L'articolo (disponibile su sciencedirect, accesso a pagamento o con abbonamento per i fortunati) sostiene, nell'abstract, che l'intelligenza dei meridionali è inferiore a quella degli abitanti del nord, che questa intelligenza è correlata con vari indicatori socio-economici, e suggerisce che queste differenze sono dovuto alla mescolanza genetica dei meridionali con le popolazioni del nordafrica e del vicino oriente. Il titolo dell'articolo, invece, ha un tono un po' diverso, suggerendo una relazione causale: "In Italy, north–south differences in IQ predict differences in income, education, infant mortality, stature, and literacy". Titolo ed abstract che non vanno d'accordo, cominciamo male.
Ho controllato la reputazione della rivista. Secondo l'ISI web of knowledge, fra le circa 450 riviste di psicologia e sottodiscipline varie, Intelligence è la 43esima in termini di impact factor. Insomma, una rivista che a scriverci non ti procura tenure ad Harvard, ma nemmeno da ignorare.
Passo dunque a commentare l'articolo, premettendo che questo è l'unico mio scopo. Lo studio delle differenze nel quoziente di intelligenza (QI) fra gruppi o regioni è certamente un argomento interessante. In genere, è risaputo che le differenze nel QI contano non poco nella determinazione dei risultati socio-economici degli individui; è anche abbastanza assodato che, in generale, a livello di popolazione, esiste una variabilità tale fra individui che le differenze nelle medie alla fin fine contano poco. Purtroppo, per uno scienziato sociale, parlare di differenze di QI è altamente rischioso. Ogni frase si presta ad interpretazioni di parte. A Lawrence Summers, una incauta e banalissima frase su una differenza fra varianze, manco fra medie, è costata il posto della presidenza di Harvard (ma non preoccupatevi per lui, ha comunque trovato un buon impiego alternativo). Per questo sembrerebbe consigliabile, almeno agli scienziati sociali, discuterne pacatamente, magari senza menzionare inutilmente la parola Africa nell'abstract. Ma, come sarà chiaro, è per motivi ben più sostanziali che prendo lo studio di Lynn poco sul serio.
L'articolo, dopo un breve esame della letteratura sulle disparità socio-economiche Nord-Sud, e di quella sulla correlazione fra quoziente d'intelligenza (QI) e condizioni socio-economiche, passa al succo del discorso, rivelando che il QI riportato è misurato usando i risultati ottenuti dagli studenti nei test PISA, e cioé nei test usati per comparare internazionalmente la qualità dell'insegnamento alla scuola superiore. Il passaggio logico suggerito più o meno esplicitamente è il seguente: (altri studi mostrano che) i risultati economici sono correlati con il QI e con i risultati scolastici, e i risultati scolastici sono correlati con il QI. Inoltre, il QI è correlato con variabili che sono correlate o che sono determinate da esso, come la mortalità infantile, il grado di istruzione, il reddito, e così via. Infine, il QI è determinato da cause genetiche. Conclusione finale: le condizioni socio-economiche del Sud sono dovute a cause genetiche. Non scherzo: eccovi l'ultima frase, che non traduco tanto il succo l'ho appena detto:
All these data taken together indicate that the north–south gradient of intelligence in Italy has a genetic basis going back many centuries, and hence predicts the social and economic differences documented in the nineteenth century up to the present day.
Cerchiamo allora di mettere un po' d'ordine. Il tema come ho detto è importante e va studiato. Ciononostante, Lynn lo fa in modo pessimo e rende un cattivo servizio alla sua professione e alle scienze sociali in generale, per i motivi che vado ad elencare.
1. Il punto forte dell'articolo è la supposta inferiore intelligenza dei meridionali. Il dato principale a corredo di questo fatto è il peggiore risultato nei test PISA. Insomma, la "scoperta" dell'articolo è che i quindicenni meridionali hanno fatto peggio nei test PISA, fatto peraltro ampiamente riportato ovunque a suo tempo (ne abbiamo parlato anche noi sia sul sito che nelle giornate di Firenze l'anno scorso). Il contenuto innovativo dell'articolo è dunque zero....
2. ... a meno che per innovazione non si intenda cambiare l'etichetta "PISA" con l'etichetta "QI". Ignorando, en passant, la possibilità che i sistemi scolastici siano diversi, che i sistemi di valori socio-culturali siano diversi, che gli incentivi a far bene ai test siano diversi, e così via. Le differenze nei risultati dei test sono molto interessanti, e, come ho osservato a Firenze, sollevano una domanda ancora inevasa da parte delle autorità scolastiche: non sarebbe il caso di capire come si fa a fare in modo che le scuole in Basilicata somiglino di più a quelle del Friuli? Ma qui vado un po' fuori tema, ci torneremo. Il punto è che fra la data di formazione del DNA dei mariuoli napoletani e i loro i risultati nei PISA ci sono ben 15 anni di esperienze scolastiche ed extrascolastiche che un po' di peso lo avranno su quei risultati. Possibile ignorarle? Lo dubito.
3. ... a meno che per innovazione non si intenda suggerire una presunta proprietà transitiva della correlazione: se la variabile A è correlata con B e B con C, allora A è correlata con C. Non è così, anzi, può essere vero il contrario. Questa è una cosa che gli studenti di statistica certe volte faticano a capire, ma che il prof Lynn, e soprattutto i referees e l'editor di Intelligence non abbiano sottolineato questa verità elementare stupisce assai.
4. ... a meno che, infine, per innovazione non si intenda suggerire che correlazione significhi causalità (e per giunta, nella direzione preferita, che non è necessariamente quella di Lynn). In un esercizio retorico piuttosto confuso, Lynn ammette che esiste la possibilità di una relazione di cause-effetto nelle variabili considerate non esattamente banale. Nel secondo paragrafo della sezione 4, suggerisce la possibilità che il QI influisca sul reddito, e che questo a sua volta influisca sul QI, aumentando le possibilità di fornire ai giovani un migliore ambiente educativo. La cosa è piuttosto naturale (soprattutto se per "QI" intendiamo "Andare bene a scuola e fare bene agli esami") ma allora perché concludere che i questi dati forniscono una base genetica delle differenze di reddito?
5. L'articolo si sofferma un po' su un tema che ritengo piuttosto interessante: non è che dal Sud, per vari motivi, se ne sono andati in maniera selettiva, nel corso dei secoli, le menti migliori, e così sono rimasti i meno intellettualmente dotati? Lynn suggerisce questa ipotesi come spiegazione all'inferiore QI nel meridione (in realtà, inferiori test PISA, teniamolo a mente). A parte il fatto che non porta alcun dato a supporto di questa migrazione selettiva (io suggerirei a questo punto la spiegazione "il caldo da alla testa", sulla temperatura almeno abbiamo dati incontrovertibili), la spiegazione è problematica, perché la domanda giusta sarebbe allora: anche se fosse vero, perché gli intelligenti se ne sono andati? Non è che avevano trovato un contesto istituzionale poco adatto ad incentivare le loro sinapsi? Ma allora il problema sono le istituzioni, non il fatto che convivevano con degli stupidi. Tralasciamo anche il fatto che in un contesto in cui ci sono un sacco di stupidi, gli intelligenti potrebbero avere di più da guadagnare che in in un contesto in cui c'è maggiore competizione per il loro cervello. Ma qui dipende, ancora una volta, dal contesto istituzionale.
6. L'articolo poi è particolarmente fastidioso per il modo in cui ammassa citazioni e dati fra i più disparati all'evidente scopo di sostenere il proprio esercizio retorico. Difficile rendere l'idea, perché bisognerebbe proprio leggerlo, ma c'è proprio di tutto. Addirittura una tabella con il numero di "personaggi significativi" emersi durante il Rinascimento. Proprio così: Nord batte Sud 62 a 3 nel periodo 1400-1600.
7. Altra chicca: l'articolo è chiaramente, sin dall'introduzione, orientato a controbattere la nota tesi di Putnam sostenente che le disparità regionali in Italia sono dovute ad una mancanza, al Sud, di senso civico, misurato con il concetto di capitale sociale (peraltro poco precisato e pure poco misurabile, a mio personale parere). Nel finale, cosa suggerisce il prof Lynn? Magari ha ragione Putnam, manca il senso civico, nel Sud, e magari è perché il senso civico è determinato da QI!! A corredo, ci sbatte pure una citazione di qualcuno che trova che interpersonal trust è correlato con QI (il passaggio da interpersonal trust a civic trust lo dobbiamo fare noi a gratis, immagino!)
Insomma a me è parsa una cosa scritta da un undergraduate confuso. Ciò non toglie che il tema sia interessante e che nella sua confusione lo scritto tocchi temi rilevanti e cruciali. A cosa sono dovute le disparità regionali nei risultati dei test PISA, condotti uniformemente in tutta Italia dove vige un sistema educativo centralizzato? Come arrestare la fuga di capitale umano dal Sud (e dall'Italia intera)? Come disegnare istituzioni che incentivino il progresso economico-sociale del meridione, qualsivoglia sia il suo QI medio? Davvero le policy implications sarebbero diverse se Lynn o chicchessia trovasse che i meridionali, dopotutto, sono tanto intelligenti quanto gli svedesi? Non voglio dire che Lynn dovesse parlare di questo, ma perlomeno che poteva limitarsi a dire quello che ha scoperto (non è che legge nFA anche lui?): che gli studenti meridionali hanno risultati PISA peggiori dei settentrionali. Suggerimento per l'articolo n. 2: gli alunni meridionali ottengono risultati peggiori anche alle medie e alle elementari.
Secondo me l'articolo di Lynn e' come la corazzata Potëmkin nel 'Secondo tragico Fantozzi' ("una cagata pazzesca", per chi non avesse colto la dotta citazione).
Lynn rivela nella sezione 1.1 da cosa deriva la sua ipotesi:
Ora, chiedo io, il fatto che se Tizio e' piu' intelligente di Caio (entrambi vivono a Roma) il reddito di Tizio e' maggiore di quello di Caio, implica forse che se Sempronio (che vive a Cartagine) guadagna meno di Tizio allora Sempronio e' piu deficiente di Tizio? No, ovviamente. Ci sono una miriade di altre cose che determinano il reddito in posti diversi.
Prendete i coreani del sud e quelli del nord. Avranno pure un patrimonio genetico identico! Eppure i primi sono straricchi e i secondo morti di fame. Differenze di QI? Suvvia...
E le differenze istituzionali sono solo un esempio.
Al di la' del fatto che i punteggi PISA non misurano QI ma qualcos'altro, come Andrea enfatizza, le differenze tra sud e nord sono cosi' vaste che l'analisi di Lynn non ha alcun senso: sta confrondanto mele e pere. Molte di queste differenze sono indubbiamente endogene ma, per dirne una, qualcuno vorrebbe sostenere che il fatto che la mafia e' nata in Sicilia e non in Veneto riflette la maggiore intelligenza dei veneti?
...e se invece riflettesse la maggiore intelligenza dei siciliani? di per sè la mafia non è mica un'idea banale! ;D
(le idee non banali saranno pur correlate con la fantasia? e la fantasia sarà pur collegata con l'intelligenza?)
Solo un'osservazione.
Se la "furbizia" o, detta piú eufemisticamente, la "l'arte di arrangiarsi", é in qualche modo collegata al QI, il signor Lynn ha sbagliato di brutto.