The common base of all the Semitic creeds, winners or losers, was the ever present idea of world-worthlessness. Their profound reaction from matter led them to preach bareness, renunciation, poverty; and the atmosphere of this invention stifled the minds of the desert pitilessly. A first knowledge of their sense of the purity of rarefaction was given me in early years, when we had ridden far out over the rolling plains of North Syria to a ruin of the Roman period which the Arabs believed was made by a prince of the border as a desert-palace for his queen. The clay of its building was said to have been kneaded for greater richness, not with water, but with the precious essential oils of flowers. My guides, sniffing the air like dogs, led me from crumbling room to room, saying, 'This is jessamine, this violet, this rosé. But at last Dahoum drew me: 'Come and smell the very sweetest scent of all', and we went into the main lodging, to the gaping window sockets of its eastern face, and there drank with open mouths of the effortless, empty, eddyless wind of the desert, throbbing past. That slow breath had been born somewhere beyond the distant Euphrates and had dragged its way across many days and nights of dead grass, to its first obstacle, the man-made walls of our broken palace. About them it seemed to fret and linger, murmuring in baby-speech. 'This,' they told me, 'is the best: it has no taste.' My Arabs were turning their backs on perfumes and luxuries to choose the things in which mankind had had no share or part.[1]
Quel che segue non pretende d’essere una soluzione a nulla. Parte da una riflessione che colpì chiunque guardò anche la televisione, se non lesse qualche riga. È contro il fiume principale, il cosidetto mainstream, in quanto rigetta le facili certezze sfondo della maggior parte delle opinioni, a volte saccenti,di molti. Chi scrive è né militare né diplomatico, piuttosto un osservatore interessato. Come uditorio è sconsigliato alla moschea, ai gazzettieri e assortiti fanatici.
Non chiamo la regione Medio Oriente per la puzza di impero britannico che il termine ritiene, il Vicino Oriente deve iniziare in Normandie e così via. Le origini sono lontanissime: la regione della mezzaluna fertile ha un’ottima candidatura ad essere la sede della prima agricoltura umana, tra 13000 e 14000 anni fa, circa, ed è sede di imperi Achmenidi, Assiri, Egizi, fino all’impatto delle armate meditarranee, macedoni, romane poi. All’alba delle ere moderne, la nascita di una setta ebraica con successo semi planetario, e il fenomeno abbastanza straordinario dell’ultimo profeta dei credi monoteisti che iniziò Islam. Quando le orde d’oro di origine mongola e turkmena arrivano in Anatolia, si ebbe l’origine dell’impero di Osman che è il diretto determinante della geografie di cui qui si parla.
Si veda qui una mappa che almeno da un’idea delle dimensioni del posto (cliccare per ingrandire)
(Devo la mappa a A Concise History of the Middle East, di A. Goldschmit Jr. & L. Davidson, Westview, 2013—Il testo è un libro di storia per le scuole medie e al primo anno di università.)
Di quel che se ne sa a tuttora la regione è al 85%~ musulmana, con una grande divisione tra il gruppo sciita e il gruppo sunnita. È distintivo tra la maggioranza musulmana l’impatto enorme dei seguaci di M. Abd al-Wahhab (18mo secolo del calendario dei cristiani) che costituiscono tuttora la colonna vertebrale dell’alleanza tra Ikwan e clero forgiata dalla famiglia reale di al Saud. Altrettanto importante, se pur numericamente di meno peso, l’Islam Alawi[2], la religione semi segreta dell’attuale elite dirigente in Siria. Sempre più piccole minoranze sono cristiane, Maronite, ortodosse, coptiche, quanto la molto vocale e microscopica minoranza ebrea. La storia è lunga e complicatissima, e se fosse cagione di curiosità per chi legge ci ritorniamo. Adotto qui per scelta una procedura di semplificazione estrema. La forma statuale del vicino oriente (per intendersi, si tolga dalla mappa tutto quell che è chiaramente turkmeno, ossetian, tchechen, Pakistani, etc.) è determinata dalla multinazionale estrema espansione ottomana. Il sultanato dopo aver perduto quasi tutti i territory europei (rimane solo un fazzoletto che è l’area europea del comune di Istambul di adesso) governa praticamente tutto ciò che non è puro deserto da Bosphorus al Nilo. In una grande rivoluzione di tipo modernizzante il comitato dell’unione e del progresso abbatte il sultanato e inizia il processo che si tinge di nazionalismo entusiasta con grandi riforme. In un attacco di perversa malveggenza, accetta l’offerta del 1914 di allearsi con l’impero di Kaiser Wilhelm II, il quale dichiarò Jhad etc. contro le forze franco-anglo-americane. La Guerra venne precipitosamente persa e ne uscirono tre blocchi di potere reale. Uno è il territorio della famiglia di Abdul Aziz, il padre di tutti i monarchi sauditi, uno è il blocco che va dai confine biblici (si vedano ch 10-11 di “genesi”, la famosa tavola delle nazioni) fino alle montagne dove ora sta Kurdistan, il terzo è l’immarcescibile impero dei persiani, che non sono arabi in nessun senso. Con ordine, l’Egitto ottiene lentamente forme di indipendenza da un protettorato dell’impero britannico che concorda con la repubblica di Francia un accordo (noto come l’accordo tra F. G. Picot e M. Sykes raggiunto tra la fine del 1915 e l’inizio del 1916, con l’assenso ricercato ed esplicito dello Zar.)
Questo è il primo punto su cui riflettere: i confini statuali sono affatto artificiali, la pressione a cui i due giovanotti pensarono ben di soccombere è la divisione tra le zone di influenza francese e inglese.
Vedasi qui uno schema, che è la mappa originale dell’accordo (cliccare per ingrandire):
Questi sono tuttora i parametri del problema. Due elementi vanno aggiunti perché riesca comprensibile che cosa abbia in testa chi scrive. Il regno di Al Saud andò sotto egemonia USA per varie ragioni di ordine politico ed economico (Abdul Aziz fu il primo a firmare i cosidetti accordi con “sette sorelle”) e un ennesimo movimento di ordine “mazziniano”[3], revanchiste che promosse la “salita” degli ebrei alla patria biblica, il cui confine era ed è sono tutto meno che chiaro riuscì a persuadere la corona a prevedere una terra nazionale degli ebrei. A la fin de la fiera, troviamo l’attuale stato di Israele. Per la cronaca, mai esistette uno stato palestinese, sul qual punto si riverrà a tempo debito.
Durante il periodo della disgregazione del potere ottomano, vari movimenti nazionalisti si svilupparono, il principale è un movimento pan arabo grossomodo iniziato da gruppi intellettuali e militari, interni alle elites ottomane di etnie circasse e arabe. Il tutto ebbe un enorme impulso quando la dinastia che deriva dal trisnonno del Profeta o da Fatimah, figlia del medesimo, venne guidata da Hussayn, sceriffo di Mecca (quindi guardiano dei luoghi santi alla religione.) Sharif Hussayn bin Ali (il padre di Faisal che sarebbe divenuto a fine guerra re di Siria e poi di Iraq e di Abdullah da cui discendono tutti i monarchi giordani) guidò la rivolta araba negli anni ’10 del secolo scorso. Il re delle montagne (re di Najd) sarà il futuro re “saudita” che annetterà I luoghi sacri a cui tuttora tutto l’islam di tutto il mondo va una volta nella vita. Hejaz che era la base tribale degli Hashemite diventerà completamente arabo e “saudita” all’annessione. Circostanze speciali vennero prese in considerazione per quel che adesso viene chiamato Libano (una provincia siriana in effetti) data la presenza massiccia di drusi, maroniti, insieme ai musulmani, sotto protettorato francese. Sotto protettorato inglese venne creato una pseudo entità palestinese (uno degli effetti nefasti del capolavoro di ambiguità politica e logica che fu la lettera di A. J. Balfour a W. Rothschild del 2 di Novembre del 1917) che favorevolmente vide una “nazione” ebraica sottoposta alla corona. Non uno stato, un’entità che garantisse i diritti delle comunità etniche e religiose presenti nella terra, che gli ebrei chiamarono “terra” e basta, gli altri non si sa, visto che il nazionalismo palestinese in periodo di “mandato” britannico era in formazione ed aveva espressioni politiche assai povere.
[1] T. E. Lawrence, The Seven Pillars of Wisdom, ch. 3. Il testo dei pilastri è qui citato dall'edizione del 1926. Il testo reale di Lawrence esiste ed esisteva, per ragioni di copyright venne pubblicatio nel 1997. Ne esiste una buona traduzione italiana di Erich Linder che V. Bompiani e A. Mondadori pubblicarono nel 1949 e nel 1971.
[2] Alawi sono Shia seguaci del cugino del Profeta, storicamente il primo ‘iman’. La tendenza è assai minoritaria, presente in Turchia e in Siria.
[3] Assumo per semplicità di scrivere per italiani Il cosidetto sionismo è invenzione di un altro asburgico eccentrico, T Herzl, che rivatillizzò con maniacale passione un sogno che non è proprio quel che gli ebrei religiosi hanno in testa quando parlano di tempi messianici. Il successo fu notevole, alla fine dei conti nonostante vi fosse un’opposizione straordinaria sia nelle comunità diasporiche che nelle società europee di fine del diciannovesimo secolo. Non sto a rievocare I fantasmi dell’antisemitismo europeo perché è troppo noto e fan venire conati di vomito.