Horror Economics (I)

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All'accumularsi di segnali di recessione da un lato e di un cambiamento radicale nella distribuzione mondiale dell'attività economica (e di tanti prezzi relativi) crescono i profeti del cambio epocale e, soprattutto, della grande catastrofe. Discutiamone, prendendo come spunto recenti affermazioni di quei profeti dell'economia dell'orrore che si esprimono nella lingua del bel paese là dove il sì suona.

Caveat I. La morale a cui vorrei arrivare, alla fine della terza puntata, NON È che tutto va bene madama la marchesa, tutt'altro. A mio avviso i dati, i fatti e la teoria economica suggeriscono che non di una normale recessioncina si tratta (come pensavo, erroneamente, circa un anno fa sulla base dell'evidenza allora disponibile) e che alcuni cambiamenti radicali, germogliati e cresciuti nell'ultimo quindicennio, sono oramai maturi ed operanti. Tali cambi nel panorama economico mondiale, nel ruolo che l'economia USA svolge nel medesimo e nel modo in cui l'economia USA funziona, non sono cosa da poco e richiedono, credo, cambi sostanziali nelle politiche economiche nazionali ed internazionali. Di queste credo sia il caso di discutere, perché molta è l'incertezza sul che fare e sostanziale la nostra ignoranza delle implicazioni di lungo periodo di tali cambiamenti. Fare del catastrofismo gratuito per attirare su se stessi l'attenzione mediatica, o per raccogliere una manciata di voti prodotti dal timore popolare per il cambiamento, non è cosa né buona né giusta. Certamente non è fonte di salvezza per il cittadino comune.

Caveat II. Discutere di previsioni catastrofiche e di complessi scenari in cui "tutto ciò che può andare storto va" e quindi crollano il tempio, le case circostanti ed anche i villaggi limitrofi, non è mai cosa facile. Per una semplice ragione: tali scenari si basano sull'accumularsi di una serie di ipotesi di base tutte teoricamente possibili, ma ognuna di esse altamente improbabile. Come tutti sanno, se un singolo evento ha probabilità bassa (diciamo un 1/20) ed un altro evento, indipendente dal precedente, pure, la probabilità che entrambi gli eventi si realizzino simultaneamente è uguale a 1/400. Se poi gli eventi che simultaneamente devono verificarsi sono, per esempio, quattro o cinque ed ognuno ha probaiblità 1/20, la probabilità della loro simultanea realizzazione è, rispettivamente, 1/160000 e 1/3200000. E questi sono numeri molto piccoli, mentre molto alti sono i loro complementi ad uno, che misurano la probabilità che qualcos'altro, meno catastrofico ma in genere più difficile da capire, succeda.

Non vi è nulla di male nel considerare anche eventi così improbabili: quando si fanno dei piani per il futuro è metodo ragionevole considerare tutto il possibile. Ma, quando si devono approntare politiche, occorre ricordarsi che di tutte le politiche possibili una sola è attuabile in ogni dato momento nel tempo. Non solo, molto spesso (e nel caso in questione, come argomenterò alla fine) le politiche adeguate alle circostanze che appaiono come più probabili escludono, anzi sono antitetiche, a quelle che si adatterebbero alle circostanze meno probabili. Peggio ancora: nelle circostanze in questione le politiche appropriate per il caso dell'improbabile catastrofe risulterebbero essere estremamente dannose se si verificassero gli eventi che, sulla base di quanto ci è dato conoscere in questo momento, appaiono come i più probabili. È quindi saggio, fra le politiche possibili, mettere in atto quelle adeguate alle situazioni più probabili e non quelle adeguate alle situazioni meno improbabili. Sulla base di questa banale nota metodologica, consideriamo gli scenari catastrofici.

Mi scuso in anticipo per la lunghezza di questo articolo, che cercherò di mantenere nei limiti del ragionevole non citando direttamente gli argomenti che discuto ma facendo riferimento ad articoli disponibili in rete. Sarò costretto comunque a farlo in tre puntate: l'alternativa sarebbe lanciarmi in affermazioni apodittiche, non argomentate, e completamente prive di supporto statistico. Insomma, affermazioni tanto improbabili quanto quelle che mi appresto a discutere. Cominciamo da Nouriel Roubini, senza dubbio il più visibile, in Italia, fra i profeti di sventura.

Ipotesi 1. Che i prezzi delle case negli Stati Uniti possano crollare (nel giro di un anno o due) tra il 20 e il 30 per cento

rispetto al picco della bolla e che tra i 10 e i 20 milioni di famiglie (mica male l'intervallo di confidenza) si possano vedere costrette a vendere le proprie case è affermazione ingiustificabile sulla base di quanto sappiamo al momento. Potrebbe succedere? Certo, potrebbe, ma al momento la caduta media è di circa il 6% dal picco (dati dettagliati, dati sommari). Occorre anche saper interpretare queste variazioni: esse misurano la differenza fra i prezzi delle case vendute nel 2007 rispetto ai prezzi delle case vendute nel 2006. Poiché le case che cambiano di proprietà nel giro di un anno sono una frazione piccola dello stock totale (non ho i numeri sotto mano, ma se la memoria non mi inganna non dovrebbero superare il 6-7%) e poiché, quindi, una grande quantità di persone possiedono case comprate dieci, quindici o venti anni fa a prezzi bassissimi rispetto agli attuali, il fatto che il valore ipotetico della casa di costoro sia calato anche del 10% dal suo picco di un anno fa, non vuol dire un beato nulla. Queste famiglie, e stiamo parlando probabilmente dell'80-90% delle famiglie americane, deve pagare un mutuo residuo molto piccolo rispetto al valore di mercato attuale della casa. Non solo, anche fra quel 20-25% circa di famiglie che ha acquistato la propria casa negli ultimi 4 o 5 anni (fra cui il sottoscritto: la casa dove vivo ora l'ho acquistata un anno fa) non tutti si trovano davanti a cadute vertiginose del valore dell'immobile, anzi. Se date un'occhiata ai dati che ho appena citato, vedrete che in molte zone la caduta è di pochissimi punti percentuali, ed in altre i prezzi delle case sono addirittura saliti durante il 2007. Per quanto posso osservare dalle transazioni in corso nell'area dove vivo ora, i prezzi sono stabili o in leggera ascesa. Quasi simile la situazione nella zona dove vivevo prima, MN, che pure era stata una protagonista, in piccolo, della bolla: la flessione dei prezzi è dell'ordine del 3-5%. Insomma, di quel 20-25% di famiglie a "rischio" non più della metà (la mia stima è di un terzo, ma teniamoci larghi) si trova in aree in cui i prezzi stanno cadendo di percentuali superiori al 6-7%. Quante possano trovarsi in aree dove la caduta è del 20-30% non so, ed NR non indica le fonti delle sue previsioni. Occorre ora fare un altro aggiustamento: fra questo 10-12% di famiglie che possiedono case il cui valore è caduto del 10-15%, un certo numero riceve redditi alti e non ha alcun problema di continuare a pagare la rata del mutuo. È vero, è possibile che anche alcuni di costoro, a fronte del fatto che stanno pagando 100 per una casa che ne vale 80, decidano di lasciar andare tutto comprandosi un'altra casa. Ma, per ovvie ragioni di costi di transazione, perdite in conto capitale, caduta del credit rating, etcetera, moltissime famiglie non lo faranno. Io non conosco nessuno che teorizzi di voler fare una tale panzana, e fra le decine di amici che vivono ad LA e che dopo la bolla dell'inizio anni '90 si trovarono con una casa che valeva il 30% (ebbene sì: in alcune zone del paese è già successo, e nessuna fine del mondo sembra essere avvenuta), nessuno decise di fare default. Pagarono per vari anni un mutuo esagerato rispetto al prezzo della casa, alcuni fecero re-financing a tassi più bassi, altri ricontrattarono con la banca ricevendo sconti ragionevoli. Tutti ora possiedono case che, anche dopo il crollo attuale, valgono il doppio o l'80% in più di quanto le pagarono. Insomma, una stima pessimista è che un 4-5% delle famiglie USA si trovino in difficoltà e possano considerare di abbandonare la casa che ora possiedono, smettendo di pagare il mutuo, e trasferendosi in una più piccola. Se guardiamo di nuovo ai dati, questo implica che circa 6-7 milioni di famiglie sono a rischio di default. Non un numero piccolo, ma tra la metà ed un terzo di quanto preveda NR. Cosa giustifichi le sue previsioni non ci è dato sapere ed NR non svela la propria formula magica ...

Ipotesi 2. A causa del concatenarsi di posizioni determinato dall'uso di derivati, la caduta del settore immobiliare trascinerà con sé l'intero sistema finanziario. Fandonie, almeno in principio queste sono fandonie. Un derivato, per definizione, è un gioco a somma zero. Messo in maniera molto brutale (lo so che qualcuno m'impiccherà per questo, e cercherò di chiarire mano a mano che il bisogno si presenti) è una scommessa complicata scritta sul valore di un titolo fondamentale sottostante. Visto da un altro punto di vista, un derivato è una maniera per assicurarsi, per diminuire parzialmente la rischiosità del proprio portafoglio: ovviamente se riesco a passare parte del mio rischio a qualcuno il suo rischio è probabilmente cresciuto (probabilmente, perché non è nemmeno sempre vero.) Se il valore del fondamentale sale vince A e perde B, nel caso opposto perde A e vince B. Ciò che uno perde l'altro guadagna. Guardate in giro con attenzione e leggete con attenzione i giornali, per favore. Non tutte le banche ed istituzioni finanziare hanno perso soldi sui derivati legati ai subprime mortgages. Alcune hanno fatto tonnellate di soldi. Tutti han menzionato Goldman&Sachs perché gli enormi guadagni di questa banca han fatto sensazione, ma in giro ve ne sono molte altre. Parecchie banche italiane e spagnole, se capisco bene, ci han guadagnato alla grande. Idem, da quanto mi dicono cari amici ben più ricchi di me, per svariate dozzine di hedge funds che avevano visto il disastro arrivare un anno e mezzo fa e s'erano mossi in tempo. Certo, per fare chiarezza occorrerà del tempo e per molti mesi ancora faremo fatica a capire chi ha perso e chi ha vinto le scommesse [prima indicazione di policy: facilitare il più possibile che chiarezza di mercato si faccia su chi ha perso cosa e chi ha guadagnato cosa]. Ma scommesse a somma zero queste erano. La perdita NETTA del sistema sarà uguale alla perdita di valore del fondamentale, ossia dello stock di beni immobiliari USA più i costi di transazione che situazioni come queste generano e che possono essere sostanziali. Non amo fare l'indovino, ma direi che siamo di fronte a perdite in conto capitale dell'ordine del 4-5% del PIL USA nel peggiore dei casi, ossia circa l'1% della ricchezza nazionale. Tanti soldi? Certamente. La fine del sistema bancario? Ma neanche per scherzo!

Ipotesi 3. Crolla anche tutto il resto, ossia prestiti su carte di credito, prestiti ai consumatori, prestiti per acquisto di beni durevoli ... Non so che dire. Io il conto delle mie carte di credito lo pago. I dati rivelano una leggera crescita nel default su carte di credito, ma stiamo parlando di numeri molto piccoli. Può succedere? Certo. È probabile? Non credo proprio, alla luce di quanto si vede.

Ipotesi 4. Crolla anche il settore dell'edilizia commerciale, ossia negozi, uffici, supermercati, palestre, cinema, bordelli e casinò di Las Vegas e chi più ne ha più ne metta. Di nuovo, non so che dire. Ho provato a cercare dati , e mi sembra che al momento il calo sia circa metà di quello discusso al punto 1. con riferimento all'edilizia per abitazioni. Valgono anche in questo caso tutti i caveats menzonati prima: il negozio di Tiffany sulla Quinta Avenue dubito perda di valore. Infatti, mi sbaglio o i prezzi di Manhattan continuano a crescere, anche se più lentamente?

Ipotesi 5., 6., 7. ... Mi sto stancando. Più leggo l'articolo di NR, sia nella versione in italiano che in quella in inglese, più mi rendo conto che stiamo discutendo di aria fritta, oppure di previsioni fatte da persone con capacità divinatorie fuori dal normale, e che non gradiscono spiegare come tali arti divinatorie si esercitino. Un disastro immane dietro all'altro, decine di migliaia di aziende che chiudono - al punto 8. NR parla di un tasso di fallimento delle imprese che può arrivare al 10-15% ma non dice cosa vi sia al denominatore anche se fa intuire che si tratta ... del totale delle imprese! Ma scherziamo? - perché nessuna banca è in grado fare prestiti a nessuno, milioni di disoccupati, la caduta verticale di consumi e degli investimenti, il panico, la fine del mondo, il prossimo copione per un qualche mega-horror-piece-of-crap-from-hollywood ... Tutto perfettamente possibile? Certo, tutto perfettamente possibile in qualche videogioco per chi voglia provare il panico da fine del mondo ed i brividi che esso provoca. Ecco il copione:

 

Ciò risulterà in un circolo vizioso di perdite, contrazione del capitale,

contrazione del credito, liquidazioni forzate e svendite massicce di asset a

prezzi inferiori ai fondamentali, portando a un ciclo di perdite e di ulteriore

contrazione del credito sempre più lungo. Le perdite in conto capitale daranno

luogo a ulteriori richieste di integrazione dei depositi di garanzia e a una

iscrizione nei bilanci di asset e passività rimaste fino a quel momento fuori

bilancio nel sistema finanziario ombra. L'evento che innescherà la successiva

fase di questo fenomeno a cascata sarà l'abbassamento del rating delle

assicurazioni mono-ramo e il conseguente veloce crollo dei mercati azionari,

che, a loro volta, porteranno a ulteriori richieste di integrazione dei depositi

e di iscrizioni a bilancio degli asset e delle passività rimaste fino a quel

momento fuori bilancio.

 

La cosa divertente è che alla fine di questa girandola di crolli, la stima di NR delle perdite TOTALI del settore finanziario USA ammonta a 1 trilione di dollari. Che non sono pochi soldi, sia chiaro, ma che, visto che il PIL degli USA viaggia fra i 14 ed i 15 trilioni di dollari, significa al più un ... 7% della torta annuale ed un 1.7% della ricchezza nazionale USA! Questo, ripeto, nel caso della catastrofe infinita in cui tutto ciò che può andare storto va stortissimo. La mia stima (basata sui dati riportati sopra e sull'ipotesi pessimista che le famiglie che fanno default sul mutuo non siano tutte nel 50% più povero della società USA, com'è altamente probabile, ma siano invece distribuite uniformemente in tutti i gruppi sociali, cosa alquanto improbabile) era di un 1% della ricchezza nazionale. Insomma, il scenario dell'orrore aggiunge, alla fine, uno 0.7% ...

Tanto rumore per nulla, decisamente. Ci risentiamo fra qualche giorno.

 

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Commenti

Ci sono 30 commenti

Sono anch'io sempre scettico verso i profeti di sventura (il mio Dr. Doom "preferito" nel XX secolo era tal Ravi Batra, che ogni qualche anno scriveva best-sellers populisti per profetizzare imminenti grandi depressioni, peggio del commercialista di Sondrio), pero' ci sono alcune cose da dire:

- E' vero che i derivatives di per se' sono giochi a somma zero, ma l'effetto dell'improvvisa fine della sottovalutazione del rischio, che era spensieratamemte diffusa negli anni passati, sta rischiando di far scendere per via indiretta il valore patrimoniale complessivo. Le monolines e le altre istituzioni finanziarie hanno in passato emesso CDS il cui ammontare complessivo era stimato l'anno scorso in 45 trilioni di dollari. Se le istituzioni che emesso questi CDS (le varie Ambac, MBIA etc.) cominciano a dover pagare per l'insolvenza di anche una piccola frazione delle obbligazioni sottostanti che i CDS assicurano, rischiano di perdere una fetta importante del loro capitale e vedersi tagliare il rating: il che fara' automaticamente abbassare il rating di tutte le altre obbligazioni coperte da CDS emesse da loro (non solo dei CDO tranches), e percio' diminuira' il valore di mercato di tali obbligazioni -- anche se assolutamente nulla e' cambiato nella solvibilita' di chi le aveva emesse (p.es., amministrazioni locali).

- L'eventualita' piu' paventata per i suoi possibili effetti sistemici e' non tanto quella di perdite da insolvenza in se' e per se', quanto di una stretta creditizia globale, causata in parte dalla crescente sfiducia reciproca tra le banche (vedi la crescita dello spread tra LIBOR e tassi di sconto, che e' un premio di rischio), in parte da possibili downgrades del rating delle obbligazioni di cui sopra (banche che le hanno a patrimonio vedrebbero scendere il proprio Tier 1 Capital, il che a sua volta le forzerebbe a limitare i prestiti), e in parte dall'improvvisa scomparsa del cosiddetto "shadow banking system" (che Roubini menziona al punto 9). Quest'ultimo aveva fornito credito e percio' liquidita' in modo poco visibile e non regolato, dato che era composto da non-banche o da conduits/SIV etc. appartenenti a banche ma fuori bilancio, e ora improvvisamente non c'e' piu' - anche perche', non avendo accesso alle discount windows delle banche centrali, e' stato colpito dalla crescita dei tassi LIBOR. Ed e' per questo, forse, che BB ha deciso di tagliare i tassi in modo cosi' aggressivo.

 

è anche vero (giusto per fare il bastian contrario) che l'unica banca fin'ora insolvente non aveva conduit/SIV fuori bilancio ma solo una "raccolta" eccessivamente sbilanciata sull'interbancario. Intendo: andrebbe valutato quanto i SIV fossero inseriti una strategia coerente di asset & liabilities matching; che capacità hanno le banche di rifinanziarsi (non male se si guarda a soc gen o anche al takeover di BoA su Countrywide). Inoltre: "e percio' diminuira' il valore di mercato di tali obbligazioni -- anche

se assolutamente nulla e' cambiato nella solvibilita' di chi le aveva

emesse (p.es., amministrazioni locali)": se nulla cambia nella solvibilità di chi le ha emesse ma il valore di mercato cala, siamo tutti invitati a farci un pasto gratis, almeno finché qualcun altro non se ne accorge.

Giusto per fare un po' anche il pessimista, leggevo che la geografia della recessione è molto poco uniforme, ma che la debolezza del mercato immobiliare rischia di indebolire l'espansione delle aree in crescita, che non riuscirebbero ad attrarre gente dalle aree in crisi (dove è difficile vendere la casa): incide davvero questa cosa?

 

Una domanda, seria. Tu (Enzo) scrivi

 

Le monolines e le altre istituzioni finanziarie hanno in passato emesso CDS il cui ammontare complessivo era stimato l'anno scorso in 45 trilioni di dollari.

 

Ho letto questa cifra da varie parti. Da dove viene e quali sono i suoi fondamenti? La cosa mi incuriosisce, e vorrei capire (ma non ho il tempo per farlo) cosa direbbe un modello teorico sulla fonte dei miei dubbi.

Mi spiego: Io capisco che, se io re-assicuro con Gigio la mia assicurazione del tuo swap che a sua volta è stato emesso per assicurare un'esposizione assicurativa che avevi offerto a Toni su un tot di obbligazioni che lui aveva emesso per ..., e tutti finiamo ad essere clienti delle monolines, il valore nominale che queste assicurano può diventare più grande del valore degli underlying assets, anche di uno o due ordini di grandezza. Ok, capito.

MA: il PIL USA non arriva a 15 trilioni. Il Kapital/Output ratio, mi dicono i colleghi che se ne intendono, è di 4 quando ci si mettono dentro tutte le attività residenziali, altrimenti è di 2.3. Questo vuol dire che il valore di K negli USA è circa 60 trilioni. E questi ne assicurano da soli i 3/4?

 

 

 

Bah, Michele, fatico a capire...

L'articolo di Roubini cui tu fai riferimento, trascritto qui nella sua versione inglese, è palesemente un esercizio di worst-case scenario, utile soprattutto a mettere in luce alcune possibili "zone d'ombra" del sistema ed evidenziare collegamenti esistenti tra cose diverse. Il fatto che lui "non sveli le formule magiche" è quindi abbastanza naturale: stiamo parlando di un esercizio teorico. A meno che il succo di questa prima parte non sia attaccare queste poche righe:

 

To understand the risks that the financial system is facing today I present the "nightmare" or "catastrophic" scenario that the Fed and financial officials around the world are now worried about. Such a scenario - however extreme - has a rising and significant probability of occurring. Thus, it does not describe a very low probability event but rather an outcome that is quite possible.

 

Una nota di merito, poi. (Premetto che non sono un esperto, e mi limito a mettere assieme cose che ho letto negli ultimi mesi.) Un crollo del 20 e rotti % dei prezzi del residential real estate viene definito probabile da più parti. Krugman e DeLong ne parlano nei loro blog, a più riprese (per Krugman, qui, qui e qui, tanto per citarne un paio). Un altro confronto che può essere utile è quello col commercial real estate. Il CRE è considerato in condizioni migliori del RE residenziale, la bolla sembra essersi formata con meno irruenza: si vedano riferimenti comparsi nel NYTimes sul tema. Ciononostante, anche nel CRE si prevedono crolli molto bruschi:

 http://calculatedrisk.blogspot.com/2008/03/goldman-on-cre-price-decline-of-21-to.html

Se tanto mi dà tanto, il primo degli "steps" di Roubini è forse il meno improbabile...

EDIT: aggiungo un altro post di Krugman: http://krugman.blogs.nytimes.com/2008/02/13/bubble-bubble/

in particolare, si noti:

 

First, housing prices are sticky — it’s not like the stock market, where things fall quickly. In past bubbles, home prices have declined gradually, over years, as sellers painfully gave up exaggerated notions about what they could get.

 

 

 

 

 

Almeno che il succo di questa prima parte non sia attaccare queste poche righe: " [...] Thus, it does not describe a very low probability event but rather an outcome that is quite possible.

 

E ti par poco? Mica è necessario ripeterlo ad ogni riga che si ritiene questo lo scenario probabile, basta dirlo all'inizio! Anche in questo caso, poi, beata ambiguità: cosa vuol dire "quite possible"? Mah ..

Non mi sembra di "attaccare", semplicemente io riporto i dati e faccio delle stime esplicite su ciò che è, al momento, maggiormente probabile. NR, come tutti i profeti di sventura dalla notte dei tempi in poi, descrive la visione  dell'apocalisse che ha ricevuto per vie imperscrutabili. Tutto lì.

Per quanto riguarda poi Krugman, la cosa più interessante sono i grafici riportati nel sito di Tabarrok e la discussione lì contenuta. Una sola osservazione: il fatto che i prezzi delle case scendano lentamente (rispetto alla velocità con cui scendono i prezzi delle azioni nel mercato azionario) è dovuto al fatto che segnalo nel mio post (che ad ogni momento nel tempo solo una piccola percentuale dello stock è in vendita), il che rende meno probabili le super-catastrofi.

 

 

Ricollegandomi a quanto dice Michele a proposito della legge probabilistica di accadimenti indipendenti, vorrei solo far notare che il copione di NR ha questo di poco credibile: mostar il tutto come catena (causale) del primo avvenimento, Rileggetevi bene l'articolo e ricaverete la stessa impressione, da fine del mondo appunto. Il trucco sta nel presentare il primo accadimento (il più probabile a detta degli esperti, e non ho strumenti per dissentirne) come causa certa di una cascata di effetti, a loro volta causa certa di alti. E questa catena di Sant'Antonio avrebbe così la stessa probabilità di accadimento del primo evento scatenante. Ora, i fenomeni descritti sono certamente lontani dall'essere perfettamente un insieme di cause-effetti. Hanno interrelazioni difficili da stimare, nella migliore delle ipotesi. L'unica cosa certa mi sembra sia il fatto che NR stia giocando a rischio zero con previsioni (?) incerte. Se vincesse, (probabilità infima), noi avremmo il nuovo profeta del disastro stile 29, e lui un bel pay-off da notorietà. Se perdesse (complemento a uno di quanto sopra) noi rimarremmo con la solita (ingiusta) impressione che l'economia sia una simil-scienza, mentre lui potrebbe sempre giustificarsi con il giochino del worst possible scenario. Un bel gioco con adverse selection, non c'è che dire! 

 

Buffo che NR non faccia menzione dei prezzi del petrolio. Se devo essere pessimista, soprattutto sulla situazione usa, lo sarei su quello piu' che sulla bolla immobiliare. Io non riesco a vedere la bolla immobiliare come lo starter che e' visto li' considerato che una parte significativa di chi compra casa lo fa per viverci almeno un 5-10 anni, no?

Diverso il discorso sul petrolio pero'. Si prevede la benzina arrivi a 4$ al gallone entro l'estate, salvo imprevisti, e questi mattacchioni ancora sognano il canyonero.

 

Concordo, se proprio di catastrofismo si deve scrivere, cosa meglio del petrolio di questi tempi? Banale, ma sempre efficace.

In generale, io mi trovo d'accordo con quanto scrive il Financial Times in questo articolo. Buffo che un'ammontare enorme di horror economics (ma anche non horror, mai visto un tale proliferare di articoli finanziari dai tempi del botto delle borse asiatiche nel '98...) si dedichi ad esercizio di forecast basato sul solo dato USA, come fosse un'isola avulsa dal mondo globalizzato...

 

Roubini dovrebbe riprendere quanto detto in questi due articoli sull'Italia, per informare coloro che avevano letto e creduto ai suoi scenari, se la probabilità di uscita dell'euro dell'Italia nel frattempo è aumentata o diminuita. Servirebbe presentare un nuovo quadro astrale per l'Italia. Forse la precessione degli equinozi lo ha confuso.

http://www.lavoce.info/articoli/pagina1967.html

 http://newrassegna.camera.it/chiosco_new/pagweb/immagineFrame.asp?comeFrom=search&currentArticle=ALBF5

 

 

Roubini dovrebbe riprendere quanto detto in questi due articoli

sull'Italia, per informare coloro che avevano letto e creduto ai suoi

scenari, se la probabilità di uscita dell'euro dell'Italia nel

frattempo è aumentata o diminuita. Servirebbe presentare un nuovo

quadro astrale per l'Italia. Forse la precessione degli equinozi lo ha

confuso.

http://www.lavoce.info/articoli/pagina1967.html

 

Roubini dice chiaramente "se non vi saranno riforme".

Le riforme non sono state fatte ed il pericolo è rimasto attuale: basta leggere gli odierni commenti sugli spread dei cct italiani.

La confusione attribuita a Roubini dev'essere di qualcun'altro. 

 

 

 

Roubini dovrebbe riprendere quanto detto in questi due articoli

sull'Italia, per informare coloro che avevano letto e creduto ai suoi

scenari, se la probabilità di uscita dell'euro dell'Italia nel

frattempo è aumentata o diminuita. Servirebbe presentare un nuovo

quadro astrale per l'Italia. Forse la precessione degli equinozi lo ha

confuso.

http://www.lavoce.info/articoli/pagina1967.html

 http://newrassegna.camera.it/chiosco_new/pagweb/immagineFrame.asp?comeFrom=search&currentArticle=ALBF5

 

 

Vedo oggi che su Intrade ora e' trattato il contratto EURO.DROPPED.2010, basato sulla possibile uscita di uno dei paesi membri dalla zona Euro entro la fine del 2010. Gli scommetittori (peraltro pochi, e con spread Bid/Ask giganteschi) sembrano essere piuttosto sanguigni: oggi il contratto e' dato a 33.5. 

 

"Un derivato, per definizione, è un gioco a somma zero..."

"La perdita NETTA del sistema sarà uguale alla perdita di valore del fondamentale..."

Questo mi sembrano due grossi errori.

Il primo, perché le somme coinvolte sono così grandi e i soggetti coinvolti sono così importanti, da non potersi permettere un fallimento di questi. Sarebbe come dire che se uno speculatore italiano diventa straricco e Banca Intesa (per esempio) fallisce, allora va tutto bene perché "il derivato, per definizione, è un gioco a somma zero...".

Nella realtà, le banche centrali immettono liquidità in soccorso delle banche in difficoltà, facendo impennare l'inflazione. Vuol dire che, i danni, li paghiamo tutti noi.

Olte a ciò, faccio notare che ad una perdita del sottostante del 10% può corrispendere una perdita (innescata da un relativo prodotto derivato) del 100% e oltre.

 

 

La tua definizione di "errore" sembra la seguente: affermazione tecnicamente corretta, le cui implicazioni io [Mr or Ms pasdaq] non gradisco. Quindi protesto.

Contento te, contenti tutti. Anche perché, poi, affermi cose che ho già detto, a iosa, altrove e che derivano dalle mie affermazioni che consideri "erronee", ossia

 

Nella realtà, le banche centrali immettono liquidità in soccorso delle

banche in difficoltà, facendo impennare l'inflazione. Vuol dire che, i

danni, li paghiamo tutti noi.

 

Se Banca Intesa fallisce perché ha sbagliato investimenti in derivati (cosa che nella realtà non sembra essere il caso, ma è esempio tuo) vuol dire che BI è uno speculatore stupido, quindi è bene che fallisca. Lo "speculatore" che ci guadagna non solo sa fare il proprio lavoro, quindi è uno speculatore intelligente, ma probabilmente è un'altra banca. Quindi, mi dispiace, la ricchezza netta del sistema bancario non varia a causa della perdita di BI sul derivato. Varia per la perdita di valore del sottostante. Che poi uno sia affezionato a BI e consideri gli altri dei meri "speculatori", mi sembra una questione di gusti. Ed i gusti, come le opinioni, meglio lasciarli fuori dalla porta quando si discute di questioni finanziarie.

 

 

Olte a ciò, faccio notare che ad una perdita del sottostante del 10%

può corrispendere una perdita (innescata da un relativo prodotto

derivato) del 100% e oltre.

 

Certamente, il valore della perdita sul derivato può essere un ordine di grandezza maggiore della variazione nel valore del sottostante o dei soldi inizialmente investiti nel derivato medesimo! Ma, DI NUOVO, è un fatto che se io guadagno 100 con un'opzione che mi è costata 10, quello che mi ha venduto il diritto di opzione li perde quei 100. La somma è di nuovo ZERO, piacciano o non piacciano le conseguenze logiche di questo FATTO.

 

per adesso tengono: guardate questo report di Miller Samuel. I prezzi mediani sono scesi nell'ultimo quarter 2007 dell'1.7%. I prezzi medi per piede quadro sono ancora leggermente aumentati (l'effetto di luxury sales, tutti i giapponesi ed europei che comprano...)

E' vero pero' che i tempi sul mercato si stanno allungando, e c'e' un sacco di new construction che sta per essere posta in vendita.... vedremo. 

 

Franco Debenedetti in un articolo su "il sole 24 ore" di oggi riporta delle considerazioni fatte anche da Michele Boldrin...... Lassù forse qualcuno ci legge

"In tempi difficili tengono banco i pessimisti. L'arcipessimista Nouriel Roubini, della NYU, quello che nel 2006 aveva previsto la nostra uscita dall'euro in cinque anni, è autore di uno scenario, ripreso anche con grande evidenza, in cui si succedono 12 eventi che, propagandosi dalla finanza all'economia, conducono a un "meltdown" catastrofico. Facendo delle liste, si incolonnano i fenomeni in modo sequenziale, e non si colgono i rapporti strutturali che ne determinano il concatenamento. Le probabilità che si verifichino 12 eventi (non correlati) è data dal prodotto delle probabilità di ogni singolo evento: per quanto elevata la probabilità di ciascuno, quella complessiva diventa molto bassa" 

http://www.senato.it/notizie/RassUffStampa/080305/hctar.tif

 

 

 

 

Franco Debenedetti in un articolo su "il sole 24 ore" di oggi riporta

delle considerazioni fatte anche da Michele Boldrin...... Lassù forse

qualcuno ci legge

...

http://www.senato.it/notizie/RassUffStampa/080305/hctar.tif

 

Il fratello Carlo sembra pensarla diversamente:

"Questa è una crisi destinata a durare. La mossa inusuale della Fed,

quando sarà stata digerita dai mercati nel suo significato reale,

rischia di confermare un senso di affanno."

...

"In realtà nessuno sa quando toccheremo il fondo del barile. Di certo la

caduta del mercato immobiliare americano non è un fenomeno che si

esaurisce in un trimestre. C'è il rischio che quanto abbiamo visto

finora sia solo un inizio."

...

"E' vulnerabile l'intero settore dei finanziamenti al consumo,

cominciando dalle carte di credito. Negli Stati Uniti spesso i

consumatori possiedono più di una carta di credito e le utilizzano fino

al massimo scoperto consentito. Alcune banche che emettono carte di

credito cominciano a segnalare insolvenze dei clienti fino al 30%."

Che qualcuno quaggiù mi legga nel pensiero?

;)

 

http://www.repubblica.it/2008/01/sezioni/economia/borse-calo-1/crisi-precedenti/crisi-precedenti.html

 

 

"A mio avviso i dati, i fatti e la teoria economica suggeriscono che non di una normale recessioncina si tratta (come pensavo, erroneamente, circa un anno fa sulla base dell'evidenza allora disponibile) e che alcuni cambiamenti radicali, germogliati e cresciuti nell'ultimo quindicennio, sono oramai maturi ed operanti. "

 Sarebbe probabilmente opportuno aspettare la pubblicazione della terza parte di "Horror economics" per capire di cosa si tratta. Non conosco molto bene le statistiche a riguardo (non sono un economista, nè minimamente del mestiere, m'interesso e basta), ma ho come l'impressione che l'impiego speculativo di capitale (finanza) abbia preso parecchio terreno rispetto ad un suo impiego produttivo (investimenti industriali), oppure sono io che non valuto bene gli effetti della globalizzazione e guardo solo alle cose come accadono all'interno del vecchio mondo occidentale? oppure mi sbaglio del tutto?

Tra l'altro mi sembra che la diminuzione dei costi avvenga sempre più a spese degli elementi della produzione (lavoratori, macchine, infrastrutture,...) che non grazie all'introduzione di capitale produttivo più avanzato.

E poi il mostruoso indebitamento, mi pare senza alcun precedente storico.

Ammetto di essere confuso. Lavoro da anni e mi sembra che la tendenza sia verso un continuo degrado della situazione, anche nell'output generale delle merci e servizi prodotti (beni e servizi di lusso esclusi: quelli sono fantastici!).

Mi fermo quà perchè in effetti l'unica domanda che avrei da inesperto è: E' possibile che la crescita del sistema finanziario abbia buttato all'aria l'equilibrio tra capitale monetario, credito ed accumulazione? Vi è uno scostamento in crescita fra l'andamento del profitto complessivo e l'incremento del debito complessivo ?