Questa settimana: le elezioni tunisine; per favore, non tassate i precari; il New York Times sulla crisi europea e il ruolo dell'Italia; cosa dice l'accordo europeo?; consiglieri regionali e popolazione; la piccola impresa italiana attrae l'attenzione della blogosfera usa.
Buona lettura e buon fine settimana.
- Io so che esiste almeno un'altra persona che, quando ha sentito parlare di elezioni in Tunisia, non si è chiesta ''chissá chi vince'' ma ''chissá che sistema elettorale usano''. La risposta si può trovare in questo post del blog di Matt Shugart. Nello stesso blog comunque trovate anche una discussione dei risultati.
- Su Il Post Marco Simoni discute la proposta, che arriva da settori del PD, di alzare il prelievo contributivo sui contratti atipici, ossia aumentare le tasse sui precari. Devo dire che condivido il giudizio di inopportunità dell'aumento della tassazione, ma ho trovato l'articolo insoddisfacente sotto due aspetti. Primo, l'articolo assume che l'offerta di lavoro precario sia perfettamente rigida, per cui maggiori contributi sociali verrebbero pagati interamente dai lavoratori. Vorrei vedere maggiore evidenza al riguardo; che l'offerta sia rigida non c'è dubbio, ma forse non perfettamente. Con un salario più basso qualche giovane che decide di non lavorare probabilmente ci sarebbe. Secondo, a mio avviso la decisione di tassare in modo differenziale a seconda del tipo di contratto è abbastanza cervellotica e priva di giustificazione economica. Uniformare il trattamento fiscale dei vari redditi da lavoro sarebbe quindi opportuno. Ovviamente si può uniformare abbassando le tasse su quelli che pagano di più oppure alzando le tasse su quelli che pagano meno. La prima possibilità sembra non la consideri nessuno.
- Il New York Times dedica un lungo articolo alla crisi europea, spiegando come l'Italia e il suo disfunzionale sistema politico siano diventati elementi centrali: ''The big problem is that Italy, with its dysfunctional politics and nearly €2 trillion, or around $2.8 trillion, in outstanding debt, has supplanted Greece as the biggest threat to European banks and the biggest source of investor anxiety''.
- Cosa dice l'accordo a livello europeo che tanta euforia ha generato nelle borse? Forse meno di quello che la gente ha capito, spiega Daniel Gros su vox.eu. Sul punto vale anche la pena di leggere Mario Seminerio, qui e qui.
- È ragionevole attendersi che, per la presenza di costi fissi, regioni più piccole abbiano un più basso rapporto popolazione/consiglieri regionali. Su La Voce, Massimo Bordignon segnala però che tale rapporto varia tra le regioni italiane senza alcuna particolare logica.
- È un po' di tempo che sulla blogosfera economico-politica statunitense si è aperta una discussione sulla piccola impresa italiana. Devo dire che non ho trovato grossi elementi di novità, ma è comunque un fatto degno di interesse.
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Io non ho capito, ma proprio non ho capito niente di questa riduzione del 50% del valore facciale dei titoli di stato greci.
Cosa vuol dire?
molte banche rinunceranno volontariamente al 50% del loro credito verso la grecia. altri investitori, non sensibili alla volontà dei governi, si aspettano a scadenza il rimborso al 100%.
le banche lo fanno perchè è una proposta che non si può rifiutare, stante le loro urgenti necessità di ricapitalizzazione, indipendentemente dai titoli greci. a queste allora più o meno provvederanno i governi.