Questa settimana: Ceccanti sul sistema australiano; tre episodi di riduzione della spesa pubblica; FareFuturo e la rivoluzione liberale; ''term limits'' nel PD; matrimonio e recessione in USA.
Buona lettura e buon fine settimana.
- Stefano Ceccanti, parlamentare PD da sempre attivo nell'area delle riforme elettorali, ha pubblicato su Europa un articolo in cui propone qualcosa di molto simile al sistema australiano. Per divertente che sia il fatto che si inizi a discutere di questo sistema, resto dell'idea che, date le forze in campo, se il porcellum verrà cambiato sarà a favore di un sistema più proporzionalista. Per la cronaca, Ceccanti è uno dei 75 parlamentari che avevano qualche tempo fa formato una specie di corrente veltroniana. Come avevamo osservato, i veltroniani sono in questo momento la principale forza antiproporzionalista.
- Su Reason, Arnold Kling, David Henderson e Maurice McTigue raccontano di tre episodi distinti in cui il peso della spesa pubblica è stato drammaticamente decresciuto senza portare a particolari sconquassi, anzi. Si tratta degli USA nell'immediato dopoguerra, Nuova Zelanda negli anni '80 e Canada negli anni '90. Negli USA la disciplina fiscale venne imposta da un presidente democratico, Harry Truman, e un congresso repubblicano. In Nuova Zelanda e Canada la disciplina fiscale è iniziata con partiti collocati sulla sinistra dello spettro politico.
- Io ci ho anche provato a leggere questo articolo di Emiliano Sbaraglia sul sito di FareFuturo. Il titolo (''A proposito di rivoluzione liberale'') sembrava anche attraente, ma io proprio non sono riuscito a capire cosa volesse dire. Se qualche lettore me lo spiega...
- Questo articolo di Francesca Terzoni è girato un po' sulla blogosfera (io l'ho trovato sul sito di Gilioli) e spiega come cambierebbe radicalmente la composizione dei gruppi parlamentari del PD se venisse effettivamente applicata la regola statutaria che limita a tre il numero massimo di legislature in cui un parlamentare può sedere. Il condizionale è d'obbligo.
- Justin Wolfers analizza l'argomento che la recessione ha portato a una riduzione del numero di matrimoni negli Stati Uniti e conclude, sostanzialmente, che non è vero. Gli americani si sposano meno, soprattutto tendono a sposarsi più tardi, ma si tratta di un trend secolare poco legato al ciclo economico. Un fatto interessante sembra è che il calo nel numero di matrimoni è più pronunciato tra le persone a più basso reddito.
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Se il PD applicasse il proprio statuto così come lo ha scritto sarebbe una delle migliori notizie per la politica Italiana degli ultimi 16 anni!
Certo poi potrebbero sempre trovare delle scuse, tipo che la legislatura precedente è durata meno di 5 anni, ma speriamo di no!!!