Letture per il fine settimana, 6-11-2010

/ Articolo / Letture per il fine settimana, 6-11-2010
  • Condividi

Questa settimana: il discorso di Draghi ad Ancona; immigrazione e occupazione; Visco e la crisi della sinistra; ''my opponent kicks children in the face''; Boeri e Guiso sulle fondazioni bancarie; divided government and what it means for Obama;

Buona lettura e buon fine settimana.

  • Il discorso di Draghi ad Ancona ha avuto vasta risonanza sulla stampa, ma leggere l'originale è sempre meglio. Ovviamente i lettori di questo sito non si sorprenderanno certo al sapere che l'Italia ha grossi problemi di crescita della produttività e che questi problemi non sono affatto recenti. Chi invece crede che ''l'Italia sta facendo meglio degli altri'', una certa sorpresa la avrà.
  • Francesco d'Amuri e Giovanni Peri raccontano in un pezzo per voxeu.org i risultati delle loro ricerche su immigrazione e occupazione nei paesi ospiti. L'immigrazione può accrescere l'occupazione nel paese ospite perché la più abbondante presenza di manodopera per lavori più semplici, tipicamente espletati dagli immigrati, fa crescere la domanda di manodopera per i compiti più complessi, tipicamente espletati da nativi.
  • Leggo solo ora un intervento di Vincenzo Visco sul l'Unità del 20 ottobre scorso. Analisi interessante, anche se non completamente nuova, ma non ho proprio capito cosa propone di fare.
  • Questo video è un falso, una satira dei livelli spietati a cui giungono talvolta le pubblicità durante le campagne elettorali. Ma è divertente lo stesso. Ancora più divertente è il fatto che il messaggio ''l'altro candidato piglia a calci in faccia i bambini'' sia stato inizialmente scambiato per un vero spot elettorale. Ah, nonostante il video Sam Katz è comunque riuscito a vincere le elezioni per sindaco di Winnipeg.
  • Probabilmente non esiste esempio migliore della commistione tra potere politico e potere economico in Italia delle fondazione bancarie. Tito Boeri e Luigi Guiso su lavoce.info spiegano perché l'attuale struttura non funziona e fanno una proposta di riforma. Noi, che siamo appassionati di cause perse, appoggiamo senza riserve. Speriamo di essere smentiti, ma le speranze che cambi qualcosa sono essenzialmente nulle. Il controllo del sistema bancario è una delle cose a cui i politici italiani, di qualunque schieramento, tengono di più.
  • Per i prossimi due anni gli USA avranno un presidente democratico e una House of Representatives repubblicana. John Sides (un giovane professore di political sciences) passa in rassegna la letteratura su divided government (indicazione tratta dal blog di Matt Shugart).
Indietro

Commenti

Ci sono 46 commenti

Volendo essere sbrigativi, si potrebbe ricordare che Visco è con Fassina l'ispiratore di alcune proposte criticate di recente anche qui su nFA. Nei (modesti) limiti della mia comprensione, mi pare che l'analisi proposta venga generalizzata e riferita anche all'Italia paese nel quale la crisi ha certamente pesato e molto ma per una condizione specifica di fragilità dovuta in gran parte a ragioni tutte interne al paese. Peraltro, se si accusa il mercato in quanto incapace di evitare effetti sociali ed economici indesiderati. Mi pare autoassolutorio non rilevare che la politica è stata incapace di avvertire i cambiamenti ed intervenire a fissare regole adeguate ad evitare effetti negativi. Neppure in questo "covo di liberisti" ho mai letto che il mercato di per sé è perfetto o è Dio. E d'altronde basta leggere l'intervento di Draghi per rendersene conto.  

 

Morale: Vincenzo Visco, come tutti costoro, è un poveretto sconfitto dalla storia.

Siccome lo sa, cerca disperatamente di negarlo usando quel residuo potere che gli rimane di "scrivere" cose che negano l'evidenza e rilanciano ad un livello insanamente ancora più alto ciò che ha già fallito ad ogni livello inferiore. In negativo, mi ricordano, lui e tutta la dirigenza del PD, il protagonista di "San Michele aveva un gallo" che, finché lo portano alla prigione a vita in laguna, ascolta i giovani che gli spiegano "non noi, ma i figli dei figli dei nostri figli vedranno la luce del socialismo". Poi ci pensa sopra per un po' e decide che nel frattempo è meglio questo. Gli sciocchi giovani che il protagonista incrocia, quelli pieni del socialismo scientifico che trionferà, sono ovviamente D'Alema, Veltroni, Visco e compagnia ...

Ecco, io a VV non auguro di dover fare ciò che fece Manieri, neanche per sogno ...

Ma mi chiedo quando mai, se mai, quelli come lui, D'Alema, Veltroni e compagnia, che hanno massacrato ogni speranza di cambiamento in Italia, decideranno d'ammettere che è l'ora di farsi da parte per manifesta incompetenza.

Cipolla, nella citazione inserita da Draghi nel suo discorso, dice che nel 1600 furono i grandi possidenti terrieri a scacciare nel loro angolino gli industriali dell'epoca. Il paragone con oggi porterebbe a dire che sono coloro che fanno parte del settore secondiario di oggi a rischiare di schiacciare il terziario nascente?

 

lessi questo Visco, e aprte i tradizionali pochi cenni sullo stato dell'universo dal big bang a venerdi sera (per altro gloriosa tradizione della relazione del segretario generale che iniziava sempre dal connettere la storia al presente cosicche' si deva vedere il chiaro connettersi di Scelba  a Guizot), nulla viene detto.

Ho solo osservato che fra tutto il turbinar di vocaboli, manca una constazione di fulminea banalita' (a mio avviso.) Il declino demografico, militare, e politico dell'area occidentale del mondo e' in avanzato stato di decomposizione, per ragione che hannu nulla a che fare con liberalismo. La ragione principale e' che i due (tre?) paesi in via di sviluppo sono composti da 2,5 (piu' o meno briciole) di esseri umani.

Usa + EEU sono meno della meta', ma molto meno.

L'occidente potrebbe decidere di far bene il suo mestiere ed esser un faro di civilta' (giuridica ad esempio) e abbassarsi gli stipendi. Il tutto ha nessuna rilevanza per Visco & co. Sono residuali fenomeni. Essi sono quelli che ballano nel delirio finale (per altro bellino) da guardarsi:

 

www.youtube.com/watch

 

 

 

per i villici, gli incolti e giovanotti, Quentin Tarantino la ha rubata per Inglorious Basterds, essendo onesto non come Zamagni, lo disse chiaro e tondo.

 

 

www.youtube.com/watch

 

 

Posso chiedervi se condividete anche questo passaggio?

senza la prospettiva di una pur graduale stabilizzazione dei rapporti di lavoro precari, si indebolisce l’accumulazione di capitale umano specifico, con effetti alla lunga ne-
gativi su produttività e profittabilità

Forse mi sbaglio, ma gli economisti di NFa mi sono sembrati non riconoscere nel precariato uno dei principali problemi del lavoro italiano. Invece qui, Draghi ne fa uno dei punti principali (e la stampa lo ha trasformato nel punto principale, soprattutto Repubblica).

Non so gli altri, io il passaggio lo condivido in pieno. E' addirittura banale dire che la temporaneità dei rapporti di lavoro riduce la reddività dell'investimento in capitale umano, sia da parte del lavoratore sia da parte dell'impresa. Che poi è una parolona per dire che un lavoratore che sa dal principio che resta solo 3 mesi in una azienda non ha alcun incentivo a dannarsi per imparare a fare meglio il proprio lavoro, né l'impresa ha molto interesse a spendere risorse per insegnare a tale lavoratore come far meglio il proprio lavoro. In particolare è ovvio che l'azienda preferisca concentrare risorse sugli occupati a tempo indeterminato.

Purtroppo risulta che i lavoratori temporanei sono anche di solito i più giovani e quindi anche quelli su cui ha più senso investire in capitale umano. L'attuale regime pertanto garantisce un'allocazione inefficiente delle risorse: si investe troppo poco in capitale umano, soprattutto sui giovani, con conseguente calo della produttività. Tutto questo, ripeto, è abbastanza banale e Draghi questo ha detto.

La vera domanda a cui bisogna cercare di rispondere è: come si è creato questo problema e qual è la soluzione? Tutti quanti sono (o dicono di essere) contro il precariato, ma le proposte al riguardo tendono a essere abbastanza scarse. Se si eliminano semplicemente i contratti temporanei e si estende la legislazione vincolista a tutti i contratti di lavoro (ossia si torna alla situazione pre-riforma Treu) è facile attendersi una diminuzione della domanda di lavoro da parte delle imprese, che mi pare l'ultima cosa di cui il paese ha bisogno.

A me pare che il problema sia che di fatto l'attuale regime forza la temporaneità dei contratti di lavoro. Un'impresa può assumere o a tempo indeterminato, con tutte le risultanti rigidità del caso, o solo temporaneamente. Non sono esperto di diritto del lavoro, ma da quel che capisco di come stan le cose (che viene principalmente da aneddoti di amici in Italia) un'impresa rischia a offrire lo stesso contratto temporaneo alla stessa persona, dal momento che il lavoratore può far causa e richiedere l'assunzione permanente. Questo è il peggiore dei mondi possibili, perché di fatto costringe le imprese a mandar via un dipendente dopo il periodo temporaneo e quindi disincentiva al massimo l'investimento in capitale umano. E' molto peggio infatti di un regime in cui l'impresa può licenziare senza vincoli; in tale regime non vi è alcun incentivo a causare un  alto turnover del personale e l'investimento in capitale umano procede in modo più o meno regolare (questo, da quel che mi è dato di capire, è quello che succede nelle piccole imprese italiane).

Non ho le idee chiarissime su come vada riformato il sistema, ma mi pare che qualunque riforma che vada nella direzione di un mercato del lavoro meno ossificato debba ridurre le garanzie collegate all'impiego permanente ed eliminare il disincentivo attuale a ritenere lavoratori temporanei. Su questo vorrei vedere il confronto tra le forze politiche, piuttosto che sugli enunciati di principio su quanto è brutta la precarietà e quanto è bello il posto a vita.

 

Tutt'altro, l'abbiamo riconosciuto eccome!

E ne abbiamo individuato la causa principale nel dualismo del mercato determinato dall'eccessiva rigidità dei protetti, specialmente nel settore pubblico e para-pubblico, ma non solo.

Non ho fatto in tempo di leggere questo specifico discorso di Draghi (lo farò) ma sono certo che sull'analisi delle cause del fenomeno e sulle modalità del suo superamento la sua opinione e la nostra coincidano almeno al 90%.

In parole povere; il "precariato cattivo e miserabile", versione italiana, si elimina solo in una maniera. Precarizzando un po' di più chi è troppo stabile in modo tale da offrire una prospettiva di stabilità e carriera a chi oggi se le vede negate dal muro degli stabili.

C'è un'altra cosa che volevo far notare. Il titolo del Corriere.it oggi è ''Draghi preme: stabilizzare i precari'', quello de LaStampa.it è ''Draghi: perdiamo competitività. Ora bisogna stabilizzare i precari''. L'enfasi viene posta sul paragrafo segnalato dal lettore agori. Come ho cercato di spiegare però il passaggio dice una cosa abbastanza ovvia e non offre chiare indicazioni di intervento in termini di politica economica. In particolare sono convinto che molti, leggendo quei titoli, si convinceranno che Draghi favorisce un intervento legislativo che, ope legis, trasformi i contratti precari in contratti permanenti, come si fa a volte nel pubblico impiego (questo è l'uso corrente del termine ''stabilizzazione''). Non è così, Draghi non ha assolutamente detto questo. I titoli sono fatti male e traggono in inganno.

La cosa che volevo far notare è che nel paragrafo immediatamente successivo a quello sul precariato, Draghi dice quanto segue:

 

Si aggiunge un problema di concorrenza nei servizi. Studi condotti in Banca d'Italia mostrano da tempo come la mancanza di concorrenza nel settore terziario ne ostacoli lo sviluppo e crei inflazione; essa incide anche sulla produttività e competitività del settore manifatturiero. Nel 1998 si presero misure di liberalizzazione del commercio al dettaglio; documentammo come esse favorissero in quel comparto l'occupazione, la produttività e l'impiego di nuove tecnologie. Ma l'impegno a liberalizzare il settore dei servizi si è da tempo interrotto.

 

Nel discorso di Draghi questo pezzo ha la stessa lunghezza e la stessa enfasi di quello sulla precarietà. A differenza di quello sulla precarietà però offre un'indicazione di politica economica estremamente chiara e nitida (bisogna riprendere le liberalizzazioni interrotte). Offre anche una critica di fatto molto dura all'opera di chi ha bloccato queste liberalizzazioni, ossia principalmente Tremonti e i governi di centrodestra che hanno governato nel 2001-2006 e dal 2008 a oggi.

Per ragioni però a me non interamente chiare questo passaggio è stato di fatto ignorato dalla stampa. Titoli come ''Draghi preme: liberalizzare i servizi''o ''Draghi: perdiamo competitività. Ora bisogna liberalizzare i servizi'' sarebbero stati molto più accurati.

 

e io vi suggerisco quest'altra lettura:

Articolo di Ivo Diamanti tratto da Repubblica.it

 

"Ancora non mi capacito. Di come il Bacchiglione abbia potuto allagare Cresole, località di Caldogno  -  casa mia. E le strade, le piazze del centro di Vicenza, proprio sotto al mio studio. Allagare, peraltro, è un eufemismo. Visto che si è trattato di un'alluvione disastrosa. Che ha provocato danni immensi. Alcune vittime. Migliaia di persone con la casa danneggiata, spesso in modo molto serio. Abitazioni affondate nel fango. Insieme a ciò che contenevano. E uffici, garage, automobili. Ieri, quando mi sono mosso da casa, un paio di chilometri dai luoghi alluvionati, ancora non me ne rendevo conto. Ma era impossibile circolare. Tutte le strade che percorro, quotidianamente, per recarmi a Vicenza oppure per raggiungere l'autostrada, a Dueville, bloccate.

IL VIDEO: VICENZA DALL'ALTO

E ancora non mi rendo conto di come possa essere accaduto. Il Bacchiglione - il fiume  che ha travolto tutto, da Vivaro a Vicenza, passando per Cresole e Rettorgole, località di Caldogno - io lo conosco bene. Quando ho tempo e il tempo lo permette, lo risalgo in bici, lungo il greto. Vi entro al confine con Vicenza, il Ponte del Marchese, al confine con il Dal Molin, l'area dove, un giorno dopo l'altro, con rapidità sorprendente (e inquietudine immutata), vedo sorgere la base americana.

Da lì risalgo. Da una parte il corsod'acqua, dall'altro la campagna. Arrivato a Cresole, attraverso la strada e proseguo ancora, fino a Vivaro. Poi, di nuovo, passo la strada e continuo, in mezzo ai campi, costeggiando il Bacchiglione. Che definire "fiume" è sicuramente esagerato. Lì è un torrente che puoi attraversare in molti, diversi punti. A piedi. Visto che l'acqua è poca. Consumata dai campi. Cambia nome spesso, il Bacchiglione. Quando si avvicina a Vicenza si chiama Livelòn. In alcuni punti, d'estate, diventa Livelòn Beach, dove molti vicentini vengono a bagnarsi  -  fare il bagno è un po' impegnativo. E a prendere il sole. Non riesco davvero a rendermi conto di come possa essere successo. Cosa abbia potuto trasformare il mio percorso salutista  -  che mi permette di stare per un poco solo con me stesso - in un fiume killer. Capace di travolgere tutto e tutti. Non è la valle del Nilo. Non ci sono colline che franano, intorno. Anche se sotto c'è un bacino di falde acquifere fra i più ampi d'Europa. Due giorni di pioggia improvvisa, battente e ininterrotta, insieme allo sciogliersi rapido delle nevi nelle montagne vicine (complici lo scirocco e un veloce rialzo della temperatura. Tutto ciò ha trasformato un torrente nel Nilo in piena. Inimmaginabile, per me. Anche se, in questi anni, ho visto  -  e raccontato  -  cose che voi umani...

Un territorio verde: urbanizzato senza limiti e senza regole. Caldogno, da quando sono arrivato, negli anni Ottanta, è passato da 4 a oltre diecimila abitanti. Nei prossimi anni dovrebbe superare il 20 mila. È la previsione che orienta le scelte urbanistiche. (Forse si attende l'arrivo degli americani.) Le strade, punteggiate di rotatorie, sempre più numerose. Spesso in punti incomprensibili: in mezzo ai campi  -  indicano che lì nascerà, presto, una nuova entità immobiliare. Un nuovo non-luogo abitato da stranieri. (Perlopiù "italiani"; ma stranieri perché estranei l'un l'altro.) E poi capannoni, zone artigianali e commerciali. E piscine, centri sportivi. Il territorio scompare, o comunque si nasconde. Non per caso avevo scelto quel torrente per i miei giri in bici. Ormai si tratta dell'unico percorso sicuro e tranquillo. Poche le piste ciclabili e sulle strade normali, anche le più periferiche, andare in bici è da pazzi. Io stesso, quando viaggio in auto, ne ho paura. E li "investo" ... di male parole. Difficile chiedere troppo ai fiumi  -  e alle loro imitazioni. Difficile chiedere ai torrenti di fare gli straordinari, di affrontare prove e sfide straordinarie. Di domare l'irruzione di piene improvvise e imprevedibili. Gli argini, spesso, non ci sono più. E, comunque, i campi intorno non tengono. Anche perché, in molti casi, "livellati" dai cavatori. Le case sono lì a due passi. Sempre più vicine. L'acqua, uscita dagli argini, arriva in un attimo. E quando scende verso Vicenza, sempre più tumultuosa, non incontra più l'ultimo rifugio, l'ultimo sfogo. Il Dal Molin. È  impermeabilizzato, messo in sicurezza. Oggi più che mai. Così l'onda scivola via. Prosegue sempre più grossa. E si abbatte su Vicenza senza ostacoli, senza freni, senza limiti. Gli amici di Vicenza che abitano presso Ponte degli Angeli dicono che tutto è avvenuto in fretta. Troppo in fretta. Quando hanno capito che l'acqua stava davvero uscendo dall'argine, scavalcava il ponte, invadeva piazza Matteotti, Santa Lucia e i dintorni. Era troppo tardi. Troppo tardi. Così come troppo tardi avevano capito quel che stava succedendo. Ora tutti cercano i colpevoli e si rimpallano la responsabilità,  ma nessuno poteva immaginare l'inimmaginabile. E nessuno poteva immaginare che l'ambiente era lì, pronto a chiedere il conto di tanti decenni di incuria. In modo tanto clamoroso e violento.

L'inimmaginabile, peraltro, resta ancora oscuro per gran parte degli italiani che abitano altrove. Perché i giornali "nazionali" ne hanno parlato poco  -  a pagina 20 della cronaca. Perché le tv "nazionali" hanno guardato la catastrofe con un certo stupore. Ma senza rendere l'effettiva drammaticità degli avvenimenti. Tanto che i miei amici, i miei colleghi che abitano nel mondo  -  e ancor più in Italia  -  non si sono resi conto di quel che è successo. Non saprei dirne la ragione vera. Forse perché, in fondo, si lamentano sempre, quelli del Nordest. Così, quando ce n'è davvero il motivo, non vengono presi sul serio. Se te la prendi sempre con Roma ladrona, Roma si vendica.  E quando chiami non ti sente. Forse perché resiste il mito del post-terremoto friulano; o del Vajont. Quelli abituati a fare da soli. Ad aggiustare i propri conti con le sfide del mondo e della natura senza chiedere aiuto agli altri. Così gli altri, quando ci capita qualcosa di grosso, non si accorgono di noi. Tanto siamo campioni dell'arte di arrangiarci.

Forse perché Vicenza, il Veneto, il Nordest sono terre lontane. Da Roma, ma anche da Torino e Milano. Periferia romana e padana. E poi, vuoi mettere i rifiuti di Napoli? Così, le grida si sentono poco. Echi lontani. E qualche ripresa. Qualche immagine. Persa tra le foto di Ruby, le avventure erotiche e le barzellette sconce di Berlusconi, le polemiche dell'opposizione, le inchieste infinite da Avetrana. L'alluvione di Vicenza. Un servizio a pagina 20 sui quotidiani e una notizia dopo dieci minuti di tigì, il giorno in cui avviene. Poi sparisce.

In fondo si tratta di una tragedia minore che si consuma in una provincia minore. Non merita un'inchiesta. Al massimo una cronaca. Minore."

 

 

Sulla pagina linkata D'Amuri e Peri scrivono:

 

Our hypothesis is that immigrants, who often do not speak the language and do not master the culture and norms of the host country, are concentrated in more manual-routine tasks (especially among less educated groups). The inflow of immigrants thus increases the supply of manual skills relative to the supply of abstract skills with two effects:

  • Due to the complementarity between these types of skills, the increase in the supply of manual tasks boosts relative compensation for complex skills, making them better paid.
  • Exploiting their comparative advantage, natives move to occupations requiring a relatively higher level of these skills.

In pratica si incrementano i salari dei lavoratori più qualificati (o meglio ammanigliati, se consideriamo lo scarso livello di meritocrazia e l'imperante familismo amorale in Italia); io imagino, anche se gli autori non lo dicono, che si abbassino i salari (relativi o anche assoluti) dei nativi meno qualificati; in altre parole bene per chi cerca una colf, male per chi cerca un lavoro da colf. I professori mi correggeranno se sbaglio: si aumenta l'indice di Gini? Ció è un bene? Cosa ne penseranno i nativi meno qualificati?

E fin qui va bene. Ma cosa succede quando dopo qualche anno gli immigrati "speak the language and do not master the culture and norms of the host country" ovvero in una parola "si integrano"? E con le generazioni successive alla prima? Se vogliamo che l'ipotesi di D'Amuri e Peri rimanga vero bisognerebbe prendere misure perchè gli immigrati, ed anche i loro figli e nipoti non possano MAI accedere ai lavori più qualificati o comunque più desiderabili. Mi sembra una strategia impraticabile, prima di tutto per motivi morali, ma anche politicamente o economicamente, anche se nelle petromonarchie del Golfo fanno esattamente cosí. 

Se ció non avviene e gli immigrati, o almeno i loro figli si integrano, succede quelo che sta succedendo nelle banlieue francesi e altrove: i giovani richiedono lavori qualificati o comunque gradevoli, ma gli vengono offerti soltanto "manual-routine tasks" che questi rifiutano, esattamente come li rifiutano i nativi, rimanendo disoccupati e inc....ti.

Quandanche l'integrazione riuscisse perfettamente, gli imigrati accederebbero ai lavori più qualificati, abbandonando le  "manual-routine tasks"; si creerebbe quindi la domanda per una nuova ondata di immigrazione e cosí via ripetendo il ciclo. Certo se abitassi in paese con bassa densità di popolazione non mi porrei forse il problema, ma se abitassi ad esempio in provincia di Napoli (2.629,35 ab./km²) magari si.

Ci sarebbe da aggiungere che i paesi che hanno una politica attiva dell'immigrazione selezionano (o cercano di selezionare) gli immigrati più qualificati, contraddicendo cosí l'ipotesi di D'Amuri e Peri ma non ho abbastanza conoscenze per addentrarmi in questo campo.

A Radio Popolare intervistano Michele Boldrin ? A quando Odifreddi a Radio Maria ? Scherzi a parte perchè non create una microsezione in cui avvisate di eventuali iniziative, interviste, reading sul suolo italico dei redattori?

Sono l'unico a cui sembra che John Sides abbia in testa l'equazione "meno leggi meno successo"? Magari un presidente sotto la cui "guida" si legiferi meno (e meglio) potrebbe essere un presidente fortunato...