4 Aprile 2005. Circa
le 11 di sera. Nicola Vendola (detto Niki) ha appena vinto le elezioni
regionali. Dopo i sindaci di Bari e Foggia, e l'en plein nelle 5 province,
la Puglia ha anche un governatore di centro-sinistra (più sinistra
che centro, nella fattispecie). Sono a Bari da qualche giorno per godermi
il clima pre-elettorale: le discussioni animate nei locali bi-partisan
di Barivecchia fra un negroni ed un martini cocktail, le feste di chiusura
di campagna dei vari aspiranti consiglieri e soprattutto l'aria eccitata
e frizzante da vigilia di finale di coppa del mondo. Con una differenza,
però: tutti ci si sentono coinvolti nell'elezioni, tutti, dall'amico
politico all'edicolante, vivono la vigilia elettorale come un passaggio
decisivo delle loro vite. Salvo poi scordarsene la settimana
successiva.
11 di sera, dicevo, decido
di scendere in strada, in questa fresca serata di inizio primavera,
a curiosare ed a tastare il polso della città dopo l'ennesima svolta
a sinistra. Vado in corso Vittorio Emanuele, arteria pulsante del centro
cittadino che divide la rediviva Barivecchia dall'elegante quartiere
murattiano e, sopratutto, sede delle più importanti istituzioni cittadine:
il comune, la prefettura, il teatro Piccinni. Proprio sotto il comune
si è riversata una folla festante di bandiere rosse-bianco-verdi. Cori
da stadio e amarcord da dopo guerra (bella ciao, l'internazionale e
via discorrendo....). In questo chiassoso festare ecco che dal finestrone
del palazzo civico fa capolino il testone del nostro sindaco, Michele
Emiliano, eletto l'anno prima a capo di un frastagliata coalizione di
centro sinistra. Ex-magistrato e furente capopolo, con una storia personale
lontana dai partiti (e dalla sinistra) ma scelto, o meglio autoimpostosi
in un certo senso, per via della congenita incapacità della sinistra
barese di scegliersi dei candidati presentabili. Beh, con mia gran
sorpresa, il nostro Michele saluta la folla festante alzando al cielo
il pugno chiuso. E resta lì, su quel balcone, col pugno ben in vista,
mentre alcuni suoi collaboratori fanno calare dalla balaustra, fra gli
osanna e gli olè, un'enorme bandiera della pace (!).
Ora: cosa c'entra il
pugno chiuso con Michele Emiliano? Mi è diventato comunista tutto a
un tratto? Un'imprevista illuminazione sulla via di Damasco? E, sopratutto,
cosa c'entra una bandiera della pace (esposta dal sindaco sulla facciata
del comune) con l'elezione di un governatore regionale? Sfugge, forse,
che Vendola si occuperà di sanità ed acquedotto più che di ritiro
delle truppe e pace nel mondo? Ed anche qualora di pace del mondo si
occupasse, è opportuno che il sindaco gli renda un omaggio del genere
per celebrarne l'ascesa?
Un'amica mi abbraccia
e, con gli occhi velati dalle lacrime per la commozione, mi dice: "sai,
quella bandiera l'ha fatta la mamma di Niki! Con le sue mani!".
Rabbrividisco. Ma l'amica è molto carina: facendo mostra di esemplare
onestà intellettuale, le sorrido e decido di tenere per me le mie domande.
Michele Emiliano è tutto
in quel pugno chiuso e quella bandiera della pace. Non perché sia comunista,
o pacifista e neppure no global. Intendiamoci: può
esserlo così come può essere tranquillamente l'uomo
che accoglie nella sua maggioranza consiglieri eletti nel centro destra,
il rabbioso paladino bipartisan del law and order in salsa mediterranea.
Michele Emiliano è un po' come il Prodi disegnato da Giannelli sul
corriere di qualche giorno fa: sinistra antagonista e digos insieme,
no global e servizio d'ordine. Il nostro sindaco governa infatti con
inneffabile piglio populista: spiagge adiacenti a scarichi fognari chiuse
col magone e dopo immensi ritardi per non dispiacere il barese che ci
va dopo il lavoro (vedi qui), grossa rilevanza mediatica al concerto
organizzato nel quartiere disagiato ma poi zero programmi concreti di
riabilitazione, e decine di migliaia di euro spesi per rifare le facciate
del palazzo del comune e di quello della provincia in occasione dell'arrivo
di Napolitano (si badi, in inquietante somiglianza con La Havana di
Fidel, solo le facciate ma non i prospetti laterali!!!). Il tutto fra
baci distribuiti a destra ed a manca ai suoi concittadini, e battute
pronte a ogni occasione. Un populismo italiota, insomma, che in tono
minore ricorda tanto quello di un recente ex presidente del consiglio.
Per quanto concerne l'economia,
poi, calma piatta. Anzi, blocco dei (pochissimi) provvedimenti di liberalizzazione
voluti dalla precedente giunta (come quelli relativi alle licenze di
parucchieri e centri benessere ed all'apertura domenicale degli ipermercati)
e dei lavori di alcune opere infrastrutturali necessarie per la città.
Grave sopratutto l'ennesimo rinvio per il completamento dei lavori relativi
all'ampliamento del bacino occidentale del porto, la cosidetta ansa
di Marisabella, che garantirebbe spazi operativi ed ormeggi più adeguati
per lo sviluppo del traffico container e non solo. Non a caso non più
di un anno fa, Bari ha perso anche l'ultima delle compagnie di containership
operanti nello scalo, la Maersk, che ha spostato il suo centro operativo
a Gioia Tauro (vedi qui).
La realizzazione della colmata, secondo una recente ricerca della Srm
(Studi e ricerche per il Mezzogiorno) permetterebbe al porto di intercettare
circa 200mila teus (numero di contenitori pieni movimentati) all'anno
ma per il momento, purtroppo, stanno avendo la meglio Rifondazione Comunista
e Verdi.
Risultati? Ho spulciato
un po' di dati a quasi 3 anni dall'inizio della cosidetta "primavera
Barese". La citta' figura constantemente agli ultimi posti delle
classifiche per quanto concerne la qualità della vita (qui),
mentre l'economia ristagna: PIL per capita del 30% inferiore a quello
nazionale e tasso di disoccupazione fermo al 14.7%.
Ancora più inquietante è il panorama culturale offerto dalla città. Inquietante perché Emiliano è stato sostenuto da un parte cospicua della intellighenzia locale,
riunita per lo più in un'associazione di stampo girotondino (eccola), che adesso riveste importanti cariche pubbliche:
l'editore Laterza è a capo degli industriali, Corrado Petrocelli è
il nuovo rettore dell'ateneo, l'agronomo Cosimo Lacirignola è a capo
della fiera del Levante, mentre Gianfranco Viesti (un'economista vecchia
scuola, estremamente vecchia scuola) dirige il polo tecnologico. Ebbene,
nonostante la promozione al potere di quella che Curzio Maltese su Repubblica definisce (con molto beneficio
d'inventario) un "circolo filosofico coltissimo e cosmopolita", è proprio la cultura a languire piu' di ogni altra cosa in città.
Un solo teatro di prosa con prospettiva nazionale, il Piccini. Balletti
e opera confinati in un capannone (il Teatroteam) ubicato nella periferia
nord della città e totalmente inadeguato per qualità acustica. Concerti
praticamente "non pervenuti" a parte qualche rarissima eccezione,
come time zone o il locus festival, e gli sforzi di qualche
piccolo imprenditore locale amante del jazz ed animato di buona volontà.
La ciliegina sulla torta è rappresentata dal Petruzzelli: magnifico
teatro bruciato nel 1991, i cui progetti di ricostruzione sono stati
(per l'ennesima volta) bloccati.
La situazione universitaria,
poi, è totalmente allo sbando. Nella facoltà di Economia e Commercio,
dove insegna l'ex-rettore Giovanni Girone, è ormai diventato molto
difficile trovare dei cognomi che non siano ripetuti (il record
spetta ai Massari, con 9 ma anche i Girone, a quota 4, si difendono
egregiamente) e la situazione in altre facoltà non è molto migliore
(qui).
L'ateneo è stato inoltre colpito di recente da innumerevoli scandali
che vanno oltre quello dell'ormai fisiologico nepotismo, come ad esempio
la tratta delle prove di ammissione in alcune facoltà a numero chiuso
in cambio di prestazioni sessuali (qui).
Ma la cosa forse più preoccupante è il rumorossisimo silenzio che
ha circondato queste vicende all'interno della stessa comunità accademica
barese: i pochi tentativi di protesta sono stati soffocati e anzi,
quando la comunità accademica si è mossa concretamente, con raccolte
di firme o petizioni, lo ha fatto in difesa dell'immagine dell'ateneo...
Ci sono, per fortuna,
anche delle note positive. Arrivano sopratutto dalla creatività e dallo
spirito di iniziativa di alcuni baresi più che dalla amministrazione
della res pubblica. La gestione del nuovo aeroporto, ad esempio, è esemplare ed in controtendenza rispetto ad altre grandi città italiane.
Molte compagnie low cost cominciano a fare di Bari uno snodo centrale,
mentre aumentano esponenzialmente le tratte dirette da Bari verso importanti
metropoli europee e non. A livello imprenditoriale cito la Divella:
gioiello della pasta e simbolo dell'export barese nel mondo (la si trova
nei supermarche' champion parigini così come fra gli scaffali delle
groceries del Queens), seconda in quanto a volumi di produzione solo
alla Barilla. Infine, il panorama artistico locale propone dei volti
nuovi che si fanno apprezzare a livello internazionale come il quarantenne
Piva, diventato famoso grazie a Lacapagira, o Gianrico Carofiglio
magistrato e scrittore già tradotto in varie lingue
Fra le note positive,
se mi è consentita la digressione enogastronomica, c'è anche qualche
(raro) esempio di ristorazione di qualità in una città dove, in generale,
si cucina poco e le proposte più interessanti sono da sempre
state incentrate sui sapori di base dei prodotti locali (sopratutto
i frutti di mare e la verdura di stagione). Anche qui qualche esempio:
"Il Pascia'" delizioso ristorante seminascosto nel centro
di uno stupendo paese della provncia (Conversano), "Alberosole"
che ha avuto l'ardire di proporre cucina di qualità fra i mille pub
e pizzerie che affogano corso Vittorio Emanuele ed infine "Il Pane
e le Rose", primo winebar aperto in città e tutt'ora unico per
la qualità delle bottiglie e dei prodotti offerti per la degustazione.
Nulla di eclatante, certo,
ma pur sempre qualcosa rispetto alla tabula rasa degli anni 90 in cui
la città sembrava immersa in un interminabile letargo.
C'e' una Bari, insomma,
che dà segni di ripresa. Come le strade della città vecchia un tempo
in mano alla criminalità organizzata ed ora trasformate in un dedalo
di bar e disco pub (un sorta di Born in chiave pugliese, per chi conoce
Barcellona). Ma cosi' come quelle strade, per via di una piano urbanistico
incomprensibile, sono assolutamente prive di attivita' commerciali di
piu' ampie prospettive rispetto alla ristorazione di massa, anche la
citta' nel suo complesso sembra priva di un progetto di sviluppo coerente
ed anche le piu' lodevoli iniziative rischiano di venire compromesse
dal congenito malgoverno ed una classe dirigente assolutamente non all'altezza.
Bellissimo film che ho visto a Minneapolis qualche anno fa, ora probabilmente impossibile da trovare. Venne a presentarlo il regista, con cui scambiai due parole in un caffe' dopo il film, persona davvero interessante.