Letture per il fine settimana 23-1-2010

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In questo numero: la dissidenza in Iran, vista da una giornalista iraniana fuggita in Canada; il dialetto veneto come lingua; interviste ad economisti di chicago; la crescita del PIL pro capite in Italia; la distribuzione mondiale del reddito.

Buona lettura e buon fine settimana.


  • La dissidenza in Iran, narrata da una giornalista iraniana in esilio volontario in Canada. La giornalista, nata e cresciuta in Iran, formatasi a Toronto, e rientrata in Iran nel 2001 come reporter per il NY Times, segue il movimento di protesta sorto dopo le elezioni del giugno 2009. A seguito di minacce sempre più dirette, decide di lasciare l'Iran durante l'estate. L'articolo fa il punto della situazione attuale, ma soprattutto riflette sul potere del web sia per far circolare all'esterno notizie sulla dissidenza, che come strumento di coordinazione per i manifestanti stessi. Interessante la descrizione dell'uso del "Bluetooth" per rendere "virali" i filmati istantanei ripresi durante le manifestazioni.

 

  • Il tema "di lingua ce n'è una (l'itagliano) tutti gli altri son dialetti" ricorre frequentemente su nFA. Un punto di vista favorevole all'idea che in Italia si parlino svariate altre lingue, oltre all'italiano e che il veneto sia uno di queste si trova in questo post (la parte iniziale e finale è in veneto, ma quella centrale, che è quella rilevante, è in italiano ...).

 

  • Le "Chicago Interviews" (in inglese), John Cassidy del New Yorker intervista 7 economisti di Chicago sulla crisi e sulle conseguenze per la "Chicago school". In ordine: Raghuram Rajan, Kevin Murphy, James Heckman, Gary Becker, John Cochrane, Eugene Fama, e Richard Posner. Imperdibile l'ultima domanda a Fama: ''Che ne dice dell'articolo di Krugman sul NYT dove ha attaccato Chicago economics e l'efficient market hypothesis?" "Il mio atteggiamento è: se ti attacca Paul Krugman, stai sicuramente facendo qualcosa di giusto".

 

 

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Commenti

Ci sono 13 commenti

ottime le interviste! Thaler é rimasto fuori per svista, vero? :-)

Cassidy e' bravo, ha intervistato anche Thaler.  Nella prima frase spiega perche questa intervista e stata fatta dopo le altre.

 

Segnalo che Carlo Stagnaro su chicago-blog offre un riassunto e commento del paper di Pinkovskyi e Sala-i-Martin sulla distribuzione mondiale del reddito.

Ho letto con interesse l'articolo di Pinkovskiy e Sala-i-Martin su voxeu.org. Tuttavia alla fine della lettura mi sono rimaste delle perplessità metodologiche che probabilmente qualcuno qui può aiutarmi a sciogliere.

Mi sembra che un'assunzione molto forte (e decisiva per l'analisi nell'articolo) sia che l'income e' distribuito secondo una lognormale. Quest'assunzione ha una base altrettanto forte? (Non conosco la letteratura in questione e se avete referenze da segnalarmi a proposito, sarei ben lieto di leggerle.)

Conosco l'argomento del rumore random moltiplicativo che converge a una lognormale, ma non lo trovo particolarmente forte perchè la convergenza e' buona per la parte centrale della distribuzione ma lenta sulle code, se non sbaglio. Visto che la povertà corrisponde alla coda bassa della distribuzione, diventa cruciale sapere quanto è attendibile approssimare questa coda con una lognormale.

Invece il gini coefficient e simili indici di disuguaglianza dovrebbero essere meno dipendenti dalla coda bassa (e forse dipendenti dalla coda alta solo in caso di fat tail, ma per ora trascuriamo questo caso) e quindi la diminuzione nella diseguaglianza mondiale dovrebbe essere un dato attendibile almeno ignorando fat tails. Dico bene?

Una domanda finale che c'entra poco, solo per curiosità. Nel grafico finale (figura 4) si vedono chiaramente due fasi di diversa diminuzione della povertà che corrispondono al 1970-1988 e 1988-2006 circa. Avete un'idea della ragione alla base di questo andamento?

mi piacerebbe avere lumi/commenti su un punto dell'intervista di Cochrane.

 

Is that the lesson here—that we need to integrate finance into macroeconomics?

Well, yeah...I’ve been preaching that for twenty years. I do half finance and half macro. I see this as a great research opportunity. People who are trained in macro, they think about the interest rate. They don’t think about variation in credit spreads or risk premiums. In my finance (research), I see risk and risk premiums as being what matters most. Macro until a couple of years ago wasn’t really thinking about risk and risk premiums. It was just, oh, the Fed and the level of interest rates. So I’ve thought these things should marry each other for a long time. But that’s an easy thought to have. Doing it is the hard part.

Has anybody got anywhere on it?

Oh yeah, but it’s hard. Asking big questions, talking about fashionable ingredients is easy, it’s the answers that are hard, actually cooking the soup. People also say economics needs to incorporate the insights of psychology. Great. Thanks. I’ve heard that from (Robert) Shiller for thirty years. Do it! And do it not just in a way that can explain anything.

 

il matrimonio macro-finance è una necessità o comunque una/la strada promettente (o solo un'ovvietà)?

sia in relazione a tale matrimonio, sia in sè per sè: in financial economics ci sono dei modelli effettivamente robusti? quali? (consumption-based: campbell cochrane 99 jpe ? production-based: cochrane 91 jf ?) il difetto dei modelli "behavioral" - tanta flessibilità / poca verificabilità - davvero non applica ai modelli più standard?

 

grazie mille

Ovvietà.

sul NYT di oggi c'e' un  op-ed di Saviano sui fatti di Rosarno che ritengo interessante
http://www.nytimes.com/2010/01/25/opinion/25saviano.html?hp

(forse piu' adatto per il prossimo fine settimana, ma non sapevo come segnalarvelo).

 

 

L'analisi di Saviano pubblicata dal nytimes è convincente, anche se un po' enfatica. Al contrario i generici riferimenti alla criminalita' organizzata che sono apparsi sulla stampa italiana sembravano mal posti. A me il pezzo di Saviano è stato inviato da un collega americano. E' stato pubblicato in Italia?

Sul tema lingua e dialetti dibattete perche' siete economisti e non sfaccendati filologi o linguisti :) che ben sanno che "la lingua italiana" e' una chimera di approssimazioni, e che sarebbe piu' corretto parlare di "lingue italiane"...

Per una mirabile sintesi storica, comprensiva di panorama sull'attuale situazione dell'italiano, consiglio "La lingua italiana" di Claudio Marazzini (Il Mulino).

Ottimo testo, infatti. Ma non sono del tutto convinto che, anche fra i linguisti professionisti, la visione sia così unanime ... magari!

Ad ogni modo, "noi" (ossia i redattori di nFA) non dibattiamo proprio: a noi sembra auto-evidente che la lingua italiana non esista mentre esistono le lingue italiane. Stiamo solo cercando di farlo capire a svariate teste dure da quando il blog è in piedi ... e che pensano sia un dramma nazionale riconoscere questo fatto.

Infatti, potremmo invogliarti a dire la tua in modo breve e chiaro?