9:30 Aspettando qualche ritardatario, che comunque siamo rimasti in pochi, proiettiamo in video le pagine di Urchin dove c'è il nostro counter, tanto per divertirci. Le parole o frasi con cui, via search engines, continuano ad arrivare al sito lettori, per transeunti che siano, divertono tutti. Mutande sporche, puttane, ed altre cose di quel tipo abbondano. Ma la vera sorpresa (per noi, ma apparentemente non per lui) è che Marco Boninu è un uomo famos: quasi un centinaio di lettori sono arrivati ad nFA durante l'ultima settimana mentre stavano cercando il suo nome in rete.
9:50 Si comincia. Come previsto siamo pochini, circa 30 persone inclusi gli speakers. Ma questa è una cosa prevista. Infatti, va detto che la partecipazione dei giorni scorsi è stata notevole se uno considera le condizioni in cui è avvenuta. Giorni lavorativi, città non troppo grande ma costosa (chi viene deve pagarsi l'albergo, noi possiamo ospitare praticamente solo gli speakers), villa in un posto abbastanza fuori mano e ... tema pallosi. Ecco, insomma, che circa 120 persone abbiano fatto la fatica di arrivare da luoghi anche distanti per venire a conoscerci e discutere di questi pallosi temi, a noi sembra bello oltre che sorprendente. Ma veniamo alla presentazione.
Inizia Emanuele Felice, il cui lavoro di ricerca si incentra sulle statistiche storiche delle economie regionali italiane e, in particolare, sul divario Nord-Sud. La sua esposizione è molto precisa e ben costruita. Dal lato statistico, ciò che Emanuele evidenzia sono due fatti apparentemente ben acquisiti fra gli storici economici:
- L'economia del Sud Italia, comunque la si voglia definire, NON era più ricca di quella del Nord o del Centro all'atto dell'unificazione. Tutti gli indicatori a disposizione suggeriscono che fosse più povera, anche se, all'oggi, non si è arrivati a ricostruire serie storiche del VA per capita (della produttività, eccetera) che risalgano sino al 1861. Nel 1881, comunque, era più povera. Ma lo era anche il NordEst che, a quel tempo e rispetto al Nord-Ovest, era praticamente tanto povero quanto le maggiori regioni del Sud. Le regioni "ricche" erano Liguria e Roma (oops, Lazio), seguite da Lombardia, Piemonte e Toscana. Quelle "povere" sono la Campania, Basilicata, Sicilia, Veneto ed il resto sta in mezzo.
- Il divario si è accentuato nel periodo fra le due guerre ed a partire dalla prima guerra mondiale. In particolare, durante questo periodo il Nord Est inizia un lungo processo di convergenza mentre le regioni del Sud crescono meno del resto. I dati dell'immediato dopoguerra, 1951, mostrano un'Italia che è già fatta di tre grandi macroregioni: il Nord Ovest in grigio-nero, il Nord Est e Centro in grigetto, il Sud tutto bello bianco (dopo mettiamo le slides, così i curiosi vedono i grafici).
Ad avviso di Emanuele la causa fondamentale del persistente divario è "culturale" o di "social capital". Questa differenza, a suo avviso, si è venuta determinando e si è accentuata dopo l'unificazione del paese. Le politiche pubbliche, a suo avviso, hanno favorito questa divergenza.
10:40 Tocca ad Alberto Lusiani, fisico sperimentale ed economista dilettante, come lui stesso si definisce. Alberto illustra l'evoluzione più recente dell'economia italiana e di quella delle sue regioni (NO, NE (che include Emilia-Romagna), C, S, Isole) rispetto allo spazio economico europeo, UE15 in particolare. L'evidenza del declino relativo, che inizia più o meno nella seconda metà degli anni '90, è chiarissima. Il primo aspetto da ricordare, e che Alberto evidenzia, è che il declino relativo alla UE15 è UNIFORME attraverso le cinque aree in cui lui suddivide il paese. La coppia S&I fa solo marginalmente peggio.
Alberto illustra i risultati di vari studi, di fonti diverse ed indipendenti, che cercano di stimare l'estensione dell'evasione fiscale a livello regionale. Oscure e misteriose che siano le metodologie utilizzate da questi studiosi, il risultato è sempre lo stesso: l'evasione fiscale nel Sud è doppia, tripla o quadrupla di quella del Nord.
In una relazione ricchissima di dati (che metteremo in linea più tardi) Alberto arriva a concludere che la spesa pubblica e la tassazione italiane non fanno nulla per ridurre le disparità e che probabilmente le accentua. La sua opinione, sulla base dei dati è che una riforma federale non farebbe di certo peggio e potrebbe fare molto meglio. Anche al Sud.
11:15 Agognata pausa caffé. Discussione aperta e veramente interessante, forse favorita dal fatto di essere poco più di 30 in sala invece di 100. Comunque, vado anche io a farmi un dolcetto!
11:30 Riprende Carlo Lottieri, con delle magnifiche slides che sembra quasi un economista invece del filosofo del diritto e scienziato politico che lui ci spiega di essere. [Per quelli che vedono cattiverie ovunque, questa battuta se l'è "autofatta" Carlo, in apertura].
La sua tesi è che le difficoltà del Mezzogiorno sono da attribuirsi sopra ed anzitutto ad un eccesso di stato, non ad una scarsità o supposta assenza del medesimo. In termini dinamici, ecco il suo ragionamento: all'inizio c'è una piccola differenza fra Nord e Sud. Questo inizio lo pote immaginare come il 1950 ma anche 1920. Questo divario, essendo fonte di discussioni e potenziale motivatore di voti, viene affrontato dallo stato, ossia da chi governa, come un problema che va eliminato attraverso politiche di trasferimenti, favoritismi, interventi d'un tipo o di un altro. Questa crescita nel ruolo "protettivo" dello stato rispetto al Sud, diventa prima assistenza e poi intrusione. Lo stato occupa spazio che sarebbe stato del mercato e degli agenti privati, spingendo questi in un angolo ed obiettivamente danneggiandoli attraverso richieste che sono teoricamente egualizzanti. Le aziende private del Sud devono pagare tasse e salari, adempiere procedure e seguire norme da paese avanzato e ricco, da Lombardia tanto per capirsi. Ma hanno la produttività e la forza lavoro da Basilicata, e questo divario le uccide.
Segue un dibattito, che continua al momento, sulla nozione di legalità che sottende al problema della mafia, sulla possibilità o realizzabilità di un sistema legale non centralizzato ma basato sulla competizione di agenzie regolatorie. La tesi di base, che trova un certo consenso, è che l'ordinamento savoiardo e poi italico imposto ai siculi, ai calabresi ed ai campani "generò" la criminalità organizzata come la conosciamo al Sud. Generò le mafie perché le società campane, sicule e calabresi rifiutarono tale ordinamento, opponengogli il proprio: mafia, camorra e 'ndragheta.
12:20Camillo Falasca chiude con una presentazione su "Il Federalismo è competizione". Il presupposto della presentazione è che, mentre il federalismo se non è competitivo non è, quelli della Lega, del PdL (e, neanche a dirlo, quelli del PD ma ora non contano) pensano l'opposto. Ossia pensano che il federalismo possa essere senza essere liberale e competitivo. Chi scrive - avendo cercato sin dal 1993 di spiegare tale concetto a Bossi Umberto & Co ed avendo miseramente fallito - non può non condividere pienamente tale affermazione.
L'idea che, negli stati federali, si voti non solo con la scheda ma anche con i piedi è alieana al legislatore italico. In Italia, paradossalmente, l'eterogeneità fra aree territoriali, che è sostanziale e maggiore che quasi in ogni altro paese dell'UE, viene usata come argomento CONTRO il federalismo, invece che a favore come logica ed esperienza di altri paesi suggerisce. Questo è perché in Italia è oramai dato per acquisito che lo stato centrale serve e deve servire per redistribuire grandi quantità di reddito da un lato all'altro del paese. SE il principio fondante dello stato centrale è la redistribuzione territoriale, allora lo stato centrale è necessario ed il federalismo è dannoso.
Seguono una serie di dati, non facilmente riassumibili ma altamente interessanti, che documentano una volta ancora il ruolo che lo stato centrale e le sue articolazioni svolgono in questa opera di redistribuzione e come questa operi, soprattutto, a favore non delle classi sociali più deboli del meridione ma di quelle più benestanti. Ossia: l'assistenzialismo serve, anzitutto, per favorire le elites meridionali mentre solo le briciole vanno ai "cafoni".
Segue un dibattito acceso su quella presa per i fondelli che in Italia chiamano "riforma federalista" e che è oramai cosa fatta. La valutazione di tale legge segue dal seguente scambio di battute. Domanda: perché hanno approvato una tale presa in giro? Risposta: se non facevano così non sarebbe stata approvata. Domanda: perché era necessario approvarla, visto che non migliora le cose? Risposta: era una promessa elettorale che andava mantenuta. Ossia bisognava approvare una legge che si potesse chiamare "riforma federale". Domanda: anche se peggiora la situazione? Risposta: Certo!
E con questa bella morale, finisce il live blogging. Adesso andiamo a mangiare. Quest'anno il mitico sottosegretario (chissà dov'è finito quello) che due anni fa sentenziò "Se se magna, allora bisogna restare" non c'è, ma noi mangiamo lo stesso. Arrivederci e grazie.
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Tutte le donne di nfa...
E' un bellone, il nostro Boninu?