La vicenda del cortometraggio "L'innocenza dei musulmani" ha riaperto la discussione pubblica intorno ai limiti che sarebbe opportuno porsi nell'esercizio della libertà di parola e di come quella libertà debba essere esercitata nel caso in cui generi controversie o, come è effettivamente accaduto, vere e proprie esplosioni di violenza, con il seguito di morti, incidenti diplomatici e disordini in ogni parte del mondo.
Sembra che quasi tutto il possibile sia stato detto, anche se molto di quanto ho letto andava da posizioni prudenziali-strumentali, non è bene provocare piazze ricolme di fedeli facilmente infiammabili, sino alle posizioni di quanti non ritengono debba essere posta alcuna limitazione alla libertà di parola e di espressione artistica. Chiarisco subito che la mia posizione è assai più vicina all'ultima posizione piuttosto che alla prima: in linea di principio non ritengo accettabile che la libertà di espressione artistica debba essere sottoposta a censura.
Prima di portare i miei argomenti, alcune precisazioni.
Nessun giudizio estetico sul film. Trovo singolare che tutte le discussioni sulle conseguenze derivanti dalla "diffusione" (spiego dopo perché non di diffusione si tratti) del film esordiscano sempre con una valutazione negativa del valore estetico del film. Mi spiego meglio: se il film fosse stato una super-produzione hollywoodiana, con attori bellissimi e una trama più elaborata, ma con un messaggio identico, sarebbe cambiato qualcosa? No, non credo. Il fronte dell'appeasement sarebbe stato ugualmente compatto nel rigettarlo. E poi esistono il kitsch, il trash e mille altre generi, non vedo perché la valutazioni su quanto ha accompagnato il film, che non E' il film, debbano fare sempre capolino. Brutto o bello che fosse, non è la qualità (filmica, che fa molto intellettuale di sinistra anni '70) del film che fa la differenza. (Dubito però che Hollywood avrebbe il coraggio di produrre un film del genere, più facile fare un film su qualunque altra cosa e del resto si sa, il coraggio se uno non ce l'ha....).
Ah, ecco, la "mia" sinistra. Francamente sconcerta che tutto un fronte variopinto e acculturato di laici "senza se e senza ma", pronti a irridere giustamente alle fesserie oramai solo dottrinarie della Chiesa Cattolica e sempre in procinto di scatenare nobilissime battaglie per la difesa di protocolli di cura, accesso a pratiche di interruzione della gravidanza e in sostegno delle coppie gay...ecco, dicevo, fa specie vedere costoro che invece dinnanzi a folle di estremisti islamici, che assaltano un'ambasciata provocando la morte dell'occupante si arrovellino su mille distinguo, mostrando che essi stessi sono pronti a recedere dai giusti valori di laicità e tolleranza qualora ci siano circostanze politiche che consiglino di mettere da parte, per esempio, la libertà di espressione degli artisti. E si badi bene: una pratica di ricerca strumentale del consenso dei cattolici a fini elettorali, al prezzo di un abbandono di posizioni di schietta laicità, è esattamente l'accusa costante che i laici muovono alle forze politiche che scendono a patti con le posizioni dei cattolici. Insomma, laicità a geometria variabile.
Dunque, fatte queste precisazioni ritorniamo alla vicenda.
Il film in questione viene prodotto e proiettato in una sola sala di New York, a quel che se ne sa. A parte questa proiezione, che suppongo pubblica, la fruizione (scusate, mi vengono questi termini da dibattito da cinema d'essai) successiva avviene comodamente a casa, dagli schermi del noto collettore di video, youtube. Già questo elemento definisce un po' meglio il quadro. Infatti, non si tratta di una diffusione che sia avvenuta in luoghi pubblici come scuole, madrase, ospedali o asili nido, dove l'utenza si reca a svolgere specifiche attività e per il solo fatto di frequentarli è "costretta" alla visione del film. Coloro che sono stati offesi dal film, che a questo punto si sono cercati e scaricati in autonomia, hanno fatto una scelta privata, rispetto alla quale non possono accampare nessuna condizione di "pubblicità" dei fondi utilizzati per la produzione del film; o di proiezione del film in ambiti non privati. Dunque, chi si sente offeso ha deliberatamente ricercato, e si è esposto a, l'oggetto dal quale proveniva l'offesa. A queste condizioni mi pare un po' troppo prendersela perché ci si ritiene offesi e pretendere che sia proibita anche la visione privata. Tutto questo per dire che stiamo discutendo di condizioni di realizzazione dell'offesa che sono particolarmente stringenti, e che se applicate rigorosamente conducono a considerare intollerabile anche un'offesa proferita, filmata o cantanta, anche in assenza di colui che si ritenga offeso. Se invece che una produzione privata, il film fosse stato trasmesso con un potente proiettore sulla Kaaba, proprio mentre i fedeli islamici turbinano attorno al meteorite, beh l'eventuale un'offesa sarebbe stata più evidente. Però qui parliamo di un filmino casalingo, che solo i mezzi di diffusione hanno fatto conoscere anche a noi.
Ma poniamo pure che siamo disposti ad accettare condizioni di offesa così esigenti. Al netto della plausibilità di queste circostanze, rimane l'offesa? Beh, intanto bisogna capire cosa intendiamo per offesa. Diciamo che dipingere il fondatore di una religione in termini irriverenti o associarlo a temi come la sessualità potrebbe certamente essere considerato offensivo...da ALCUNI. Non abbiamo una metrica condivisa per stabilire cosa sia offensivo e dunque nei nostri tribunali, quando si danno cause di diffamazione i giudici sono costretti a bilanciare esigenze e principi tra loro in contrasto. Ovviamente, quel lavoro certosino di bilanciamento può configurarsi solo nella valutazione di precise circostanze: le affermazioni incriminate sono analizzate nel contesto nelle quali sono prodotte e con riferimento alle condotte o agli individui alle quali si riferivano. A me pare però che quando le affermazioni si fanno più generiche, e sono rivolte inoltre a personaggi storici anche lontani nel tempo, la necessità del bilanciamento viene meno. Se io mi lanciassi in affermazioni offensive nei riguardi di un individuo specifico e delle sue condotte, è possibile fare una valutazione "obbiettiva" delle mie affermazioni e considerare se esse abbiano un contenuto di verità, se fossero giustificate ecc. ecc. Ma quanto più ci si allontana da circostanze del discorso in linea di principio verificabili, riguardanti persone in carne ed ossa e le loro condotte, tutto diventa più sfumato. Giudizi caustici su personaggi come Maometto o Gesù non possono essere semplicemente risolti con una riflessione storica, o con l'accertamento di circostanze specifiche, perché quelle figure non sono solo figure storiche, ma rappresentano un universo di valori religiosi, morali e anche politici, che possono e debbono essere messi in discussione. Insomma, stabilire cosa sia offensivo è sempre complicato, ma lo è ancora di più quando le condotte o i personaggi in questione sono storicamente molto distanti nel tempo e sommano funzioni e tratti che non sono quelli di un privato cittadino insultato per strada dall'amante delusa.
Ma poniamo pure che ci siano alcuni che sono realmente offesi dal filmato. Ok, il filmato è casalingo e irride culti diffusi, e anche se possiamo bene immaginare che ci saranno culti obbiettivamente ridicoli, in competizione tra loro rispetto alle concezioni del bene da promuovere, e dunque con un interesse a vedere tutelate pratiche e simbolismi che altri potrebbero a loro volta considerare ridicoli e dunque oggetto di meritato riso reciproco...nonostante tutto questo riconosciamo che il sentimento ispirato dal film offende la coscienza religiosa di alcuni individui. Bene, che si fa?
Una prima reazione è quella di pensare che un fatto di coscienza così radicato, irriducibile e sentito sarebbe ancora più degno se nel presentarsi come tale assumesse le vesti dimesse del fedele che fa testimonianza del torto subito e si mostra nel silenzio e nel desiderio di riparazione spirituale. Certo, non tutti possono assurgere alla maestà spirituale dell'undicesima beatitudine, tutti però potrebbero evitare che un'offesa arrecata alla propria coscienza religiosa, che si ritiene un bene così importante da preservare, debba essere difesa con atti politici di assalto a sedi istituzionali, richieste di vendetta e insulti ai credenti di altre religioni e ai rappresentanti eletti di altre comunità politiche.
Una seconda reazione consiste nel rovesciare l'argomento a favore del regista del film. Se io giro un film in Occidente, in ossequio ai valori predominanti di laicità e di libertà di parola, e un membro di una cultura non occidentale e non laicizzata, espostosi autonomamente alla visione del film, si sente offeso dal film stesso, a quale titolo può chiedere la censura del film? Chi non rispetta i valori altrui? Se proprio dobbiamo aderire a questa immiserita visione multiculturale dei rapporti fra culture, intesi come insiemi non comunicanti e portatori di valori incommensurabili, il salafita, ma anche il più moderato degli islamici, che diritto avrebbe a sentirsi offeso? Quel film maledetto infatti esprime una cultura di laicità e irrisione ironica che sono parte della nostra cultura, applicata anche ai nostri stessi credi religiosi. Perché offendersi in Libia, allora? L'Islam non è "loro proprietà", anche noi abbiamo gli islamici in casa, quindi l'Islam è anche parte della nostra cultura, e da noi, le culture religiose non sono soggette a una tutela straordinaria. Si capirà che anche questi sono i valori della nostra società?
Una terza reazione consiste nel valutare la condotta pregressa di quanti denunciano l'insopportabile offesa per la loro coscienza religiosa. Costoro, quando parlano pubblicamente, come si esprimono nei confronti delle altre religioni? Quali attenzioni e tutele riservano ai fedeli delle altre religioni? Quale libertà e rispetto garantiscono ai culti che non siano i loro? Se la risposta è che costoro sono ben poco rispettosi della coscienza religiosa altrui allora la loro credibilità sarà minata definitivamente e quanto si era presentato nelle vesti immacolate di una reazione ad un'offesa intollerabile alle coscienze di alcuni assumerà piuttosto i contorni più modesti (e in questo caso tragici) di una lotta politica, o comunque di potere.
Ma c'è ancora un altro punto da ponderare quando si valuta il rapporto tra libertà di parola e religione, tutte le religioni. In occidente, passatemi l'espressione generica, abbiamo capito una cosa, almeno guardando alla nostra storia, specie quella di noi europei. Abbiamo capito che molta parte del progresso morale delle nostre società è arrivata non solo dai trattati filosofici e teologici (per non parlare del ruolo avuto dal progresso scientifico ed economico) dove le vecchie certezze dottrinarie erano spazzate via con sottili argomentazioni filosofiche ma anche della diffusione di una pubblicistica, penso solo al periodo Illuministico e penso, fra gli altri, a Voltaire, dove le considerazioni argute, ciniche e anche offensive hanno comunque avuto la loro bella parte nell'aprire spazi di libertà di parola, nel contrastare forme di autorità ecclesiastica che si ritenevano immuni da qualunque critica....quando si tratta di credenze radicate e radicali, potenzialmente foriere di effetti tragici sulle esistenze di alcuni, forse non c'è sempre il tempo di lunghe e complicate riflessioni; forse è più semplice usare l'ironia, anche caustica.
Specie quando l'ironia è indirizzata verso forme di potere ideologico, religioso o politico di maggioranze sicure e potenti; quando l'ironia sembra aprire spazi di critica verso i limiti manifesti di forme di pensiero consolidate, ecco in tutti questi casi l'ironia è importante e da preservare ad ogni costo. Non dico che non debbano esserci le riflessioni più sistematiche però voglio sperare che prima che la forza sia una risata a seppellire questi fanatici.
Ps: l'espressione "Intossicazioni Celesti" è di E. Cioran, che così scrisse:
"L'idea che ho potuto – come tutti – essere sinceramente cristiano, fosse anche per un solo secondo, mi getta nello smarrimento. Il Salvatore mi annoia. Sogno un universo immune da intossicazioni celesti, un universo senza croce né fede."
Concordo in pieno.