L’01.08.91 mettevo piede per la prima volta in un palazzo di giustizia come magistrato. Ero a Genova e la circostanza ha la sua importanza. Nel '92, ancora prima di terminare il periodo di tirocinio mi iscrivevo all’associazione nazionale magistrati (ANM) ed a magistratura democratica (MD), una delle 4 "correnti" dei magistrati.
Non ho mai partecipato ad un congresso di MD. Non ho mai partecipato alle elezioni degli organi direttivi di MD. Non ho mai partecipato ad alcuna riunione nazionale tenuta da MD. Non conosco il volto della maggior parte dei colleghi che si sono succeduti nelle cariche di MD al consiglio nazionale (l’organo esecutivo centrale) e quelli che ho avuto occasione di conoscere non li vedo da almeno 8 anni. Eppure continuo a pagare la quota mensile di 20 €, ininterrottamente, da 17 anni. Perché?
Iniziamo col dire perché mi iscrissi a MD a soli 27 anni, dopo appena un anno di trascorso come magistrato tirocinante a Genova. Vi erano colleghi in tribunale, come in procura, la cui porta era sempre aperta, dalla mattina alle 08,00 alla sera alle 20,00. Erano colleghi noti, gli “inventori” del danno biologico o gli autori di scritti celebri sul nuovo codice di procedura penale o protagonisti di importantissime indagini penali. Nonostante la montagna di carte e la fama riconosciuta trovavano sempre il tempo per spiegarti con pazienza il mestiere. La sera tardi in ufficio correggevano le prime bozze di sentenza che redigevo od i primi provvedimenti da P.M.. Erano tutti colleghi di MD ed in questo erano diversi da altri. Mi iscrissi ad MD principalmente nella speranza di somigliare a loro, da grande.
Perché sono tuttora iscritto a MD? Certamente non più per quella speranza. I miei pregi ed i miei difetti sono quasi immutabili e quell’iscrizione non garantisce una professionalità maggiore di quella guadagnata sul campo anche grazie a quegli esempi.
Ecco allora alcuni dei motivi per cui continuo a pagare quella quota.
1) MD è non solo una corrente dell’ANM, ma è anche la rivista bimestrale Questione Giustizia, una rivista che viene acquistata da numerosissime biblioteche ed università italiane. Vi scrivono magistrati, professori universitari, avvocati. Un solo esempio: leggete il volume dedicato ai 60 anni della Costituzione, vi si aprirà il cuore e la mente.
2) MD è la rivista Giudici a Sud in cui si tenta di analizzare come sia possibile parlare di giustizia e cosa possono fare i magistrati nelle aree del nostro bel paese con il tasso di omicidi più alto d’Europa (ed almeno questo non è colpa della magistratura).
3) MD è anche MEDEL, l’associazione autofinanziata dei magistrati europei (spagnoli, francesi, tedeschi, austriaci ecc., oltre che italiani) che per la sua autorevolezza ha lo status di consulente–osservatore del Consiglio d’Europa e che offre supporto alle associazioni dei paesi in fase di consolidamento democratico, da quelli dell’America Latina, alla Turchia, alla Serbia, alla Georgia eccetera. Due degli ultimi tre presidenti di MEDEL sono di Magistratura Democratica. Se solo sapeste cosa fa MEDEL per aiutare le giovani (in termini di maturità democratica) magistrature degli altri paesi sareste fieri anche voi, come me, che una parte della quota versata vada a rimborsare le spese di questi colleghi che con fatica e senza alcun ritorno perdono il loro tempo per un’idea di giustizia oltre l’Italia.
4) MD sono le centinaia di iniziative che organizza su tutto il territorio italiano. Guardate su internet cosa è accaduto a La Spezia dove MD a maggio di quest’anno ha organizzato “Le parole di Giustizia” in collaborazione con il comune di La Spezia, in ricordo di un suo scomparso esponente.
5) MD sono gli innumerevoli libri scritti in materia di giustizia. Un ultimo esempio? Il libro LA Carta e le Corti sui diritti umani in Europa. Il libro viene presentato, su richiesta di associazioni culturali ed ordini professionali, in decine di città italiane, oggi, nel 2009.
Mi importa poco cosa dice lo statuto di MD, che io come molti di MD abbiamo letto non più di una volta nella nostra vita. Guardo ai fatti.
Potrei continuare ancora per molto, elencando le fondazioni, le iniziative benefiche, le opere letterarie di MD. Ma credo che abbiate compreso che MD è un’associazione culturale che si occupa di temi di giustizia. Non è solo e non è tanto una corrente dell’ANM.
Un ultimo motivo per cui sono di MD lo devo però elencare, in quanto si collega all’accusa di politicizzazione.
Rimango in MD perché mi ha insegnato qualcosa che non avrei forse mai compreso. I magistrati veramente indipendenti sono quelli che rivendicano la possibilità di esprimere le loro opinioni su temi sociali, economici, di giustizia, nei limiti di forma ed opportunità che il caso raccomanda. Leggendo gli scritti di MD ho imparato la storia della nostra magistratura. Ho imparato che nel regime fascista i magistrati avevano il divieto di appartenenza a partiti politici e di svolgere attività politica; erano magistrati del regime: gli epurati furono coloro che non si sottomisero all’ideologia fascista. Il divieto era funzionale a mantenere lo status quo, a poter intervenire dietro le quinte, quando occorreva, sui magistrati, garantendosene l’asservimento. Il ministro della giustizia del primo governo Badoglio di unità nazionale, il liberale Vincenzo Arangio Ruiz (mica Palmiro Togliatti), quale primo atto tolse quel divieto, ritenendolo un privilegio odioso (sono parole sue).
La storia repubblicana ha confortato quell’assunto: diffidate dell’apoliticità, perché può spesso nascondere la subordinazione più deteriore. Domenico Pone, segretario della corrente di Magistratura Indipendente (MI, la corrente c.d. di destra), fu radiato dalla magistratura per l’appartenenza alla P2; un vincolo nascosto, che prevedeva il finanziamento da parte della P2 della stampa di Magistratura Indipendente. Antonio Buono, anch’egli di MI, andò in pensione prima del giudizio finale del procedimento disciplinare a suo carico per l’iscrizione alla P2. Ed oggi non vi sembrano strumentali le polemiche sulla magistratura rossa o politicizzata? Sottosegretario al Ministero della Giustizia è Giacomo Caliendo, già dirigente della corrente della magistratura c.d. di centro, UniCost; il ministro ombra della giustizia del PD è un ex membro del CSM, anch’egli esponente della stessa corrente di UNICOST. L’on.le Mantovano, di AN, dichiarava la scorsa legislatura che vi era una questione deontologica per quei magistrati che scendono in campo con plateali prese di posizioni politiche; MANTOVANO è oggi parlamentare, in precedenza ricopriva incarichi di governo quando era ancora magistrato, benché fuori ruolo per gli incarichi di governo.
I magistrati più temibili per coloro a cui non piace la legalità sono proprio quelli che non si nascondono, che firmano le petizioni per l’abrogazione di leggi che ritengono inique od incostituzionali e non si celano dietro l’apoliticità di facciata. Perché sono realmente indipendenti, non controllabili da alcun potere. La collega Gandus e gli altri due giudici del Tribunale nel processo Mills applicano il lodo Alfano anche se ne contestano la costituzionalità; Gherardo Colombo, anch’egli di MD, applicò la norma sul falso in bilancio che portava alla prescrizioni dei processi contro esponenti del centro destra. I magistrati che esprimono le loro idee hanno l’onestà intellettuale di sapere quali sono i propri limiti e, soprattutto, sono realmente indipendenti, perché trovano l’unica subordinazione nella legge e nelle idee su come applicarla, idee che tranquillamente espongono e sottopongono alla critica altrui. Quell’applicazione della legge che ha determinato l’assoluzione di Formigoni nel processo c.d. Oil for Food; dimenticavo: presidente era Nicoletta Gandus.
Vedete, ogni persona seria ed onesta, che ha frequentato i primi due anni di giurisprudenza sa che la legge non dice tutto e non prevede tutto. I giudici devono far vivere le leggi in contesti sociali mutevoli, con situazioni che il legislatore nemmeno conosceva e prevedeva. Il codice civile del 1942 che cosa ne sapeva del leasing, del factoring, dei contratti pronto contro termini, e tutto il resto? Tutti i giuristi sanno che il giudice nell’applicare la legge in parte la crea, la adatta, la sviluppa. Basta leggere un qualsiasi manuale di teoria generale del diritto per averne una conferma. La legge non dice tutto e non è mai completamente chiara. Dovete allora preferire i magistrati che non si nascondono, che espongono le loro opinioni senza vergognarsi delle loro idee che inevitabilmente condizionano l’interpretazione della legge. Anche quelli apparentemente agnostici, che nascondono le loro idee, ne sono condizionati; vengono condizionati dall’essere credenti o meno, cattolici o meno, conservatori o progressisti. Non ve lo dicono? Diffidate di loro. Non è questione di appartenenza a partiti politici, divieto che l’ANM ha stabilito per i suoi iscritti dal 1992, ma di non essere preda di poteri forti ed occulti. Chi espone le proprie convinzioni (ovviamente in generale, non sul singolo processo) è privo di condizionamenti indebiti, se non quelli che derivano dalla propria cultura ed avrà anche il coraggio di darvi ragione, magari a malincuore.
Un ultimo argomento: quello della carriera dei magistrati. MD si è battuta per l’attuazione del principio secondo cui i magistrati, come vuole la costituzione, si distinguano solo per la diversità di funzioni. Un magistrato di primo grado guadagna come un magistrato in cassazione con la stessa anzianità. Ciò ha consentito a Borsellino e, prima, a Falcone, di morire avendo esercitato sempre funzioni di primo grado, quelle più delicate e pericolose, guadagnando come i loro colleghi in cassazione, anche di quelli che annullavano i processi di mafia. Questo sacrosanto principio non vuol dire che i magistrati non debbano subire rigorose valutazioni di professionalità prima di ricevere aumenti di stipendio. Sicuramente è questo che oggi non funziona. Ma su questo MD non solo non ha colpe, ma ha sempre trovato la resistenza di altre correnti.
E’ vero, talvolta vi sono stati degli eccessi da parte di esponenti di MD nell’esprimere alcune convinzioni, magari richiamando a sproposito ideologie politiche a mò di comizio. Ma tali eccessi e le relative accuse non hanno mai riguardato provvedimenti giudiziari. La sentenza contro Mills è stata scritta a tre mani, da tre colleghi che non avevano alcun interesse e, soprattutto, potete starne certi, non sono stati in alcun modo condizionati dalle loro idee, poiché se avevano qualcosa contro il governo di destra o di sinistra, non avrebbero avuto bisogno di scriverlo in sentenza, ma, più onestamente e trasparentemente, avrebbero firmato, come ha fatto la Gandus, documenti con i quali quelle obiezioni sono state motivatamente ed onestamente illustrate.
questa è una difesa di MD più che una difesa del diritto dei magistrati a esprimere pubblicamente le proprie idee e a organizzarsi in forma di correnti di "pensiero". quindi MD va bene se è buona, ma non se è cattiva? cioè una associazione di magistrati fascisti è accettabile o no dal punto di vista dell'autore di questo articolo?
su come si comporta un sistema giudiziario apolitico e come reagiscono i giudici in caso di "scossoni", mi viene in mente www.cambridge.org/catalogue/catalogue.asp in cui una political scientist studia come hanno reagito i giudici apolitici cileni al passaggio alla dittatura appiattendosi senza fiatare al nuovo regime e legittimandolo, e come invece gli omologhi brasiliani e argentini, meno apolitici, siano stati meno malleabili e più "vocal".