Uno swap sui tassi di interesse è un contratto che conferisce all'acquirente il diritto di scambiare un flusso di cassa su un ipotetico debito a tasso variable (solitamente il tasso LIBOR) con un flusso di cassa su un debito a tasso fisso. Per esempio possiamo pensare allo scambio tra il pagamento delle rate trimestrali su un debito a tasso variabile (con una banca) e le cedole trimestrali di un’obbligazione a dieci anni con tasso fisso.
Lo swap spread (differenziale dello swap) a dieci anni, altro non è che la differenza tra il rendimento su un titolo di stato che scade fra dieci anni e il tasso di interesse fisso a dieci anni stabilito nel contratto swap.
Da quasi due anni, in seguito al fallimento della Lehman Brothers che innescò la fase più acuta della crisi globale, negli Stati Uniti, in Gran Bretagna e in Europa gli swapspreads trentennali sono negativi con scarse probabilità di ritornare in territorio positivo nel breve periodo. In sostanza questo implica che i mercati hanno maggiore fiducia nelle prospettive di lungo termine del settore bancario (di cui il tasso fisso stabilito nello swap ne riflette la solidità) che nelle finanze pubbliche. È ragionevole una tale anomalia? È davvero verosimile che, in caso di bancarotta di uno stato sovrano, il settore bancario rimanga immune? Ovviamente no. Ma allora come si giustifica?
Per lo swap spread a trent'anni l’anomalia venne attribuita inizialmente alla limitata liquidità dei titoli di stato a lungo termine, almeno in America. Poi si aggiunsero spiegazioni più articolate: 1) l’effetto di una intensa attività di hedging legata a massicce emissioni di obbligazioni societarie, tale da creare un temporaneo squilibrio tra domanda e offerta; 2) la conseguenza dell’acquisto fino allo scorso marzo di mortgage-backed securities da parte della Fed, che ha indotto molti investitori a parcheggiare la propria liquidità negli swap; 3) la bassa inflazione, anzi il rischio di deflazione, che spinge molti a scegliere di pagare un tasso variabile per poter ricevere un tasso fisso nel lungo periodo. Tutte queste spiegazioni però suonavano quantomeno parziali. Ma fintanto che lo spread negativo rimaneva confinato ai tassi trentennali la scarsa liquidità era un argomento sufficiente per non turbare troppo il sonno dei traders.
Poi però il 23 marzo scorso anche lo swap spread a dieci anni negli USA è diventato negativo. E lo stesso è successo nel Regno Unito. In Europa sebbene lo spread a 10 anni sia sempre rimasto in territorio positivo, lo spread a 15 anni (che è relativamente liquido) oscilla da tempo intorno allo zero e da qualche settimana è diventato decisamente negativo. Oltre oceano lo swap spread a 10 anni era tornato positivo tra maggio e giugno, ma in questi giorni sta di nuovo scendendo verso lo zero. Ormai queste "anomalie" sono un po' troppo persistenti e richiedono una spiegazione un po' più ''strutturale".
Secondo noi lo swap spread è il frutto avvelenato delle misure eccezionali messe in atto per salvare le banche occidentali: detto in termini chiari i confini tra settore pubblico e settore bancario si sono erosi fino quasi a scomparire. Non è del tutto assurdo credere allora che i governi in futuro getterano ancora alle ortiche la sostenibilità fiscale pur di salvare il settore bancario come fecero a cavallo tra il 2008 e il 2009. Ancora oggi i governi detengono una fetta rilevante degli attivi delle banche. E le banche detengono quote rilevanti dei debiti pubblici. Quando la Commissione Europea, la Banca Centrale Europea e il Fondo Monetario Internazionale si sono precipitati ad approvare un piano da un miliardo di dollari, tutti hanno avuto la conferma che le banche e le stremate finanze pubbliche giacciono ormai sul fondo della stessa sgangherata barca. Chi era creditore verso le banche si ritrova improvvisamente ad aver prestato i propri soldi ad uno stato sovrano, e il ragionamento inverso vale per chi aveva prestato ad un governo. Gli swap spread dunque riflettono correttamente questo dato di fatto: banche e settore pubblico sono un tutt'uno, anzi le banche godono di un trattamento preferenziale rispetto ad altri pezzi del settore pubblico. Infatti appena annunciato il piano straordinario della UE e del FMI gli spread sono in un primo tempo aumentati in Europa e poi quando si sono fatti i conti giusti e ci si è resi conto che in sostanza si stavano soccorrendo di nuovo i patrimoni delle banche con fondi pubblici, gli spreads sono tornati negativi. In America la reazione è stata analoga anche se meno vistosa.
Analogamente nei giorni immediatamente successivi ai cosiddetti stress tests in Eurolandia gli spreads sono aumentati, ma quando e' stato dimostrato che si trattava di test all'acqua di rose gli spreads sono tornati dov'erano e anzi in questi giorni stanno andando ancora piu' giu'.
In conclusione, gli swap spreads negativi non costituiscono un'anomalia, ma più semplicemente riflettono la credibilità di lungo termine della politica fiscale e un groviglio malsano tra pubblico e privato, che sarà molto difficile, forse impossibile, districare. O almeno questa è l'interpretazione che noi diamo, ma siamo curiosi di sentire altre spiegazioni.
Piu' che altre spiegazioni mi vengono altre domande. La vostra spiegazione mi sembra ragionevole per spiegare lo spread a zero. Mi sembra di capire pero' che lo spread a 15 e trent'anni e' piu' negativo dello spread a 10 anni. Che sia una specie di inverted yield curve?
anche a me sfugge perchè la vostra motivazione dovrebbe spiegare spread negativi.
inoltre, la vostra spiegazione mi sembra richieda che finanze pubbliche e banche abbiano non semplicemente una commistione ma lo stesso destino in termini di default: il fatto che lo stato sia intervenuto, non implica che lo faccia (o come lo faccia) qualora fosse in gioco il proprio default, no? Salvo che la commistione già in atto non sia irreversibile, ossia tale da rendere i due soggetti effettivamente un "tutt'uno" in termini di default. C'è evidenza di questo?
la politica di aiutare il sistema bancario nell'attuale crisi -- che ovviamente non metteva a repentaglio il default US -- è stata una scelta o una scelta obbligata? se non era obbligata allora a maggior ragione potrebbe non esserlo qualora le ripercussioni possono essere più gravi per lo stato. no?
ma i livelli dei tassi, non lo spread, riflettono veramente che "le banche e le stremate finanze pubbliche giacciono ormai sul fondo della stessa sgangherata barca"?
Gli swap spreads a trenta anni sono negativi da anni in Eurolandia, negli Usa e anche nel Regno Unito. Ma molti fanno osservare che si tratta della parte della curva dove la liquidita' dei titoli pubblici e' scarsa. Quindi potrebbe essere una questione di preferenza per le scadenze piu' lunghe che non possono essere soddisfatte da titoli di stato. Il fatto che la liquidita' sia scarsa significa che gli spreads riflettono le aspettative di pochi, e quindi il segnale non e' cosi' preciso come nel caso degli spread a 10 anni. Cio' non toglie che ci sono operatori (anche se non tantissimi) i quali sono disposti a "swappare" con tassi piu' bassi di quelli del debito pubblico. In Eurolandia i titoli di stato a 15 anni e oltre sono abbastanza liquidi e quindi il segnale che inviano e' abbastanza preciso.
Comunque l'articolo va inteso come una specie di esperimento di crowd sourcing e non come l'esternazione di una convinzione granitica. Insomma Tommaso ed io offriamo una spiegazione ipotetica con l'intento di suscitare le reazioni di chi legge e di trovare spiegazioni alternative.