Questa settimana: due commenti sulla sentenza a Berlusconi; il pane di Castelvetrano; Brunetta e Fassina sempre più uniti nella lotta; quanto lavorano gli ultra 65.
Buona lettura e buon fine settimana.
- Sulla condanna definitiva di Berlusconi per frode fiscale è stato detto e scritto molto, ma ci sono un paio di punti che secondo me non hanno ricevuto l'attenzione che meritano. Il primo, richiamato da Riccardo Puglisi in un articolo su La Voce riguarda una riflessione sulla corporate governance italiana. La ragione per cui Berlusconi è stato condannato è che faceva comprare diritti televisi negli USA da società da lui controllate e locate in paradisi fiscali, per poi rivendere a prezzi più alti tali diritti a Mediaset. In tale modo Berlusconi non solo evadeva il fisco, ma danneggiava gli interessi degli azionisti Mediaset diversi da lui, dato che trasferiva denaro da una società quotata pubblica, di cui lui possiede solo una parte, ad altre società da lui controllate. In altre parole il suo crimine non è stato solo contro lo Stato, ma anche contro il buon funzionamento del mercato. Il secondo punto riguarda il condono di tre dei quattro anni a cui è stato condannato. Berlusconi fu cruciale nel far passare l'indulto proposta da Mastella nel 2006. L'indulto ricevette infatti il sostegno del centro-sinistra, ma data la necessaria maggioranza dei due terzi non sarebbe mai passato senza il voto favorevole delle truppe berlusconiane (l'elenco di chi ha votato a favore lo trovate qui; faccio presente che non ho alcuna relazione con il Brusco di Forza Italia che votò a favore :-)). Ma il voto favorevole ci fu, nonostante Berlusconi fosse impegnato in una lotta senza quartiere contro il governo Prodi e nonostante l'opposizione all'indulto fosse molto diffusa nel paese e sicuramente tema elettoralmente cavalcabile. Ai tempi il diffuso sospetto era che il favore berlusconiano fosse motivato dalla necessità di tener fuori di galera un altro pregiudicato, l'avvocato Previti. Ora risulta che il voto di Berlusconi e delle sue truppe fu strettamente nel suo privatissimo interesse. E questo la dice lunga, lunghissima, su come è stata e continua a essere governata l'Italia.
- L'amico Alessandro Riolo segnala una vicenda locale che può essere utile per ragionare sul funzionamento di concorrenza e dintorni in presenza di qualità imperfettamente osservabile. Risulta che a Castelvetrano, in provincia di Trapani, si è scatenata una guerra di prezzo sul pane. Poi a un certo punto è intervenuto il sindaco che ha convocato i panificatori per timore di un “impoverimento qualitativo delle materie prime” e ha suggerito loro di trovare ''un equilibrio al loro interno''. L'equilibrio è stato prontamente ritrovato, con la cessazione della guerra di prezzo e con aumenti, riporta l'articolo, di circa il 100%. Questo è un caso di studio interessante. Stava veramente peggiorando la qualità del pane prodotto, a causa dell'uso di materie prime inferiori? Quali ipotesi si stanno facendo sulla osservabilità della qualità del prodotto? In un mondo in cui i consumatori sono in grado di capire quale è il pane fatto con materie prime migliori, l'intervento anticoncorrenziale non avrebbe senso. Ciascun fornaio poteva decidere di applicare un prezzo più alto e usare materie prime di migliore qualità. Se invece i consumatori non sono in grado di osservare la qualità, allora l'intervento può avere senso ma solo se il prezzo più alto del prodotto finale garantisce che vengono usate materie prime di qualità. Ma non vedo come sia possibile: ciascun fornaio ha comunque incentivo ad abbassare i costi, se il consumatore non osserva la qualità. Sto mancando qualcosa?
- Continua la storia d'amore tra Brunetta e Fassina, uniti nel dire no alla vendita di Eni, Enel e Finmeccanica dopo le timidissime aperture di Saccomanni. Per l'occasione, al partito dei boiardi di stato si è aggiunto il M5S. La citazione di Colombatto nel post, devo dire, mi ha sorpreso; non sapevo che al M5S fossero tifosi dell'economia austriaca, ma non si finisce mai di imparare. Comunque Fassina è intervenuto di nuovo sul tema dopo che Yoram Gutgeld, consiglere economico di Renzi, ha proposto di vendere Eni e Enel per abbassare immediatamente l'Irpef sui redditi più bassi senza scassare il bilancio (e sperando che con la fine della recessione la pezza momentanea ottenuta con gli incassi da privatizzazioni non si più necessaria). Anatema, ci dice Fassina, insieme a quell'altro raffinato intellettuale di Francesco Boccia. Paghino quindi l'Irpef i redditi più bassi, e non disturbino i politici che controllano i ''gioielli di famiglia''. La magistrale politica industriale del governo lo richiede!
- Un articolo apparso sul blog del Center for Budget and Policy Priorities riprende dati OCSE sul tasso di occupazione degli ultra 65enni. Dal punto di vista di un europeo, la cosa più interessante è come sia più alto il tasso di occupazione in Scandinavia e generalmente in Nord Europa rispetto al Sud Europa e alla Francia. L'eccezione è il Portogallo, non so bene perché.
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Questa tabella (dati 2009, da http://www.ebca-netzwerk.eu/mm/Retraits_Portugal_en.pdf) potrebbe spiegare perché gli ultra sessantacinquenni portoghesi continuino a lavorare:
24 182 – with a pension up to € 106.12
174 030 - with a pension between € 106.13 and 246.35
1177 070 - with a pension between €246.36 and € 419.21
170 684 - with a pension between € 419.22 and € 628.82
213 438 – with a pension between € 628.83 and € 2 515.31
9 665 – with a pension between € 2 545.31 and € 5 594.32
455 – with a pension higher than € 5 594.34