La riforma prevede che una serie di trasferimenti dallo stato ai comuni vengano sostituiti da una combinazione di imposte municipali che raggrupperanno e/o sostituiranno varie imposte locali (rimandiamo al documento per i dettagli). Nel documento viene calcolata, per i comuni capoluogo di provincia, la differenza fra il trasferimento attuale e il presunto gettito delle imposte che sostituirebbero il trasferimento, l’incidenza per abitante dell’attuale trasferimento e il calcolo presunto, sempre per abitante, del gettito dei tributi devoluti (viene escluso dunque da questo punto l'imposta municipale che sostituirebbe l'ICI). È purtroppo impossibile convincersi dell'accuratezza o meno dei calcoli, perché questo richiederebbe entrare nel dettaglio delle aliquote delle nuove imposte che non sappiamo dove trovare (e francamente non ne abbiamo il tempo - la voglia sì, chissà magari più avanti).
I risultati, presi quindi alla lettera, rivelano un'enorme varianza fra comune e comune delle differenze pro capite fra gettito presunto e attuali trasferimenti. Si va da un'aumento delle entrate del 180% per il comune di Olbia, ad una riduzione del 66% per il comune de L'Aquila. Imperia conseguirebbe un aumento del 122%, mentre Napoli, che attualmente consegue il trasferimento più alto, si vedrebbe decurtare le entrate del 61%. E poi Milano (+34%), Vicenza (+43%), Venezia (+26%), Grosseto (+20%), Genova (-20%), Roma (-10%), Lecce (+15%), Catania (-43%), etc...
Le differenze sono anche più grandi se si considerano anche i piccoli comuni. Questo post dallo stesso sito sottolinea i risultati per i comuni del Veneto con gli estremi di Lazise (VR), +570%, e Pedemonte (VI), -91%. La normativa di riforma prevede anche un fondo sperimentale di equilibrio "che dovrebbe durare massimo 5 anni".
Ci par ottimo che il senatore Stradiotto produca dati sugli effetti previsti dell'attuazione della riforma sul federalismo. Lamentiamo sempre il rifiuto della politica italiana nei confronti di analisi costruttive ed empiricalmente solide, e siamo quindi contenti per una volta di osservare l'opposto. Ma da rompiscatole quali siamo, mai contenti!, ci soffermiamo qui soprattutto sul commento al documento.
Lo studio dimostra che i cespiti immobiliari considerati producono un’entrata molto disomogenea da Comune a Comune e di conseguenza sarà assolutamente necessario un consistente fondo perequativo di ridistribuzione.
La necessità di dover ricorrere ad un fondo perequativo molto capiente per riequilibrare quella parte di entrata che in pratica sostituisce i trasferimenti rischia di annacquare il federalismo municipale, forse va valutato un mix di cespiti di entrata diversi in modo da garantire un gettito più equilibrato.
Verso la fine, il senatore propone considerazioni condivisibili sulle problematiche sollevate da una tale riforma:
[con un fondo perequativo di tale ampiezza] resterebbero in vigore dei meccanismi di ripartizione delle risorse simili a quelle degli attuali trasferimenti, con il pericolo di non riuscire a rompere una storica sedimentazione di privilegi creatisi con la spesa e i trasferimenti storici
Una riforma di questo tipo, dunque, non si può fare, ed è chiaro che se prevede un taglio del 91% per un comune ed un aumento del 570% ad un altro a 20 Km di distanza un problema c'è (sorvoliamo sul fatto che ancora una volta, i dati nazionali confermano una demarcazione nord-sud nella direzione che uno si attende).
Forse per mancanza di spazio, perché non era negli obiettivi del documento, o forse per incapacità di portare l'analisi alla sua naturale conclusione, il testo sembra sottintendere che se la riforma implicasse meno varianza rispetto alla situazione attuale allora tutto andrebbe bene. In pratica, si stanno scervellando per trovare un sistema di federalismo fiscale che lasci il più possibile le cose come stanno! L'autore del testo è conscio che i trasferimenti creano una "sedimentazione di privilegi", ma sembra non capire che la (possibilità di creare) varianza è necessaria per una riforma efficace. Che l'obiettivo di una riforma efficace è quello di affrontare e ridurre tale varianza rendendo i cittadini responsabili fiscalmente della spesa pubblica locale che essi scelgono.
Viene da chiedersi se le differenze evidenziate dai dati riflettano simili differenze nei servizi forniti, o rivelino piuttosto enormi inefficienze nelle suddivisioni amministrative e nella gestione delle amministrazioni pubbliche. I dati suggeriscono che il federalismo fiscale possa essere, al meglio, solo un piccolo tassello della possibile soluzione ai problemi del decentramento amministrativo.
Queste problematiche però non si risolvono con un'ingegneria fiscale che cerchi di lasciare tutto invariato, ma allungando semmai il periodo di transizione e aumentando, piuttosto che diminuire, le possibilità di scelta per i comuni su come reperire risorse e soprattutto su come spenderle. Facilitando la fusione o il dissolvimento delle entità amministrative più inefficienti.
Invece di strapparsi i capelli per la varianza che l'attuale riforma determinerebbe, cercando di eliminarla con qualche trucco fiscale, consiglieremmo al senatore (ed alla classe politica in generale) di chiedersi i perché di tale varianza e di come sia possibile disegnare, progressivamente, un sistema efficiente e socialmente giusto di finanziamento degli enti locali e dei servizi che questi devono o dovrebbero provvedere.
Premetto che nel sistema attuale esiste già una certa varianza dei trasferimenti procapite a vantaggio delle città più grandi e dei comuni del Sud. Il nuovo sistema, secondo questi dati, ha una varianza che avvantaggia i comuni con una maggiore ricchezza immobiliare.
Perché il sen. Stradiotto si preoccupa di questo aumento della varianza? La risposta è molto semplice: perché favorisce i comuni con maggiore ricchezza immobiliare. Cioè i Comuni turistici, quelli con seconde case (sulla prima casa non si pagano più tasse) e con maggiori servizi commerciali (alberghi, centri commerciali, ecc.). [il PD e il PdL sono invece preoccupati perché la varianza va a favorire i comuni del Nord e non più quelli del Sud, ma non è quello che preoccupa il senatore]
Essendo un ex Sindaco, al senatore non è sfuggito che i Comuni (in Veneto, almeno) hanno la repsonsabilità dei servizi sociali (ricoveri e servizi mensa per anziani, costruzione asili e scuole primarie, mense e trasporto scolastico, assistenza domiciliare, assistenza ai mionri e tossicodipendenti, ecc. ecc.) e si è chiesto: ma è giusto che i soldi li abbiano i comuni pieni di centri commerciali, seconde case e alberghi e relativamente pochi residenti? I comuni non turistici diventeranno tutti dei paesi-dormitorio senza risorse per gli abitanti, mentre quelli turistici costruiranno ontane zampillanti acqua calda, lastricheranno con marmo di carrara tutte i marciapiedi, e porteranno i figli a scuola in taxi, dove un cucinera un cuoco Cipriani!
Per questo il senatore ha pensato: questa è una situazione assurda cui va posto rimedio!
Come? Attraverso un fondo perequativo: così farebbe il governo! Eh no, risponde il senatore: perché sennò ci sono i Comuni furbi con tasse basse che fregano le risorse dagli altri Comuni.
E quindi la proposta: "va valutato un mix di cespiti di entrata diversi". In modo tale che anche i Comuni che non hanno un'ampia ricchezza immobiliare possano avere adeguate fonti di entrata.
P.S.
A questo si aggiunge il fatto che i Comuni, per far cassa, continueranno ancora di più con la malefica pratica di introitare risorse attraverso le concessioni edilizie e gli oneri di urbanizzazione derivanti da nuove case e nuovi centri commerciali (malefica perché è l'unico modo per raggranellare soldi, togliendo ai Comuni il diritto di scegliere una propria politica territoriale: se vuoi più spese sociali, ad esempio, devi per forza costruire).
sono daccordo
le imposte devolute gravano solo su immobili e fondi per cui alla varianza virtuosa ( che premia i comuni virtuosi che hanno saputo ben amministrare pur con trasferimenti pro capite modesti ) se ne sovrappone una non giustificabile che premia i comuni turistici grazie solo alla loro collocazione.
Penso bisogni arricchire il mix delle imposte devolute.
E questo il senatore lo preferisce al fondo perequativo ed a mio avviso ha ragione.
Temo che qualsiasi sia il modo in cui si vuole congegnare la base imponibile, un comune turistico tipo Lazise potrà sempre raccattare più denari di un comune sperduto in una montagna che né fa neve d'inverno né fresco d'estate. Tieni conto anche che un comune turistico potrebbe per sua stessa natura dover sostenere spese maggiori.
Io credo che si debba lasciare i comuni liberi di raccogliere tributi e spendere (con il vincolo del pareggio di bilancio) nei capitoli di loro competenza. Se si vogliono offrire ai cittadini alcuni servizi in modo uniforme, e se vale veramente la pena di farlo tramite le amministrazioni comunali, allora si potrebbe disporre di finanziamenti perequativi, attingendoli dalle entrate fiscali nazionali.