La politica
La regione nel periodo che segue la disgregazione dell’egemonia ottomanaé il teatro dello scontro tra due formazioni. La prima è di origine modernizzante, e in tutti I sensi del termine nazionale e socialista. Nel periodo dell’occupazione francese della grande Siria sotto l’impulso di Michel Aflaq (1910-1989) nacque BAATH, formalmente anche adesso il partito egemone in Siria. La formazione nacque come risposta alle posizioni del partito comunista libano-siriaco che favorì le politiche coloniali francesi. In Egitto ambienti intellettuali e militari iniziarono vari complotti contro la decadente monarchia. In pratica il pugno di ferro delle legioni beduine dei re di Giordania mai permisero che si affermasse alcuna opposizione antimonarchica. Nei deserto immense dei Saud, l’opposizione è forse impensabile, data la ibridazione del potere religioso e politico. Per darne alcuni tratti la tendenza modernizzante si caratterizza come laica, spesso espressione di borghesie urbane, educate, e spesso aduse all’alcol e così via. In breve, assai lontane dalla tradizione. Anche il tetragono Shia Iran si modernizza gli imperatori del pavone fanno girare le femmine in minigonna. Si stanno qui considerando gli anni che seguono la conquista di Gerusalemme fino agli anni ’70 sel secolo scorso. In Egitto il period di dittatura socialista-militare di G A Nasser è il periodo dello sviluppo dell’Egitto moderno, con l’incubo continuo, catastrofico per il personale militare, di mai riuscire a basare il proprio potere su una vittoria militare su Israele, che nel 1956 persino appoggia un’ennesima follia d’Oriente di Francia e Inghilterra per “assicurare il canale.”
La seconda tendenza è una direttamente reazionaria. Si basa su idee quasi mitiche di far rivivere lo spirito dei pochissimi seguaci iniziali del profeta, include elementi arcaici quasi astrologici e manie locali come l’odio per la musica e la danza, congiunti a forma di sessuofobia che fa ridere per non piangere. Le espressioni sono molteplici, dalla fratellanza musulmana in Egitto, Siria, Iraq fino alle maniacali trattazione di Qutb e le miriadi gruppuscolari Salafi. Due elementi che stabilizzarono per decenni le fazioni governative e nazionaliste fu l’uso assai scaltro degli interessi sovietici dopo gli anni 45-49 fino alla presidenza di B. Eltsin. A tutt’ora le armi in Siria sono russe, e il secondo elemento fu il sostegno che le classi medie diedero a modernizzazioni educative, sanitarie e di benessere, spesso lubrificato dai flussi petroliferi. Come in molti casi le borghesie nazionali fecero un uso spesso corrotto delle “partecipazioni statali.” Seguendo dettami Keynesian-bolscevichi stile NEP, le elites statuali divennero vere potenze economiche, con tutto il clientelismo che è facile immaginare. La reazione che si associa alle credenze religiose richiama in vita sensi di povertà, castità, e santità che difficilmente anche nelle percezioni esterni si riesce ad associare con Hussein (che dopo una serie di colpi di stato divenne presidente delle Repubblica Iraqena.) Lo scontro tra le due tendenze divenne di interesse esterno alla regione a causa di inviasioni military (i due casi cruciali furono ovviamente l’invasione sovietica di Afghanistan e le due [o tre?] invasion angloamericane di Iraq.) Allo stesso tempo il conflitto palestino-israeliano mai trovò soluzioni non parziali. A tuttora solo tre stati hanno firmato trattati di pace (Egitto, Giordania, Israele) e forse val la pena di rammentare che due dei protagonist maggiori dei tentativi di stabilizzazione vennero massacrati dai loro connazionali, non da complotti di Mossad, al Qaeda etc.
Le idee poche e miserabili del sottoscritto
Il quadro della situazione tracciata qui è, a giudizio di chi scrive, largamente non controverso. In una regione con gravi problem di risorse (l’acqua in primo luogo) con una demografia a volte esplosiva, vi è in pratica una dualità di economie che funzionano solo in Israele e nelle formazioni intorno agli emiri del Golfo, circondate da enormi sacche di miseria vera. Il carattere estremamente violento dei conflitti colpisce i bianchi (qui semplifico, lo so che 9/11 ha anche fatto vittime nere) solo quando gruppi di deficienti illustrano le proprie posizioni con il grand guignol ad essi caro (gli aerei che abbattono le torri, le decapitazioni con coltello arruginito e scemenze simili) ma pochi notano che la guerra più lunga del 20mo secolo è un effetto diretto del confronto tra le due tendenze. La Repubblica di Iraq invase Iran e combatté per 8 anni in battaglie di tono “Verdun” e “Gorizia” con poveracci in trincee con finte maschere a gas, i suicidi pasdaran che marciano sulle mine per far strada ai blindati e così via. Giusto per dar dimensioni numeriche, si stima che solo tra il personale militare la guerra 1980-1988 fece un milione di morti, nessuno è in grado di stimare i caduti civili. Mentre taniche di inchiostro si versano per decidere se il tale edificio sia davvero o meno stato usato da Hamas come scudo di civili contro i bombardamenti, pochi notano come un esempio minore di massacro sono i tre successive stermini della popolazione di Hama, eseguiti dalle milizie Alawi contro la fratellanza musulmana. Si noti come in tutto ciò la questione palestinese abbia nulla a che fare con nulla. Altrettanto chiaro sia che il sorgere del nuovo sultanato detto ISIS o ISIL è solo la coda del disfacimento dei piani megalomani di al Qaeda (versione al Zuhawiri) e lo sbriciolamento dei fronti Salafi. Questo ha dato sia la “carne da cannone” che la base politica alla parte reazionaria che nuovamente deve far risorgere l’Islam puro e duro delle origini. La base politica è una popolazione impoverita e massacrata da elites corrotte e imbelli. Eccezioni da segnalare, appunto Saudi, Israele e il Golfo. Non sono in grado di apprezzare se chi legge ha un’idea di che cosa sia un fenomeno come ISIS: il miglior paragone che mi viene in mente, ed è imprecise assai, è il passaggio dal leninismo in sedicesimo di Negri e Piperno o delle brigate rosse in meno di due decenni si passò ai poveri scemi alla Morucci e Barbone, lo sbriciolamento di ogni idea sul che fare portò ad un’orgia di violenza che andò in nessun luogo (forse ai cimiteri.) Il paragone manca un elemento decisivo, mentre le cosidette masse invocate dai teorici dell’ “operaio massa” avevano tutt’altro per il capo, le masse medio orientali sono religiose davvero ed è molto meno che chiaro che vi siano elementi di elites intellettuali e politiche in grado di far di meglio che pura repressione, contro “quasi” tutto, e soprattutto contro tuttE.
Nel piccolo osservar pensando di chi scrive, vennero raggiunte due assai modeste idee, le cui conseguenze, forse, van considerate in dettaglio.
I1. Abbandonre lo schema coloniale del tracciare confine e decisioni che devono la loro ragion d’essere semplicemente all’idea di divide et impera. Il caso formidabile e paradossale è la provincial sirian sul mediterraneo. I libanesi vennero costretti ad una costituzion in cui se il president era maronita il parlamento era islamcio, e così via. Al sottoscritto appare più sensate adottare la posizione di Stalin (circa 1944-1947) in cui dati alcuni fatti sul terreno si lascino le comunità decider da loro che fare coi confine e le risorse. Pur se l’idea sembra innocua, è ben lungi dall’innocenza. Se si accetta che Kurdistan sia un’entità (cos ache io accetto) questo significa smembrare Turchia=sud/est, Iran (parte di), Iraq (ibidem) e Siria. Se si accetta che esista un’entità palestinese (assai più complicato dato che nessuno sa dire cosa distinse i giordani a Wadi Rum dai giordani di Wadi Ara), come io accetto si stabilisca un aggeggio nella zona del Giordano sul modello di quell che fece il Giappone del 1945 e la Germania post-Hitler (uno stato fortemente smilitarizzato, semmai con piani “Marshall” in cui le regioni più favorite sussidiano per qualche decennio lo sviluppo di posti massacrati dalle guerre.) Il che implica costi non indifferenti per Israele. Se si accetta (come credo sia quasi autevidente) che ha poco senso immettere ulteriori elementi di tensione con Iran, che essi paghino prezzi territoriali e abbiano le loro ossessioni col plutonio arrichito soddisfatte (dopo tutto l’unico stato Islamico nuclearizzato [1] non pone rischi minori.) L’idea central è qui di abbandonare il pensiero tardo imperial per cui si “esporta” un modello politico. È francamente buffo che chiunque pensi che le alture del Golan assomiglino politicamente alla Provenza e al Maine.
I2. Qui ne esce il debito di chi scrive a P.P. Pasolini, e il luteranesimo affrescato nel titolo. Islam ha una vera particolarità. A differenza di tutte le credenze di peso mai sviluppo’ una dottrina politica. In questo è simile al giudaismo classico [2], anche se Israele-stato è assai lontano da ideali religiosi qualsiasi. Il punto è che gli sviluppi luterani del period che i cristiani chiamano riforme, non avvennero in terre Islamiche. Anche la prosperità dell’Islam europeo, le glorie di Cordova etc. produssero medievali accettazioni di tolleranza data da un sovrano e non da un qualsiasi sistema repubblicano di responsabilità civili delle elites politiche. Qui più che un’idea è una speranza in gioco. Se le popolazioni islamiche delle terre di cui si parlò, lasciate ad un loro sviluppo con molto meno interferenza di vari viceré mandati da Washington, Paris, London, Berlin etc. non abbiano il tempo e l’agio di sviluppare un modello di sviluppo che li approssimi a stati perfettamente Islamici (ho in mente Indonesia) che non spendano la maggioranza delle loro risorse in cretinate come l’educazione dei bambini al martirio nel madrassa. Due punti non negoziabili, presentati da diversi studiosi islamici, tutto meno che stupidi. Punto primo: lo sviluppo di una teoria bancaria islamica che generi una base di credito finanziaria che non sia solo il “dono ai poveri.” Secondo, forse ancora più urgente: la revision dell’ossessione con l’oppressione della popolazione femminile. Quali che siano le opinion di chiunque sul valore delle femmine, non si uno sviluppo di capital umano quando metà e più della popolazione viene incatenata ad un future privo di educazione, di scelte lavorative.
Il deserto, dice un personaggio in un film, ha inghiottito più sangue di quanto riusciamo a ricordare. Forse è tempo di riconoscere che le ere petrolifere hanno meno e non più importanza che nel secolo scorso e che Islam, quanto i cristiani sia in grado di superare gli stadi in cui le uscite erano sempre e solo guerre per … riconquistare le santé sedi (Gerusalemme riconquistata da Rashid Kaliph dai bizantini invasori, liberatadall’occupazione crociata dal kurdo Saladin, conquistata da Allenby di Gaza, conquistata da Motta Gur…)
[1] Pakistan
[2] A chi si interessi di filosofia politica va suggetito il trattamento assai acuto di M. Walzer In God’s Shadow (all’ombra di dio), Yale 2012.
L'orgia di violenza che si sprigiona in medio oriente e che rischia di dilagare e gettare l'occidente nel terrore è qualcosa su cui le potenze colonialiste occidentali sono state messe in guardia da tempo, quando ancora i gruppi terroristici organizzati non esistevano così come non esisteva una roba come l'ISIS.
A mio parere il problema principale del medio oriente è la presenza sionista e le politiche di pulizia che esso adotta da più di cento anni mai contrastate (anzi.....) dal mondo occidentale.
Vorrei invitarvi a leggere almeno i primi paragrafi di questo documento spedito dall'ambasciatore USA a Bagdad Burton Y. Berry al Dipartimento di Stato USA, datato 11 settembre 1952.
www2.gwu.edu/~nsarchiv/NSAEBB/NSAEBB78/propaganda%20073.pdf
Forse in quegli anni si era ancora in tempo per gettare le basi di una pacifica convivenza, ma oggi non so quanti possano avere la bacchetta magica per risolvere una situazione ormai degenerata. Sicuramente una delle cose da fare è smettere di convincere la popolazione occidentale che islam=terrorismo e cominciare a ragionare sugli errori fatti per evitare di replicarli in futuro. Rivedere le politiche estere di parte e cominciare a far valere le parecchie risoluzioni ONU pendenti su Israele (ricordo che l'occidente e Israele stesso ha bombardato pesantemente altre nazioni per molto meno) potrebbe non essere la soluzione, ma forse il mondo arabo comincerebbe a cambiare idea sulla complicità occidentale nella questione israelo palestinese, che poi è la chiave di tutti gli scossoni medio orientali, e cominciare una politica di distensione che gioverebbe a tutte le popolazioni vittime di queste politiche (che siano ebrei, cristiani o musulmani poco cambia, laggiù tutti subiscono queste politiche)