Questa settimana: un po' di American Dream sopravvive; sulla non ovvia differenza tra aumento dei sussidi e taglio delle tasse; per quanto ancora dobbiamo sentire diagnosi keynesiane sulla crisi; il dibattito sul cambio climatico continua; proposte di riforma fiscale; sui recenti decreti attuativi del federalismo fiscale; ''too big to be prosecuted'', part 2.
Buona lettura e buon fine settimana.
- Storie di mobilità sociale negli USA, per immigrati illegali;
- In una colonna sul New York Times, Greg Mankiw solleva un punto abbastanza ovvio ma spesso trascurato: molti cosidetti ''tagli mirati delle tasse'', sono in realtà del tutto equivalenti a sussidi. Tanto per fare un esempio nostrano, la cosidetta detassazione dei premi di produzione è semplicemente un sussidio a una particolare forma contrattuale.
- John Taylor spiega perché, a suo modo di vedere, lo stimolo fiscale non è servito a uscire dalla crisi: se la diagnosi è errata, la cura spesso non funziona.
- L'apparente unanimità scientifica fra i climatologi non sembra così granitica come poteva sembrare tempo fa. Judith Curry, non esattamente l'ultima arrivata fra i climatologi, qualche dubbio sembra avercelo.
- A Sir James Mirrlees hanno chiesto che sistema fiscale sarebbe ottimo. Lui ha messo al lavoro i discepoli e prodotto un rapporto che ha dentro di tutto, ma che a occhio e croce non convince. Vedete un po' voi.
- Salvatore Tutino, del Centro Europa Ricerche, analizza i recenti decreti attuativi del federalismo fiscale. Indipendentemente da tutte le altre considerazioni, è veramente difficile dire che sta aumentando la responsabilità fiscale a livello locale quando lo stato centrale si prende la briga di dire su quali redditi e su quali scaglioni si possono imporre le addizionali dell'imposta sul reddito.
- Qualche mese fa Giulio discusse le singolari teorie giuridiche dell'ineffabile (ora ex) ministro Scajola. Il buon Scajola se la prendeva con le indagini che coinvolgevano Fastweb e Telecom Italia Sparkle, dicendo in sostanza che chi fa soldi dovrebbe essere immune da indagini giudiziarie. Il commento di Giulio fu che ''la "dottrina Scajola" non è più realista del re, è semplicemente e profondamente indecente, immorale, o più semplicemente stupida e rivelatrice del marciume e della illogicità nelle quali sguazza il Belpaese.'' Bene, è utile osservare che la ''dottrina Scajola'' è sopravvissuta alla dipartita dal ministero dell'illustre acquirente di immobili. In relazione all'indagine su Finmeccanica-Enav infatti nientepopodimenoche il boss supremo della banda si è premurato di avvisarci che non bisogna disturbare ''chi costituisce con la propria capacità operativa la forza del Paese''. Nulla che non ci si attendesse, però fa schifo lo stesso.
Indietro
Questa frase puo' facilissimamente trarre in inganno, visto che...
Infatti l'articolo non e' incentrato sulla veridicita' o meno della marea di evidenze che corroborano le teorie sul cambiamento climatico; piuttosto, si incentra sulle critiche della Curry alle praciche dell'IPCC, e sul "groupthinking" che vige a tutt'oggi nella comunita' scientifica.
Credo che la Curry meriti rispetto per il suo coraggio e la sua indipendenza. Penso sia del tutto plausibile che l'IPCC e larga parte della comunita' scientifica sia troppo difensiva nei confronti delle critiche, e le critiche scaturite dal "climategate" possono migliorare effettivamente le cose.
Ma i comportamenti difensivi non possono che fiorire se i politici fanno pressioni indebite sul lavoro dei climatologi, se i giudici cercando di perseguirli (anche se invano) per frode, o se politici come Inhoe che dicono che la scienza del cambiamento climato e'
Senza contare che proprio a causa di quelle pressioni politiche, in alcuni stati chi insegna corsi che parlano di cambiamento climatico si trova studenti che lo ignorano o lo oppongono su basi puramente irrazionali. Ma si puo'?
Visto che per tutti gli altri il comportamento è perfettamente simmetrico e per le stesse ragioni di fondo, direi che sì, si può. Anche nelle elezioni bulgare della guerra fredda si trovavano ogni volta alcune schede che votavano contro il leader. Per fortuna la maggioranza aveva sempre almeno un rassicurante 98,5%, a garanzia della bontà del risultato.