La tesi esposta da Alberto è che in Italia:
- gli immigrati sono troppi;
- la loro diffusione è sbilanciata territorialmente, data l'eccessiva concentrazione nel centro-nord;
- sono qui da noi non per ragioni economiche, ma essenzialmente per l'inefficienza della politica e della pubblica amministrazione, che non sono state capaci di bloccare i flussi in entrata, come invece avvenuto in Spagna, Germania e Gran Bretagna.
Provo a considerare singolarmente le tesi. Preannuncio che non mi convincono.
a) Gli immigrati sono troppi. Per usare le parole di Alberto,
i recenti elevati flussi di immigrazione in Italia non sono né necessari, né benéfici in termini di crescita economica.
In primo luogo bisogna ricordare che l'articolo considera solo gli immigrati regolari, ossia coloro che sono titolari di un permesso di soggiorno, non invece i clandestini. Sgomberiamo quindi il campo da questo equivoco: non stiamo parlando di clandestinità. Potrebbe essere che i clandestini siano troppi (quasi una tautologia questa) mentre gli immigrati regolari siano pochi.
Prima di iniziare a ragionare sulla questione, bisogna quindi cancellare dalla mente l'immagine dell'immigrato come quella di un disgraziato che approda sulle coste italiane, sbarcando da una carretta del mare o lava i vetri agli incroci. Qui stiamo parlando di persone con un lavoro regolare o con un giustificato e verificato motivo per rimanere da noi.
Ragioniamo, allora. Alberto documenta che i flussi degli immigrati in Italia sono elevati rispetti ad altri paesi Europei con cui è naturale confrontarsi, la Spagna, la Francia, la Germania... Dati chiari e netti.
Cosa significa questo? Andiamo per ordine: significa che gli immigrati in Italia siano tanti? Significa che siano troppi? La differenza tra tanti e troppi è fondamentale: dire che sono tanti è una affermazione positiva, significa che l'Italia non è in linea con gli altri paesi; mentre dire che sono troppi è una affermazione normativa, significa che sarebbe meglio (per un qualche aggregato della popolazione; chiamiamo questo aggregato "l'economia italiana" ed evitiamo di fare gli schizzinosi) se diminuissero.
Innanzitutto, in punto di logica, è chiaro che dai dati di Alberto è difficile concludere che gli immigrati siano troppi. Il fatto che siano occupati significa che soddisfano quello che gli economisti chiamano un "gain from trade" (loro son contenti di lavorare e qualcuno è contento di dar loro lavoro). Che è già qualcosa (dei clandestini - ma neanche di tutti - questo non si può dire). Non significa che questo sia un bene necessariamente per l'economia italiana; potrebbero infatti avere effetti negativi sull'economia italiana in altre dimensioni. Tra questi, due sono i più dibattuti, sulla stampa e tra gli economisti: potrebbero abbassare il salario degli italiani veri (quelli che stavano già lì, o quelli nati lì; comunque li si voglia definire), potrebbero indurre una trasformazione culturale in Italia che gli italiani veri (o anche gli immigrati stessi) non desiderano.
Comunque, argomentazioni e dati sugli effetti degli immigrati sul mercato del lavoro e/o sul tasso di integrazione culturale sono necessari per dire che gli immigrati sono troppi.
Prima di proseguire è necessaria però una parentesi: non tutti gli stranieri regolari lavorano: gli stranieri con permesso di soggiorno per motivi familiari, sono circa il 40% secondo i dati ISTAT(purtroppo aggiornati solo all'.1.1.2008). Sono in Italia grazie al fatto che un loro familiare, dotato di reddito adeguato e di adeguata sistemazione abitativa, li ha "ricongiunti". In pratica il ricongiungimento riguarda, tranne rare eccezioni, esclusivamente il coniuge e i figli minori dell'immigrato. Effettivamente, dato che non lavorano, (quanto meno al loro arrivo in Italia), questi immigrati non apportano benefici diretti in termini di crescita economica, ma anzi tendenzialmente costano in termini di prestazioni sociali, come la scuola per i figli minori o l'assistenza sanitaria. Ma immigrati stabili e con famiglia sono tipicamente immigrati socialmente "migliori". Potremmo scendere in dettaglio, ma dovrebbe essere chiaro: fanno meno crimini, lavorano di più, sono selezionati tra quelli ad alta motivazione,... Insomma, consentire il ricongiungimento familiare "paga" in termini di sicurezza e di integrazione e che un lavoratore straniero con famiglia al seguito è una persona molto meno pericolosa per gli "aborigeni". Chiusa la parentesi, proseguiamo.
Ma se non troppi, sono tanti, almeno, gli immigrati? Beh, probabilmente sì, ma anche qui è meglio fare attenzione. Come mi spiega l'editor di turno (Alberto Bisin), i dati che Alberto (Lusiani) ci mostra riguardano i flussi di immigrati. Ma sono le quantità totali ad essere più rilevanti (gli stock). Alti flussi oggi potrebbero semplicemente compensare bassi flussi ieri (o l'altro ieri). Alberto giustamente prova a costruire una serie degli stock (quelli che lui, che sa come introdurre poesia negli integrali, chiama le aree sotto i flussi), ma si trova contro il muro della carenza di dati prima del '90. Noi vorremmo notare che i paesi coi flussi più bassi sono Francia e Germania, paesi di antica immigrazione, con le periferie in fiamme (date alle fiamme da immigrati storici, molti dei quali col passaporto, che non entrano nei flussi documentati da Alberto). Il fatto che questi abbiano le periferie in fiamme ci fa pensare che certo non vogliamo arrivare lì. Ma quanto distanti siamo? Per dire che gli immigrati in Italia sono tanti, bisognerebbe rispondere a questa domanda.
Se poi siano "necessari", un'altra delle domande poste da Alberto (con risposta negativa), non sappiamo dire. L'assunzione di queste persone non è stata imposta dal governo all'interno di un piano quinquennale, nè si tratta di persone assunte nella pubblica amministrazione per ragioni clintelari, sono, praticamente nella loro totalità, lavoratori inseriti nei settori produttivi dell'industria, dell'artigianato e dei servizi privati. In che termini queste assunzioni non sarebbero state necessarie? A occhio, le stesse considerazioni fatte sopra sulla parola "troppi", valgono anche su quella "necessari".
Alberto però evidenzia anche la correlazione tra bassa o nulla crescita del PIL italiano e l'arrivo crescente di immigrati. Sarà che il flusso di immigrati è, almeno in parte, causa della mancata crescita? Possibile. Ma difficile, per due ragioni - che sempre Alberto Bisin mi aiuta a spiegare.
La prima è che correlazione non è causa. Potrebbe essere l'opposto, e cioé che la bassa crescita attiri gli immigrati. Pare assurdo, ma non è così. Se la bassa crescita è dovuta ad un sistema produttivo inefficiente ed antiquato e ad un mercato del lavoro inflessibile e protetto, allora il sistema produttivo attirerà mano d'opera a basso capitale umano con contratti non protetti... e voilà gli immigrati. La seconda ragione è che, anche se la direzione di causa andasse da immigrati a stagnazione e non viceversa, le cause possibili della stagnazione italiana sono tali e tante da lasciare poco spazio "quantitativo" agli immigrati.
b - La concentrazione nel centro-nord
L'articolo definisce "peculiare" questa concentrazione e giunge alla conclusione che il centro-nord ha ormai tassi di "occupazione da immigrati" ben maggiori rispetto ad antiche mete migratorie come Francia, Germania e Gran Bretagna. A questa affermazione viene spontaneo rispondere: e con ciò ?
In primo luogo i dati devono essere omogenei. Il confronto del centro-nord Italia con Francia, Gran Bretagna o Germania ha senso solo se si dimostra che la presenza di immigrati in quelle nazioni è omogenea sul loro territorio. Se è vero che la Francia non ha una Sicilia, ha però pure una Corsica, quindi o si dimostra che ad Ajaccio ci sono (in percentuale) tanti immigrato che a Parigi, oppureil confronto è viziato. Il nord Italia va quindi comparato con altre regioni omogeneamente sviluppate. Nessun paese in Europa ha differenze di sviluppo al proprio interno pari a quelle tra nord e sud Italia, ma comunque questi confronti sono un po' scivolosi.
Solo così si può dare per dimostrata la peculiarità. Ammettiamo però che la diffusione italiana degli immigrati sia "peculiare", cosa comporta questo dato, in termini pratici ? Secondo Alberto, questa sarebbe una riprova che gli stranieri sono "troppi". Siamo da capo. Vedi sopra.
Oltretutto, poichè come detto stiamo parlando di immigrati che lavorano e poichè (salvo l'evoluzione dell'ultima crisi) gran parte del centro-nord è in situazione di piena occupazione, a chi sarebbero dovuti andare i posti di lavoro occupati dagli immigrati? Per quale motivo, poi, gli immigrati, contrariamente ad ogni logica economica, si dovrebbero insediare in località dove c'è scarsità di offerta di lavoro come il Mezzogiorno? Insomma, siamo ancora da capo: se il mercato del lavoro li richiede, o sono cosa buona o è il sistema produttivo che fa acqua e domanda le persone sbagliate.
c- È l'inefficienza della politica ad aver fatto arrivare gli immigrati.
Sempre per usare le parole di Alberto
i flussi di immigrazione in Italia sono determinati da altre cause e in particolare dal malfunzionamento dello Stato italiano, dovuto sia in primo luogo al malgoverno dei politici e in secondo luogo all'inefficienza degli apparati statali, specificamente forze dell'ordine e magistratura.
e ancora
Lo Stato italiano appare essere quello che funziona peggio in materia di controllo dell'immigrazione in rapporto alle preferenze dei suoi cittadini, e probabilmente proprio il malfunzionamento dello Stato costituisce la ragione primaria dei recenti elevati flussi di immigrazione in un Paese economicamente stagnante.
In sostanza, il rimprovero che l'articolo muove alla politca, è la sua incapacità di controllare i flussi migratori e di selezionare immigrati con vera disponibilità ad integrarsi. Cominciamo da quest'ultima affermazione.
Nell'articolo non viene portato alcun riscontro al fatto che gli immigrati in Italia non abbiano voglia di integrarsi o che da parte loro ci sia un rifiuto aprioristico ad accettare le leggi e la cultura italiane. Una simile affermazione andrebbe supportata da dati oggettivi, come per esempio il tasso di abbandono scolastico dei figli degli immigrati, la percentuale di stranieri che rifiutano di apprendere la lingua italiana o altri elementi che un sociologo potrebbe certamente indicare, ma l'articolo nulla ci dice sul punto. I dati sull'integrazione degli immigrati in Italia sono pochi e sparsi. Dati esistono per altri paesi, soprattutto Inghilterra e Germania - la Francia ha un sistema di censo peculiare ma comunque anche per la Francia dati esistono. [Un'altra parentesi: Alberto (Bisin) sta curando un libro a proposito. Promette che ne parlerà sul blog. Fidatevi per il momento] È fuor di dubbio che in Europa l'integrazione degli immigrati sia lenta, specie per i Musulmani. Ma non è ancora chiaro dai dati quanto lenta, rispetto a onde migratorie storiche (negli Stati Uniti per esempio). Non è ancora chiaro se siamo di fronte a processi di integrazione qualitativamente nuovi, o solo un po' più lenti.
Su questo punto però ci sentiamo di concordare con Alberto (Lusiani). Selezione sulla provenienza si potrebbe fare: di più e meglio. Si potrebbe fare perché questo tipo di selezione non è fatta efficientemente dal mercato. Semplificando: se il lavoratore lavora a basso salario ma poi la sera va a imbrattare i muri delle chiese o dei musei o se suo figlio gioca al piccolo chimico versione Jihad, le imprese lo assumeranno lo stesso.
Si noti però che, a proposito della selezione sulla provenienza, il paese ha le mani in gran parte legate. Secondo i dati ISTAT al 31.12.2008, gli immigrati regolari (minori compresi) sono circa quattro milioni di persone, di cui 1.150.000 comunitari (800.000 i soli rumeni) su cui nulla si può fare, dato che per loro c'è la libertà di stabilirsi in Italia, garantita dai trattati UE. Tra gli extra-comunitari, vanno poi stralciati gli extra-comunitari "buoni", ossia svizzeri, statunitensi, giapponesi, australiani, argentini e simili, che presumibilmente o sono lavoratori skilled (manager di multinazionali o banche, ricercatori, tecnici qualificati, imprenditori) o comunque mezzi italiani, come gli argentini. (Che nessuno pensi a toccare Zanetti e Cambiasso). Gli extra-comunitari "buoni" sono circa 50.000. La selezione sarebbe possibile quindi "solo" sui rimanenti 2.800.000, il 70%.
Veniamo poi al "malfunzionamento dello stato" come causa dei flussi. Lo stato italiano è ovviamente malfunzionante. Però sotto certi aspetti oggi funziona meglio che in passato (il che è tutto dire) e, per rimanere al campo dell'immigrazione, oggi esiste un quadro normativo ed amministrativo di riferimento che in passato era inesistente, anche perchè l'Italia era un paese di emigrazione e non di immigrazione.
Resta che politiche sull'immigrazione dello stato italiano presentano notevolissime contraddizioni e vere e proprie follie legislative. Non vi sono dubbi. Ma che fare? Controllare i flussi? Abbiamo già detto che selezionare i flussi favorendo la provenienza da quelle regioni che garantiscano migliore integrazione sociale e culturale è probabilmente cosa buona. Selezionare i flussi favorendo l'ingegnere elettronico chiamato a progettare un nuovo chip sul lavapiatti invece non è cosa buona, né giusta.
Non è cosa buona perchè questo tipo di selezione la fa bene il mercato. Se il sistema produttivo del paese è tale che le imprese vogliono lavapiatti, il problema è il sistema produttivo, non l'immigrazione. Certo, si può argomentare che la disponibilità di lavapiatti a basso costo permette ai ristoranti di non comprare le macchine lavastoviglie, mantenendo il sistema produttivo in questo stato di sottosviluppo. Ma anche qui: tra i vari modi possibili di agire sul sistema produttivo, partire dal selezionare il flusso di immigrati sembra un'idea peregrina. Insomma, l'idea che si possano selezionare gli immigrati cozza contro il mercato del lavoro italiano. Gli eventuali tecnici qualificati, chimici, matematici, ingegneri o medici indiani, russi, egiziani o argentini non sarebbero immigrati "sostitutivi" di quelli che oggi sono qui da noi, ma sarebbero immigrati "aggiuntivi" a tutti quelli che ora il mercato italiano assorbe. Già oggi, nei settori dove c'è più carenza di personale qualificato italiano si assiste all'arrivo di immigrati di qualità, come per esempio gli oltre 30000 infermieri stranieri e a breve ce ne vorranno in molti altri settori, come segnalato dal rapporto european migration network di recente pubblicazione. Ma non si pensi che un ingegnere elettronico assunto possa sostituire un raccoglitore di pomodori, i due si sommeranno, non si elideranno a vicenda. Cambiamo il mercato e il sistema produttivo italiano e cambieranno anche gli immigrati.
Ma selezionare i flussi favorendo l'immigrazione più qualificata non è nemmeno cosa giusta (concedetemi un po' di moralismo finale). Non è vero che i francesi e i tedeschi sono così più freddamente efficienti di noi a tener fuori gli immigrati (ammesso e non concesso che i francesi e i tedeschi rappresentino lo standard di moralità). Cioé, forse lo sono adesso. Ma all'Italia sta capitando in 10/15 anni quello che altre nazioni hanno impiegato decenni a digerire (non la Spagna, forse dalla Spagna c'è qualcosa da imparare, ma lo lasciamo per i commenti).
Come erano i primi emigrati giunti in Francia o Germania? Che tipo di lavoro svolgevano al loro arrivo? I nostri nonni o padri che emigravano in Belgio o Germania facevano i minatori, i muratori, i camerieri o i manovali e non certo gli impiegati di concetto o gli ingegneri. Se inziavano un'attività imprenditoriale si trattava spesso della Pizzeria Bella Napoli, non di una software house. Ci sono voluti decenni perchè potessero accedere anche a mansioni più qualificate. Perchè mai per i nostri immigrati dovrebbe essere diverso ?
In fondo a New York sulla statua della libertà c'è scritto "datemi i vostri poveri e i vostri derelitti", non "i vostri ingegneri informatici".
In effetti una cosa sono i flussi, altro è il volume di immigrati, definiti come tali (dato influenzato dalle politiche di naturalizzazione, naturalmente). Come si può notare qui nel capitolo sul confronto internazionale, l'Italia resta uno dei paesi a piu' bassa immigrazione e se ho compreso bene i dati è quello con la minore immigrazione da UE15 (dato del 2003). Le cose ora saranno cambiate con l'ingresso nell'Unione della Romania ma solo nel senso che in modo diverso si conferma che attiriamo principalmente casi di una particolare qualità (i derelitti citati nell'articolo).
Una cosa che manca pero' in questi studi, a proposito di flussi, è vedere quanti utilizzano l'Italia solo come ponte geografico e tendono poi a stabilirsi, dopo qualche mese, negli altri paesi UE, dove trovano un welfare migliore e piu' lavoro. In ogni caso è del tutto normale che chi emigra per lavorare finisca per concentrarsi nelle zone in cui il lavoro c'è. Anche al sud c'è lavoro, anche se meno, ma è in gran parte sommerso, tanto che il 90% e passa del lavoro in agricoltura e nell'edilizia è fatto in nero da italiani e stranieri.
Tanti o pochi credo che sia difficile stabilirlo, visto che tutto il mercato del lavoro è distorto da un sommerso che sfiora il 30% del PIL, coinvolge in tutto o in parte tra 6 ed 11 milioni di addetti.
In questi casi ogni valutazione oggettiva quantitativa è viziata da notevoli errori statistici e prevale la valutazione soggettiva: vai al supermercato e ti sembra di essere ad algeri.
Francesco
E' vero l'opposto: oggi nel 2010 l'Italia e' tra i Paesi con piu' alta immigrazione tra quelli comparabili (Francia, Germania, Inghilterra e Spagna). Citi rapporti del 2005 e 2003 che sono ormai superati. Negli anni dal 2003 al 2009 l'Italia ha accolto un flusso di immigrati massiccio e ai vertici mondiali, in rapporto alla popolazione, mentre Francia, Germania e Inghilterra hanno fortemente ristretto l'immigrazione. La percentuale di stranieri residenti nel centro-nord Italia, come documentano i dati Eurostat, supera Francia e Inghilterra ed e' quasi uguale alla Germania (che ha e soprattutto ha avuto una politica estremamente restrittiva sulla cittadinanza). In termini di immigrati "veri", cioe' non residenti da generazioni e non omogenei per lingua, direi che l'Italia del centro-nord ha la percentuale di immigrati piu' elevata d'Europa.
La Svizzera ha il 20% circa di immigrati ma (dal tuo rapporto) la maggioranza sono europei della UE15 (quindi immigrati qualificati e provenienti da Paesi ricchi) al contrario dell'immigrazione negli altri Paesi europei.
Ovviamemente l'Italia tra i Paesi europei e' quello che accoglie il minor numero di immigrati qualificati dai Paesi avanzati, e il massimo numero di immigrati non qualificati dal terzo mondo. Di questa ultima categoria, l'Italia del centro-nord ha presente oggi nel 2010 nel suo territorio una percentuale certamente superiore anche alla Svizzera. Questi sono i dati, oggi.