La presente analisi è motivata da un commento del lettore Sabino Patruno, al quale sono grato. Sabino segnala un documento INAIL che dipinge un quadro dell'infortunistica sul luogo di lavoro sostanzialmente diverso da quello presentato dal mio precedente articolo. In quel documento vengono riportati alcuni dati standardizzati ricavati da Eurostat, la stessa fonte dei miei dati. Il documento conclude che l'incidenza delle morti e degli infortuni sul lavoro in Italia non è diversa da quella del resto d'Europa. Come ho spiegato in una replica al commento, la standardizzazione consiste, sostanzialmente, (1) nell'eliminare la diversa incidenza degli incidenti stradali, e (2) nell'eliminare le differenze dovute alla diversa distribuzione settoriale della forza lavoro. Non riporto i dati standardizzati, del resto facilmente consultabili nel documento dell'INAIL, perché voglio analizzare il ruolo di questi diversi fattori nello spiegare le differenze fra l'Italia ed il resto d'Europa.
'<h' . (('3') + 1) . '>'1. I decessi dovuti al traffico stradale'</h' . (('3') + 1) . '>'
Eurostat riporta, oltre al numero totale degli incidenti sul lavoro che ho descritto nell'articolo precedente, il numero di decessi avvenuti sul lavoro escludendo quelli dovuti al traffico stradale e a bordo di qualsiasi mezzo di trasporto per il totale di un insieme di settori: Agricoltura, Manifattura, Energia, Costruzioni, Commercio, Hotel e Ristorazione, e Attività Finanziarie (si noti l'esclusione del settore Trasporti da questo aggregato).
In Italia questo insieme di settori costituiva, nel 2004, il 55 per cento dell'occupazione (contro il 49 per cento nel resto dell'Europa a 15 paesi), ed il 73 per cento del totale decessi sul lavoro (contro il 79 per cento nel resto dell'Europa). Notevoli sono le differenze nell'incidenza dei decessi dovuti al traffico. Nel 2004, esse costituivano in Italia il 44 per cento dei decessi in questi settori, contro il 23 per cento nella media europea (nel 2005 si arrivò addirituttura ad un picco del 53 per cento).
Questo significa che dei 944 morti sul lavoro riportati nel 2004 in Italia, 693 sono in q uesti settori e fra questi ben 307 sono dovuti al traffico stradale. Assumendo che gli ulteriori 130 morti nel settore dei trasporti siano avvenuti "sulla strada", si arriva a spiegare almeno il 46 per cento dei decessi sul lavoro avvenuti nel 2004, quasi la metà (l'equivalente valore percentuale è 32 nella media europea, 32 nella Germania, 38 in Spagna, 36 in Francia)
Il seguente grafico mostra come nei settori considerati, se si escludono le morti dovute al traffico, gran parte della differenza fra Italia ed il resto dell'Europa vengono eliminate, almeno dal 2000 in poi. Si confronti questa figura con quella corrispondente al totale dei decessi sul lavoro riportata nel precedente articolo. In essa, la differenza fra Italia e media europea, nel 2004, è di quasi 1 morto ogni 100mila occupati.
Eurostat non riporta i dati corrispondenti relativi agli infortuni gravi, ma non è difficile immaginare che anche quei valori siano fortemente condizionati in Italia dalla pericolosità stradale evidenziata dai dati sui decessi.
'<h' . (('3') + 1) . '>'2. La diversa composizione settoriale '</h' . (('3') + 1) . '>'
Un'ulteriore spiegazione delle differenze fra Italia e media europea, e della convergenza negli ultimi anni, viene dalla composizione settoriale della forza lavoro.
Le seguenti figure riportano il numero di incidenti per occupato in Italia e nella media europea, per una selezione non esaustiva di settori. Esse rivelano come i livelli di pericolosità degli ambienti lavorativi in Italia rimangano notevolmente superiori alla media europea in tutti i settori, compresi i settori meno pericolosi.
Il settore dei trasporti, escluso dall'aggregato dei settori del punto precedente, costituisce il 6 per cento circa della forza lavoro nel 2004 (una percentuale non sostanzialmente diversa da quella della media europea, e abbastanza stabile nel precedente decennio). L'incidenza dei decessi in questo settore (il 14 per cento del totale dei decessi in Italia) rimane notevolmente superiore a quella della media europea. Suppongo questo sia dovuto alle modalità di trasporto, in prevalenza su gomma, nel nostro paese.
Come si vede dalle figure, in altri importanti settori, come quello manifatturiero (24 per cento
dell'occupazione in Italia nel 2004), le differenze rimangono
sostanziali, nonostante un lieve declino. Segno, forse, di un più lento
processo di innovazione dei processi produttivi. Si noti che questi
dati includono gli incidenti avvenuti sulla strada;
è quindi possibile che queste differenze siano dovute al fattore
evidenziato nel punto precedente. Per capire il suo impatto,
occorrerebbe conoscere i dati settoriali dei morti sulla strada, che
non abbiamo.
Ho compiuto pertanto due tipi di simulazione. Nella prima ho ipotizzato che, in percentuale, i morti per incidenti
sulla strada siano uguali in ogni settore (escluso il settore trasporti) al dato percentuale calcolato
per ciascun anno sul macro-settore per cui i dati sono disponibili.
Ho assunto anche che i morti nel settore trasporti siano dovuti tutti ad incidenti sulla strada. Ovviamente queste ipotesi introducono delle imprecisioni, ma servono almeno a dare un'idea dell'entita' del fenomeno, in attesa di dati piu' dettagliati.
Sottraendo i morti per incidenti sulla strada così calcolati dai totali
di ciascun settore, le differenze fra Italia e media europea si riducono sostanzialmente, soprattutto nei dati degli anni più recenti, come si puo' vedere dal seguente grafico. Nel 2004 il tasso di mortalita per 100mila occupati passa da 4.21 (con i morti causati dal traffico) a 2.02 (senza), una diminuzione del 52 per cento, mentre nella media europea passa da 2.64 a 1.71 (-35 per cento).
Ho inoltre simulato quanto il tasso di mortalità per occupato aggregato nazionale dipenda dalla distribuzione della forza lavoro fra i vari settori. Ipotizzando che i lavoratori in Italia abbiano la stessa distribuzione fra settori dei lavoratori nella media europea, le differenze fra i tassi di mortalità aggregati fra l'Italia e la media europea rimangono sostanziali. La seguente figura evidenzia la scarsa incidenza delle differenze nella composizione settoriale della forza lavoro. Se l'Italia avesse avuto la distribuzione occupazionale della media europea nel 2004, il tasso di mortalità sarebbe stato inferiore di circa il 4 per cento. Con la distribuzione della forza lavoro tedesca, sarebbe stato inferiore del 9 per cento.
'<h' . (('3') + 1) . '>'Conclusione'</h' . (('3') + 1) . '>'
Sembra dunque che gran parte della maggiore pericolosità dell'ambiente di lavoro in Italia rispetto alla media europea sia dovuta in realtà ad una maggiore pericolosità delle strade italiane. Non ho trovato grossi effetti dovuti alla composizione della forza lavoro. Anche di questo occorrerebbe tener conto nel dibattito politico.
Grazie Andrea. Alla luce dei dati e delle simulazioni che riporti, la conclusione sembra quasi univoca, ed il mio commento al tuo post precedente richiede una correzione. Poiché dalle tue simulazioni risulta che il tasso di mortalità aggregato italiano (includente gli incidenti stradali) non cambierebbe sostanzialmente se la struttura settoriale dell'economia italiana diventasse uguale a quella della media europea, dobbiamo concludere che, alla luce dei dati disponibili, il grande problema italiano è la viabilità ed il sistema di trasporti commerciali.
Insomma, almeno per quanto riguarda gli incidenti sul lavoro, gli ambientalisti, i verdi ed i comuni che non vogliono passanti e ferrovie ad alta velocità fan più danno dei pensionati di lusso.