Per riassumere le conclusioni a cui (credo) si sia giunti utilizzo sia dati inseriti nei commenti sia alcune tabelle del rapporto (ancora non pubblico) che Alessandro Figà Talamanca menzionava in suo commento, alcune pagine del quale mi ha cortesemente inviato.
Tabella 1.14 – Laureati/diplomati per tipologia di corso di studi dal 2001 al 2007
Anno |
Totale laureati Vecchio Ordinamento |
Nuovo ordinamento |
Totale laureati Nuovo Ordinamento |
Totale complessivo | |||||
Lauree |
Lauree specialistiche |
Lauree specialistiche a ciclo unico | |||||||
2001 |
170.532 |
1.267 |
1 |
6 |
1.274 |
171.806 | |||
2002 |
177.898 |
22.304 |
99 |
817 |
23.220 |
201.118 | |||
2003 |
172.396 |
53.747 |
2.971 |
5.825 |
62.543 |
234.939 | |||
2004 |
164.971 |
92.304 |
4.247 |
7.299 |
103.850 |
268.821 | |||
2005 |
144.682 |
138.307 |
10.454 |
7.855 |
156.616 |
301.298 | |||
2006 |
100.888 |
161.445 |
29.620 |
8.782 |
199.847 |
300.735 | |||
2007 |
64.309 |
173.668 |
50.538 |
11.616 |
235.822 |
300.131 |
Tabella 1.15 – Laureati nei corsi di laurea di primo livello per anni di conseguimento del titolo
Laureati |
Tempo conseguimento titolo (anni) |
2005 |
2006 |
2007 | |||
n. di laureati |
% |
n. di laureati |
% |
n. di laureati |
% | ||
regolari |
3 |
44.988 |
34,8 |
46.763 |
30,3 |
50.345 |
29,9 |
un anno oltre la durata del corso |
4 |
52.518 |
40,6 |
52.427 |
34 |
51.246 |
30,4 |
2 anni oltre la durata del corso |
5 |
14.936 |
11,5 |
31.378 |
20,3 |
30.097 |
17,9 |
3 anni oltre la durata del corso |
6 |
6.062 |
4,7 |
9.642 |
6,2 |
18.531 |
11,0 |
4 anni oltre la durata del corso |
7 |
3.367 |
2,6 |
4.556 |
3 |
6.587 |
3,9 |
5 anni oltre la durata del corso |
8 |
2.172 |
1,7 |
2.645 |
1,7 |
3.216 |
1,9 |
6 anni oltre la durata del corso |
9 |
1.354 |
1 |
1.627 |
1,1 |
2.011 |
1,2 |
7 anni e più oltre la durata del corso |
10 |
3.973 |
3,1 |
5.235 |
3,4 |
6.338 |
3,8 |
Laureati totali (*) |
129.370 |
100 |
154.273 |
100 |
168.371 |
100,0 | |
Laureati già in possesso di un titolo precedente o di cui non si conosce l’a.a. di prima immatricolazione |
8.937 |
|
7.172 |
|
5.297 |
| |
Totale complessivo |
138.307 |
|
161.445 |
|
173.668 |
| |
Durata media degli studi (in anni) |
4,2 |
4,4 |
4,6 | ||||
Durata mediana degli studi (in anni) |
3,4 |
3,6 |
3,7 |
(*) Sono esclusi i laureati già in possesso di un titolo di studio universitario e quelli di cui non si conosce l’anno accademico di prima immatricolazione.
Tabella 1.16 - Stima del tasso di successo e del tasso di regolarità nei corsi di laurea di primo livello
anno accademico |
Immatricolati |
anno solare |
Laureati |
Laureati regolari |
Laureati totali su immatricolati tre anni prima |
Laureati regolari su immatricolati tre anni prima |
2001-2002 |
289.747 |
2004 |
92.304 |
40.680 |
31,9 |
14,0 |
2002-2003 |
307.544 |
2005 |
138.307 |
44.988 |
45,0 |
14,6 |
2003-2004 |
313.205 |
2006 |
161.445 |
46.763 |
51,5 |
14,9 |
2004-2005 |
306.713 |
2007 |
173.668 |
50.345 |
56,6 |
16,4 |
A questi dati aggiungiamo quelli contenuti nel compendio statistico del MIUR per l'anno accademico 2006/07. Gli iscritti alla totalità delle università italiane, pubbliche e private, erano 1.809.186 (di cui donne 1.022.746). Gli immatricolati erano 308.082 (di cui donne 171.731). Gli iscritti fuori corso erano 667.598 (di cui donne 369.893).
La Tabella 1.14 è consistente con quella di un mio commento: i dati per il 2007 sono identici. Essa indica che i nuovi laureati "veri", nel 2007, erano (al massimo-massimo) 185mila circa. Questo perché i 64mila laureati con l'antico ordinamento vanno esclusi per le ragioni che argomento più oltre. Infatti, un minimo di analisi dei dati mi farà concludere che il numero giusto da utilizzare è fra 120 e 160mila. Poiché i 25enni sono poco meno di 600mila, questo dà una percentuale di laureati che oscilla fra il 20 ed il 27 per cento. Ecco il mio ragionamento.
Il medesimo rapporto ci informa anche che
dal confronto tra gli anni 2005, 2006 e 2007, si evidenzia la flessione sia della proporzione di laureati regolari (dal 34,8% nel 2005, al 30,3% nel 2006, fino al 29,9% nel 2007) sia di quelli che hanno conseguito un anno oltre la durata normale del corso (10,2% in meno rispetto al 2005). Aumenta, invece, la percentuale di coloro che si laureano 2 o 3 anni oltre la durata regolare degli studi (circa il 30% nel 2007, Tab. 1.15). Il dato si riflette sia sulle medie della durata dei corsi (da 4,2 anni del 2005 a 4,4 del 2006 fino a 4.6 nel 2007), sia sulle mediane (da 3,4 a 3,6 anni, fino a 3,7 nell’ultimo anno).
Queste performances si riflettono nelle percentuali riportate nella Tabella 1.16. Il confronto con dati analoghi per l'ordinamento precedente (riportati nella tabella 1.18 del medesimo rapporto) suggerisce che chiamare "laurea" il diploma triennale ha fatto aumentare il tasso di regolarità dal 2 al 17 per cento, ed il tasso di successo dal 46 al 56 per cento. Per dare un'idea: negli USA del 2001 il tasso di regolarità (Bachelor dopo quattro anni) era il 59%, il 66% includendo il diploma triennale. Il tasso di successo era dell'80%, ma il confronto con il dato italiano è qui improprio perché quest'ultimo (56%) include anche i laureati dopo 10 o 20 anni, mentre quello USA si limita a persone che utilizzano al più 6 anni per ottenere un BA o un BS.
La Tabella 1.15 (analoga ma molto più chiara di quella che avevo riportato nel medesimo commento indicato poc'anzi) spiega perché queste osservazioni siano rilevanti. L'immatricolazione avviene, al più presto, a 19 anni; spesso avviene a 20 o anche più tardi, ma fa lo stesso. Chi si laurea dopo più di 6 anni ha un'età certamente superiore ai 25. Poiché la durata dei nuovi corsi di laurea è di tre anni, coloro che si laureano 4 o più anni fuori corso appartengono a questo gruppo. Infatti, coloro che si laureano ad un'età superiore ai 25 anni probabilmente sono molti di più visto che, fra gli iscritti al primo anno, quelli di età superiore ai 19 erano, nel 2007/08, il 77% del totale! Manteniamoci cauti e sottraiamo solo coloro che si laureano 4 o più anni fuori corso: i laureati italiani con età inferiore o uguale ai 25 anni sono dunque stati, nel 2007, 150mila a farla grande. A questi possiamo aggiungere gli 11mila che hanno ottenuto una laurea di specializzazione a CU per un totale di 161mila nella migliore delle ipotesi.
Infatti, stimare a 160mila i nuovi laureati dell'anno 2007 d'età pari o superiore ai 25 anni è una grossolana esagerazione. Il sito incriminato "Anagrafe Nazionale Studenti", anche se apparentemente racconta balle sui valori assoluti, credo possa essere considerato un campione non distorto per quanto riguarda la composizione per gruppi di età. Utilizzandolo scopriamo che fra tutti i laureati (inclusi quelli con vecchio ordinamento, specializzazioni, eccetera) durante l'anno accademico 2006/07 la percentuale di quelli con età pari o superiore ai 26 anni era circa il 33%, mentre era il 26% fra coloro che conseguivano una laurea triennale. Usando questi valori, i laureati nuovi d'età pari o inferiore ai 25 anni diventerebbero 120mila circa. Un numero abbastanza miserabile e sul quale si basa la percentuale inferiore (20%) che ho menzionato all'inizio.
Sulla base dei dati MIUR per il 2006/07 si vede che, se il tasso di regolarità non migliora, in percentuale della coorte che avrà 22/23 anni nel 2009/10 i laureati saranno circa il 9%! A tasso di successo costante, la percentuale di laureati, nella medesima coorte, raggiungerà circa il 25% quando costoro avranno 30 anni, ossia nel 2017. Ricordo che con "laureati" ci si riferisce ora a persone che hanno completato il diploma triennale.
Le persone che nel 2007 si sono laureate con il vecchio ordinamento non possono legittimamente essere aggiunte al numeratore del nostro rapporto per la medesima ragione. Il "nuovo" sistema ha oramai quasi otto anni (venne adottato in modo generalizzato nel 2001/02 ed in modo sperimentale nel 2000/01), quindi chiunque ottenga oggi l'antica laurea ha almeno 26 anni. Se volessimo calcolare i 30enni laureati tale misura andrebbe bene ma, in quel caso, occorrerebbe modificare anche le percentuali degli altri paesi le quali si rifersicono, quasi invariabilmente, a gruppi di età inferiore ai 25 anni.
Poiché qualcuno sosterrà che la mia scelta è arbitraria, anche se a me sembra ovvia, provo a spiegarla meglio. Il valore sociale del titolo di studio non deriva dal fatto simbolico di averlo ottenuto "prima o poi" ma dal possedere le conoscenze in questione durante gli anni in cui si lavora. Chi completa tali studi a 30 o a 35 anni ha passato una fetta sostanziale della propria vita lavorativa senza di esse, quindi è improprio porlo al numeratore di un rapporto che, al denominatore, ha il totale dei venticinquenni. Inoltre, come tutti sappiamo per esperienza diretta, una percentuale sostanziale di questi laureati è costituita da dipendenti pubblici o assimiliati che perseguono l'ottenimento della laurea solo per il suo valore legale, ossia perché permette progressioni automatiche di carriera. Considerare queste persone come "laureate" costituisce, dal punto di vista economico, una scelta insensata: essi indicano solo che l'università è un esamificio che dispensa titoli con valore legale, invece di essere un luogo di accumulazione di capitale umano socialmente utile. Una riprova dell'esistenza di questi "laureandi finti" si ha osservando la distribuzione per età degli iscritti al primo anno, 39mila dei quali avevano (nel 2007) più di 30 anni mentre 130mila erano compresi fra i 23 ed i 30 anni.
Questa osservazione si applica anche alla metodologia che l'ISTAT utilizza in varie sue pubblicazioni dove il tasso di iscrizione universitaria è calcolato dividendo il TOTALE degli iscritti a tutti i programmi (inclusi i fuori corso e gli iscritti ai corsi biennali di specializzazione) per la popolazione residente di età compresa fra i 19 ed i 25 anni. Questa metodologia produce un risultato pari al 41,4% per l'anno accademico 2006/07, un numero completamente "falso" per le ragioni appena argomentate.
Rimane vera l'osservazione fatta da AFT: ciò che in Italia sembra essere cambiato, negli ultimi trent'anni, è la propensione a frequentare e completare, la scuola media superiore. In percentuale dei diplomati gli iscritti all'università rimangono attorno al 70-72%, però è aumentato di molto la percentuale di diplomati sul totale della coorte (le tabelle le trovate qui, riportate da Alberto Lusiani).
Sia la discussione svolta a seguito del precedente post che i nuovi dati messi a disposizione e qui considerati confermano, però, che questa maggiore frazione d'iscritti iniziali non si trasforma (nonostante il diploma triennale sia cosa ben più semplice dell'antica laurea) in un aumento sostanziale dei laureati. L'aumento c'è, ma è ancora molto debole specialmente se confrontato a ciò che è avvenuto negli altri paesi avanzati. In sostanza, l'università italiana attira una percentuale molto maggiore di giovani che nel passato ma costoro, dopo il primo o secondo anno, abbandonano o comunque diluiscono gli studi lungo un arco di tempo che li rende, praticamente, inutile o quasi dal punto di vista professionale.
Morale: tralasciando l'ovvia polemica sul comportamento irresponsabile dei funzionari del MIUR che rendono pubbliche base dati incomplete senza fornire informazioni al riguardo, la sostanza dell'analisi non è rincuorante. L'università italiana, riforme cosmetico-burocratiche e trucchi statistici a parte, rimane altamente inefficiente (rispetto a quelle degli altri paesi) anche solo a produrre laureati. Piaccia o non piaccia, questo dicono i dati.
Michele, spero che non te la prenderai per la critica (per quanto io cerchi di documentarla) dell'ennesimo anonimo :)
(BTW, se necessario sono pronto a comunicarvi tutti i dati personali che volete - ma il mio nick mi identifica praticamente da sempre, ci terrei a esprimermi in pubblico con questo)
Quanto grassettato mi sembra arbitrario non per il motivo che spieghi poi, ma perche' dalla stessa fonte che consideri "contaballe" tu usi i dati della composizione per eta' come fossero veri. I laureati son sempre pochi, su quello non si discute, ma o una fonte e' buona o non lo e', e in tal caso o si applicano correttivi a tutti i dati o si ignora la fonte. Giusto?
Quello che dici non vale in Italia, mi pare che se ne sia discusso abbondantemente altrove su nfA: il pezzo di carta permette piu' carriera indipendentemente da dove l'hai preso e come. Proprio per questo, secondo me (ed altri qui, se non vado errato) gli studenti possono continuare a studiare 10 anni oltre i 3, o comprarsi una laurea in qualche istituto poco serio - invece di mollare. Con questa visione delle cose - mi laureo lo stesso tanto anche a 40 anni un paio di scatti di carriera li posso fare - il laureato a 30/35 anni ha senso.
Questo vale per il pubblico o per aziende private abbastanza grandi da assomigliargli, almeno secondo la mia esperienza. E sarebbe anche il motivo per cui secondo me andrebbe eliminato il valore legale del titolo di studio...
E anche socialmente parlando, ci sono fasce di popolazione per cui la laurea e' un must - con il pezzo di carta sei "l'avvocato" o "l'ingegnere" altrimenti sei X, indipendentemente da quello che puoi fare con o senza il pezzo di carta.
Del resto, visto il poco supporto fornito a chi studia mentre lavora, i tempi si allungano "naturalmente". Con "supporto" ad es. intendo poca burocrazia, una maggiore disponibilita' dei docenti a rispondere via email / forum / ecc. Dipende da universita' ad universita', ma in generale la cosa e' scadente.
Come sempre, just my 2 cents
No, non necessariamente giusto e, probabilmente, sbagliato. Per questa ragione: la fonte è "contaballe" perché, mi e ci è stato spiegato, è parziale nel seguente senso: svariate università non hanno risposto mandando i loro dati. Insomma, copre un un 80%, forse più, del totale delle università italiane, ma manca un 20% e quindi i VALORI ASSOLUTI TOTALI sono piccoli. PERO', e qui sta il punto, perché mai dovremmo aspettarci che da un lato ci siano università (non facoltà, okkio) in cui gli studenti si laureano sistematicamente e sempre molto prima delle altre e che, dall'altro, queste siano esattamente le università che non hanno riportato i dati?
In sostanza, non c'è ragione di pensare che le università che hanno risposto siano un campione così distorto rispetto all'eta di laurea da essere inaffidabile. Nota che, siccome sono un campione enorme rispetto alla popolazione, perché la distribuzione per età vera (nella popolazione) cambi bisognerebbe che in quel 20% o meno che non ha riportato si laureassero tutti come fulmini, altamente improbabile direi. Spero sia chiara la logica. Grazie