Letture per il fine settimana, 9-7-2011

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Questa settimana: ordini professionali e legami familiari; disoccupazione ed elezioni presidenziali; Capezzone (occorre dire altro?); oggi nasce una nuova nazione africana; gli effetti della nuova imposta di bollo sul deposito titoli; la rigidità dei salari nominali in Italia.

Buona lettura e buon fine settimana.

  • Mentre noi amerikani andavamo a vedere i fuochi d'artificio del 4 di luglio, la Fondazione Rodolfo Debenetti organizzava un convegno sui legami familiari nelle professioni italiane. La relazione (in inglese) la potete trovare qui. Gian Antonio Stella riassume qui. Grazie a Corrado Ruggeri per la segnalazione.
  • È già iniziata la campagna elettorale per le presidenziali USA del 2012. Larry Sabato, dell'Università della Virginia, fa un utile riassunto della relazione tra variabili economiche e probabilità di rielezione. Se non ne avete ancora abbastanza, leggete questo post di Nate Silver pubblicato all'inizio di giugno.
  • L'angolo del buon umore è questa settimana occupato dall'immarcescibile Capezzone, uno dei finalisti del premio Clarinetto 2009, che rilascia una simpatica intervista in cui fantastica di un mondo in cui il centrodestra è guidato da un vivace quarantenne ed è liberale. Divertente e perfino esilarante, a condizione di non prenderlo sul serio.
  • Oggi nasce ufficialmente la Repubblica del Sudan del Sud. Qua una mappa delle sue etnie, qua un articolo del New York Times.
  • Il Nens, centro studi di Visco e Bersani, ha prodotto una breve nota di analisi sulla nuova imposta di bollo sul deposito titolo. Il tono è di parte, come da attendersi, ma resta un documento interessante. La frase nell'ultimo paragrafo (''la riforma Tremonti, già entrata in vigore dal primo luglio, sembra essere la principale responsabile dell’attacco ai titoli italiani in corso mentre scriviamo'') mi pare decisamente azzardata.
  • La questione della rigidità dei salari nominali e delle conseguenze aggregate di tale rigidità è un tema perenne di discussione in macroeconomia. Un lavoro di Silvia Fabiani e Roberto Sabbatini, pubblicato dalla Banca d'Italia, analizza i risultati di un'indagine effettuata mediante sondaggio coordinato in 17 paesi europei (qua il riassunto in italiano, qua il paper completo in inglese).
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Commenti

Ci sono 22 commenti

Ho già fatto notare altrove questo post, ma la discussione è andata avanti ancora e si è fatta davvero divertente (certo, si ride per non piangere, ma si ride).

www.ilfattoquotidiano.it/2011/07/06/good-bye-boldrin/143450/

Ancora più divertenti sono i commenti.....

Ma perché Pellizzetti se la prende tanto con Michele? non è la prima volta che l'attacca (o almeno, lui pensa di attaccarlo, ma non si rende conto che con attacchi del genere distrugge solo se stesso), quale il motivo di tanto astio?

Ah, beh.

Se qualcuno consiglia "I fondamentalisti del mercato" di Pellizzetti, allora. tanto per restare in tema, io consiglio questo libro:

http://www.macrolibrarsi.it/libri/__le_astronavi_del_sinai.php

"Un autentico esperto di lingue semantiche e scritta cuneiforme parla di fatti incredibili capaci di squarciare il velo della Storia" GENTE

 

Mercoledi Il Sole 24 Ore ha pubblicato due articoli, uno di Riechlin e l'altro di Brancaccio. Il Sole li presentava ''contrapposti'', tipo il liberista da un lato e il keynesiano dall'altro. Però con mia somma sorpresa tutti e due gli articoli partivano da una tesi comune: il deficit commerciale conta moltissimo nel determinare gli spreads tra i tassi d'interesse. Gli articoli stanno qui:

Riechlin:

www.ilsole24ore.com/art/commenti-e-idee/2011-07-06/debito-sovrano-vince-competitivita-064226.shtml

Brancaccio:

www.emilianobrancaccio.it/wp-content/uploads/2011/07/brancaccio-sole24ore-0607112.pdf

 

Secondo me questa è una tesi più problematica di quella del NENS. A me lascia stranito e non ne so abbastanza per replicare. Mi fate capire che ne pensate?

 

 

Certo che... Almeno trovare un nome migliore...

credo, come si usa dire, che "ci perda nella traduzione"!

Sud²an

Non capisco la questione sugli sticky wages. In nominale sono sticky, un po' ovunque (parliamo di lavoratori dipendenti). Già Keynes e Minsky dedicano larga parte delle loro trattazioni a questo "problema". In Italia due anni, in altri paesi un anno - va beh, evidentemente in Italia si usa di più il tempo indeterminato...che novità.

L'articolo tenta implicitamente di suggerire che l'aggiustamento della competitività agli "shock" debba avvenire tramite deflazione salariale.

Questo approccio economico ultra-normativo non mi pare realistico. Sarebbe da porre come assunto psicologico la stickiness, tanto quanto chessò, la nonsatiation. Aggiustamenti negativi repentini del livello salariale scombinano completamente la pianificazione economica, è normale che siano inaccettabili (da parte del salariato). In più, in un'economia capitalistica che mira alla crescita (anche nominale) la deflazione causa una distorsione negli incentivi alla spesa, con negativi effetti pro-ciclici - come aveva giustamente individuato Silvio Gesell, da lì la proposta del freigeld.

Insomma queste indagini non mi convincono. Dovrebbero pensare alla questione in maniera più "out-of-the-box", o meglio - magari guardare ai sassi e le molotov che vengono tirate in quel di Syntagma e capire che certe misure non sono psicologicamente accettabili.

 

FDG, cos'è che non ti convince? Il modo in cui è fatta l'indagine o il fatto che le rigidità nominali (dei salari o di altro) siano rilevanti? Non mi pare che l'articolo usi un approccio normativo. Cerca di misurare le rigidità nominali in vari paesi, magari lo fa male ma questo è quelo che fa. Cosa suggerisca ''implicitamente'' non lo so, ma certo se c'è uno shock che richiede aggiustamenti questo possono essere sui prezzi o sulle quantità. E se i prezzi sono rigidi saranno sulle quantità. 

scusa prof Brusco non ho potuto seguire la tua lezione sul federalismo ma c è un concetto che sto studiando in scienza delle finanze che non mi è chiaro e che il libro menziona  senza approfondire la spiegazione:spillover effects.Non capisco perchè costituiscano un 'inefficienza cui porre rimedio attraverso regolazioni o trasferimenti dal centro così come indicato dal libro

La produzione di un bene pubblico produce effetti benefici  anche su  soggetti che non fanno parte della comunità in cui il bene è prodotto, ma perchè intervenire esternamente se nella comunità in cui il bene è prodotto si è già realizzata l'uguaglianza benefici costi ? forse perchè i soggetti della seconda comunità già godono dei benefici prodotti all'interno della propria dallo stesso bene pubblico?è l'unica spiegazione che riesco a trovare.oppure non ho capito un .....?

se hai 2 minuti potresti spiegarmi questo concetto?

thank you very much

,

 

Considera un paese in cui i cittadini devono tassarsi per costruire una strada. Si tasseranno fino al punto in cui il costo marginale delle tasse per la cittadinanza eguaglia il beneficio marginale della strada per i cittadini del paese. Se la strada produce benefici anche per i residenti di altri paesi allora tali benefici non vengono tenuti in conto e la quantità prodotta del bene pubblico è inefficientemente bassa. Ovviamente il contrario accade per beni pubblici che generano esternalità negative, tipicamente la quantità prodotta sarà inefficientemente bassa.

Trasferimenti ben congegnati (per esempio, il centro sussidia la costruzione della strada, abbassando quindi il costo marginale per i cittadini del paese) possono avvicinare all'ottimo. Come esattamente disegnare questi trasferimenti è affare abbastanza complesso.

Voglio segnalare, per chiunque se lo fosse perso l'anno scorso, uno dei post migliori pubblicati da Spinoza.it ( a partire dal titolo )

La frase nell'ultimo paragrafo (''la riforma Tremonti, già entrata in vigore dal primo luglio, sembra essere la principale responsabile dell’attacco ai titoli italiani in corso mentre scriviamo'') mi pare decisamente azzardata.

Azzardata lo è probabilmente per i motivi che pensano gli autori ma la manovra non ha certo aiutato per almeno tre ragioni:

--- Draghi, per esempio, già in aprile aveva chiesto che fosse incentrata tutta sulla spesa: pare invece che per circa due terzi dipenda dalle entrate

--- E' complicata, alla Tremonti, distribuita in mille rivoli per non renderne immediatamente visibili gli effetti ai cittadini (che per lui e il suo boss sono solo elettori): peccato che questa scarsa visibilità possa colpire in qualche misura anche gli operatori dei mercati finanziari. Le manovre di U.K. e Germania erano impostate su quattro cinque macro items e quindi facilmente comprensibili.

--- La norma salva Mondadori, anche se in seguito ritirata, non le ha certamente aggiunto charme.

 

ultime notizie:

Ieri hanno come "commissariato" il boss impedendogli di profferire cazzate. Secondo voi aiuta o sarà vista come un'ulteriore prova del nostro stato di prostrazione?

Bossi ha incentrato i discorsi della domenica sul fatto che, con un bliz, i tre ministeri retti da ministri leghisti il 23 luglio saranno trasferiti alla villa Reale di Monza; potrà aiutare? 

Infine una nota forse O.T.: Tremonti è l'incoerenza che cammina (stia attento perchè a Sèvres stanno ancora cercando il campione da conservare nei sotterranei!). Nei discorsi "dotti" non perde occasione per denunciare a) il numero elevato delle imposte b) il numero spropositato dei regimi fiscali di vantaggio (circa 470)

 

a) se le imposte fossero cinque o sei come farebbe la manovra sul lato delle entrate senza cercare di nascondere la mano? In ogni caso con la manovra ne ha introdotte almeno (non l'ho ancora letta bene) due nuove:  tassa per auto potenti e imposta sulle transazioni finanziarie delle banche.

b) con la manovra ne ha introdotte almeno due nuovi: (1) Forfait 5% per imprese giovani sotto 35 anni, (2) Lampedusa zona franca urbana (previo ok Ue)

Ciò che offende è il suo disprezzo per l'intelligenza, non eccelsa ma non serve eccelsa, dei suoi concittadini "elettori".