Questa settimana: il modello di sviluppo venezuelano; la politica economica di Fini; federalismo e tutela della concorrenza; la funzione assicurativa della famiglia italiana.
Buona lettura e buon fine settimana.
- C'è un paese che ha tassi di crescita negativi quando nel resto del continente le economie crescono. C'è un paese in cui lo stato continua ad espandersi condizionando tutti gli aspetti della vita economica e sociale. C'è un paese che fa scappare i suoi scienziati, dottori e più in generale chiunque abbia alta produttività. C'è un paese in cui l'unico progresso viene dagli immigrati che hanno una gran voglia di lavorare ma tipicamente basso grado d'istruzione. Cosa avete capito? Questo paese è il Venezuela.
- Fini interviene sul Sole 24 Ore per spiegare le proposte del suo gruppo in tema di politica economica. A me sembra chiara l'ispirazione di Baldassarri, che direi è buona cosa. Restiamo in attesa di capire meglio le proposte (o mancanza delle suddette) sul federalismo e su liberalizzazioni e privatizzazioni. La lettera si concentra solo su tasse e spese.
- Un aspetto preoccupante della decentralizzazione federalista è che in alcuni casi le autorità locali possono essere più facilmente manipolate dalle lobbies locali che quelle centrali. In particolare c'è il rischio che la legislazione a livello regionale introduca norme anticoncorrenziali che sono in contrasto con la legislazione nazionale. Beniamino Caravita, ordinario di diritto pubblico alla Sapienza, discute su federalismi.it gli aspetti legali del problema. Si noti che Caravita parla dei problemi che sorgono dall'interpretazione della modifica costituzionale del 2001, non della recente (e ancora incompiuta) legge sul federalismo fiscale.
- Uno studio di Sauro Mocetti, Elisabetta Olivieri ed Eliana Viviano, pubblicato nei quaderni di economia e finanza della Banca d'Italia, guarda al ruolo che le famiglie italiane hanno giocato nell'attutire gli effetti della crisi. La famiglia in effetti appare giocare un ruolo assicurativo; la percentuale di famiglie in cui nessuno lavora è aumentata con la crisi ma in misura più contenuta rispetto al calo occupazionale. Il meccanismo sembra essere semplice e ben noto: i giovani che perdono il lavoro vengono riassorbiti dalla famiglia.
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Le famiglie che si aiutano, sono sicuramente apprezzabili. Che nel contesto italiano, a questo livello di pressione fiscale e spesa pubblica esse debbano fungere da ammortizzatori sociali lo trovo una incommensurabile vergogna.