Presentazione (a cura del docente Marco Zanini)
Il tema del "honor code" discusso su nFA è stato raccolto e girato a due classi di liceo (4° anno) nelle ore di filosofia, con l'intento di approfondire da un lato la struttura della argomentazione proposta (legame tra premesse e conclusione, consistenza delle premesse, loro estensione, validità e verità della conclusione), dall'altro lato soprattutto i contenuti in discussione, in particolare il tema del "merito" scolastico e la relazione tra comportamenti privati e ricaduta pubblica, rispetto a un atto come quello del "copiare / far copiare".
È stata senz'altro una occasione per aprire agli studenti uno spiraglio sul "mondo", rispetto al rischio sempre presente di chiusura autoreferenziale della scuola, e inoltre un modo per stimolare i più disponibili a mettersi in gioco, provando a ragionare, esporsi, argomentare... Uno spunto forse anche per altri docenti-lettori di nFA: temi da proporre in discussione ai propri studenti, qui, se ne trovano davvero tanti.
Il dibattito in classe è stato molto animato e articolato: evidentemente è un tema che tocca da vicino valori, scelte, comportamenti quotidiani nella scuola. Le reazioni si polarizzavano attorno ai due estremi, con prevalenza dei contrari/dubbiosi alla introduzione di un simile codice d'onore in Italia. Alcuni, tra questi ultimi, anche con motivazioni relative alla "efficienza" del sistema classe: copiare e far copiare permetterebbe di valorizzare le diverse competenze (dei pochi e soliti noti, osserva scettico l'insegnante...), scambiandosi i frutti di una divisione del lavoro (io ti dò matematica e tu mi passi latino) che permette il risparmio del tempo sulle materie meno apprezzate; tempo così prezioso in una scuola che ha così tante materie e così poche opzioni, che ti presenta un piano di studi "prendere o lasciare".
Qui di seguito sono presentati gli interventi di due studentesse che, dopo essersi confrontate da due punti di vista opposti nel dibattito in classe, hanno accettato la sfida di esporsi, tentando di motivare la propria tesi.
Avviso redazionale agli inflessibili lettori e commentatori di nFA: le autrici hanno 17 anni, non fanno il ministro e, ci dicono, non hanno un altisonante doppio cognome ... Detto altrimenti: alzo di tiro appropriato al bersaglio, please.
L' "Honor code"? Bella utopia per l'Italia
Credo che la reazione suscitata in classe dalla lettura dell'articolo sull'honor code negli Stati Uniti nasca e si esaurisca nella parola "meraviglia", ma non nel senso di ammirazione, anzi, di stupore. Stupore verso qualcosa che qui non si conosce: una vera meritocrazia.
Sarebbe bello importare un sistema simile. Uso il condizionale perché sono realista: è quasi impossibile. Anche le persone con una morale più limpida qui faticano a pensare alla concretizzazione di questa bella utopia. E i più, inoltre, accusano questo sistema di egoismo e ne hanno paura, ad esempio, per i risvolti che potrebbe avere nei rapporti tra gli alunni. Si chiedono dove vadano a finire la collaborazione, la solidarietà, l'altruismo.
Io trovo che queste argomentazioni siano solo delle maschere costruite, inconsciamente, solo perché non abbiamo esperienza di un sistema che faccia veramente leva sulla morale e lo percepiamo, per assurdo, quasi immorale. Qui si pensa persino che produca odio e competizione.
Bè, competizione forse sì, ma è fruttuosa, perché è da essa, e dunque dalla voglia di dare il massimo, di fare quel "di più" che ci permette di distinguerci, che emerge la parte migliore di ognuno.
Ma, in fondo, se si è abituati a non copiare e a non far copiare, come negli Stati Uniti, se questa è la sola realtà che si conosce, il problema non si pone. I tentativi diminuiscono e denunciare chi va contro la regola non è più mettersi contro la maggioranza rischiando l'emarginazione, ma mettere in evidenza un atto sbagliato commesso da una minoranza, facile da "punire" e rieducare senza risvolti sui rapporti tra gli studenti.
Allora, una volta consolidata questa idea, si riesce a capire che, suggerendo si nuoce in primis a se stessi e che in realtà l'atteggiamento egoistico è il chiedere di copiare, perché non si pensa al danno che il "migliore" rispetto a noi subisce permettendocelo. Infatti in un sistema meritocratico quest'ultimo rischia, in un ideale "graduatoria" degli alunni, di abbassarsi al livello di colui che ha aiutato a ottenere buoni risultati pur non avendo conoscenze sufficienti per meritare la propria postazione. Dunque il "migliore" diventa uno dei tanti e perde la sua occasione di essere premiato. Ma qui da noi, in Italia, è già elemento invisibile di una moltitudine anche nel caso in cui egli sia eccellente. Se si ottiene un voto alto alla maturità si è agevolati nell'ammissione alle università a numero chiuso, questo è vero, ma, eccezion fatta per le regioni a statuto speciale, essa resta un'istruzione a pagamento che non risparmia nemmeno i più meritevoli. In più, una volta terminati i costosi e lunghi studi, ci si trova magari con un attestato su cui è stampato un 110 e lode, ma privi di prospettive per il futuro e anche di speranze perché qui il mercato del lavoro apre le porte soprattutto a chi ha le conoscenze giuste, con o senza bei voti.
Dunque perché impegnarsi, distinguersi nello studio se esso in molti casi (c'è sempre qualche eccezione, ovviamente) non porta a nulla? Se i miei sforzi non vengono premiati perché affrontarli lo stesso? La vita è troppo breve per spenderla in estenuanti fatiche atte a raggiungere qualcosa a cui si può arrivare molto più facilmente. Questa è la mentalità che va per la maggiore qui.
Non mi illudo che gli Stati Uniti siano un'isola felice priva di corruzione, dove ogni cosa funziona bene, dove la gente è onesta ed esclusivamente chi lo merita arriva in alto. Ma penso che, in ogni caso, siano avanti anni luce rispetto all'Italia, dove spesso chi studia si ritrova a doversi motivare da solo, ovvero a studiare solo per il gusto di farlo e niente di più, dove gran parte di coloro che possiedono titoli di studio non ne sono all'altezza.
Io trovo interessante sia riflettere sul fatto che l'onestà si costruisca già in tali piccole cose e che su esse si basa ogni rapporto umano, dal familiare al politico; sia su quanto sarebbe "facile" iniziare a sradicare una morale sbagliata che è ormai data per scontata, cambiando "solo" il sistema educativo. Infatti a scuola si va per imparare non solo le poche righe scritte sui libri, ma anche a costruire la propria persona, i propri atteggiamenti, seppur essi siano influenzati anche dal contesto familiare in cui si vive. Ma se già tra i banchi si fosse obbligati a compiere delle scelte basate sull'onestà, si creerebbe un'abitudine che si ripresenterebbe ogni qual volta ci si trovi a dover decidere quale comportamento sia più giusto assumere, anche al di fuori del contesto scolastico.
Infatti è a scuola che si passa gran parte del proprio tempo e si vivono gran parte delle esperienze quando si è più giovani e quindi più veloci ad apprendere, più duttili e facilmente influenzabili.
Se si è onesti a scuola, una realtà ristretta, ma assolutamente fondamentale per un ragazzo, lo si è anche in seguito in realtà più ampie, più importanti proprio perché tali e perché così si è stati abituati a fare. Un procedimento forse lungo, ma, se si vuole, non irrealizzabile. In fondo non si può affermare nulla con sicurezza fino a che non si sperimenta il sistema, finché non si dà il via a tale processo provando ad introdurre un "honor code".
Certo, sarebbero utili, a questo punto, dei buoni modelli, visto che l'esempio non è uno dei modi più efficaci per insegnare, ma l'unico, e questa è una faccenda molto più complessa, ma risolvibile col trascorrere del tempo e con la diffusione del modello, sempre se chi di dovere, ovvero in primis i politici addetti alle riforme che riguardano tale problematica, si dimostra propenso ad attuare il suddetto cambiamento.
Ed è qui, purtroppo che si incontra la vera difficoltà. È per questo che un sistema simile resta ancora un sogno forse troppo lontano per l'Italia, dove si continua a preferire all'"egoistica individualità" il lavoro di "squadra".
Valutazioni sul codice d’onore studentesco
Dalle prime comunità umane del Neolitico alle megalopoli odierne, l’uomo ha sempre cercato di creare una forma di governo stabile. Ogni associazione ha inseguito il desiderio di creare un potere forte e affidato a persone capaci. È per tale necessità che si è iniziato a creare situazioni meritocratiche, in cui il comando sia affidato a personaggi distintisi per la loro bravura.
In una visione come questa, diventa complicato reputare positivamente un’attività che lede tale principio, come il copiare in classe. Tale tecnica può anche essere considerata negativamente, ma è la massima applicazione di un dettame, che viene molto prima della meritocrazia: la collaborazione.
Infatti ogni sistema antico o moderno che si rispetti, deve essere basato sull’aiuto reciproco, e sulla capacità degli uomini di collaborare e di sapersi aiutare nel momento del bisogno. Lasciare un compagno in balia delle difficoltà, in nome di un principio, va a ledere in modo pesante il rapporto instaurato fra i due. Non si può creare una società stabile, se ognuno pensa solo e soltanto a curare il proprio “orticello”. Il sentimento di collaborazione e aiuto deve essere alla base di qualunque rapporto, sia esso di piccola entità o di grande rilevanza. Rompere in tal modo i legami creati fra le persone, porterebbe ogni associazione alla degenerazione totale in un agglomerato di persone, che non vedendo nell’altro un collaboratore, lo considerano un avversario.
Favorire la collaborazione fra gli studenti non porta all’eliminazione del metodo meritocratico, in quanto le capacità di una persona si possono rilevare da altri fattori, non direttamente connettibili con la copiatura. Si potrebbe anche sostenere che copiare non sia l’unico modo per aiutare una persona, ma anche dando per vero ciò, non è considerabile l’idea di lasciare una persona in una situazione difficile in nome di principio.
Oltre a tale aspetto, è necessario, sottolinearne un altro: chiunque si senta visto come un avversario, automaticamente, reagisce trattando anche gli altri come tali. Ciò porta a creare un ambiente non solo pesante ma anche deleterio: come si può infatti creare un sistema che porti risultati positivi, se non si hanno intorno persone con cui si può avere uno scambio di collaborazione? Un ambiente sano, infatti, è necessario per poter produrre qualunque cosa.
Se in ogni società venisse applicato questo principio, si otterrebbe sicuramente un sistema meno egoista e più propenso al lavoro di squadra. La collaborazione infatti, non può che essere considerata un fattore positivo all’interno di qualunque tipo di organizzazione.
Considerato che le basi della futura società partono dalla scuola, non è giusto valutare così negativamente la collaborazione che si viene a creare fra gli studenti, che sperimentando tale principio già a scuola, lo potranno applicare in seguito. Se in tutte le scuole venisse “concesso” di copiare, si avrebbe una scuola, in cui gli studenti sarebbero più spinti ad aiutare ed essere aiutati, e la stessa cosa avverrebbe nella società, la quale sarebbe più in grado di risolvere le questioni di tutti appunto collaborando.
In conclusione, si può affermare che, nonostante la pratica della copiatura in classe sia valutata in modo pesantemente negativo, essa crea le basi per la costruzione di un mondo di domani non egoista e non egocentrico.
Non mi sembra il caso di aggiungere commenti miei, visto che la mia posizione è sia chiara che ben nota e visto che i due testi sono piuttosto espliciti e rappresentativi di due "Gestalt" praticamente ortogonali.
Il quesito socialmente interessante, ovviamente, è capire quanti giovani ritengono che copiare all'esame sia equivalente a "barare" o "rubare" e quanti, invece, pensino sia una maniera di "darsi una mano" e "collaborare". Perché, voi capite, il signor BS è oggi accusato del reato di concussione per un gesto che, a sentir lui, era motivato da generosità e consisteva semplicemente nel "dare una mano ad una persona in difficoltà ..."
Complimenti alla proposta del professore!
Sul tema copiare/non copiare...beh io non credo sia giusto farlo agli esami, per il semplice motivo che (olte alla moralità etc etc) quelle sono delle basi che non sappiamo se in futuro serviranno o meno (quindi è meglio saperle). Aggiungo poi che chi copia alle superiori, lo farà anche all'università (e ad ogni esame lo vedo) e nella vita. Arriverà ad essere laureato senza un pezzo (speriamo piccolo) di quella base universitaria che poi davvero servirà in futuro. Per questo quando sento laureati (anche con 110 e lode) lamentarsi, non mi schiero subito dalla loro parte ma mi fermo a pensare il come siano arrivati a quel risultato. Mia mamma fa paghe, assunzioni/licenziamenti, e spesse volte arriva a casa dicendomi che la tal azienda ha licenziato un ragazzo uscito dall'uni con voto x>100 perchè totalmente incapace di fare anche cose elementari (ok, qui però si dovrebbe aprire un dibattito molto più ampio..era per fare un esempio).
Sul fatto poi di chi copia e da chi, credo sia palese che lo studente modello sia sempre la vittima della copiatura da parte degli studenti fannulloni, quindi il ragionamento io aiuto te in materia x, tu aiuti me in materia y, sia falsa. Paragonandolo alla vita reale, il ricco (che lo è diventato onestamente) deve mantere il povero tramite suddisi perchè questo non ha voglia di imparare un nuovo lavoro/lavorare e quindi se ne sta a casa a far nulla.
Per fare le cose onestamente (come facevamo noi al liceo), PRIMA delle verifiche, il matematico ipotetico aiutava il latinista a PREPARARSI alla verifica di mate....stessa cosa PRIMA di una versione di latino: il latinista aiutava il matematico a preparasi.
Questa è una divisione del lavoro (a scuola si intende) onesta e volta a migliorare e migliorarsi, oltre che a favorire i rapporti sociali. Secondo me almeno.
Questa è una divisione del lavoro (a scuola si intende) onesta e volta a migliorare e migliorarsi, oltre che a favorire i rapporti sociali. Secondo me almeno.
Forse più che alle intenzioni sarebbe necessario guardare ai risultati. Che poi son quelli che vediamo e viviamo ogni minuto e dei quali vediamo l'inefficienza e l'ingiustizia.