Le domande sono intellettualmente deboli perché, a parte la solita retorica sull'utilità sociale del giornalismo (davvero Grillo non pensa che i giornali possano svolgere utili inchieste? Non si ricorda Grillo di avere egli stesso esaltato Biagi e Montanelli?); o la difesa corporativa del settore (c'è qualche giornalista che si salva, che non fa parte della "casta?" Fanno parte della "casta" anche le migliaia di giornalisti sottopagati e precari?); a parte, dicevo, la retorica, le domande partono dal solito presupposto che pluralismo e libertà di informazione si debbano perseguire elargendo sovvenzioni pubbliche piuttosto che garantendo la concorrenzialità del sistema (Non ritiene sbagliato mettere sullo stesso piano giornali di partito e giornali veri che ricevono solo detrazioni postali? È consapevole che con l'abolizione indistinta delle provvidenze morirebbero giornali come il Manifesto e l'Internazionale, su cui Grillo stesso scrive?).
Retorica a parte, occorre innanzitutto ricordare a Gilioli le richieste di Grillo. La protesta del V2-Day servirà a promuovere l'abolizione del finanziamento pubblico all'editoria e l'abolizione dell'ordine dei giornalisti. Piaccia o meno, entrambi questi istituti costituiscono pesanti limiti alla concorrenza ed al pluralismo dell'informazione, (oltre che, nel primo caso, uno spreco di denaro pubblico). A Gilioli andrebbe spiegato che se proprio si vogliono spendere dei soldi pubblici per sovvenzionare il pluralismo, si potrebbe più efficacemente piazzare dei computer nelle biblioteche e nelle scuole dotandoli di una connessione broadband. Se il giornalucolo che sopravvive solo con le provvidenze pubbliche non riesce a comprarsi carta e francobolli senza l'obolo pubblico, pazienza. Con quattro soldi potrà pubblicare online ed acquisire così la possibilità di essere letto nei quattro capi del mondo.
Le richieste del V2-Day, invece, vanno nella direzione giusta. È evidente che l'obbligo dell'iscrizione all'ordine dei giornalisti, per quanto aggirabile ed aggirato, limita la libertà di entrata nel settore del giornalismo da parte di chiunque abbia voglia di scrivere ed essere letto. Non mi soffermo su questo punto del tutto ovvio. Riguardo il finanziamento pubblico va sottolineato piuttosto un dato che il giornalista sembra ignorare. Al contrario di quanto suggerisce con una delle sue retoriche domande, una buona fetta del finanziamento pubblico all'editoria (il 69%) avviene attraverso gli sconti postali, e viene elargita in gran parte ai maggiori editori. Per esempio, Mondadori, Il Sole 24 ore e Rcs si accaparrano da soli il 29% di questi sconti, che corrispondono ad un totale per questi tre editori di più di 50 milioni di euro. Ricavo questi dati da un interessantissimo documento dell'antitrust segnalato tempo fa dal lettore altikkun (maggiori dettagli a pagina 25 e seguenti del documento).
Questi dati indicano che una buona fetta delle sovvenzioni all'editoria viene elargita ad un oligopolio, ottenendo l'esatto contrario del pluralismo. Un oligopolio che può solo trarre giovamento dalla limitazione del pluralismo e della libertà di informazione. Un oligopolio di cui fa parte anche il gruppo editoriale Espresso-Repubblica, su uno dei cui sovvenzionati giornali scrive Gilioli. Quindi il Gilioli, prima di inventarsi interviste, farebbe bene a documentarsi per capire quanto effettivamente le elargizioni pubbliche vengano spese per garantire il "pluralismo dell'editoria" piuttosto che per alimentare le solite clientele.
il problema, nell'editoria, è che Mondadori, RcS e Espresso-Repubblica si mangiano il 98% degli introiti pubblicitari. Sappiamo tutti che la pubblicità ripaga tutto (si vedano molte riviste e i quotidiani "gratuiti". I piccoli hanno solo un'alternativa: o prendere i sussidi statali (e/o partitici), o chiudere. Non c'è alternativa. Quindi il primo passo sarebbe aprire il mercato pubblicitario nell'editoria. E' quello il vero problema e tabù. Non a caso invece, la GaBbanelli di Report ha impostato tutto sui "sussidi". Ma il problema vero è la pubblicità, di cui son gonfie le casse dei suoi amici di Repubblica-Espresso (che partirono coi denari del KGB, che ha pagato fino all'ultimo moltissimi suoi giornalisti, secondo Mitrokhin e ormai moltissimi riscontri e "ammissioni" silenziate).
Tornando al concetto di "non intervista" non-articolo, mi ha colpito un articolo di Saviano sul penultimo Espresso. Scriveva a proposito del serial americano su una famiglia di mafiosi italo-USA, un po' "normali". Era imbarazzante: scritto senza sintassi (non per vantarlo, ma mio figlio scrive meglio e con più chiarezza, a 10 anni). Inoltre occupava tre pagine ripetendo un unico concetto, e con le stesse parole. Se Grillo è stato zitto, ha fatto la migliore cosa che poteva fare. Continuasse così, sarebbe bravo. Purtroppo quasi sempre parla, sparla e straparla, peggio dei giornalisti.