Da anni il dibattito sulla separazione
delle carriere nella magistratura è, a dir poco, appassionato: le
parti in causa adombrano
prospettive da stato totalitario in caso la parte avversa abbia la meglio. Ad
esempio, Nello Rossi, Segretario Generale della Associazione Nazionale
Magistrati (ANM), finisce così un recente articolo (27 Febbraio 2008) su Il Riformista:
[...] la separazione delle carriere sembra la tappa intermdia
di una lunga marcia destinata a concludersi con la trasformazione del pubblico ministero
in un "avvocato della polizia". Un "avvocato" destinato a
mettere le sue competenze tecniche al servizio di una accusa preconfezionata in
uffici di polizia operanti alle dipendenze dell'esecutivo.
Gaetano Pecorella, ex-deputato di Forza Italia ed
ex-Presidente dell Unione delle Camere Penali Italiane, invece, introduce così
la proposta di legge per la separazione delle carriere presentata nel corso del secondo governo
Berlusconi:
[...] con questa proposta di legge si intende eliminare una
tra le più importanti anomalie e peculiarità dell'ordinamento giudiziario
italiano rispetto a quelli di tutte le altre liberal-democrazie occidentali , e
cioè la possibilità per il singolo magistrato di passare dalla funzione
giudicante a quella requirente [cioé la mancanza di separazione delle
carriere, ndr] [...] è assolutamente impensabile che, da un giorno all'altro,
chi ha combattuto il crimine da una parte della barricata si trasformi
improvvisamente nel garante imparziale di chi criminale potrebbe non essere,
pur essendo indagato o imputato da un ex collega di funzioni.
Il dibattito è ripreso in campagna
elettorale anche se, almeno nei programmi, con toni smorzati. Il programma
elettorale del PdL, rimanda vagamente alla separazione
delle carriere laddove richiede il "rafforzamento della distinzione delle funzioni nella
magistratura, come avviene in tutti i paesi europei; un confronto con gli
operatori della giustizia per una riforma di ancor maggiore garanzia per i
cittadini, che riconsideri l'organizzazione della magistratura, in attuazione
dei principi costituzionali". Il programma
del PD propone invece varie misure di ri-organizzazione della gestione
degli uffici giudiziari senza assolutamente menzionare la separazione delle
carriere.
Ho cercato di capire cosa scaldi gli animi. Cominciamo
dall'inizio: Quali carriere? Separazione, in che senso? Quali
sono gli argomenti a favore e quali contro la separazione? Se, come me, il lettore
non ha conoscenze approfondite di giurisprudenza per capire tutto
questo troverà necessaria una premessa su come funziona il processo penale.
Premessa sul processo penale.
Due sono i modelli ideali di processo penale, il processo accusatorio
e il processo inquisitorio (in inglese si chiamano, rispettivamente partisan
- o anche adversarial - e inquisitorial; questo lo dico perché
poi consiglierò una lettura serale in inglese). La differenza è spiegata
molto bene alla voce
di Wikipedia da cui riprendo qui di seguito.
Nel processo accusatorio l'imputato è
assistito dal difensore, accusato dal Pubblico Ministero (PM), e
infine giudicato dal giudice. Il PM ha il compito di avviare il processo
e introdurre nello stesso le relative prove a carico dell'imputato. Il
difensore ha il compito di difendere l'imputato. L'esame delle prove avviene ad
opera di entrambe le parti, compreso l'interrogatorio dei testimoni (la
cosiddetta cross-examination), di fronte al giudice. Obiettivo del
giudice, e solo del
giudice, è l'imparzialità. Compito del giudice è assicurare il rispetto delle
norme di procedura e pronunciare la sentenza sulla base di quanto emerso nel
corso del
processo.
Nel processo inquisitorio la figura del difensore non
cambia. Il giudice e il PM però, anche se soggetti diversi, hanno obiettivi e
funzioni simili; e mentre il PM (magistrato inquirente) avvia d'ufficio
il processo, partecipa assieme al giudice all'introduzione delle prove nel
processo, oltre che all'esame di queste ultime.
Il processo accusatorio è tradizionale nei paesi con
struttura giuridica di common law, essenzialmente i paesi anglosassoni; mentre
il processo inquisitorio ha radici nel diritto civile romano e poi napoleonico.
In Italia vige, dalla riforma del 1989, il sistema accusatorio. Ma
naturalmente i sistemi processuali reali non ricalcano mai con
precisione i modelli ideali. Ad esempio, obiettivo del
PM è pur sempre la ricerca della verità. Per espressa disposizione
dell'articolo 358 del
codice di procedure penale, il PM ha il dovere di svolgere "altresì
accertamenti su fatti e circostanze a favore della persona sottoposta alle
indagini". Costituisce dovere giuridico oltre che deontologico ed etico, fornire
al Giudice tutte le prove e chiedere, se si ritiene, l'assoluzione
dell'imputato (verbatim da una e-mail di Axel Bisignano). A differenza di quello che avveniva col vecchio
ordinamento di tipo inquisitorio, nel processo accusatorio post-1989 le prove non si precostituscono più in istruttoria, in assenza di
contraddittorio, redatte a verbale dal PM o dalla polizia e conosciute dal
giudice del dibattimento prima del processo. La
differenza fondamentale è che al processo il giudice non sa nulla di ciò che
verrà a riferire il testimone, che viene prima esaminato da una parte e poi
controesaminato dall'altra (quasi verbatim da un'altra e-mail di Axel).
Oltre che nella terra di Perry Mason (l'Amerika), e nel Regno Unito, il
sistema accusatorio è usato ad esempio in Svezia (dal 1948), in Portogallo
(dal 1974). Un sistema misto, più simile al sistema inquisitorio
vigente in Italia sino al 1989, è ancora adottato in Francia. (Le date del passaggio al sistema
accusatorio in Svezia e in Portogallo sono importanti, c'è una regolarità:
chi indovina? Aiutino: il Cile è passato al sistema accusatorio
nel 2000. Risposta: il passaggio al sistema accusatorio sembra seguire il passaggio
alla democrazia).
Non è questa la sede per discutere dei vantaggi e degli
svantaggi del
processo accusatorio. Suggerisco un bell'articolo di Mathias Dewatripont e Jean Tirole.
La sezione VI.A. discute in dettaglio i sistemi processuali.
L'articolo propende, a mio parere in modo convincente per
il
sistema accusatorio. [Nota: questo è articolo accademico, con tanto di matematica e gergo
specialistico;
ringrazio Nicola Persico per il riferimento bibliografico] In due
parole, la
contrapposizione di obiettivi tra difensore e PM fa sì che la verità
emerga
più facilmente. Questo perché, essenzialmente, è difficile
incentivare un giudice unico a cercare con grande sforzo la
verità se uno dei possibili risultati della ricerca è "non ho
trovato nulla". Il giudice garantisce imparzialità, cioé che la
verità
emersa finisca nella sentenza. Il problema della pura
contrapposizione di obiettivi tra difensore e PM è, naturalmente, che
prove o informazioni a discolpa scoperte dall'accusa, e viceversa, siano
manipolate o nascoste. Ogni sistema processuale cerca una qualche
soluzione di questo problema, ed è qui che i sistemi operanti sono
infatti misti.
La separazione delle carriere dei magistrati: i termini della
questione.
In un sistema processuale inquisitorio, il giudice che
istruisce il processo (in Italia, prima della riforma del 1989, questi era chiamato giudice
istruttore), il PM, e il giudice che pronuncia la sentenza lavorano in
stretto contatto e soprattutto con lo stesso obiettivo, scoprire la verità. In
un sistema processuale inquisitorio, quindi, non ha senso alcuno definire
separate strutture organizzative per la magistratura requirente (i PM) e la
magistratura giudicante (i giudici).
In un sistema processuale accusatorio, invece, il problema
della separazione organizzativa tra la struttura della magistratura requirente,
a cui fanno capo il PM, e la struttura della magistratura giudicante, cui fa
capo il giudice, si pone con forza. Ovviamente, dato che il PM e il giudice
hanno funzioni chiaramente separate nel processo, non èefficiente che essi debbano essere parte di una medesima struttura organizzativa che ne ordini le carriere. In sostanza, la questione della separazione delle
carriere è, in soldoni, la seguente:
Funzioni
separate della magistratura requirente (i PM) e della magistratura
giudicante (i giudici) richiedono carriere separate? Carriere separate possono rendere più efficiente l'esecuzione delle separate funzioni?
Non è difficile prevedere che la risposta alla prima domanda sia NO e che la risposta alla seconda domanda sia SI. Ma procediamo con calma.
Studiamoci per bene le argomentazioni dei magistrati pro e contro (che non
è cosa immediata perché scritte in legalese
stretto stretto – più stretto ove le argomentazioni siano più deboli – ma
questo è un altro discorso).
Le argomentazioni pro e contro.
È venuto il momento di esaminare le argomentazioni pro e
contro la separazione delle carriere. Si noti che
per separazione delle carriere non si intende, come spero sia chiaro dalla
discussione precedente, la semplice questione di permettere ai magistrati o
meno di poter esercitare entrambe le funzioni (inquirente e giudicante) nel corso
della carriera ma, più in generale, la questione della separazione della
struttura organizzativa dei giudici da quella dei PM. Insomma, separazione implica due diverse strutture a determinare incentivi e carriere di magistrati inquirenti e giudicanti.
Argomenti pro la separazione.
1) La separazione dei giudici dai PM, associata ad una ridefinizione e chiarificazione degli obiettivi del PM e del giudice nel
corso del processo, porta al perfezionamento dei
vantaggi del
processo accusatorio.
2) La separazione dei giudici dai PM conferisce al giudice quell'imparzialità su cui l'intero sistema giudiziario si basa, in ultima istanza.
3) La separazione dei giudici dai PM elimina, o almeno limita, quella comunanza di formazione culturale e
quella contiguità di rapporti personali tra giudici e PM che possono portare,
anche non volontariamente, alla effettiva parzialità del
giudice a favore del
PM rispetto all'avvocato difensore.
[Nota bibliografica: Tra tutto quello che ho letto, ho
trovato questo articolo di Carlo Guarnieri,
ordinario di Scienze Politiche a Bologna, molto chiaro e lucido
(l'articolo non è datato). Anche l'articolo di Oreste Dominioni,
ordinario di Diritto Processuale e Penale alla Statale di Milano, Le ragioni della "separazione delle carriere", 2006 (pubblicato in Studi in onore di Giorgio Marinucci,
Milano, Giuffré) è molto utile, anche se di più difficile lettura per un non
giurista. Ringrazio Axel per i riferimenti bibliografici e per le spiegazioni.]
Argomenti contro la separazione.
1) La separazione dei giudici dai PM tende a limitare la "cultura della giurisdizione" dei PM,
inducendo comportamenti più direttamenti volti all'accusa rispetto che non
alla scoperta della verità, fine ultimo del
processo.
2) La separazione dei giudici dai PM tende a comportare una limitazione della indipendenza del PM da poteri altri rispetto alla
magistratura, in particolar modo dal potere
esecutivo.
3) La separazione dei giudici dai PM elimina, o almeno limita, quelle importanti occasioni di crescita
professionale che si devono all'avere esercitato diverse funzioni, in
particolare la funzione requirente e quella giudicante, all'interno
dell'amministrazione della giustizia.
[Nota bibliografica: Un articolo di
Salvatore Vitiello, PM della Procura di Roma, scritto come esplicita risposta a quello di Guarnieri
citato sopra, espone con lucidità la posizione contraria alla separazione
delle carriere e risulta quindi chiaro nella pochezza degli argomenti. La posizione ufficiale dell'Associazione Nazionale Magistrati è anche chiara; infine, l'articolo di Nello Rossi, citato sopra contiene alcune argomentazioni in questo senso. Ancora una volta
grazie ad Axel per i riferimenti bibliografici e per le spiegazioni.]
I meccansimi e gli incentivi.
È venuto il momento di inserire ed azionare l'economista. Provo a valutare gli argomenti con una certa ossessione per la loro coerenza logica e per
l'importanza dei meccanismi nel determinare incentivi.
L'argomento
1) contro la separazione, che limiterebbe la
"cultura della giurisdizione", è basato su una premessa logicamente
errata: e cioé che l'obiettivo della scoperta della verità nel corso
del processo sia raggiunto più facilmente se una delle
tre parti del
processo ha come obiettivo la scoperta della verità stessa invece che
non
l'accusa dell'imputato. Detto con il gergo dell'economista, è
assolutamente ovvio che l'argomento è logicamente errato: il processo
è un meccanismo di interazione strategica con
almeno tre agenti (il PM, il difensore, il giudice) e non un meccanismo
decisionale semplice in cui una persona raccoglie informazioni e poi
decide. Se
fosse un meccanismo decisionale semplice, allora l'obiettivo della
scoperta
della verità sarebbe più facilmente raggiunto se colui che decide lo
facesse sulla
base di questo stesso obiettivo. Questo è ovvio. Ma la componente
strategica del "meccanismo del processo" fa sì che una chiara ed
esplicita contrapposizione degli obiettivi tra PM, difensore, e giudice
come da
processo accusatorio ideale possa in via di principio rappresentare un
meccanismo più efficiente al raggiungimento della verità. La ragione
è che
la fase di raccolta e di esame delle informazioni (le prove nel
processo) è più efficiente qualora gli obiettivi del
difensore e del PM siano contrapposti, come si è discusso sopra nella
breve analisi dell'articolo di Dewatripont e Tirole, mentre
l'imparzialità del giudizio è garantita
dalla funzione del
giudice. Non è necessario che sia così, ma è certo possibile. Si
può discutere su questo,
ma è fuori di dubbio che l'argomento 1) contro la separazione sia
fallace perché confonde meccanismi decisionali semplici con meccanismi
di
interazione strategica. A me pare quindi che il contrapposto argomento
1) pro la
separazione sia corretto e che in certo qual modo adombri tutto questo.
L'argomento
2) contro la separazione è assolutamente
fondamentale. L'indipendenza del
PM dal potere politico, specie dal potere esecutivo, deve essere
garantita. Il
PM deve poter scegliere liberamente quali casi istruire e come
istruirli, deve
essere libero di perseguire le attività di indagine che ritiene più
promettenti ed efficaci. Il tutto, naturalmente nei limiti della legge
e delle
norme di procedura (e con i giusti incentivi, ma di questo parliamo dopo). Perché la proposta di separazione
della struttura
organizzativa dei giudici e dei PM è interpretata come un passo verso
la
dipendenza della magistratura requirente dalla politica? Il fatto che
questa
proposta venga dagli avvocati di Berlusconi e che, apparentemente,
simili
progetti fossero parte delle mire PiDuiste, certo non aiuta. Dati i
precedenti, io credo sia molto probabile che gli avvocati di
Berlusconi
vedano la separazione delle carriere come un primo passo verso un più
effettivo controllo dei PM da parte dell'esecutivo, controllo a cui aspirano. Ciononostante, a me non
interessa
questo processo alle intenzioni, a me interessa studiare i meccanismi
per il
funzionamento della giustizia. In questo senso l'argomento 2) contro la
separazione è importante, ma non c'è nessuna
ragione logica per cui un nuovo ordinamento, che preveda la
separazione
della struttura organizzativa dei giudici e dei PM,, non possa (e debba,
infatti)
garantire l'indipendenza del PM definendo chiaramente per legge i
vincoli
formali ai quali sia sottoposta la sua attività di istruzione del
processo e i
suoi obiettivi durante il processo.
Indipendenza e obiettivi chiari, quindi. Ma come garantire la
fondamentale indipendenza del
PM? Il sistema più semplice è attraverso la costituzione di un organo di
autogoverno cui sia affidata la carriera dei PM. Questo ha poco a che fare con
la separazione delle carriere. Se sia i PM che i giudici debbono essere
indipendenti, che abbiano entrambi un organismo indipendente che ne controlla
le carriere. Il Consiglio Superiore delle Magistratura gestisce la carriera
della magistratura giudicante; un organo simile lo può fare per la
magistratura requirente. Meglio non sia lo stesso organo per evitare lotte di
potere interne tra le due diverse funzioni della magistratura.
In questo contesto, una volta
garantita l'indipendenza della magistratura requirente dalla politica, mi pare
che l'argomento 2) pro separazione, che il giudice apparirebbe più super
partes, sia assolutamente condivisibile ed innocuo.
Infine, che la separazione della struttura organizzativa dei
giudici e dei PM sia perfettamente compatibile con una magistratura requirente
indipendente dal potere politico, è provato dal funzionamento del sistema giudiziario in quei paesi in cui il sistema
processuale accusatorio è associato a tale separazione organizzativa ed è
disegnato come indipendente, dalla Svezia al Portogallo, alla Germania.
L'esempio europeo più chiaro di un sistema in cui la magistratura requirente
dipende dal potere esecutivo è, invece, quello vigente in Francia, paese in cui
non vi è separazione tra magistratura requirente e giudicante. Anche il fatto
che Portogallo, Svezia, e Cile durante i loro periodi non-democratici avessero un sistema giudiziario di tipo inquirente senza
separazione tra le carriere, suggerisce che la mancanza di separazione
non sia affatto un deterrente al controllo politico della magistratura.
L'argomento 3) contro la separazione mi pare di minore importanza rispetto agli
altri, ma certamente condivisibile. Axel mi fa notare che avere esperienze sia
nella magistratura requirente che in quella giudicante è addirittura richiesto
in alcuni lander in Germania. Il fatto che
questo generi contiguità tra PM e giudice è senz'altro possibile, ma mi pare
un argomento per sé debole. Contiguità personali nell'esercizio di ruoli
contrapposti sono frequenti e naturali in essenzialmente ogni professione: tra
giudice e avvocato, tra membri delle commissioni di un concorso accademico e i
concorrenti, tra arbitri ed atleti, tra poliziotti e famigliari. Alcuni di
questi possono apparire pessimi esempi in Italia, che i concorsi accademici
sono spesso truccati, e gli arbitri,... lasciamo stare. Ma queste relazioni
funzionano altrove; la differenza sta nella chiara definizione degli obiettivi
e degli incentivi di carriera. A questo accenno ora, in chiusura di articolo
Come garantire
che il giudice abbia incentivo ad essere imparziale? Come garantire che il PM
abbia incentivi sufficienti ad attenersi agli obiettivi imposti per legge? Nel
caso del PM
c'è anche una questione ulteriore e molto importante: il PM esercita in
principio un enorme potere attraverso la scelta di quale reato perseguire e di
come istruire un processo. Come delineare i vincoli a cui sottoporre le scelte del PM a questo
proposito? Oggi in Italia, si toglie in principio al PM ogni potere su quale
reato perseguire, attraverso la obbligatorietà dell'azione penale.
Inoltre, si elimina ogni relazione tra la qualità della sua azione e la sua
carriera, attraverso una esplicita politica di avanzamento di grado e di
incremento salariale esclusivamente per anzianità. Lo stesso per il giudice,
la cui carriera è definita esclusivamente dall'anzianità. Questo sistema di
incentivi a modo suo funziona, nel senso che garantisce una certa indipendenza
dei magistrati. Ma questo sistema di incentivi non funziona in varie altre
dimensioni,
i) i PM devono comunque scegliere implicitamente quali reati
perseguire, senza avere indicazioni di legge su come operare questa scelta (non
si può ad esempio definire per legge un sistema di priorità tra i reati da
perseguire perché per legge tutti i reati di cui la magistratura ha notizia
devono essere da essa perseguiti, l'azione penale è obbligatoria), e quindi
ii) i PM possono finire per sviluppare obiettivi personali di
carriera al di fuori della magistratura, obiettivi che possono guidarli nella scelta di
quale reato perseguire (o di chi perseguire) e di come istruire un processo (vi
sono certo vari esempi, da Di Pietro a Casson; quanto questo sia un fenomeno
importante o piuttosto marginale è discutibile). Infine, e soprattutto:
iii) la carriera dei PM è in gran parte indipendente dalla
qualità e dalla quantità del
loro lavoro; quindi, a meno di motivazioni ideali/ideologiche, hanno chiari
incentivi a lavorare poco e male.
In buona sostanza, gli incentivi di carriera della
magistratura requirente e di quella giudicante ne garantiscono l'indipendenza, ma
lo fanno a costo di contribuire al fallimento dell'amministrazione della giustizia (documenteremo in
un prossimo articolo tale fallimento; il lettore curioso e impaziente può
cominciare a leggere un bel libro al riguardo, pieno di dati: Fine Pena Mai. L'ergastolo dei tuoi diritti nella
giustizia italiana, di Luigi Ferrarella, IL Saggiatore 2007; grazie a
Sandro che me lo ha portato dall'Italia). Non è affatto necessario che sia
così. L’indipendenza può essere garantita pur mantenendo efficaci ed
efficienti incentivi di carriera. La chiave di tutto sta qui. È così che io
leggo anche l'articolo di Axel per nFA. Il disegno di queste forme di incentivi
sono cose che gli economisti hanno studiato, sia in teoria che nella pratica.
La separazione
della struttura organizzativa dei giudici e dei PM, e delle loro carriere, appare
una riforma ragionevole se ben fatta e se l'indipendenza della magistratura
requirente è garantita, ma la sua rilevanza è minima rispetto alla riforma
della struttura degli incentivi di carriera dei magistrati. Di questo ci
occuperemo ancora, ovviamente, in un prossimo articolo (magari non così
prossimo, diciamo futuro).
Domanda: pensi sia presto per parlare di costi? Meglio: credi che le dicotomie sistema accusatorio / sistema inquisitorio e carriera unica / carriere separate portino con sé anche differenze importanti per quanto riguarda i costi totali della "macchina della giustizia"?
Da quel che capisco, il problema non e' ne' nella struttura processuale ne' nella separazione delle carriere o meno in se'. Riguardo alla struttura processulale credo che il problema dei costi sia importante ma abbia a che fare con la struttura degli appelli, molto piu' che non con la dicotomia accusatorio/inquisitorio. Per la questione della separazione, beh, mi pare che avere magistrati con incentivi a non far nulla (attraverso carriere per anzianita' e via discorrendo) sia una tale fonte di costo che annulla tutto il resto o quasi. Naturalmente dico questo ancora "a rigor di logica" senza avere i numeri in tasca. Ma arrivero'anche li'. Non e' cosa facile,ma almeno ci provero'.