Il testo in esame era il seguente
1. All'articolo 61, comma 1, del codice penale, dopo il numero 11-ter), è aggiunto il seguente:
«11-quater) l'avere, nei delitti non colposi contro la vita e l'incolumità individuale, contro la personalità individuale, contro la libertà personale e contro la libertà morale, commesso il fatto per finalità inerenti all'orientamento o alla discriminazione sessuale della persona offesa dal reato».
Esiste un ragionevole sospetto che la Binetti abbia fatto confusione con una delle due proposte di legge originariamente presentate. Le proposte sono poi state combinate nella dicitura presentata sopra. Quella dell'on. Palomba Di Pietro recitavano così (grassetto mio):
1. Il comma 1 dell'articolo 3 della legge 13 ottobre 1975, n. 654, e successive modificazioni, è sostituito dal seguente:
«1. Salvo che il fatto costituisca più grave reato, anche ai fini dell'attuazione dell'articolo 4 della convenzione, è punito
a) con la reclusione fino a tre anni chiunque, in qualsiasi modo, diffonde idee fondate sulla superiorità o sull'odio razziale o etnico, ovvero incita a commettere o commette atti di discriminazione per motivi razziali, etnici, nazionali, religiosi o fondati sull'orientamento sessuale o sull'identità di genere;
b) con la reclusione da sei mesi a quattro anni chiunque, in qualsiasi modo, incita a commettere o commette violenza o atti di provocazione alla violenza per motivi razziali, etnici, nazionali, religiosi o fondati sull'orientamento sessuale o sull'identità di genere».
Bisogna concordare che quest'ultima proposta sembra davvero un po' esagerata, dove "un po'" è un eufemismo che ho messo perché io sono persona pacata. Io capisco che in Italia non vi siano la cultura e la tradizione a difesa della libertà di pensiero e di parola che vigono negli USA. Ma non si rende conto l'on. Palomba Di Pietro che questo rischia di rendere reato una pubblicazione scientifica che spieghi come sono diverse le distribuzioni del quoziente di intelligenza fra razze, o fra uomini e donne (sono diverse, sono diverse, ma non vi dico come!). Come facciamo a sapere, in anticipo, se quello che scriviamo ("in qualsiasi modo") non porti ad "incitare a commettere atti di discriminazione"? Non è chiaro che sia così ma non lo è nemmeno il contrario! Con l'aria che tira davvero si vogliono introdurre norme così omnicomprensive?
Comunque sia, la proposta ieri votata sembra essere più mirata. Curioso notare che la motivazione con cui è stata presentata l'archiviazione del disegno di legge si sofferma su motivi che ritengo risibili: i deputati della maggioranza infatti pongono l'accento sulla presunta disparità di trattamento fra le vittime di tali reati, alcune delle quali riceverebbero, se la legge venisse introdotta, un trattamento privilegiato. Quelle con il "trattamento privilegiato" sono le vittime di reati per i quali il colpevole venga condannato a pena aggiuntiva a causa di queste nuove aggravanti "ideologiche". Il che implica, anzitutto, che la pena abbia scopo retributivo, a compensazione delle pene sofferte, anziché preventivo o rieducativo, come almeno in teoria prevederebbe la costituzione (e la tradizione "cristiana", a cui la maggioranza, e la Binetti, tanto si ispirano). Il medesimo argomento della maggioranza implica anche un cortocircuito logico con la legislazione già esistente la quale, ovviamente, prevede aggravanti di pena (per esempio l'associazione mafiosa): sono anch'esse da abolirsi perché le vittime di un omicidio di mafia ricevono, attraverso l'aggravante, un "trattamento privilegiato"?
Rimane il dubbio sulle aggravanti per motivi ideologici, e propongo ai lettori la seguente riflessione: è così ovvio che sia giusto differenziare le pene, a parità di reato, a seconda delle motivazioni mentali (conclamate o meno) con cui il reato viene commesso? Secondo me bisogna andarci coi piedi di piombo. L'art. 61 del codice penale, prevede già l'aggravante per reati commessi per motivi abbietti o futili.
Vorrei far notare che alcune aggravanti comunemente adottate (l'associazione mafiosa in Italia, il razzismo, negli USA) non sono in realtà di tipo puramente ideologico e richiedono prove fattuali dell'esistenza di un'organizzazione criminale con questa e quell'altra caratteristica. In altre parole, queste aggravanti non si fondano su parole e/o idee, ma su atti e fatti materiali, socialmente dannosi (l'associazione mafiosa è socialmente dannosa in quanto esista e lo stesso vale per le organizzazioni con finalità razziste).
Questo è particolarmente vero per l'associazione mafiosa, che è associazione materiale e di fatto la cui esistenza va provata: non basta che l'imputato dica o abbia detto d'essere "mafioso". Il caso del razzismo negli USA è caso particolarissimo, motivato storicamente dalle particolari circostanze che tutti conosciamo e, anche in questo caso, una riflessione andrebbe comunque fatta.
Insomma, per quanto possano farmi orrore le opinioni della Binetti sugli omosessuali e tante altre cose non sono sicuro che si debbano elencare nella legge aggravanti per delitti commessi per motivi particolarmente futili, rischiando di escluderne altri.
Sono d'accordo solo sulla seconda parte dell'articolo. Il discorso delle prove aventi, necessariamente, carattere probabotorio in sede di giudizio, soprattutto quando si parla di discriminazioni razziali, lo ritengo giusto e meritevole di approfondimento.
Tuttavia non posso esimermi dall'esprimere perplessità per quanto concerne la prima parte. Se lei evidenzia l'espressione "...chiunque, in qualsiasi modo, diffonde idee..." giudicandola lesiva della libertà di espressione, dovrebbe sapere che la stessa (identica) frase era presente nel precedente articolo 3 comma 1 della legge del 1975; dunque ritengo fondate le sue paure circa la libertà di espressione in qualsiasi forma (anche se io non scriverei mai un articolo sulle differenze intellettive tra razze...ma è un discorso a parte...), però questa non è una novità introdotta da Di Pietro e Palomba.
L'unica novità riguarda la seguente aggiunta "...o fondati sull'orientamento sessuale o sull'identità di genere." [sia alla lettera a) sia alla lettera b)]. In questo senso il materiale che lei ha linkato circa le motivazione dell'archiviazione dispone che non esistendo un chiaro significato di "orientamento sessuale" in materia giuridica la legge sarebbe potuta essere fuorviante in sede di giudizio, per i motivi che sono stati evidenziati (pagina 31 seconda colonna).
Morale: secondo me la Binetti ha ragione per quanto concerne l'ambiguità dell'espressione "orientamento sessuale" che concordo, poichè lascierebbe campo a complessi fraintendimenti in sede giudiziaria.