di processi al dibattimento e incapacità di smaltimento.
Ci sono tribunali in cui all'udienza preliminare vengono definiti l'80 % dei procedimenti ed altri in cui se ne definisce solo 30%. Guai però a criticare il magistrato: come noto essi sono intoccabili, incriticabili e decidono solo e sempre secondo coscienza.
Nel mondo reale, un'impresa che applicasse le regole del CSM fallirebbe nel giro di un anno; non ci si può quindi meravigliare, se la giustizia è al collasso.
Conclusivamente, io credo che queste misure (ma ovviamente le possibili sono anche molte altre), da sole sarebbero sufficienti a far decollare i riti alternativi e quindi a consentire la rapida celebrazione di quelli restanti. Ci sarebbe spazio anche per l'irriducibile che vuole dibattere un processo morto: alla fine prenderà il doppio dei suoi concorrenti e sarà di esempio a decine di altri. Invece ancora oggi ci sono imputati che in seguito al dibattimento vengono condannati a pene inferiori a quelle di chi ha patteggiato.
Perché ? Lo ha spiegato Axel e riporto le sue testuali parole.
Lo Stato evita il dibattimento con tutti i rischi ed i costi ad esso connessi e, in cambio concede lo sconto di pena. A molti, anche tra i miei colleghi, il principio non và giù, perché ritenuto ingiusto.
I giudici non si limitano ad applicare le leggi; a volte le distorcono le ignorano, le travolgono, le disapplicano, sempre impunemente, ovviamente. La legge Pinto, che ha stabilito risarcimenti per l'eccessiva durata dei procedimenti, prevede che in caso di condanna dello Stato la sentenza debba essere trasmessa al Procuratore generale presso la Corte di Cassazione per l'eventuale esercizio dell'azione disciplinare. Un paio d'anni questi si giustificava nel seguente modo per il mancato avvio di un solo procedimento disciplinare nei confronti di magistrati: poiché è sanzionabile il ritardo nella trattazione dei procedimenti solo se reiterato e poiché io ricevo una sola sentenza di condanna per volta, non posso mai dire che un magistrato, per quanto in ritardo, abbia posto in essere una condotta reiterata.
Questo è l'atteggiamento generale ...
Forse doveva essere: in via subordinata arrivare alla prescrizione che comunque è quasi pari all'assoluzione?
Che poi glissi sull'argomento: come potrebbe essere "quasi pari"? Essere assolto per non aver commesso un fatto è quasi pari a ingannare la giustizia traccheggiando abbastanza a lungo per arrivare alla prescrizione?
Mi spiace, ma questa affermazione deve essere dimostrata. A me, da semplice cittadino, sembra piuttosto che il problema riguardi le risorse dedicate: troppe cause civili e pochi giudici. In ogni caso dovresti dimostrare:
Francamente per la prescrizione sarei per il metodo (tedesco?) per cui non può più scattare dopo la sentenza di primo grado. A quel punto almeno un giudice ha deciso. D'altro canto, perché la prescrizione favorirebbe la durata breve del processo? Le udienza le fissa il giudice che non è parte in causa: o forse vuoi farci credere che il giudice ha interesse a condannare l'imputato? Anche senza prescrizione l'interesse del giudice è quello di arrivare quanto prima a sentenza per dimostrarsi "produttivo".
Hai fatto il paragone con la partita di calcio: bene, con il sistema attuale c'è una squadra che parte da un 4-0 ad ogni partita e che avrà sempre interesse a perdere tempo. Nel tuo parallelo hai dimenticato questo piccolo particolare: mi sembra un bel po' disonesto da parte tua. A questo punto mi sento di (ri)correggere questa tua frase:
L'interesse è essere assolto solo se non si è colpevoli o se è difficile provare la colpevolezza; se invece si è colpevole e le prove sono molte e concrete allora l'unico interesse è arrivare alla prescrizione. Immagina che un imputato abbia corrotto un testimone: tale testimone mette per iscritto il fatto, ci sono le prove, la sua testimonianza, insomma l'imputato non ha alcuna possibilità di provare il contrario; a quel punto l'unica strada è quella di traccheggiare e puntare alla prescrizione.
Mi scuso e ti ringrazio dell'errore rilevato. In effetti la frase avrebbe dovuto essere "arrivare alla prescrizione che è quasi pari all'assoluzione.
Il "quasi pari" è stato equivocato: non mi riferivo all'aspetto morale ma procedurale: l'assoluzione nel merito o per prescrizione, sotto il profilo penale, si equivalgono (non parliamo delle questioni civili o extrapenali, perchè sarebbe lungo e tecnico).
Molte volte la prescrizione arriva da sola, senza che l'imputato abbia fatto nulla per raggiungerla.
Perchè i giudici non amano farsi precrivere i processi quando li hanno in carico loro, per cui se si accorgono che la prescrizione è vicina accelerano.
Per cui i processi vanno tanto più veloci quanto più è vicina la prescrizione. Veloci non vuol dire necessariamente che le udienze si fanno in minor tempo, ma che vengono calendarizzati prima di altri.
Proprio in questi casi dovrebbero funzionare i riti alternativi che, come ho detto, non sono abbastanza appetibili.
Se si deve affrontare il processo però è come dici tu: del resto se una squadra palesemente inferiore ne incontra una superiore la prima cercherà di rallentare il gioco il più possibile, sapendo di non poter competere.
Tuttavia questo non autorizza a ritenere inutile un termine oltre il quale il processo non dovrebbe procedere, come garanzia per l'imputato che può essere sospeso dal servizio, angosciato dal processo, escluso da attività pubbliche e private ecc. proprio a causa della pendenza del processo.
Sulla durata delle cause, trascrivo un passo di fonte attendibile:
DURATA MEDIA DEI PROCEDIMENTI [CIVLI]:
Considerando la durata media effettiva in mesi di tutti i ricorsi definiti in Corte, la situazione negli ultimi 5 anni è stazionaria, ma sempre inferiore alla stima con la formula di giacenza, oscillando tra un minimo di 29 (866 g.) ad un massimo di 32 (954 g.) mesi in seguito agli aumenti delle pendenze (pagine 8 e 9).
DURATA MEDIA DEI PROCEDIMENTI [PENALI]:
La durata media effettiva dei procedimenti è stazionaria: nel 2002 è di 8 mesi (238 g.), nel 2003 e nel 2004 di 7 mesi (rispettivamente 238 e 212 g.), per ritornare poi nel 2005, 2006 e 2007 a 8 mesi (231, 239, 249 g.).
Fonte: CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
Inaugurazione Anno Giudiziario 2008
Vincenzo Carbone
"Relazione sull’amministrazione della giustizia nell'anno 2007"
Roma, 25 gennaio 2008
Come vedi non sono dati che invento io e parliamo solo della Cassazione, la situazione davanti ai giudici di merito è anche peggiore.
30 mesi sono 2 anni e mezzo: se i ricorsi penali dovessero aspettare tanto più della metà dei processi arriverebbero alla prescrizione.