So da lunedì scorso d'essermi cacciato in un guaio con la mia idea dell'economia dell'orrore in tre puntate. Prima a discutere dei tracolli finanziari e della crisi sistemica che porterà con se l'inevitabile crollo del capitalismo come l'abbiamo conosciuto. Poi a dibattere della globalizzazione "sub specie sinica", degli sconvolgimenti che questa causa all'Italia, all'Europa e all'ex "primo mondo". Finalmente, dopo essermi convinto scrivendolo che avrei qualcosa di non completamente beota da proporre, eccomi qui con il video bianco davanti e la profonda sensazione che qualsiasi opinione io abbia non può non essere totalmente irrilevante, oltre che probabilmente erronea. L'arroganza in questo caso o salva o danna, e questo lo lascio decidere ai lettori. Per parte mia non ho scampo: ogni promessa è un debito, quindi scrivo.
L'economia dell'orrore non è solamente una cretinata dal punto di vista intellettuale, è anche dannosa dal punto di vista pratico. Creare il panico alterando la natura dei problemi ed ingigantendone la gravità non aiuta il discorso razionale, il conoscimento obiettivo della situazione e l'adozione di misure adeguate e ben meditate.
Nel caso della crisi finanziaria la tesi, un tempo eretica, secondo cui alla radice del disastro sta la politica monetaria Greenspan-Bernanke - avanzata quando il panico ancora non sembrava aver afferrato le menti di chi comanda al Board - sembra oggi condivisa da più di un osservatore; specialmente dopo le recentissime decisioni di trasformare la Riserva Federale USA nell'IRI della banca privata d'investimenti. Che decisioni di questo tipo siano esecrabili, oltre che dannosissime per il sistema di libero mercato, sembra opinione non solo mia ma anche, mi rallegro di scoprirlo, di teorici dell'orrore come Nouriel Roubini. Poiché il tema "crisi finanziaria, recessione economica & politiche monetarie/fiscali" è andato evolvendo ma anche chiarendosi in queste due settimane, faccio come il parlamento italiano con il decreto milleproroghe: rinvio ad un nuovo articolo in preparazione con un esperto vero e che uscirà nei prossimi giorni.
Nel caso della globalizzazione, avendo io sostenuto che vi è una punta di verità nel discorso tremontiano, almeno nella misura in cui solleva un problema sul quale altri preferiscono tacere, si potrebbe pensare che io condivida o il tono da Finis Austriae che il nostro commercialista adotta, o la sostanza delle misure di politica economica ch'egli suggerisce, o entrambe. Niente è più lontano dal vero. Il mio approccio per capire i "mali" della globalizzazione nega alla radice che il metodo GT (Giulio Tremonti, per i nuovi arrivati) sia sensato: GT parla per aforismi oscuri ed ermetiche metafore, usando toni da provinciale profeta post-derridiano e negando qualsiasi potere interpretativo non solo alla scienza economica, ma anche alla logica ed all'analisi dei dati. Il libro è une pièce de résistance a cavallo fra la comica da sacrestia e lo sproloquio catacombale. Merita un'esegesi che, seppur non potrà mai gareggiare con i pindarici voli del suo oggetto, prometto con inusuale entusiasmo. La retorica apocalittico-catastrofista è, nondimeno, funzionale al progetto politico: il fumo del cambio epocale serve a GT per celare il vuoto politico del suo schema; non ha NULLA da dire. Leggersi il Capitolo VIII, "Quo VadisEuropa? Proposte concrete", per scoprirlo: l'erede di BS è, intellettualmente parlando, in mutande.
Vengo qui alla seconda parte della morale che sottende questi tre articoli: sia l'analisi di NR sulla crisi finanziaria, sia quella di GT sulla globalizzazione soffrono d'un difetto comune. Esse propongono soluzioni vecchissime, antiche, già sperimentate, e già fallite. Essi propongono atti di politica economica che conosciamo essere fallimentari e dannosi non solo perché li abbiamo tragicamente sperimentati ma perché abbiamo anche capito, attraverso la ricerca degli ultimi 30-40 anni, perché non funzionano.
Cosa è andato proponendo NR sino all'inopinato risveglio critico indicato sopra? Espansione monetaria, tassi d'interesse a breve più bassi, espansione creditizia, sussidi fiscali. In altre parole, dosi massicce (e scontate) della stessa follia keynesiana che negli anni '70 ci regalò la stagflazione. È quello che, di fatto, la Fed ed il governo USA stanno praticando, con successo zero nel breve periodo e, facile pronostico, negativo nel medio-lungo.
Cosa propone GT? Peronismo (egli amerebbe pensare Gaullismo, ma Peronismo è più appropriato) classico, condito di richiami tutti ratzingeriani all'Europa medievale, ai campanili, alle città murate e turrite, ad un sistema di "valori" che esiste solo nelle fantasie parrocchiali del soggetto e che, dietro alla finta pretesa d'essere un messaggio epocale, ha il respiro culturale d'una campagna elettorale. Finita questa i roboanti temi ritorneranno nel cassetto o verranno riservati ai comizi in val Brembana; privi d'incidenza reale, da un lato, e forieri di disastri peronisti dall'altro.
A fronte di questo pensare stantio, sconfitto dalla storia e sepolto dalla ricerca, è il caso di provare a pensare fuori dalla scatola, come dicono da queste parti. Sui mercati finanziari, l'ho già detto, ci ritorniamo a breve. Sulla questione della globalizzazione, occorre riconoscere il grave ritardo europeo e quello drammatico dell'Italia. Dobbiamo essere creativi proprio perché, se vogliamo pensare positivamente, occorre salvare capra e cavoli. Occorre rendere l'Europa, e l'Italia, competitive ed innovative domani, mentre allo stesso tempo occorre preservare la capacità degli europei e degli italiani di oggi di produrre reddito e di riconvertirsi. Occorre introdurre competizione nella nostra economia mentre, nel frattempo, si evita che quei pezzi di economia italiana (ed europea) che sanno sia competere che creare muoiano sotto una valanga di lavoro semi-schiavistico. Occorre investire in capitale umano nuovo, capace di competere sul teatro globale, mentre occorre permettere al capitale umano che abbiamo (decisamente vecchio) di sviluppare al massimo i propri vantaggi comparati e sopravvivere. Occorre far uscire il Sud dalla trappola del sottosviluppo mentre tagliamo radicalmente i trasferimenti che riceve, sia quelli diretti che quelli occulti (ben maggiori). Occorre migliorare i servizi pubblici, mentre riduciamo drasticamente la spesa pubblica e l'imposizione fiscale. Bisogna essere più bravi dei cinesi a quello che ci stanno copiando, mentre ci inventiamo delle altre cose da fare, cose che sappiamo fare bene solo noi e non loro. Catch 22? In un certo senso, ma occorre pensare fuori dalla scatola proprio per questo: WTO è stato fatto male e l'Italia è stata sgovernata per 40 anni, ma chi ha dato, ha dato, ha dato ... Svegliarsi, non farsi prendere dal panico, essere creativi, avere coraggio.
Ecco una
stringa d’idee, che non giustifico perché so che potrò farlo nella
discussione, e perché altrimenti la logorrea ha il meglio di me. Seguendo il consiglio del nostro GT ometto quelle a cui noi di nFA siamo particolarmente attaccati (qui, quo e qua.).
(1) Spingiamo per il regionalismo negli accordi commerciali, giocandoci la
carta del Mediterraneo con un ruolo da leader. Non vi è assolutamente
nessuna ragione, né economica né politica, per cui solo gli accordi
globali siano la strada maestra da seguire. I mercati globali si fanno
quando vi è una quantità grande abbastanza di produttori e compratori
omogenei, altrimenti si fanno contratti bilaterali. Per impossibile che
possa sembrare, WTO va ridiscusso e criteri di "ugual trattamento" ed
accettazione della competizione anche sul mercato interno vanno
introdotti. I dettagli discutiamoli.
(2) Aboliamo il valore legale del titolo di studio e liberiamo totalmente l'insegnamento universitario. Ogni università è una fondazione senza scopo di lucro, che compete sul mercato internazionale, alla pari di Princeton, o di Claremont-McKenna College. Facciamo lo stesso con i licei: trasformiamoli in cooperative d'insegnanti e diamo alle famiglie italiane dei buoni scolastici per pagare la retta. Facciamo dell'Italia il posto dove i ragazzi bene vengono non solo all'università, ma anche al liceo. Le belle città della provincia italiana possono riempirsi di collegi "svizzeri" per i ricchi dell'Asia. Verranno, vedrete.
(3) Ridefiniamo la nostra politica immigratoria. Paradossalmente sembra che l'Italia importi già forza lavoro mediamente più qualificata di quella residente, ma questo succede solo per caso. Non esiste una politica nazionale al riguardo, che invece va introdotta: l'Italia in principio attira, pratichiamo esplicitamente e coraggiosamente una politica d'attrazione del lavoro altamente qualificato. Firenze, Venezia, Bergamo, Siena, Trieste, Pisa, ... dovrebbero essere popolate da gente con masters e PhDs o da turisti intellettuali e milionari, non da torme urlanti ed oleose di gente in bermuda al seguito un cretino con l'ombrello alzato (e chiuso) sotto il sole a picco! Zero tassazione sul valore aggiunto generato da imprese con più di 20/30 dipendenti che abbiano un Master o titolo più avanzato. Dodici bottiglie gratuite di Sassicaia di Bolgheri (all'anno) per chiunque abbia un PhD da University of Rochester ... un po' di creatività, per Bacco!
(4) Riduciamo radicalmente l'imposizione sul reddito da lavoro dipendente: due trami, uno al 10% per "salari da colletti blù" ed uno al 25% per gli altri salari. Si, ho scritto dipendente: oggi il lavoro ad alto valore aggiunto, che innova, produce beni e servizi creativi e li vende nel mondo, è fondamentalmente lavoro dipendente, magari alle dipendenze d'un imprenditore di valore, ma dipendente quel lavoro è. Detassiamolo e detassiamo, quindi, anche il reddito d'impresa quando quest'ultima ha un numero minimo di dipendenti qualificati (come in (3) per esempio) e reinveste in Italia. Mi dispiace per i signori pizzicagnoli, i farmacisti, i notai e gli altri e molteplici membri di "ordini professionali": per competere con Shenzhen gli "ordini medievali" non sono molto utili, anzi fanno danno. Sono le Luxottica, le Favero&Milan e le Logitech di domani che vogliamo attrarre, e mantenere, nel paese.
(5) Diventiamo il paese leader, all'interno di WTO-TRIPS, per una progressiva ma radicale riduzione dei termini dei brevetti e del copyright. Sissignori, avete letto bene: per competere con Cina ed India non abbiamo bisogno di più proprietà intellettuale, ma di meno proprietà intellettuale e più imitazione/concorrenza/innovazione. Non ci credete? Discutiamone, il tema non mi è del tutto alieno.
(6) Riformiamo il sistema di pensioni attraverso tre misure fondamentali: (6a) aumento dell'età minima di pensionamento a 65 per tutti, con incentivi al pensionamento in età più tarde; (6b) passaggio ad un sistema misto, 50% via fondi d'investimento e 50% via il meccanismo (semi)-pubblico descritto in (6c); (6c) gli investimenti pubblici in salute, ambiente, educazione e ricerca di oggi sono le pensioni pubbliche che riceverete domani (dettagli tecnici).
(7) Svegliamoci: non è mai troppo tardi ma qualche volta rischia di esserlo.
La Cina, cari italiani, è vicina. Il resto del mondo, pure. Molto di più di quanto pensasse allora Bellocchio con le sue deleterie pippe catto-comuniste. Come forse avrete avuto l'occasione di notare anche recentemente, da quelle parti son simpatici e cucinano ottime anitre (da servirsi con cipolline verdi) ed anche dim sum, ma non hanno l'abitudine di prendere prigionieri. Se un po' di quel sangue rinascimentale v'è rimasto nelle vene, è ora di metterlo in circolo.
Ho letto con la massima attenzione che potevo (ammetto che non e' molta al momento) e oserei dire che sono d'accordo con tutto. Forse non con il 7b, ma e' piu' una sensazione che altro - dovuta forse al fatto che i fondi di investimento in Italia (ma anche fuori) non mi danno molto affidamento.
Precisazione pignolesca: i punti 7a 7b e 7c sono in realta' relativi al punto 6.
Approfitto per presentarmi: italiano residente a Roma, informatico professionista,appassionato di storia, linguistica, politica ed economia :) Ho lavorato per una multinazionale americana nella speranza di cambiare Paese, ma alla fine ho fatto una "scelta di campo" e ho deciso di restare invece di fuggire.
I vostri articoli fanno estremamente piacere, de gustibus non disputandum est pero' dirlo non fa male :)
Giusto, ho corretto. Grazie.