Ma poi leggete in fondo all'articolo che quell'energia viene "buttata via" in mezzo a qualche deserto in Australia, dove il sole scalda le pietre invece dei vostri pannelli solari. Allora pensate: ah, vabbé!
La storia del pane buttato via a Milano raccontata da una giornalista del Corriere della Sera, Rita Querzé, il 3 gennaio scorso è più o meno la stessa storia. Perché allora tanto scandalo? Querzé ha riportato che a Milano si buttano via, mediamente, 180 quintali di pane al giorno. Inoltre, ha intervistato accademici, produttori, e operatori del terzo settore per documentare la natura fisiologica di questa eccedenza in una grande città e la virtuale impossibilità di utilizzarla utilmente. Ciononostante nei giorni successivi non si sono fatti attendere gli inevitabili commenti moralistici. Eccone due, entrambi pubblicati dallo stesso Corriere.
Inizia Angelo Bagnasco, cardinale, il 5 gennaio:
Questo spreco enorme del pane è scandaloso
Sviluppa Claudio Magris, tuttolofo, il 6 gennaio:
Quello spreco di pane appartiene alla follia generalizzata in cui e di cui viviamo [...] Esso desta giustamente scandalo, perché è un’offesa oggettiva a chi non ha pane. [...] Quei 180 quintali buttati via sono uno scandalo.
Scandalo di fronte allo spreco, quindi. Ma leggiamo bene cosa riporta Querzé:
Non si potrebbe distribuire [il pane avanzato] a famiglie in difficoltà, associazioni di volontariato? «Macché — risponde Fugazza [presidente di un'associazione di panificatori milanesi] —. Il nostro pane a fine serata non interessa più nessuno. Lo abbiamo proposto persino ai canili, ma andrebbe integrato con altri alimenti, e così la preparazione del cibo costerebbe troppo in termini di manodopera». [...] Le grandi associazioni del volontariato spiegano così il paradosso del pane buttato. «Attrezzarsi con un furgoncino per andare a raccogliere ogni sera quel che resta ai panettieri comporterebbe uno sforzo e un costo considerevoli»
Che possiamo farci? Quel pane non interessa più a nessuno, dicono i panificatori (se no mica lo butterebbero, no?), e anche se interessasse a qualcuno il valore (in termini di utilità della pancia piena, non di valore di mercato che evidentemente è già zero) di quel pane sarebbe inferiore al costo di trasportarlo dal cesto pieno alla pancia vuota, proprio come il sole che scalda le pietre nel deserto in Australia.
Se questa è offesa oggettiva a chi non ha pane, la neve che a primavera si scioglie in Groenlandia è offesa oggettiva a chi non ha acqua nel deserto, una notte vivace di Rocco Siffredi (o una mattinata di intenso lavoro) è un'offesa oggettiva a chi va regolarmente in bianco, persino lo scandalizzarsi di Bagnasco e Magris è offesa oggettiva a chi non si scandalizza ... e viceversa naturalmente.
Suvvia, smettiamola di offenderci per un tozzo di pane. A Milano e altrove in questo paese, pare a me, è ben altro lo spreco contro il quale bisogna alzare la voce.
Ci hanno già pensato agli animali, è scritto nell'articolo trattato nel post nella citazione del sig. Fugazza ;-)
Fabrizio