"Investire"/speculare in attivita' finanziarie (d'ora in poi usero' per brevita' il termine "investire") significa essenzialmente fare previsioni: prevedere che i prezzi di uno o piu' contratti finanziari (azioni, obbligazioni, derivati, indici, fondi di investimento,...) sono destinati ad andare ognuno in una direzione ben precisa all'interno di un orizzonte temporale ben preciso. Un investimento viene completamente descritto dalla scelta dei contratti, delle direzioni e dell'orizzonte temporale. L'obiettivo ultimo, messo in modo semplice da capire: fare soldi usando la previsione.
In questo modo abbiamo quelli che investono con orizzonti tipicamente decennali su singoli nomi (Buffett questo fa da cinquant'anni con discreto successo) e quelli che scommettono su un singolo evento limitato nel tempo (Soros o Paulson sono due esempi ottimi). E ci sono anche quelli che scommettono sulle inefficienze del mercato su orizzonti brevissimi, tipicamente il centesimo o il millesimo di secondo (Jim Simons e tutti gli HFT).
In mezzo si trovano tutti gli altri: un fondo pensione potrebbe - in teoria - permettersi di avere un orizzonte temporale alla Buffet, ma di fatto chi lo gestisce bada ad altro un po' per scelta (essere Warren Buffett non risulta facile), un po' per obbligo (i fondi pensione spesso devono ribilanciare il portafoglio ogni tre mesi e questo ha un impatto sia sulla natura degli investimenti, sia sul rischio del fondo); un fondo hedge tipicamente si prodiga nell'abbassare la volatilita' dei rendimenti mensili in modo da non spaventare i propri investitori (che quindi contribuiscono indirettamente alla natura della strategia d'investimento e pertanto contribuiscono al rischio); una banca investe soldi propri e dei propri clienti, ottenendo in questo modo una sorta di doppia esposizione al mercato, ed ogni investimento e' di natura potenzialmente molto diversa.
I Warren Buffett di questo mondo sono pochi e si autodefiniscono gli unici ed autentici "investitori". La loro idea (ben spiegata nel mitico libro di Seth Klarman - mitico per il motivo che dopo la pubblicazione il Klarman si accorse che poteva non essere smart dar via i propri segreti e lo ha ritirato dal commercio; oggi il libro si trova su amazon intorno a $1500) e' semplice: un investimento "vero" e' uno che genera, almeno potenzialmente, una rendita. Per cui investire a lungo termine in azioni che pagano (o si prevede che pagheranno) dividendi e' l'unico modo di essere investitori. Non hanno tutti i torti, ma spesso la loro posizione - poter aspettare anni, prendendosi pure grosse perdite (sulla carta) per strada se capita - e' privilegiata e forse non realistica per un comune cittadino. L'idea di Klarman mi pare molto vicina alla percezione comune dei mercati finanziari: o si e' un investitore alla Klarman/Buffett o si e' un "bieco speculatore". Ma c'e' un punto importante da affermare: Klarman fa una distinzione lessicale; l'idea diffusa che chi agisce sui mercati finanziari sia un gambler che nulla contribuisce all'economia reale e' invece qualcosa di puramente ideologico - in un senso e nell'altro: tanti "nemici dei mercati" la pensano in questo modo e tanti "piccoli speculatori" che cercano il sacro Graal del soldo facile pure.
La realta' e' molto piu' complessa. Ogni persona o istituzione che agisce in borsa lo fa con una qualche idea piu' o meno rigorosa di previsione. E l'insieme di previsioni "fa il mercato", almeno sul breve. E questo e' il punto fondamentale: c'e' talmente tanta gente a fare previsioni su ogni possibile contratto con ogni possibile orizzonte temporale che il risultato e' quello che si potrebbe descrivere - da un punto di vista puramente intuitivo - come un gran caos. Paul Samuelson e' stato tra i primi (almeno credo, nella mia epica ignoranza di economia ed in particolare della sua storia; correggetemi, quindi, se sbaglio) a descriverlo in termini tanto economici quanto matematici. Tante tecniche sono state sviluppate o applicate ai mercati finanziari: CAPM, APT, aspettative razionali, finanza comportamentale, e tanto altro ancora. Cervelli non poco, ma con una deriva non proprio buona talvolta: i modellisti matematici (i quant) hanno dimenticato l'economia per strada e spesso fanno modelli che nulla hanno a che vedere con la realta'. Il classico esempio e' quello delle copula Gaussiana (il cui solo nome fa ridere) per modellare la probabilita' di default dei CDO (le scatole chiuse coi mutui sub-prime all'interno).
Il mio punto e' molto semplice: non riesco a trovare alcuna differenza etica tra chi investe con un orizzonte temporale breve e chi investe con un orizzonte temporale lungo. Non esiste evidenza che dimostri che gli uni aumentano il rischio sui mercati, anzi, semmai esiste evidenza che aumentino la liquidita' non di poco, rimuovendo (o quasi) uno dei rischi dal tavolo. Per questo sono contrario a qualsiasi forma di tassazione sulle transazioni perche' significa, di fatto, contribuire alla creazione di attrito. Negli ultimi trent'anni, l'avvento della tecnologia ha reso i mercati generalmente molto piu' liqudi - si pensi che il Black Monday di ottobre 1987, quando gli indici perdettero una ventina di punti percentuali nell'arco di una sola giornata, uno dei problemi fu che non si riusciva a scrivere (letteralmente, con carta e penna) i contratti di compra-vendita in tempo.
Questo per dire che i mercati non sono una brutta bestia fatta di cinici speculatori. Chiunque sia sul mercato ci sta per fare soldi, e cerca di farlo a seconda delle proprie capacita'. Quando ne avro' tempo (e non so quando questo potra' accadere) vorrei scrivere un articolo per raccontare chi sono i principali "giocatori" ("ma come, De Vita, dici che non si fa gambling sui mercati e poi me li chiami giocatori?") e quanto pesino sul tutto. Mi limito qui a dire che i fondi pensione hanno un peso enorme (se non ricordo male sono i giocatori piu' grossi), i fondi hedge molto meno.
Non c'è nessuna attività umana che abbia tempi caratteristici così brevi, per cui "l'idea diffusa che chi agisce sui mercati finanziari sia un gambler che nulla contribuisce all'economia reale" non è che sia solo una fantasia dei "nemici del mercato".
A meno che non si spieghi con chiarezza in che modo l'HFT produce ricchezza tangibile per il resto della popolazione mondiale e non solo per "chi gestisce la casa da gioco", come scritto da Francesco Forti più sopra.
Altrimenti io non vedo differenza fra questi "scommettitori brevissimi" e alcune facoltà universitarie che non fanno altro che produrre laureati che poi diventeranno professori nella stessa facoltà: magari fanno anche roba interessante, ma se la cantano e se la suonano da soli.
Io non mi reputo un nemico del mercato tout court, ma mi riesce difficile capire come tutti i nuovi strumenti finanziari e le nuove tecnologie che permettono l'HFT si concilino con l'idea di mettere più facilmenti in contatto chi ha soldi da spendere (investitori, finanziatori) con chi ha bisogno di denaro (imprenditori, lavoratori, etc): alla fine l'obiettivo della borsa/mercato è questo, no?
Sono un (quasi) fisico e ormai è da un bel po' di tempo che mi frulla in mente questa domanda: ma da dove viene questa liquidità? Chi la produce?
Lei si è laureato in fisica, quindi è familiare con le varie leggi di conservazione: ecco, a me è sempre risultato ostico il concetto di non conservazione che si applica al vil denaro (ma magari mi sbaglio e non è così; e sì, lo so che quest'idea assomiglia molto al modello superfisso).
Mi spiego meglio: se io compro qualcosa, i miei soldi (che siano in contante o assegno o carta di credito/debito o altro metodo di pagamento) finiscono ad un'altra persona, per cui la quantità di soldi è rimasta uguale.
L'unico modo (a quel che ne so io) per aumentare la quantità di soldi è quella di farli produrre dalle banche centrali (sia stamparndoli direttamente o emettendoli sotto forma di titoli o altro) e da sempre questo è associato all'aumento dell'inflazione: se immetto nel sistema troppi soldi, il sistema cercherà di stabilizzarsi diminuendo il valore stesso dei soldi.
Fino a questo punto quindi sembra sussistere un qualche principio di conservazione.
Quando si passa alla borsa, soprattuto ai nuovi strumenti finanziari come i derivati e alle nuove tecnologie che permettono l'HFT, però mi perdo completamente...
In che modo "negli ultimi trent'anni, l'avvento della tecnologia ha reso i mercati generalmente molto piu' liqudi"?
L'HFT (o i derivati o altro) producono soldi/liquidità dal nulla? E in ogni caso, questa liquidità come finisce nella cosiddetta economia reale?
Sono domande che si fanno (incosapevolmente o meno) un sacco di persone, la maggior parte di chi non è laureato in economia, direi...
Grazie per le eventuali risposte e scusate per il "pippone" abbastanza lungo.
Caro Claudio, grazie delle domande. Sono un po' confuse, ma tutte più che lecite. Innanzi tutto una breve distinzione: non sono un fisico, ma un matematico :-)
Cosa offrono gli HFT all'economia reale, tu chiedi. Non offrono di certo un aumento di ricchezza (a proposito, sulla "creazione di ricchezza", chiederei a uno dei tanti economisti qui di rispondere per bene). Quello che offrono al mondo è una maggiore liquidità. Tu chiedi giustamente che cosa sia questa liquidità e perché sia importante. La liquidità è la capacità di vendere e comprare una merce (nel caso specifico azioni di una società). Nulla di più. E gli HFT negli ultimi dieci anni hanno aumentato tantissimo la liquidità. Non sono in grado di dirti che questo aumento sia qualcosa di positivo tout court, ma di certo quel che si sente dire in giro di negativo è falso. La volatilitàc dei mercati non è aumentata grazie all'ingresso degli HFT, semmai è diminuita leggermente. Gli HFT, pur da bravi speculatori, non hanno rivoluzionato le borse prendendosi profitti che l'economia reale si sarebbe mangiati altrimenti. Gli HFT, come pressoché qualsiasi operatore finanziario, in media eguagliano il mercato.
Rimango a tua disposizione per qualsiasi chiarimento, ma ora voglio fermarmi qui per non mettere inutilmente carne al fuoco.
nei limiti della mia ridotta competenza e della mia autorevolezza anche inferiore, ci provo: la liquidità di cui parla federico de vita è quella del mercato, non la cosiddetta massa monetaria, misurata dai uno dei diversi aggregati Mn, che qua non ci interessa proprio.
un mercato è liquido quando c'è una continuità di contrattazioni, cioè una sequenza ravvicinata di effettivi contratti di compravendita con relativa annotazione dei reali prezzi di scambio. coincide con la "qualità" del mercato stesso, specialmente se questa liquidità si conserva nel tempo e indipendentemente dai livelli di prezzo e anche dai volumi di scambio. la liquidità è infatti frutto della presenza sul mercato di una moltitudine di operatori distinti e con idee diverse, che istante per istante valutano pubblicamente un sottostante finanziario. è comunemente inteso che tale valutazione sia quanto di meglio, per un processo di wisdom of crowds, si sia riusciti a produrre finora.
ne discende l'utilità per tutti, anche per chi non "gioca", dei mercati finanziari: l'informazione trasmessa dai prezzi, pubblici e autorevoli perchè frutto di un elevato numero di scambi.