Comunque, stando a quanto ci racconta Repubblica la legge prevede ''fino a 25 mila euro di credito di imposta l'anno per un massimo di tre, per i talenti comunitari, con almeno due anni di residenza in Italia, non solo ricercatori, che vogliano tornare a lavorare nella Penisola.'' La versione di Beppe Severgnini sul Corriere è un po' diversa; la legge interessa ''chi è nato dopo il 1° gennaio 1969, possiede una laurea, ha lavorato negli ultimi due anni all'estero e decide di rientrare in Italia godrà di un forte incentivo fiscale: i maschi verranno tassati sul 30% del reddito, le femmine sul 20%'', mentre non menziona il tetto dei 25 mila euro. Sempre Severgnini ci informa che solo Futuro e Libertà ha votato contro la legge ''trascinata da un tonitruante Mario Baldassarri («un provvedimento inutile, demagogico e ipocrita!»)''. Qualche informazione in più si trova sul sito di controesodo, l'associazione formata da alcuni parlamentari e che ha promosso la legge. Lì non si parla dei 25mila ma di una ''riduzione dell'imponibile'' secondo le percentuali descritte da Severgnini.
Con tutte le cautele del caso, dato che la legge non l'abbiamo letta, vorremmo spiegare perché pensiamo che Baldassarri abbia ragione al 100% e tutti gli altri torto [UPDATE Continuiamo a pensarlo anche dopo aver letto la legge].
Il provvedimento è inutile. Aggiungiamo, e argomenteremo, che nostro avviso il provvedimento è anche dannoso. Il provvedimento è inutile perché convincerà pochissima gente a tornare. Provate a fare due conti. Immaginate di essere emigrato all'estero e che siate in una condizione tale che, in assenza della legge, non tornereste. Ci sono tante ragioni per stare (o non stare) all'estero: ambiente di lavoro, salario, condizioni familiari etc. Proviamo a monetizzare tutto questo dicendo che per il nostro simpatico emigrato stare all'estero vale Y euro l'anno in più che stare in Italia. In altre parole, per convincerlo a tornare in Italia il reddito annuale che riuscirebbe a percepire in tale paese dovrebbe crescere almeno di Y.
Qual è il valore di Y per cui l'emigrato sceglie di non tornare? Supponiamo per semplicità che il nostro emigrato abbia 35 anni, che pensi di lavorare fino a 65 e che il tasso a cui scontiamo i flussi futuri di reddito sia il 4%. In tal caso il valore attuale di un flusso annuale Y per trent'anni è circa (17,3)x(Y). Assumiamo che, ritornando in Italia, il vantaggio addizionale indotto dalla legge in questione sia di 25.000 euro all'anno, per tre anni. Il valore di un flusso di 25.000 euro per tre anni, sempre scontando al 4%, è di 69.377. Quindi l'emigrato tornerà solo se Y è minore di 4010 (ossia 69.377 diviso 17,3).
In altre parole, torneranno solo quelli per cui il valore annuale di stare all'estero anziché in Italia è di circa 4.000 euro. Si tratta di una cifra estremamente bassa (si ricordi che la legge è rivolta unicamente a laureati). Abbiamo fatto l'ipotesi che l'emigrante di ritorno sia in grado di usufruire di 25.000 euro di sconto fiscale. Se in realtà lo sconto si applica come abbattimento dell'imponibile questa cifra si applica solo a chi ha redditi sufficientemente elevati (per chi ha redditi moto elevati può essere di più, a meno che non ci sia un tetto; aspettiamo di leggere la legge per i dettagli). La cosa più importante però è la certezza dello sconto; per altri sussidi mascherati da riduzioni fiscali il modus operandi dello Stato italiano è stato quello di ''limitare i danni'' fissando ex ante l'ammontare totale della spesa (i recenti ''incentivi'' su motorini e motori fuoribordo hanno per esempio seguito questa logica). Quando la legge venne approvata alla Camera lo scorso febbraio, il Sole 24 ore scrisse
Il limite massimo di spesa per i bonus fiscali in questione è fissato in 100 milioni per il 2009 e 150 milioni, a decorrere dal 2010. È previsto, anche, un co-finanziamento regionale.
Quindi, molto probabilmente, gli aspiranti emigranti di ritorno si troveranno a decidere se tornare o meno senza la certezza di poter usufruire degli incentivi (tra parentesi: spero che il riferimento ai fondi per il 2009 sia un errore di stampa del Sole 24 Ore; se gli sgravi li danno retroattivamente a chi è già tornato è ovvio che non servono a nulla per incentivare a tornare). Aggiungiamo gli inevitabili costi di spostamento e adattamento che si pagano ogni volta che ci si sposta, e che sono tipicamente più alti quando ci si sposta tra paesi diversi, e si arriva facilmente alla conclusione che di queste agevolazioni godranno unicamente quelli che avevano deciso di tornare in Italia comunque.
Avevamo detto che in realtà il provvedimento è più che inutile, è dannoso. Per capire perché si parta dal seguente pezzo estratto dall'articolo di Severgnini.
In quanto alla copertura finanziaria - hanno ricordato Alessia Mosca e Guglielmo Vaccaro, due tra i parlamentari che più si sono battuti per questa legge - «la questione non esiste: se questi italiani non rientrassero, il fisco non avrebbe nulla. Il rientro porta comunque un gettito extra. Senza contare che rientrerebbero talenti, capaci di muovere l'economia».
Allora, cari onorevoli: vi è mai venuto in mente che comunque c'è sempre gente che viene e gente che va? Anche se il nostro saldo migratorio per i laureati è negativo, un po' di persone che, per svariate ragioni, decidono di tornare in Italia ci sono sempre. Su questi signori i soldi il fisco li perderà, eccome, grazie alle vostre agevolazioni. Siccome quelli che verranno convinti a tornare specificamente in conseguenza della legge saranno pochissimi, il beneficio netto per l'economia sarà nullo. Quindi si sarà introdotta l'ennesima bizzarra distorsione nel sistema fiscale (perché il laureato che è sempre rimasto in Italia deve pagare di più del laureato che è stato due anni all'estero? Perché il non-laureato che ritorna deve pagare di più del laureato che ritorna? Perché chi è nato nel dicembre 1968 deve pagare di più di chi è nato nel gennaio 1969?). Per non farsi mancar nulla, la distorsione andrà a vantaggio in modo abbastanza casuale di un gruppo di persone il cui reddito è tipicamente ben più alto della media.
Il provvedimento è demagogico. E' il tipico provvedimento che serve solo a ingraziarsi le masse grazie a qualche titolo ad effetto. Hey, chi è contro il rientro dei cervelli? I nostri politici hanno fatto credere che, in perfetta armonia bipartisan-natalizia, si siano messi d'accordo e, per ''il bene del paese'' e dei poveri emigrati a cui manca tanto il ragù come lo fa la mamma, hanno fatto una legge che senza costo alcuno fa ritornare i dispersi figliol prodighi. Peccato che la legge non sia senza costo e che i figliol prodighi non torneranno. Siamo troppo cattivi? Forse, però il pezzo di Repubblica conclude così:
Altre iniziative simile al ddl approvato oggi, in passato hanno sortito infatti risultati modesti. L'Italia riesce ad attrarre solo il 2% della mobilità internazionale di studenti. I provvedimenti promossi dall'ex ministro Moratti, prima nel 2001 e poi nel 2004, hanno riportato, e molti solo per qualche anno, appena 500 ricercatori.
Alla luce dei calcoli fatto al punto precedente la cosa non stupisce affatto. Molto semplicemente, riduzioni anche consistenti delle tasse che però sono solo temporanee è molto difficile che annullino il vantaggio permamente dello stare all'estero, per quelli che hanno deciso di emigrare. Si attribuisce ad Einstein l'affermazione secondo cui ''la definizione di stupidità è continuare a fare la stessa cosa aspettandosi risultati diversi''. Ci pare calzi perfettamente.
Il provvedimento è ipocrita. I difensori del provvedimento dicono cose come: «Certo, è una legge parziale. Basta, però, aspettare la palingenesi che non arriva. Questo è un contributo per aumentare l'attrattività dell'Italia» (Tiziano Treu, PD); «Questo è un primo passo confortante e una dimostrazione di responsabilità da parte di tutto il Parlamento. La classe dirigente non può più permettersi di alzare le spalle rispetto alla dissipazione delle sue migliori energie» (Enrico Letta, PD). In altre parole, il provvedimento magari non è quantitativamente molto importante ma almeno va nella direzione giusta.
No, signori onorevoli, non va nella direzione giusta. Lo sapete che non è con le mancette, con gli sgravi fiscali mirati e ridotti nel tempo che potete sperare di invertire la tendenza alla fuga dall'Italia per le persone di talento. Non fate finta. Questo è un provvedimento che va nella direzione esattamente contraria a quella necessaria. Complica ulteriormente il sistema fiscale e introduce prebende sponsorizzate dai politici che verranno allocate in modo più o meno casuale. Se volete veramente fare un primo passo per richiamare i talenti lasciate perdere le leggine di sgravio fiscale ad hoc fatte per pochi intimi e iniziate da subito a semplificare il sistema fiscale e a ridurre le tasse sul serio e per tutti. Lo sappiamo che è difficile, perché significa ridurre anche le spese. Ma questa è proprio la differenza tra un provvedimento serio e utile e un provvedimento stomachevolmente inutile, dannoso e ipocrita.
Perdonami Sandro, perdonatemi tutti ma non capisco da dove esce il 17,3.
Scrive Sandro:
Sommatoria per i che va da zero (o uno, non ho controllato il dettaglio) a 30 di (1/1.04)^i (il simbolo "^" denota esponente). Dovrebbe dare 17,3.
È una maniera per calcolare il valore presente scontato del flusso di reddito che questo signore si aspetta di ricevere dall'età di 35 a quella di 65, ossia durante i 30 (31?) di lavoro che gli rimangono.