Questa settimana: meglio dei sondaggi; i dati sul mercato del lavoro e le prossime elezioni; caro Luca Sofri, basta capirsi.
Buona lettura e buon fine settimana.
- Dopo il collasso di Intrade, gli appassionati di prediction markets si sono trovati un po' orfani. Con le presidenziali USA in arrivo comunque era inevitabile che la domanda stimolasse l'adeguata offerta. Per ora sembra che il sito che se la stia cavando meglio sia betfair.com. Se siete interessati più alle predizioni che all'attività di scommessa, questo è un sito che le riporta in modo facilmente leggibile e continuamente aggiornato.
- C'è stato qualche movimento positivo nel mercato del lavoro durante l'ultimo anno, anche se siamo completamente d'accordo con Mario Seminerio che i trionfalismi sono decisamente fuori luogo. Il dato rilevante è che l'occupazione nell'ultimo anno è cresciuta di 192 mila unità, e il tasso di occupazione (rapporto tra occupati e popolazione) è cresciuto di 0,6 punti. Bene, anzi benino e certo non spettacolare. La cosa che più preoccupa è che la tendenza sembra essersi fermata, a settembre il numero di occupati è sceso lievemente. La riflessione che volevo fare è questa. È ancora troppo presto per sapere se la decontribuzione delle nuove assunzioni ha giocato un ruolo nella espansione degli occupati dell'ultimo anno. In caso affermativo (che, suppongo, sia quello che dovrebbe piacere ai renziani) allora ci si può attendere un contraccolpo sull'occupazione a partire dal gennaio prossimo, quanto la decontribuzione sui nuovi assunti passerà dal 100% al 40%. Lo stesso, Renzi ha deciso che eliminare le tasse sulla casa è più importante del rifinanziamento della decontribuzione. Il ché, mi pare, può significare solo due cose. O Renzi non crede che la decontribuzione funzioni, oppure Renzi ritiene che comunque si guadagnino più voti eliminando le tasse sulla casa di quanti se ne perdono distruggendo opportunità occupazionali per eccesso di tassazione sul lavoro.
- Luca Sofri sul Post prende posizione sul polverone alzatosi sul compenso a Varoufakis per la partecipazione a ''Che tempo che fa''. Dice cose abbastanza di buon senso. Endemol, che produce il programma e lo vende alla Rai, decide in autonomia quanto pagare e a chi. Presumibilmente lo fa con l'obiettivo di massimizzare l'audience, e quindi gli introiti pubblicitari, per il committente. La decisione di pagare 24mila euro a Varoufakis può essere giusta o sbagliata, dipendendo da quanta audience addizionale genera, ma è perfettamente legittima, dice Luca. Fin qui tutto bene. Sarebbe bene però aggiungere un'altra cosa. Ossia che questo tipo di comportamento va benissimo ed è legittimo nel campo dell'intrattenimento o della propaganda. Nel campo del giornalismo, quell'attività che ha come obiettivo quello di fornire informazioni non distorte agli utenti, ci sono invece certe regole che uno dovrebbe cercare di rispettare. Una di queste regole è che le interviste non si pagano, e infatti la BBC ha intervistato Varoufakis senza pagarlo. Quindi, perfetto pagare Varoufakis, perfetto puntare all'audience, ma per favore non raccontateci che Fazio o chi per lui sta svolgendo attività di informazione. Sta facendo intrattenimento (attività nobile, ma che è differente dall'informare) oppure propaganda, che nobile non è quando viene fatta in modo mascherato. E propaganda viene fatta a ''Che tempo che fa'', eccome. Tra vari episodi, basti riandare con la mente alle ultime primarie del PD, quelle in cui Fazio (immagino consultandosi con Endemol e con un occhio all'audience, giusto?) decise che Renzi e Cuperlo meritavano di essere intervistati mentre Civati no.
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Re: Fazio, ci sarebbe da aggiungere che se lo scopo della Rai è attirare inserzionisti e fare soldi con la pubblicità, si sta comportando come un'impresa qualsiasi, e il canone è un vantaggio indebito rispetto alla concorrenza (prescindiamo un attimo da chi costituisca la concorrenza...).
Se poi la Rai mi sta fornendo un servizio commerciale, non vedo perché devo pagarlo come se fosse un servizio pubblico.
Infine, se lo scopo della Rai è far funzionare l'azienda e generare utili, con il mio canone divento più simile ad un azionista, che non un abbonato. Magari mi passano pure qualche dividendo, chissà.
Punto che su questo blog diamo quasi per scontato, ma Francesco ha fatto bene a ricordarlo. Comprare i programmi di intrattenimento da Endemol non è ''servizio pubblico'' in nessun senso e non ha senso pagarlo con le tasse dei cittadini. Lo stesso vale per il festival di Sanremo; non c'è nessuna ragione per cui debba essere fornito dallo stato, mentre ci sono ottime ragioni perché non lo sia (per esempio, per evitare che i nostri ministri perdano tempo discutendo il compenso del conduttore).