Questa settimana: passi indietro nella corporate governance; tassare il consumo per ridurre la disuguaglianza; Italia, paradiso della responsabilità fiscale; la sinistra (e la destra?) e l'eterodossia economica;
Buona lettura e buon fine settimana.
- Sul Sole 24 ore di domenica scorsa è apparso un appello di un congruo numero di economisti contro la possibilità che venga prorogato il termine che consente di blindare il controllo delle società quotate con voto a maggioranza semplice, anziché due terzi. Ci pare doveroso rilanciare l'appello.
- Su Vox è apparso un articolo di Robert Frank in cui questo economista riassume il lavoro che ha svolto per lungo tempo sulla disuguaglianza. Frank vede il principale problema della disuguaglianza nel fatto che forza consumo eccessivo per un meccanismo di emulazione, dato che l'utilità del consumo non dipende solo dall'ammontare assoluto consumato ma anche da come si compara rispetto al consumo dei propri pari. La conclusione è che per ridurre gli effetti negativi della disuguaglianza bisogna passare da un sistema di tassazione del reddito a un sistema di tassazione del consumo. È l'esatto opposto di quel che propone Piketty, che invece vorrebbe aumentare la tassazione sulla ricchezza e quindi sul risparmio.
- Larry Kotlikoff è venuto in Italia e sembra essere stato affascinato da Renzi e Padoan, al punto da scrivere questo articolo spiegando perché l'Italia è in una posizione fiscale migliore degli altri quando si guarda al lungo periodo. Il punto è semplice: il debito pubblico ''ufficiale'', quello che appare nelle statistiche e sul quale è costruita l'impalcatura del fiscal compact è solo una parte degli impegni di pagamento che lo Stato ha preso. I pagamenti delle pensioni future sono un'altra grande parte, che può essere più importante della prima. Grazie alla riforma Fornero l'Italia ha abbassato la spesa futura per pensioni, mentre gli altri paesi restano indietro su questo punto. Da qui la bella figura dell'Italia. Mi si perdonerà se resto un po' scettico, però sono pigro per cui chiedo ai lettori: qualcuno ha letto con attenzione il Fiscal Sustainability Report citato nel pezzo e mi sa dire quali ipotesi (in particolare sulla crescita del PIL) sono state fatte per giungere a tale conclusione?
- Chris Dillow pone la seguente interessante domanda: dato che ''there's no tension between orthodox economics and leftism'' (non c'è contraddizione tra ortodossia economica e assumere posizioni di sinistra), perché così tanta gente a sinistra sembra essere attratta da posizioni eterodosse? Chris trova due spiegazioni: ignoranza (molta gente non sa quali sono - o non sono - le implicazioni della teoria economica ''ortodossa'') e una generale predisposizione a sinistra nell'adottare posizioni ''trasgressive'' e ''ribelli''. Io sono un po' meno ottimista. Dal mio punto di vista di osservatore del dibattito italiano infatti sono costretto a concludere che le posizioni eterodosse sono, in Italia, tanto popolari a destra quanto a sinistra. Il problema è un po' più profondo. Molta gente ritiene che le scienze sociali non abbiano nulla di scientifico. Per cui, in sostanza, si procede individuando le politiche preferite a priori e poi trovando una qualsiasi teoria che le giustifichi. Se la teoria ortodossa è troppo ostica o complicata se ne sceglie una eterodossa, basta che faccia le prescrizioni ''giuste'' in termini di policy.
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così come la capacità di spesa, anche le considerazioni accattivanti di r.frank vanno poste in relazione al contesto. se si ritiene che la situazione americana sia caratterizzata da bassa pressione fiscale, minima tassazione dei consumi (niente accise, sales tax a una cifra e non sempre si applica), alto indebitamento privato indotto da una crescente ineguaglianza, allora il rimedio proposto pare indicato. bisogna togliere "pressione sociale al consumo" per la classe media, perchè risparmi e pianifichi a lungo termine ecc.
ma noi siamo agli antipodi! la pianificazione ce l'ha già fatta e servita la previdenza sociale, abbondante per i primi arrivati, scarsissima per gli ultimi e poco sostenibile se non si cresce. poi, un obiettivo esplicito di questa nuova tassazione è di produrre gettito aggiuntivo per opere pubbliche, e vien subito da tossire. si potrebbe anche aggiungere che il discredito dei pari, da noi pare rivolto a chi lavora troppo, alla brama di arricchimento, non a chi non spende.
tutte queste contrapposizioni precise e speculari, mi farebbero addirittura pensare che la ineguaglianza (in termini di spesa) italiana sia un filino bassa e che andrebbe aumentata per fare sviluppo.
Sono d'accordo, e vorrei rincarare la dose. In Italia c'è il cosiddetto "redditometro" che sebbene non possa essere definito una tassa sul consumo costutuisce cestamente un incentivo alla sobrietà. Chi conosce le modalità operativa della fisco italiano capisce che le spese che il nostro amico Frank definisce "emulative" possono scatenare un'indagine molto intrusiva con inversione dell'onere della prova. Mi piacerebbe leggere qualcosa di lui che riguardi il Bel Paese.