Internet esiste in Cina dalla fine degli anni '80. Le prime mosse di censura organizzata risalgono al 1997 quando il ministro per la pubblica sicurezza introdusse il primo statuto di regolamentazione. Lo scopo della censura è sempre stato quello di contenere fatti e opinioni che andassero contro il benessere del sistema comunista. In particolare la legge sulla censura internet afferma che a nessun individuo è consentito usare la rete per:
- promuovere attacchi alla costituzione o leggi o le loro attuazioni
- promuovere ogni azione contro il governo o il sistema socialista
- incitare alla divisione del paese o urtare l'unità nazionale
- promuovere odio o discriminazioni tra i vari gruppi etnici cinesi
- diffondere falsità, distorcere la verità, diffondere dicerie, attentare in ogni modo all'ordine della società
- promuovere superstizioni, diffondere materiale erotico, violento o riguardante il gioco d'azzardo
- fare terrorismo o incitare all'attività criminale; insultare apertamente altre persone o distorcere la realtà per urtare terzi
- nuocere alla reputazione degli organi statali
- altre attività dannose contro la Costituzione, le leggi e le regole amministrative
È chiaro che la lista è stata stilata in modo da essere omni-comprensiva ed è altrettanto chiaro quali siano le priorità del sistema di censura (i punti 1 e 9, che aprono e chiudono la lista, dopotutto ...). Chiunque venisse identificato ad infrangere qualsiasi di questi comandamenti rischierebbe un appuntamento con la giustizia cinese, con conseguenze che, come al solito, possono oscillare da una multa alla pena di morte. Il sistema di censura è tutt'altro che nascosto dal governo. Infatti, proprio l'opposto: le alte gerarchie cinesi vanno assolutamente fiere dell'attività di censura che, come al solito, viene venduta come un sistema per proteggere i cittadini.
Al momento si stima che circa 30 mila persone siano impiegate nella polizia internet. Ogni internauta sa benissimo quali sono le regole e cosa rischia in caso di trasgressione. Esiste una capillare campagna di informazione a riguardo, che comprende anche simpatiche mascotte sotto forma di cartone animato.
Jingjing e Chacha, i due internet poliziotticinesi
La censura è implementata ad almeno due livelli, uno centrale e uno periferico. Quello centrale passa attraverso quello che è noto come "il grande firewall cinese": in sostanza una muraglia di router, prodotti da Cisco, che si occupano di confrontare le richieste dell'internauta con una blacklist: se il sito a cui si sta cercando di accedere è nella blacklist, l'utente non sarà in grado di vederlo. Il sistema periferico invece si basa semplicemente sulla consapevolezza che chi fornisce accesso a internet è responsabile per le pagine che vengono viste dagli utenti: in altre parole, è responsabilità dell'azienda o del cybercaffé di far sì che i navigatori usino internet correttamente.
Per via soprattutto del controllo interno (il grande firewall) la navigazione può talvolta essere rallentata. google.com, ad esempio, è accessibile dalla Cina: la ricerca dà gli stessi risultati che darebbe negli USA ma poi molti dei collegamenti portano al nulla. Per ovviare ai rallentamenti e ai disagi che il firewall portava a google.com, Google decise nel 2006 di esordire con una versione apposita del motore di ricerca, google.cn. I server di google.cn risiedono direttamente in Cina e quindi risultano essere molto più veloci; i risultati sono però censurati già da Google stessa, in ottemperanza con le leggi cinesi (qui l'annuncio di google del lancio di google.cn). La Cina non è l'unico paese che chiede a Google di censurare risultati (lo fanno anche la Germania e la Francia, riguardo a pagine con contenuti nazisti) ma ovviamente in Cina il tenore di censura è enorme e a tutto tondo (un esempio classico: non c'è traccia della rivolta di Tienammen sul google immagini cinese).
La decisione di Google di sottostare alle regole cinesi fece scalpore all'epoca e costò all'azienda anche diverse tirate d'orecchie da parte del congresso USA. È sempre stata giustificata non con ragioni economiche (Google ha uno share di appena il 27% in Cina, la parte del leone la fa il clone cinese Baidu) ma con ragioni "umanitarie", cioé che un maggiore accesso a risorse internet, seppur censurato, non può che fare bene. Del resto il motto di Google è "don't be evil" (non fare del male). Certo è che, al momento, il pubblico internet cinese è il primo al mondo con 330 milioni di connessioni. Un po' di gola la farà anche al portafogli.
Un paio di ore fa, Google ha annunciato, a sorpresa, di averne avuto abbastanza e che da ora in poi non obbedirà più alla censura cinese. Il motivo ufficiale è che nelle ultime settimane Google è stata vittima di attacchi informatici molto ben escogitati. Indagando, Google ha scoperto che il bersaglio principale di questi attacchi sarebbe un gruppo di attivisti per i diritti umani, ma che attacchi simili si sono verificati anche verso aziende che si avvalgono dei servizi di Google nei campi dell'informatica, chimica e alta tecnologia. Non si tratta di studentelli hackers, ma di una rete assolutamente ben organizzata, riconducibile a GhostNet, un sistema di spionaggio politico e industriale dietro di cui si nasconderebbe direttamente il governo cinese.
Visti questi sviluppi, Google ha davvero deciso di mettere sul tavolo il proprio motto "don't be evil" e comunica che non ha più intenzione di venire a patti col governo cinese: se questo comporterà la chiusura di Google.cn e degli uffici cinesi, così sia.
Va aggiunto che ultimamente la Cina aveva operato una stretta non indifferente al sistema di censura, soprattutto come conseguenza delle olimpiadi e delle proteste nella regione di Xinjiang. In particolare secondo alcune fonti il sistema di censura starebbe per passare da un sistema blacklist (non si accede a ciò che è listato) ad un sistema di whitelist (si accede solo se è listato) gestito da una anagrafe internet governativa e che sarebbe ovviamente estremamente più stringente.
Ho un'amica in quel di Pechino, compagna di studi alla Luiss (per me compagna all'italiana, lei invece era compagna davvero: capoclasse in Cina!).
Ogni volta che le scrivo email per sapere come va, e ci infilo commenti su qualche tragedia in corso, che sia Tibet o Xinjang, mi parla regolarmente di altro e nemmeno mi risponde...ma cose assurde dice!
Tipo: ma che succede in Tibet? (con tutto il mondo che parla della repressione) e lei: "mah, nulla hanno anche rifatto una stazione ferroviaria da poco..."
E' possibile che controllino sistematicamente anche le email? O la censura della mia amica è a monte, nel suo cervello?
Può essere anche che non ne sappia davvero nulla di nulla, visto che presumibilmente i media tacciono queste vicende e ogni fonte internet sarà censurata.
Fabrizio
Io propendo per la seconda. La tua amica potrebbe non sapere fin dove possa spingersi il controllo dei contenuti, e giustamente credo abbia una gran paura di finire in mano alle forze di polizia con l'accusa di essere "dissidente".
Quindi penso che sia un effetto collaterale della censura cinese, induce paura nei cittadini comuni che non vogliono rischiare di essere presi, anche se non c'è il concreto rischio che vengano beccati.