Hurwicz era una
persona buona,paziente e generosa:
bastava vedere la pazienza che aveva con gli studenti. Però era anche capace
di realismo nel giudicare le persone, mostrando una abilità che si può solo
definire astuzia. Le vicende della sua vita lo avevano reso necessario. Hurwicz
aveva portato nel suo lavoro scientifico queste due qualità complementari: il
desiderio di migliorare la società e il realismo.
La politica
oscilla fra dichiarazioni altisonanti e la realtà. La camera di compensazione
del divario fra sogni e realtà è, nella retorica, la virtù del leader o la
speranza; nella pratica l’ipocrisia. Gli economisti "neoclassici" hanno da secoli,
più modestamente, cercato di capire cosa è realisticamente possibile. La
teoria della incentive compatibility, e cioé la teoria di cosa si può fare se
si parte dall’idea che le persone rispondono agli incentivi, è la chiave di volta di questa comprensione.
Dopo Hurwicz l’economia è passata da scienza di ciò che è a scienza di ciò
che può realisticamente essere.
Condivido il tratteggio di Leo che fai.
È vero che Leo era astuto, nel senso di molto consapevole delle molteplici variazioni della natura umana, della nostra natura duplice, della tendenza a rappresentare le cose, specialmente le proprie, in modo diverso da come conosciamo esse siano. Era, insomma, tutt'altro che ingenuo. Credo che questo l'abbia spinto a studiare i problemi che ha studiato, a riconoscere il problema degli incentivi e dell'informazione personale e privata come essenziale. Insomma concordo: Leo capiva i suoi teoremi in modo forse più profondo di quanto li capiscano molti di quelli che hanno seguito la sua linea di ricerca. Li capiva intuitivamente, per proprio carattere.
D'altro lato, essendo istintivamente generoso ed ottimista nei confronti della vita e delle persone, pensava anche che con pazienza ed incentivi appropriati si potesse sempre riuscire ad ottenere il "meglio" dalle persone. A tutti, pensava, si puo' far rivelare la parte "buona". Così facendo e credendo, in un senso abbastanza preciso, contraddiva quell'altra sua intuizione profonda sulla natura umana, quella da cui originava la sua astuzia. Per questo rimase sempre una persona convinta che il "dover essere" fosse "implementabile", sia nel privato che nel pubblico. Anche qui, perché lo desiderava a capiva intuitivamente, a livello caratteriale.
Insomma, Leo Hurwicz era un "socialista astuto" o un "benevolo disegnatore di meccanismi", lo era caratterialmente (istintivamente? "irrazionalmente"?) ancor prima che razionalmente.