L'idea di legalizzare un vero e proprio mercato di organi destinati ad essere trapiantati, con tanto di pagamenti monetari, sembra essere tornata di stretta attualità, anche in seguito alla pubblicazione sulla stampa di articoli e dossier volti ad evidenziare quanto poco efficaci siano stati fino ad oggi i tentativi di colmare il divario tra domanda ed offerta e di ostacolare il proliferare di organizzazioni criminali che, soprattutto in Asia, si arricchiscono attraverso il traffico illegale di organi.
Il tema non è nuovo, essendo stato trattato competentemente da medici, sociologi, esperti di bioetica ed economisti. Il primo ad aver lanciato nuovamente e pubblicamente la proposta, rompendo un tabù come pochi altri che durava ormai da diversi anni, è stato il Nobel per l'Economia Gary Becker con un op-ed apparso su The Chicago Sun-Times nel gennaio 2005. Da economista Becker afferma, in breve, che l'offerta di organi per trapianto aumenterebbe immediatamente se solo si eliminassero le esistenti restrizioni legislative, con il risultato che migliaia di vite sarebbero salvate. Allo stesso tempo pone forti obiezioni alla critica naturale che soltanto le classi meno abbienti sarebbero realmente disposte a vendere organi propri dietro compenso monetario; ed argomenta che il problema della presenza di asimmetrie informative riguardante la qualità degli organi in vendita e gli eventuali rischi connessi all'asportazione chirurgica sia in realtà risolvibile.
In un editoriale apparso nel maggio 2006 su The Wall Street Journal, il professore della University of Chicago Richard Epstein sostiene che i dubbi etici vadano accantonati davanti alle lunghissime liste d'attesa a cui occorre iscriversi per accedere a un trapianto. Nel 2005, negli Usa, solo 16 mila dei 70 mila americani in lista d'attesa hanno ottenuto un trapianto di reni. Per risolvere il problema potrebbe invece essere accettabile rischiare di perdere i donatori disinteressati e, allo stesso tempo, creare ulteriori opportunità economiche per le fasce più povere della popolazione. Le quali, di fronte alla possibilità di lauti e commisurati compensi, potrebbero essere spinte a diventare la principale fonte di organi da trapianto. Epstein afferma inoltre che solo un esperto di bioetica può preferire un mondo con mille altruisti che donano un organo e 6.500 morti per mancanza di un sufficiente numero di persone altruiste, a un mondo nel quale non ci siano nè altruisti nè decessi per mancanza di organi.
Anche un giornale "liberal" (nel senso USA) come The New York Times, pur con un approccio più morbido, si accoda e accetta di porre all'attenzione dei propri lettori la questione di un'eventuale legalizzazione di un mercato del genere. La studiosa Sally Satel, in un suo articolo pubblicato nel maggio 2006, suggerisce la creazione di un "mercato regolato" degli organi per ovviare al problema delle liste di attesa. Secondo la Satel la via più opportuna potrebbe essere non quella di offrire denaro, ma assistenza sanitaria gratuita, il finanziamento di una buona scuola per i figli o un'assicurazione sulla vita per chi offre sul mercato, ad esempio, i propri reni.
Come già brevemente evidenziato, l'attuale legislazione statunitense (ma il discorso vale per qualsiasi altro Paese al mondo) permette esclusivamente che gli organi siano donati e ne vieta categoricamente la vendita. Generalmente occorre attendere, senza alcuna garanzia, almeno otto anni prima che un rene adatto al trapianto sia reso disponibile; nel frattempo, anche sotto dialisi, i reni già malati delle persone in attesa continuano ad usurarsi così rapidamente che un tempo così lungo risulta spesso fatale. Statistiche citate dalla Satel ci dicono che, in media, undici persone bisognose di un trapianto di reni muoiono ogni giorno nei soli Stati Uniti. La disperazione porta alla creazione ed alla diffusione di appelli e di siti specializzati attraverso il web; disperazione che in molti casi spinge i malati ed i propri familiari a viaggi della speranza all'estero, molto spesso verso i mercati neri della Cina o dell'India nei quali sembra sia possibile ottenere abbastanza facilmente reni ed altri organi. Molti di questi organi potrebbero addirittura provenire da prigionieri politici giustiziati, ma molti sono venduti da povera gente in cambio di un tozzo di pane.
Citando ancora i dati forniti da Sally Satel, oggi circa 70 mila americani sono in attesa di un rene proveniente da un donatore postumo. L'anno passato, solo 16 mila pazienti sono riusciti ad ottenere il trapianto. Circa la metà delle donazioni effettuate sono avvenute post mortem; l'altra metà da donatori vivi. Nel frattempo, oltre quattro mila persone sono decedute nell'attesa vana di un trapianto. Si calcola che nel 2010 l'attesa media per un trapianto sarà di dieci anni, ben al di là del tempo medio di sopravvivenza di un individuo in dialisi. Nonostante decenni di campagne informative e di sensibilizzazione, il numero dei donatori ufficialmente registrati è esiguo, insufficiente rispetto alle esigenze dell'intera popolazione americana. Tra l'altro, anche nel caso dei donatori regolarmente registrati, a decesso avvenuto non è sempre possibile procedere con una donazione e quindi con un trapianto per motivi inerenti allo stato di salute e di conservazione dell'organo in questione.
I crudi numeri sottolineano il chiaro fallimento dell'attuale legislazione americana in materia: la speranza, non ben riposta, nella forza dell'altruismo ha prodotto fin'ora risultati desolanti. Continuare a sperare che le cose cambino, che inaspettatamente il numero di coloro disposti a cedere un proprio organo in cambio di nulla, è soltanto una pia illusione. Un prezzo pari a zero (ovvero il prezzo di un qualsiasi organo trapiantabile imposto dalle attuali direttive pubbliche americane e del resto del mondo) non può far altro che determinare un equilibrio in cui domanda ed offerta non si incontrano, un equilibrio in cui, specificamente, l'offerta non è commisurata alla domanda.
L'idea che debba essere sempre e soltanto l'istinto altruistico a guidare la scelta di offrire un proprio organo è diffusa non soltanto negli ambienti burocratici di coloro che devono gestire le liste d'attesa, ma anche in quelli più propriamente accademici. Il solo pensiero di poter stabilire un prezzo positivo per l'acquisto di un organo sembra essere di gran lunga più disdicevole ed immorale che lasciare morire un ammalato con l'attuale sistema, senza che si possa fare oggettivamente nulla per salvargli la vita.
Tra le tante critiche che vengono rivolte a chi solo ipotizza che un organo di un vivente possa essere reso commerciabile vi sono quelle che predicono che la naturale fonte d'offerta sarebbero le fasce più povere della popolazione (cosa forse probabile, ma non sarebbero obbligate a farlo ed ovviamente sarebbero adeguatamente compensate per questo); quelle che paventano la possibilità che si possa verificare un problema di selezione avversa riguardante la qualità del prodotto venduto (ma controlli ed analisi adeguate eliminerebbero il pericolo alla radice); o quelle che si basano sulla convinzione che le persone che si privassero di un organo diventerebbero meno abili al lavoro e meno produttive, a rischio più elevato di malattia e di mortalità.
Chiaramente, il discorso della vendita di un organo proprio da vivi dovrebbe riguardare solo quegli organi di cui si possa fare ragionevolmente a meno. Occorre precisare ad esempio che, nel caso di un trapianto di reni, i rischi di breve periodo per un donatore (o potenziale venditore) sono minimi, non più alti di quelli associati alla procedura anestetizzante ed all'intervento chirurgico in sè, quantificabili (secondo alcune stime ancora fornite dalla Satel) con una probabilità di morte pari a circa lo 0.03%. Anche i rischi di lungo periodo sembrano essere ragionevolmente bassi: recenti studi hanno dimostrato che i tassi di mortalità tra coloro che hanno donato un rene non sono significativamente differenti da quelli riscontrabili nel resto della popolazione. In ogni caso, tali rischi non dipendono certo dal fatto che l'organo si venda o si doni quindi, nella misura in cui riteniamo legittima la donazione, considerazioni inerenti al rischio non possono essere rilevanti per proibire la vendita.
Una possibile ed ovvia soluzione al problema della carenza di organi da trapianto è data quindi dalla creazione di un mercato di organi che funzioni parallelamente all'attuale sistema di donazioni. La coesistenza dei due sistemi permetterebbe ad operatori, medici e pazienti di svincolarsi dal punto di vista etico e di rivolgersi a quel segmento di offerta più compatibile con le proprie convinzioni morali. Il miglioramento paretiano che ne deriverebbe è evidente: maggiore possibilità di scelta (anche sotto il profilo etico) per chiunque si trovi all'interno di questo particolare mercato, maggiore offerta di organi, potenziale diminuzione dei tassi di mortalità tra i pazienti in attesa di trapianto, forte limitazione delle vendite illegali di organi nei mercati neri. In linea di principio, l'esistenza di un mercato di organi all'interno del quale - legalmente - il prezzo di un rene possa essere positivo non dovrebbe neanche disincentivare le donazioni.
Che io sappia non esistono esempi di mercati legali di organi funzionanti in epoche passate. Non ci sono prove, dati o elementi che possano far pensare con assoluta certezza che un tal mercato possa davvero incentivare l'offerta attraverso un meccanismo di compensi monetari o di altra natura. Un motivo in più per proporne la sperimentazione: nel peggiore dei casi l'offerta non aumenterebbe, ma certamente non diminuirebbe. Data l'incertezza che sovrasta un argomento siffatto, un significativo passo in avanti sarebbe comunque rappresentato anche dall'introduzione di meccanismi di mercato regolamentati dall'intervento statale.
Di seguito riporto alcune delle proposte che sono state fino ad oggi formulate per la configurazione più opportuna di un ipotetico mercato di organi.
Mercato "forward" di organi di persone decedute. Proposto inizialmente dall'economista Loyd Cohen, prevede che il donatore - postumo e futuro - sia compensato oggi dallo Stato o dalle compagnie d'assicurazioni abilitate con una somma di denaro che lo incentivi ad iscriversi al registro dei donatori. Alternativamente, si potrebbe pensare alla richiesta di registrazione oggi in cambio di una somma di denaro molto più sostanziosa destinata ai familiari nel caso i propri organi siano effettivamente utilizzati per trapianti dopo il decesso. L'effetto di un meccanismo simile sarebbe quello di alleviare solo parzialmente i problemi connessi alla carenza di reni (nel caso specifico, è preferibile infatti che i donatori siano vivi), ma potrebbe incidere positivamente ed in maniera molto più marcata sull'offerta di fegati, cuori e polmoni. Si calcola che siano oltre 23 mila gli americani attualmente in attesa di trapianto di uno di questi organi.
Cassa di compensazione centrale. Con questo meccanismo, solo lo Stato o agenzie particolari designate sarebbero autorizzate a comprare dai venditori e distribuire ai malati nelle liste d'attesa gli organi resi disponibili. Come nel sistema corrente, gli organi acquistati sarebbero assegnati al miglior candidato successivo nelle liste d'attesa nazionali. Per la casse statali, il maggior onere dovuto all'acquisto degli organi potrebbe essere compensato dalla conseguente riduzione delle spese mediche correntemente destinate ai pazienti in lista d'attesa. L'incentivo offerto dallo Stato ai venditori potrebbe configurarsi non solo come una immediata somma di denaro, ma anche come un credito d'imposta o un vitalizio; un piano pensionistico dedicato, assistenza sanitaria presente e futura totalmente o parzialmente gratuita; assicurazione medica di altro genere e natura.
Acquirenti multipli. Si potrebbe introdurre uno schema in cui lo Stato non sia l'unico acquirente degli organi da redistribuire, ma uno dei tanti insieme, per esempio, a compagnie d'assicurazione private e ad associazioni e fondazioni impegnate nella costruzione e diffusione di opere caritatevoli.
Contratti privati. Probabilmente il modo più semplice per avviare un mercato di questo tipo, prima ancora di pensare a meccanismi più complessi per la gestione delle transazioni aventi gli organi come oggetto principale. Ma forse anche il meno esente da critiche e, in prospettiva, il più osteggiato. Cambiando le leggi attuali si potrebbe dare la possibilità a privati e liberi cittadini di accordarsi sui termini del rapporto contrattuale, con la probabile conseguenza che offerta e domanda sarebbero immediatamente più vicine. L'ovvia critica è che un sistema del genere potrebbe risultare poco equo, perchè potenzialmente favorirebbe solo coloro in grado di affrontare le spese per l'acquisto di un organo. Ci si ritroverebbe, tuttavia, in una situazione di miglioramento paretiano in cui qualche fortunato (generalmente, ma non esclusivamente, i più ricchi) potrebbe migliorare la propria situazione a fronte di vincoli di scelta più ampi e tutti gli altri (forse i più poveri, che comunque resterebbero nelle liste d'attesa nazionali) non subirebbero alcun peggioramento. Anzi, cosa affatto trascurabile, dal momento che chi acquista un organo attraverso contrattazione privata sarebbe rimosso automaticamente dalle liste nazionali dei pazienti in attesa di una donazione postuma o da vivi, tali liste finirebbero per accorciarsi considerevolmente inducendo una riduzione sostanziale dei tempi necessari per arrivare al trapianto. Tale effetto nettamente positivo, per i poveri, potrebbe in principio essere più che compensato se gli attuali donatori altruisti decidessero, in presenza di potenziali guadagni monetari, di non donare più il proprio organo ai pazienti nelle liste pubbliche ma di venderlo via transazioni private. Dubito che questo effetto possa essere rilevante, per due ragioni. Una grande percentuale dei donatori vivi è composta di parenti o amici dell'infermo, ed è tale relazione affettiva che li motiva; difficilmente posso immaginare una persona tanto altruista da essere disposta a donare un rene ad un autentico sconosciuto che, colta all'improvviso dal desiderio del denaro, decida di entrare in una transazione privata. Ad ogni buon conto, l'osservazione negativa è coerente ed un periodo di sperimentazione permetterebbe anche di quantificare questo effetto.
Le asimmetrie informative cui si faceva cenno inizialmente potrebbero essere risolte, in ciascuno degli schemi di mercato proposti, dal lato dell'acquirente attraverso l'obbligatorietà di analisi approfondite per la determinazione di compatibilità ed eventualmente qualità dell'organo ceduto; e dal lato del venditore attraverso l'offerta di consulenze specializzate ed individuali sui rischi specifici connessi alla cessione dell'organo e sulla corretta valutazione economica della transazione.
Per evitare, infine, che siano solo i più poveri a diventare venditori di organi e quindi la parte più rilevante dell'offerta in questo tipo di mercato (ammesso che questo sia eticamente deprecabile), potrebbero essere escogitati meccanismi incentivanti per i più ricchi applicabili in tutti i casi fin'ora proposti. Un esempio? Promettendo l'esenzione fiscale completa per uno, due o più anni, si potrebbe pensare di indurre anche gli individui più abbienti ad offrire un proprio organo.
Una precisazione: nel New Jersey l'attesa media per un rene da cadavere e` 4.5 anni, in Pennsylvania circa 3.5, a New York circa 5, ed e` uno degli stati con attesa piu` lunga. Nel Midwest anche solo 1-2 anni.
La sopravvivenza media in dialisi di un diabetico e` 4-5 anni, di un non-diabetico circa 8, ma tenete presente che l'eta` media di un dializzato e` negli USA circa 65 anni (per cui la life expectancy non e` poi tanto male).
In Italia si fanno molti meno trapianti e le liste sono molto piu` lunghe.
Alcune minorities aspettano di piu`, per motivi culturali e genetici.
Ci sono piu` African-Americans in Dialisi rispetto ai Caucasians, in percentuale alla popolazione, ed il pool di donatori e` piu` piccolo (statisticamente e` piu` probabile un good match tra persone geneticamente simili).
see www.USRDS.org